Guerra e pace

Sorridere è una testimonianza di fede. La mia fede: la vita

giovedì 7 dicembre 2006.
 

“Oggi, sono sceso in piazza. Grande era la folla che insieme a me voleva manifestare. Oggi, sono sceso in piazza. Mai avrei immaginato di vedere quello che ho visto e di capire quello che ho capito. Oggi, sono sceso in piazza. Le tute bianche erano avanti, dietro noi, quelli arrivati da poco e che non meritano di stare in prima fila. Non meritano di vedere gli occhi di qualcuno che si avvicina con un manganello e che lancia lacrimogeni. Oggi, sono sceso in piazza. Ho visto le cariche della polizia ed ho capito che difendersi non è una violenza. Resistere senza scatenare violenza di riposta. Uno scudo non è un’arma”. Quanta differenza passa tra una normale manifestazione del 1968 e Genova 2001? Cosa ha da invidiare il movimento anti globale dei nostri giorni contro le molotov, i bastoni e le pietre delle piazze dell’”anno degli studenti”? Rifletto. Non si può non farlo dopo che il carabiniere più martoriato della storia delle forze dell’ordine italiane ha parlato dopo 5 anni. Non si può fermare il cervello quando lui, il carabiniere, che all’epoca aveva poco più di vent’anni, ha parlato di nuovo. La sua colpa? Commettere l’atto più ignobile che l’uomo può compiere: uccidere un altro uomo. Non starò qui a sindacare motivazioni ed eventi di quello che successe a Genova il 21 Luglio 2001, è un argomento di cui si è già parlato troppo. Starò qui, invece, a gridare. A gridare il mio ennesimo rifiuto. Rifiuto a quello che uccise quel movimento, quel ragazzo, quel triste giorno in cui avevo solo 13 anni: la violenza. Rifiuto, la guerra e la violenza, come strumento di offesa e di risoluzione delle controversie, recita uno strano libro scritto nel ’47 dopo i flagelli di una brutta guerra. Rifiuto la violenza e credo nella pace tra gli uomini e nella risoluzione pacifica dei conflitti. Credo nella non violenza come strumento di lotta politica, di disobbedienza civile, di resistenza passiva e come strumento di risoluzione degli scontri. “Ogni pratica di resistenza è legittima. Dalla preghiera collettiva in su. Non cadremo nel tranello di militarizzare la pratica.” Pregate, non lanciate bombe. Non si può più cadere nell’errore che nel 1947, in India, rovinò la più grande azione non violenta che l’uomo ricordi. Non possiamo abbandonarci all’uso della violenza gratuita e senza senso. Non oggi. Non qui. Non sono gli anni di piombo, nessuna rivoluzione proletaria deve avvenire, nessun colpo di stato. Un colpo di cervello. Una grande idea. Passare dalla soluzione al problema e chiedersi: come bisogna dar forza alle nostre tesi? La mia risposta è una sola: con la forza della felicità e del sorriso. Sorridi davanti ad un nemico e non potrai ferirlo in maniera più grave. Perdona, perché solo così si è perdonati.”Oh Signore, fa di me uno strumento della tua pace...Dov’è odio ch’io porti l’amore” osava gridare San Francesco. Ma non c’è bisogno di nessun santo e di nessun dio per credere nella forza dell’intelligenza e non in quella delle armi. “Se il piombo e il sangue sono i simboli che l’Impero erge sui suoi vessilli, per noi propongo i nostri corpi, il pane e l’acqua, che, in fondo, non abbiamo bisogno d’altro.” Pongo il mio corpo a difesa del mondo. Se volete farmi del male accetterò la sorte che avete deciso per me. Non posso rifiutare. Non posso odiarvi. Le macchine da guerra dal sistema funzionano solo se hanno risposte. Solo se provocate. Provo ad immaginare una Genova senza sassi. Una Genova come Firenze l’anno dopo, il 2002. Provo ad immaginare una Genova in cui la linea rossa veniva attraversata con il corpo e poi si ci fermava(l’idea originale). In un anno che non sembra più di alcun Signore, io, come per fortuna tanti altri, mi oppongo. Mi oppongo perché non posso fare altro. Mi hanno dato delle mani e le userò per costruire. Mi hanno dato dei piedi e li userò per camminare tra le vie del mondo. Mi hanno dato degli occhi e li userò per osservare le ingiustizie. Mi hanno dato un cuore e lo userò per provare emozioni. Mi hanno dato un cervello e lo userò per riflettere, pensare e cambiare quello che non mi piace. Non faro nulla di più di quello che posso fare: tutto. La potenza di un uomo è grande. L’uomo è ad immagine e somiglianza di Dio, e se Dio è onnipotente lo sarò anche io. In virtù di questa potenza, ho il diritto di oppormi a ciò che non mi piace e di darmi da fare per cambiarlo. Studio per questo motivo. Per cambiare il mondo. Non sono utopistico. Il mio sogno è semplice, fattibile, opinabile: cambiare il mondo. E per farlo, non userò nessun proiettile, nessuna bomba, nessun bastone o manganello. Per farlo non userò nulla se non la mia parola e la mia voglia di vivere. Non proverò rancore. O almeno ci proverò, nella speranza che un giorno riesca a farlo del tutto. Ciò che farò, sarà stare qui a leggere, pensare e poi scrivere. Perché credo di aiutare qualcuno con questo semplice gesto. Spero di aver gridato abbastanza anche per questa volta. “Ringrazio di essere nato in un tempo e in un luogo che non ha bisogno di armi per lottare contro i suoi nazismi. Anche se questo non vuol dire che la posta in gioco sia meno importante.”

Francesco Parise


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