Nonviolenza ....

UN POEMETTO ATTUALISSIMO CONTRO LA GUERRA. Il "Poetical Essay" di Percy Bysshe Shelley, ritrovato !!!.

sabato 15 luglio 2006.
 
[...] una denuncia bruciante. Tutto il veemente idealismo nonviolento di Shelley trapela da versi come questi: «Milioni costretti a combattere, a combattere o morire / giacciono avviluppati in mucchi sul rosso altare della Guerra... / Quando gli omicidi legalizzati gonfiano le liste dell’orgoglio; / quando gli idioti titolati pilotano l’immagine della gloria». Per non parlare dei sempre attuali «freddi consiglieri degli ancor più freddi re» che hanno il «potere di esalare su tutto il mondo la ventata infettiva della morte» [...]

RISPUNTA DA UN ANTIQUARIO IL «POETICAL ESSAY» CHE SI CREDEVA PERDUTO

La guerra alla guerra di uno Shelley ritrovato

di Maria Chiara Bonazzi (La Stampa, 14.07.2006)

LONDRA. Le bordate pacifiste di questo Shelley inedito non risparmiano nessuno. Nel poemetto, riaffiorato presso una libreria antiquaria dopo duecento anni di clandestinità, ce n’è per tutti: per le iniquità coloniali dell’Inghilterra in India, per Napoleone, «uno spirito malvagio che cova sul sangue rappreso», per la monarchia da rovesciare e per gli «idioti titolati» che cercano la gloria nei campi di battaglia sulla pelle altrui. I 172 versi che tutti avevano invano cercato da quel 1811, in cui il poeta ribelle fu espulso da Oxford, sembrano scritti oggi.

Questo Poetical Essay di Percy Bysshe Shelley è un lungo peana contro la guerra, che suona quasi come un moderno inno di protesta. Diffuso sotto la copertura dell’anonimato negli anni in cui il poeta era studente universitario, è la diretta risposta all’arresto di un giornalista irlandese radicale incarcerato per aver osato fare la cronaca degli orrori di una disastrosa spedizione bellica inglese.

Sotto lo pseudonimo di «un gentiluomo dell’Università di Oxford», Shelley sceglie la formula piuttosto convenzionale dei distici in rima per ergersi a pensatore politico anti-establishment. Il volume di 20 pagine, messo in vendita da Bernard Quaritch e stralciato oggi in esclusiva dal Times Literary Supplement, è senza dubbio una delle scoperte letterarie più importanti degli ultimi anni.

E si fa leggere come una denuncia bruciante. Tutto il veemente idealismo nonviolento di Shelley trapela da versi come questi: «Milioni costretti a combattere, a combattere o morire / giacciono avviluppati in mucchi sul rosso altare della Guerra... / Quando gli omicidi legalizzati gonfiano le liste dell’orgoglio; / quando gli idioti titolati pilotano l’immagine della gloria». Per non parlare dei sempre attuali «freddi consiglieri degli ancor più freddi re» che hanno il «potere di esalare su tutto il mondo la ventata infettiva della morte».

È la dura reazione di Shelley contro il carcere per Peter Finnerty, un giornalista intruppato al seguito degli inglesi nella spedizione per attaccare Anversa, all’epoca in mano ai francesi, che si era conclusa con la morte di 4 mila uomini. Nel poemetto Shelley, che tra l’altro partecipò alla colletta per assistere Finnerty in prigione, si scaglia senza nominarlo contro Lord Castlereagh, il ministro per le colonie che aveva cercato di tappare la bocca al giornalista facendolo condannare per diffamazione.

Shelley allude a Castlereagh in un verso che condanna i suoi «vizi abbaglianti come il sole di mezzogiorno». Sul numero del TLS in edicola oggi, il professor W. D. Woudhuysen, autore dell’articolo sulla scoperta del poemetto, sostiene che Castlereagh simboleggia in questo contesto le ingiustizie coloniali inglesi in India. Ne fanno fede questi versi: «L’indiano indebolito, sulle sue pianure natie, / soccombe ai dolori innumerevoli inflitti da una potenza più forte».

Nella classifica degli oppressori più esecrabili segue Napoleone, colpevole di avere ridotto l’Europa a un cumulo di macerie. Ma anche l’istituzione della monarchia deve essere eliminata per ripristinare «la pace l’amore e la concordia / e guarire l’angoscia di un mondo sofferente»: «L’uomo deve affermare i suoi diritti innati / Togliamo dalla mano dei monarchi il gesto del comando / e le leggi oppressive non riterranno più alcun potere».

Questi versi corroborano l’immagine di uno Shelley precocemente sovversivo e daranno forse fiato alle teorie di quegli studiosi convinti che il poeta sia stato assassinato in mare dalle autorità inglesi desiderose di toglierselo dai piedi. Come minimo questo Poetical Essay contribuì a inguaiare ulteriormente il giovanissimo Shelley presso le autorità accademiche di Oxford, che già avevano cercato invano di costringerlo ad ammettere di avere scritto un controverso trattato sull’ateismo.

Anche dal punto di vista squisitamente letterario, è un ritrovamento straordinario. Non capita infatti quasi mai di recuperare l’intero volume, con tanto di rilegatura originale, di un mistero bibliografico come questo. Ted Hofmann, direttore della libreria antiquaria Quaritch, ha detto al Times: «È una delle scoperte più entusiasmanti che io ricordi. Gli studiosi di Shelley sapevano che esisteva, ma fino a oggi erano soltanto congetture. È certamente importantissimo».


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