Riesumazioni

San Giovanni in Fiore: la storia di Pierluigi, vittima di un bullismo finito ai saldi

La vicenda finita su Le Iene, servizio di Nina Palmieri e Angelo De Luca
mercoledì 7 dicembre 2016.
 

Del 14 luglio 2016, ripubblicato il 7 dicembre 2016

La storia di Pierluigi, oggi trentacinquenne, è sepolta nel cimitero della burocrazia all’italiana. È chiusa, oscurata dal tempo, dal silenzio di periferia e dall’ignavia che al Sud convive con la generosità di radice contadina e magnogreca.

Il 31 ottobre del 1996, Pierluigi aveva 15 anni. Quel giorno venne picchiato a scuola, nell’Istituto professionale per l’industria e l’artigianato di San Giovanni in Fiore (Cs). Erano le ore 11,30 di un giovedì senza lodi.

Le cause della violenza non emergono, giacciono nella coscienza dell’aggressore, che dal Tribunale per i minorenni di Catanzaro ottiene, il 6 luglio 1998, l’archiviazione del procedimento penale. C’è un ritardo nella denuncia - «non querela», specifica il Gip - che i genitori della vittima sporgono nel maggio del ’97. E questo è un punto a sfavore della macchina della giustizia, che non di rado, pur nella legittimità di forme e procedure, sembra proprio «l’utile del più forte», in ogni senso del termine.

Di là dalle sterminate pagine di atti, perizie e comparse conclusionali, licenziati gli elementi del rito (civile) il caso ricade sotto la specie del bullismo feroce e incontrollato. Va bene ai responsabili, che la passano bell’e liscia: i minori coinvolti e il personale scolastico, di cui è certificata in giudizio l’omessa vigilanza, con «responsabilità solidale del Ministero» della pubblica istruzione.

Pierluigi riportò danni: le carte documentano una sofferenza fisica e interiore del giovane, un percorso faticoso di cura e riabilitazione. La sentenza civile di primo grado è depositata il 7 giugno del 2007, a quasi dieci anni dalla richiesta di risarcimento.

«Dell’accaduto di una gravità inaudita, ve ne è prova - scrive nel 2005 l’avvocato del ragazzo, riassumendo i fatti in quel processo, senza meta come il cammino dell’«Agrimensore» di Kafka - e l’aggressore viene sospeso (per tre soli giorni, nda) dal preside dalle lezioni».

Vi sono, poi, testimonianze riviste nel tempo, difformi: una nel maggio ’97, altre a seguire, lungo un decennio. E il Ctu è invitato a fornire chiarimenti, convinto che le conseguenze lamentate dal giovane siano malformazioni congenite.

Nella relazione (del 2001) di un medico che assiste la vittima, il professor Pierantonio Ricci, ordinario di Medicina legale nell’Università di Catanzaro, si rammenta che l’episodio di violenza «si è svolto contro un giovane segnato dalla patologia di cui risulta essere affetto - una forma di epilessia, nda - e che già lo poneva in una situazione di svantaggio nei confronti delle persone e dei giovani della sua stessa età». Dunque un abuso doppio, vile, esterno allo sguardo morale dei vari tecnici dello Stato.

«A carico del periziando - aggiunge Ricci - è residuata quindi una sorta di sindrome ansioso-depressiva reattiva all’evento del 31.10.96, con notevole autoriduzione delle attività della vita quotidiana e con notevoli disturbi della vita di relazione». E più avanti: «Non ha mai sofferto di disturbi di natura psichiatrica (...), (...) comparsi dopo l’evento del 31.10.1996».

Le lungaggini del primo grado non aiutano la ricostruzione della verità. E quella che viene dal verdetto del giudice resta la sommatoria di una ricognizione umana, parziale, incompleta, figlia delle circostanze.

Lo scherzo bullo di questa vicenda, che ha il sapore dell’arroganza mafiosa e spavalda, vale, infine, 3.901,52 euro. Tanto dice la sentenza di condanna al risarcimento, confermata pari pari in secondo grado e ormai definitiva.

A Pierluigi, racconta suo padre cogli occhi semichiusi e lucidi, è rimasta una ferita indelebile. Gli altri l’hanno scampata a basso costo. Anche la scuola, «aperta a tutti» come detta la Costituzione.

Emiliano Morrone

emilianomorrone@gmail.com

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