Politica e cultura

La città dei sottomessi: cronaca cronica di poteri fuori norma(lità). I giornalisti stiano muti

Aldo Orlando, assessore comunale a San Giovanni in Fiore, a Emiliano Morrone: "Sto andando in procura a denunciarti". Morrone si rivolge alla stampa nazionale, alla dottrina giuridica e al sindaco Nicoletti
sabato 14 maggio 2005.
 

Aldo Orlando, assessore comunale al commercio a San Giovanni in Fiore, mi ha fatto sapere, direttamente e per strada, che è sul punto di andare, perifrastica attiva, alla Procura della Repubblica di Cosenza, allo scopo di denunciarmi per un non meglio precisato reato, che avrebbe una relazione d’ordine logico-giuridico con il mio ultimo commento, pubblicato sul giornale in rete, sulla composizione della nuova giunta della città. Lo ha detto in tono solenne, convinto, sostenuto. Tuttavia, l’assessore comunale è ben consapevole, dentro, che non può agire legalmente, nella circostanza: non si può procedere contro qualcuno se non individuando, almeno, una fattispecie di reato. Da parte mia, leggere per credere, c’è stata un’analisi doverosa e rispettosa delle leggi, oltre che assolutamente in linea con la libertà di manifestazione del pensiero contemplata in Costituzione. Se Orlando è convinto che l’abbia ingiuriato o abbia arrecato danno alla sua dignità e reputazione, può sempre querelarmi presso la locale stazione dei Carabinieri, evitando il viaggio a Cosenza. Io gli comunico, invece, serenamente e affettuosamente, che, attraverso la rete, informerò chiunque del suo comportamento, ancora nelle maglie d’un’abitudine assai diffusa, dalle nostre parti, per cui la stampa non può esprimere alcuna opinione, manco di tipo politico, verso chi è delegato all’esercizio d’un potere. Mi rivolgo, anzitutto, all’amico Franco Abruzzo, presidente dei giornalisti della Lombardia e autorevole interprete delle leggi che regolano la nostra professione. Mi rivolgo a Giuseppe Soluri, presidente del mio consiglio dell’Ordine. Mi rivolgo, per un’analisi etica della fattispecie concreta, all’amico Dario Edoardo Viganò, docente alla Pul ed esperto di deontologia della comunicazione di massa. Mi rivolgo, per un parere di merito e una riflessione sui gradi di libertà della stampa in Calabria, all’amico Gian Antonio Stella, editorialista del Corriere della Sera. Mi rivolgo all’amico e collega Franco Corbelli, del movimento Diritti civili. Ma un pensiero lo rivolgo anche alla stimata collega Giuliana Sgrena: lei ha vissuto una vicenda terribile, caratterizzata da un’atroce restrizione di libertà, in Iraq. Cara Giuliana, qui, in Calabria, i giornalisti non possono muovere un passo. Ché, se urti la sensibilità di qualcuno, succede che ti trovi contro un muro, in men che non si dica. Quindi, devi essere acquiescente, compiacente e demente. Denuncio pubblicamente un costume di grave intimidazione, in Calabria, verso i giornalisti, il quale si traduce in varie azioni: dalla minaccia, comunque, di un male ingiusto e futuro per un fatto che non costituisce reato a quella, più pericolosa, d’un male imminente a prescindere. Denuncio una mentalità che non riconosce i ruoli né sa accettare una democrazia basata su fatti e giudizi pubblici: la stampa, in Calabria, deve essere asservita e tutte le volte che s’oppone o fotografa la realtà in quanto tale è soggetta, di norma, a violenze psicologiche o fisiche. Denuncio, quindi, l’assenza dello Stato, in Calabria: se si rende autore di simili azioni proprio chi gestisce la cosa pubblica, come nel caso di Aldo Orlando, significa non solo che manca la cultura per accettare un giudizio politico l’amministratore d’una comunità ma, soprattutto, che non può esserci tutela per chi ne fa parte e che mira, come me, alla crescita di San Giovanni in Fiore, attraverso un’informazione leale e coraggiosa. Per i profili più strettamente giuridici della vicenda, invito il professore Federico Stella, ordinario di diritto penale nell’Università Cattolica di Milano, a esprimere un parere tecnico sul presente spazio web, allegando per intero, di seguito, l’articolo incriminato da Aldo Orlando. E, fuori del presente contesto, invito il professor Stella, se ne ha tempo e voglia, anche a mandare due righe, consigliandoci, magari, testi giuridici sulla violazione del diritto d’autore, parecchio organizzata, negli ultimi tempi, in Calabria. Invito, poi, il sindaco di San Giovanni in Fiore, Antonio Nicoletti, a prendere in mano la questione, anche in veste istituzionale. Discutere pubblicamente di tali comportamenti contro la libertà di stampa sarebbe un segnale molto importante, caro Antonio, e sevirebbe, credo, a evitare che Orlando - o altri, al suo posto - si renda protagonista di azioni analoghe, gravi e inaccettabili. Sarebbe la prova della presenza di istituzioni forti e vicine, anche nella nostra difficile Calabria. Personalmente, mi sento molto offeso dallo Stato in generale e attendo che risponda: determinati princìpi, frutto di studi ed esperienze, non possono risultare lettera morta né si può credere in un riscatto della nostra terra, se questo ci viene impedito, con azioni quantomeno fuori della democrazia, da chi dovrebbe istituzionalmente costruire, con l’impegno personale, un futuro migliore. In ogni caso, continuerò a fare il giornalista secondo le norme dello Stato e senza paura di nessuno.

Emiliano Morrone

lavoce@jaflos.it

Di seguito, il testo dell’articolo incriminato dall’assessore comunale Aldo Orlando.

Rabbia, solo rabbia e terrorismo. Convivono, infatti, a San Giovanni in Fiore, ma hanno sorgenti e sbocchi diversi. Quale diritto, qui, lì, se non subordinato alla passiva accettazione dello statu quo e compresso, limitato, ridotto nella forma e nella sostanza? «È il sistema, non abbiamo strutture né personale competente», la dichiarazione svogliata d’un operatore nella sanità pubblica, rispetto a una legittima e sacrosanta richiesta di normalità. Quale professionista si cura tra le mura, potendo spendere molto per tranquillizzarsi in un ambiente forse asettico e grigio, al Nord, ma certamente professionale ed efficace, anzi, produttivo? Sul primo numero della Voce, riportammo un’intervista con Ettore Vitali, primario di cardiochirurgia al Niguarda. Il professore tirò fuori questioni di umanità del medico e difficoltà nelle scelte, nonostante i progressi della chirurgia e della medicina in generale. Ne derivammo una figura, la sua, di persona che s’interroga costantemente sul proprio operato, alla ricerca d’una crescita soprattutto interiore. Il punto sta proprio qui. Il Sud è sempre stato luogo di meditazione, riflessione, sapere, saper vivere. Oggi è, invece, purtroppo, regione dell’indecenza, della mafia, del terrorismo e dell’ostinazione; oltre che, ovviamente, universo di suoni, colori, culture e prospettive. La città di Gioacchino non si sottrae a questa realtà, benché si meni vanto, in modo ipocrita e patetico, riguardo alla sua salubrità, a livello sociale, etico, culturale. Abbiamo sentito troppe parole, fino a oggi: piene di vuoti e lontane dal quotidiano, dal vero. Basta con le omelie per strada, coi buoni propositi, le ricette e i progetti per cambiare e risalire dal fondo. Basta con le bugie e le identità politiche costruite sul momento, appoggiate sui paludosi terreni del vecchio affarismo della mafia bianca - quella che non mura, scioglie, spara, infossa ma organizza matrimoni e alleanze per seguitare nell’irregolarità e ricavare i più grassi profitti. La nuova giunta comunale, con Aldo Orlando, Pierino Lopez, Attilio Mascaro, Antonio Perri, Giuseppe Lammirato, Antonio Tiano e Giovanni Spadafora, è l’espressione del sistema di sempre che si consolida e procede per la sua via, come nulla fosse, nonostante la domanda, disperata, di giustizia sociale, rivitalizzazione culturale e partecipazione della società civile. Eppure, il sindaco, Antonio Nicoletti, aveva detto, in campagna elettorale, che avrebbe dato una sterzata con riconoscibili segnali di innovazione, già a partire dall’esecutivo. Mi dispiace tanto per Antonio, che riconosco sempre come amico fraterno ma che, in quanto giornalista e pensatore, debbo valutare, già dalle sue prime mosse, in termini non positivi. Intanto, anche se Gianni Vattimo ha avuto, nel periodo elettorale, un atteggiamento assai critico verso la sinistra tradizionale, poteva essere interpellato, ad esempio, per l’assessorato alla cultura. Vogliamo o non vogliamo riqualificare la nostra città? Vattimo fu preferito da Pareyson a Umberto Eco; allievo e collaboratore di Hans-Georg Gadamer, ha tenuto lezioni con Habermas e gira per il mondo assieme a Soares e da solo, promuovendo le lingue neolatine e un pensiero della verità nel dialogo - non nel diavolo - da lui concepito. Aldo Orlando ha fallito clamorosamente come delegato al turismo e allo spettacolo. Perché squalificare San Giovanni in Fiore, ritenendo i suoi cittadini impreparati a un’evoluzione, anche economica, che cominci dallo spettacolo o dalla cultura? Orlando, bontà sua, non era affatto competente nelle materie assegnategli e si è reso protagonista di decisioni, nel merito, assolutamente scriteriate e stridenti con ogni logica di buona amministrazione. Per sua stessa ammissione, il suo principio ispiratore era quello per cui «vanno accontentati un po’ tutti». Soprattutto lui, che ha gusti monotoni e gestiva un negozio di musica basato sulla dance. Sicché, per la regola, spesso ecclesiastica, del promoveatur ut amoveatur, i partiti dell’Unione l’hanno messo al vertice dell’assessorato al commercio, con tutta la “simpatia”, quindi, dei commercianti e, soprattutto, del presidente dell’Acs, Salvatore Basile. Giuseppe Lammirato, già nel cda del consorzio Valle Crati, su cui si scatenò un vespaio di polemiche dovuto a faccende giudiziarie, è l’avvocato che non condivide il difensore civico, pur senza riuscire ad argomentarlo e che, nonostante iscritto a un partito di sinistra (?), i Ds, non s’è mai concesso, anche come semplice lettore, al pensiero (marxista) di Antonio Negri, una specie di gaudioso compilatore di proverbi locali. Insomma, ce n’è per tutti i gusti, se consideriamo gli altri compagni d’avventura, tutti membri di partito - meno che Tiano, che mi sembra il più pimpante, aitante, scattante, gioviale e mobile -, fedeli e riconoscenti alla chiesa madre, da cui hanno avuto concessioni o posizioni determinanti, levato quel buonuomo di Giovanni Spadafora, un idealista molto travagliato. Se aggiungiamo, poi, il dissenso, finalmente manifesto, verso la corrente tradizionalista e conservatrice di Mario Oliverio, da parte di Antonio Acri, neoeletto consigliere regionale, ne otteniamo un quadro assolutamente scoraggiante: tutto s’è fatto e si farà per mantenere un datato equilibrio di poteri catastrofici, sfacciati e arroganti. Avremmo voluto convincerci del contrario e avevamo scritto, piuttosto recentemente, di un nuovo capitolo da aprire, società civile e politica istituzionale, sulla base - anche - delle corrispondenze fra governo regionale e provinciale. Dobbiamo francamente ricrederci, almeno a guardare la nuova - si fa per dire - giunta comunale. Voglio solo ricordare che scrissi una lunga lettera, l’anno scorso, a Giuseppe Chiaravalloti e Franz Caruso, sul grave problema dell’emigrazione intellettuale in Calabria, suggerendo alcune iniziative concrete di tamponamento e percorsi di parziale soluzione. Né l’uno né l’altro hanno mai trovato il tempo per rispondermi, pur chiedendomi il voto in più occasioni. Come fan tutti, d’altra parte. Voglio dire, insomma, che una politica di autentico recupero e di sviluppo non ha più, oggi, connotazioni ideologiche. Si basa, di fatto, sulla sola competenza e concretezza degli attori (politici) e sulla loro disponibilità ad accogliere, indipendentemente da colori di parte, le indicazioni e le idee della società civile. C’erano tutti i presupposti, stavolta, a San Giovanni in Fiore, per una politica sociale e culturale di livello, liberandosi dei condizionamenti partitici in giunta. Così non è stato. Il segnale è drammatico e testimonia che la strategia del terrore, già attuata in fase elettorale, ci piace ancora, ci serve. E non ci importa che non ci siano garanzie di diritti e servizi. Non ce ne frega niente. Amen.

Emiliano Morrone


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