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Riproponiamo l’editoriale del primo numero in cartaceo della Voce, del novembre 2004. C’è molta storia: Antonio Nicoletti, attuale sindaco di San Giovanni in Fiore, ad esempio, era all’opposizione e sosteneva cose molto diverse da oggi

martedì 11 marzo 2008.
 

La Voce di Fiore è un progetto con cui si vuole restituire giustizia alla nostra società: ai giovani, in primo luogo, agli emigrati, gli anziani, i disabili, a quanti sono stati scaricati dalle istituzioni, abbandonati, dimenticati.

A Diamante, c’è un bellissimo dipinto murale di Giancarlo Cauteruccio: un uomo, con la bocca spalancata, come a gridare senza riuscirci; sotto, è scritto: "Ridatemi la parola". Un vecchio proverbio meridionale ammonisce che un uomo può perdere tutto e rimanere libero; se gli è tolta la parola, invece, diventa "povero e servo".

Gioacchino da Fiore - Fiore è il luogo della Sila da cui, per l’abate, sarebbe incominciata l’età dello spirito, della concordia, della pace - profetizzò il rinnovamento del mondo. Di questo tempo nuovo, in tutta l’area silana, a cui ci rivolgiamo, non sembra che vi sia traccia. Piuttosto, e specie a San Giovanni in Fiore, è accaduto il contrario, rispetto alla previsione gioachimita: dopo le guerre mondiali del Novecento, la classe politica ha prodotto danni enormi, obbligando alla fuga, alla partenza, all’emigrazione o persuadendo all’obbedienza cieca. E ha saputo operare in modo capillare, perfezionando i propri, luridi sistemi, entrando nelle case a ricattare, andando all’estero a giocare sulla tragedia degli emigrati e garantendosi la permanenza al potere come in dittatura - con illusioni diffuse a regola d’arte e varie e pesanti manovre illegali o immorali. Ha saputo annullare ogni dissenso, ogni movimento d’aggregazione, ogni voce diversa. Ha proibito l’alternativa col terrore e la propaganda, che sono i due elementi su cui - per la Arendt - poggia il totalitarismo. Ha costruito le prigioni dei poveri: i vuoti palazzi edificati con le rimesse degli emigrati.

Per finanziarsi, la classe politica successiva alla Repubblica, ha riempito la Sila di cemento; per espandersi, ha autorizzato scempi imperdonabili, devastando il territorio e sciupandone le risorse. Il Partito comunista e la Democrazia cristiana hanno sistemato moltissima gente: nei servizi pubblici, nella scuola, nelle amministrazioni statali, dovunque fosse possibile. Ecco perché, oggi, troppi uomini di mezza età hanno la bocca cucita, serrata, che non articola parole, quando ci vorrebbero, ma serve soltanto a mangiare e bere. E, nella migliore delle ipotesi, sentenzia, divulga falsità e cattiverie, allo scopo di perpetuare il sistema di sempre.

Tutto ciò è stato insegnato alle nuove leve, ai ragazzi, parte dei quali attende ancora l’aiuto del politico o politicante di turno, per entrare a lavorare. Ecco perché ci siamo e vogliamo denunciare, proponendo e indicando un’altra strada, l’unica da percorrere, se si vuole chiudere definitivamente un lunghissimo capitolo di irregolarità, contraddizioni, abusi, arretratezza, sperperi e rovine.

Ereditiamo tutto il messaggio di speranza di Gioacchino da Fiore, la sua attualità, la forza. Facciamo tesoro delle parole di Gianni Vattimo, presente all’ultimo congresso internazionale sull’abate, che ci ha raccomandato di lavorare per il bene comune, di impegnarci, di non rimanere spettatori passivi e indifferenti, rispetto alle urgenze di riforma e trasformazione delle coscienze e del pensiero. Ecco perché abbiamo scelto di chiamarci La Voce di Fiore: siamo orgogliosi di attuare - a Fiore, nella nostra Sila (con Castelsilano, Caccuri, Cerenzia, Savelli) - quel cambiamento spirituale e sociale annunciato nelle opere di Gioacchino.

E, nel contempo, non vogliamo più tacere né sopportare la distruzione del nostro patrimonio - di natura, cultura e saper fare - ad opera di personaggi corrotti e maldestri, comunque al potere. Negli anni d’intensa, difficile e aperta collaborazione con il Crotonese, mi sono interessato, principalmente, di diritti negati e cultura. Ricordo, anzitutto, le tante pagine sul caso di Giampiero Tiano, ragazzo che si cura con la canapa e simbolo, ormai, d’una battaglia impossibile a difesa del diritto alla salute - in un contesto, quello sangiovannese, di povertà mentale prima che economica.

A lui, ho dedicato grande e sincera attenzione, anche sul manifesto, restando sempre in contatto con i colleghi Massimo Giannetti, Iaia Vantaggiato e Carlo Lania, che ringrazio vivamente per la pronta sensibilità mostrata rispetto alla sua vicenda umana. Anche per il loro impegno costante, cui va aggiunto quello, importante, di Francesco Saverio Oliverio, Giampiero è diventato un personaggio, su internet; non, come si può pensare, legato a movimenti della new age, per riprendere un termine generale, molto usato, opportunamente, in altri ambiti, dall’arcivescovo Giuseppe Agostino.

E mi vengono in mente i torti subiti dall’Unione italiana ciechi, a cui la nostra giunta comunale aveva assegnato dei locali dell’orribile Palazzo delle culture (struttura costata un capitale, carente di luci, con infiltrazioni d’acqua e mai resa fruibile), levandoglieli, poco dopo, senza provvedere altrimenti. Mi torna la vicenda di Antonio, ventinovenne, che, dopo tre anni d’attesa dalla sua richiesta, s’è visto riconoscere, dall’apposita commissione dell’Asl locale, appena il 46% d’invalidità, davanti ad una situazione personale assai più grave. Mi rivengono le immagini della lunga protesta, dall’inizio del 2004, di centinaia di nostri disoccupati, costretti a presidiare il municipio, per attirare l’attenzione dei governi pubblici sul problema più grosso e irrisolto della nostra comunità: il lavoro. Mi rimbombano le sporche strumentalizzazioni di politici e partiti, rispetto a questo drammatico evento, inquadrato perfino da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera del 10 maggio 2004, belli e pronti a promettere, assicurare, mentire.

Ho presente, ora, mentre scrivo, le pesanti difficoltà dell’Adifa, Associazione delle famiglie dei disabili, per le quali l’amministrazione comunale ha fatto pochissimo, sparandosi la posa in precise circostanze. I nostri servizi sociali sono allo sbaraglio: o lo si riconosce o, come al solito, s’ingannano i contribuenti, voglio dire le persone, dichiarando che "va tutto bene" e che, anzi, l’assistenza sociale di San Giovanni in Fiore è un modello da copiare, per efficienza ed efficacia. Che cosa dire del liceo classico e dello scientifico, i cui studenti sono ammassati in locali assolutamente inadeguati, col silenzio complice di amministratori, dirigenti e docenti? Che cosa dire dell’ospedale, per cui c’è stato soltanto un corteo piazzaiuolo, alla vigilia delle ultime provinciali, senza elementi concreti sull’effettiva possibilità di riqualificarlo in termini realmente produttivi? Oggi la genericità, la vaghezza e l’approssimazione non pagano affatto: è un assunto economico. Come spiegarlo ai vari Nobel che occupano poltrone e s’arricchiscono senza dare nulla? Che cosa dire dello sfruttamento? Quanti giovani guadagnano 300 euro al mese e firmano buste paga da 1000, perché, se rifiutano, c’è sempre qualcuno disposto ad accettare lo stesso trattamento?

Fino a quando deve durare questa porcheria? San Giovanni in Fiore si spopola: i Granato, titolari del ristorante La taverna del gioachimita, hanno lasciato la città, come molte altre famiglie. Antonio Nicoletti, consigliere comunale dello Sdi, ha accusato, a più riprese, questo nuovo esodo di massa. Eppure, sembra che non ce ne accorgiamo. Molti ragazzi della città e dei comuni limitrofi hanno scelto di studiare a Crotone o a Cosenza. Gli istituti superiori si stanno svuotando e, secondo le tante interviste raccolte, la ragione di fondo è che San Giovanni in Fiore non offre più nulla. I commercianti si lamentano, non vendono, sostengono che, ormai, siamo in pochi, a vivere in città. Ma, a sentire chi ci amministra da dieci anni, è "tutto regolare e sotto controllo". Anzi, va molto meglio di prima, perché "le strade del centro storico sono state intitolate agli abati florensi e perché sono state finalmente costruite delle scuole superiori". Non ci poteva essere migliore consolazione e dimostrazione del progresso raggiunto.

Anche le preoccupazioni per l’impressionante diffusione della droga costituirebbero, per la stessa gente che governa, il solito tentativo - di giovani in preda ad eroici furori - di denigrare il grande operato d’una maggioranza illuminata e competente. Che, peraltro, ha saputo impiegare, in opere di risistemazione urbana, gli oltre seicento operai del Fondo sollievo, dando loro materiali e progetti da realizzare.

Anna Paletta Zurzolo, emigrata in Canada, ha raccontato, nel suo preziosissimo Pane, vino e angeli, di una San Giovanni regolata da un assurdo e patologico sistema di potere. In 50 anni, è cambiato nulla, è sempre uguale, questo comunico ad Anna, che, certamente, avrà una copia del nostro giornale. Come è uguale il comportamento verso gli emigrati, sempre in attesa della Consulta, ormai da quattro anni - nonostante il loro interessamento per l’ospedale civile, col regalo della tac, e per il Parco nazionale della Sila e il Centro storico, con le risorse finanziarie e i continui interventi, in proposito, in tutte le sedi istituzionali, di Heritage Calabria.

La spesa pubblica per eventi di richiamo turistico è ridicola. E, oltre al Centro studi gioachimiti, non c’è fermento, in campo culturale. Questa amministrazione non sa valorizzare affatto le potenzialità della città, ostacolando sistematicamente chi si propone e organizza momenti formativi nella cultura, nello sport, nel sociale.

Il nostro giornale vigilerà, sarà vicino a tutti e accoglierà tutte le istanze altrimenti respinte. Darà voce al coraggio e alle idee. Perché Fiore sia davvero fiorito. E non un posto arido e deserto.

Emiliano Morrone


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