Il Capo dello Stato ha ricevuto al Quirinale il presidente della Rai Claudio Petruccioli
Rai-Mediaset, Cappon: "Nessuna esitazione"
Berlusconi: "Sciacalli contro di me"
Gentiloni: "Sia restituito l’onore al servizio pubblico"
Bertinotti: "Azienda sfigurata e non autonoma"
ROMA - Non si placa lo scandalo delle intercettazioni Rai-Mediaset pubblicate da Repubblica. Verbali che mostrano un "patto" segreto per favorire Silvio Berlusconi. E la reazione del Cavaliere non si fa attendere: "E’ un attacco contro di me, vedo sciacalli in azione". Sul caso, l’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni ha aperto un’istruttoria: "Valuteremo la situazione alla luce degli elementi di fatto che acquisiremo. In base ai riscontri, decideremo quali interventi adottare a garanzia sia del pluralismo, sia dell’indipendenza e della libertà dell’informazione", ha detto il presidente dell’Authority, Corrado Calabrò, ascoltato oggi in commissione Cultura alla Camera.
In Rai, intanto, si cerca di correre ai ripari. "Saremo garantisti fino all’ultimo, ma se saranno effettivamente accertati errori, agiremo di conseguenza in coerenza con quanto fatto nel recente passato con calciopoli e vallettopoli" dice il direttore generale della Rai, Claudio Cappon. Che lancia un preciso appello al mondo della politica. Chiedendo "regole chiare sul servizio pubblico perché l’incertezza si va moltiplicando".
"L’incertezza è tale che - aggiunge il direttore generale - è come se giocassimo una partita di calcio senza sapere il nostro ruolo, quando è rigore e quando è fuori gioco. C’è grande necessità di certezza e regole che noi applicheremo con determinazione". Mentre per il presidente del Cda Claudio Petruccioli (ricevuto da Napolitano) "il futuro del servizio pubblico è necessaria una maggiore autonomia della classe diriegente dalla politica". Chi invece chiede che si restituisca "l’onore al servizio pubblico" è il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni. Durissimo, infine, il commento del presidente della Camera Fausto Bertinotti che parla di "una Rai sfigurata e di una perdita di autonomia". E si apprende che sia Cappon (martedì) che l’ex dg Flavio Cattaneo saranno sentiti dalla commissione di vigilanza.
Mentre il leader di An, Gianfranco Fini torna a smarcarsi da Berlusconi. "Non vedo sciacalli in azione, è una vicenda che merita di essere approfondita e bene ha fatto la Rai ad aprire una inchiesta interna".
E oggi, sull’argomento fa sentire la sua voce anche il presidente della Repubblica. "Le intercettazioni sarebbe bene che restassero dove devono restare, in linea di principio, almeno fino a che c’è il segreto istruttorio" dice Giorgio Napolitano. C’è da ricordare, però, che i verbali pubblicati da Repubblica riguardano un’inchiesta chiusa, sono pubblici e a disposizione delle parti.
Intanto il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio ha deciso di ascoltare Deborah Bergamini, Fabrizio Del Noce, Clemente Mimun, Francesco Pionati e Bruno Vespa per verificare "eventuali violazioni deontogiche".
* la Repubblica, 22 novembre 2007.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
E riecco il conflitto di interessi
di RICCARDO BARENGHI (La Stampa, 22/11/2007)
Non c’è dubbio che Berlusconi abbia fatto una mossa geniale, incantando molti suoi avversari e spiazzando altrettanti suoi (ex) alleati, riaprendo i giochi di una politica stagnante, rompendo lo schema amico-nemico, uscendo così dall’angolo e rimettendosi al centro del campo. L’interesse subito manifestato da Veltroni per questo Silvio novus è la principale conferma della svolta berlusconiana, quasi come se il leader del Pd non aspettasse altro. Così come l’entusiasmo di Bertinotti, i sospetti e i paletti che Prodi dispensa quotidianamente, la rabbia incontrollata di Fini.
D’altra parte non avrebbe avuto senso per un centrosinistra in continuo affanno tentare di cambiare la legge elettorale, e magari pure qualche pezzo della Costituzione, saltando sulla testa del leader dell’opposizione, cioè di un personaggio che viene votato - alle elezioni e non nei gazebo - da circa dieci milioni di italiani. Chiunque pensava - ed erano in molti - che una volta perduta la battaglia della spallata, il Cavaliere sarebbe morto (politicamente) si sbagliava. L’uomo ha sette vite e morirà solo quando lo deciderà lui stesso. Per ora non l’ha deciso.
Dunque tutto bene, Veltroni e Berlusconi tratteranno, e se troveranno un’intesa gli altri seguiranno come l’intendenza? Forse andrà così, forse no, le difficoltà non sono poche e già si vedono, tanto che il leader del Pd ha dovuto mettere in agenda prima l’incontro con Fini e poi quello con Berlusconi: un modo per rassicurare il premier che rivede lo spettro della Bicamerale e - come allora - teme realisticamente che la contropartita dell’accordo sia la sua pelle.
Ma c’è un problema che nessuno si ricorda più, nessuno nomina più, tutti fanno finta di non conoscere, presi ormai nel vortice della nuova stagione. Un problema che è riemerso con una certa forza grazie alle intercettazioni pubblicate ieri dalla Repubblica che rendono perfettamente l’idea di come, durante il governo di Berlusconi, Rai e Mediaset fossero una sola azienda, al servizio appunto di un solo padrone. Questo problema si chiama conflitto di interessi, e da tredici anni viene nominato, agitato, riposto, propagandato, strumentalizzato, dimenticato, messo in qualche disegno di legge che poi sparisce in qualche cassetto parlamentare, ritirato fuori in una piazza, in un congresso, in una trasmissione televisiva, in una campagna elettorale... Ma subito dopo scompare di nuovo, pronto però a riemergere alla bisogna.
E la bisogna sarebbe oggi, anzi ieri. Dopo quei cinque anni di governo del centrosinistra in cui il conflitto di Berlusconi venne lasciato vivo e vegeto per non disturbare i rapporti tra maggioranza e opposizione (e in particolare la Grande riforma di D’Alema), dopo il mea culpa reiterato fino alla nausea dagli stessi leader del centrosinistra allorché furono sconfitti e si ritrovarono all’opposizione, dopo le promesse nella campagna elettorale e nei primi mesi di questo governo («certo che faremo la legge, anzi l’abbiamo già fatta...»), dopo che per l’ennesima volta quest’araba fenice è sparita dall’orizzonte, adesso che fa il centrosinistra? Discute e tratta con Berlusconi, riscrive con lui le regole del gioco, gli riserva attestati di simpatia, anzi di vera stima politica, ma non tira fuori il problema. Per carità, tutto si sfascerebbe prima di cominciare, si sa quanto il Cavaliere sia sensibile su questo tasto, è poco ma sicuro che rovescerebbe il tavolo da lui stesso apparecchiato. Dunque, silenzio, facciamo finta di niente e non nominiamo l’Innominabile: adesso è la Politica (in maiuscolo) che deve guidare il gioco.
Peccato però che prima o poi quell’uccello mitologico rispunterà da qualche parte, e già la storia Rai-Mediaset uscita ieri sembra un avviso ai naviganti. Rispunterà non solo perché qualche incallito antiberlusconiano lo tirerà fuori, magari da uno schermo televisivo, magari anche stasera dallo studio di Santoro. Ma perché è un problema del nostro tempo, se non vogliamo esagerare parlando di questione democratica. D’altra parte fu proprio Veltroni a tirarlo fuori per primo tanti anni fa e a costruirci sopra una buona parte della sua identità politica e della sua immagine. Come farà venerdì 30 novembre, quando si troverà di fronte Berlusconi, a non dirgli nemmeno una parola, anzi tre: conflitto di interessi?
L’EDITORIALE
La struttura Delta
di EZIO MAURO *
UNA versione italiana e vergognosa del "Grande Fratello" è dunque calata in questi anni sul sistema televisivo, trascinando Rai e Mediaset fuori da ogni logica di concorrenza, per farne la centrale unificata di un’informazione omologata e addomesticata, al servizio cieco e totale del berlusconismo al potere. L’inchiesta di "Repubblica" ha svelato fin dove può arrivare il conflitto d’interessi, che questo giornale denuncia da anni come anomalia italiana, capace di corrompere la qualità della nostra democrazia.
Nel pozzo senza fondo di quel conflitto, tutto viene travolto, non soltanto codici aziendali e doveri professionali, ma lo stesso mercato, insieme con l’indipendenza e l’autonomia del giornalismo. Con il risultato di una servitù imposta alla Rai come un guinzaglio per un unico padrone, ben al di là dell’umiliante lottizzazione tra i partiti, e i cittadini-spettatori truffati e manipolati proprio in quella moderna agorà televisiva in cui si forma il delicatissimo mercato del consenso.
Ci sono le prove documentali di questa operazione sotterranea, che ha agito per anni alle spalle dei Consigli di amministrazione, della Commissione di vigilanza, dei moniti del Quirinale sul pluralismo dell’informazione. Si tratta - come ha documentato "Repubblica" - di un’indagine della magistratura milanese sul fallimento dell’Hdc, la holding dell’ex sondaggista di Berlusconi (e della Rai) Luigi Crespi, che è stato per un lungo periodo anche il vero spin doctor del Cavaliere.
Dopo il fallimento del gruppo, nel marzo 2004, sono scattate perquisizioni e intercettazioni della Guardia di Finanza. E gli appunti dei finanzieri sulle conversazioni telefoniche rivelano un intreccio pilotato tra Mediaset e Rai che coinvolge manager di derivazione berlusconiana e uomini che guidano strutture informative, con scambi di informazioni tattiche e strategiche, mosse concordate sui palinsesti per "coprire" notizie politicamente sfavorevoli al Cavaliere, ritardi truffaldini nella comunicazione al pubblico di risultati elettorali negativi per la destra: con l’aggiunta colorita e impudente di notisti politici Rai che si raccomandano a Berlusconi, dirigenti Mediaset che danno consigli alla Rai sulla preparazione del festival di Sanremo. E un lamento, perché durante le riprese televisive dei funerali del Papa, "Berlusconi è stato inquadrato pochissimo dalle telecamere".
Non si tratta, com’è evidente, soltanto di un caso di malcostume politico, di umiliazione professionale, di vergogna aziendale. E’ la rivelazione di un metodo che mina alle fondamenta il mito imprenditoriale berlusconiano, perché sostituisce la complicità alla concorrenza, la sudditanza all’autonomia, la dipendenza al mercato. Il tutto in forma occulta, con la creazione di una vera e propria rete segreta che crea un "gioco di squadra" - come lo chiamano le telefonate intercettate - che ha un unico capitano, un unico referente e un unico beneficiario: Silvio Berlusconi.
Trasmissioni d’informazione, come quella di Vespa, per la quale il direttore generale Rai garantisce che il conduttore "accennerà al Dottore ad ogni occasione opportuna", dirigenti della televisione pubblica che quando vengono a conoscenza di un discorso di Ciampi a reti unificate per la morte del Papa hanno come unica preoccupazione quella di organizzare un contraltare di Berlusconi al capo dello Stato, che potrebbe essere messo troppo "in buona luce", serate elettorali in cui si decide di "fare più confusione possibile" nel comunicare i risultati "per camuffare la loro portata".
In che Paese abbiamo vissuto? La politica - avversari e alleati di Berlusconi, tutti quanti defraudati da questa rete sotterranea costruita per portare acqua ad un mulino solo - è consapevole della gravità di queste rivelazioni, che dovrebbero spingerla ad approvare una seria legge sul conflitto d’interessi nel giro di tre giorni? E il Cavaliere, quando sarà sceso dal predellino di San Babila dove le sue televisioni lo hanno inquadrato in abbondanza, vorrà spiegare che mandato avevano i suoi uomini (spesso suoi assistenti personali) mandati ad occupare posizioni-chiave in Rai e Mediaset, se i risultati documentali sono questi?
La realtà è che in questo Paese ha operato e probabilmente sta operando da anni una vera e propria intelligence privata dell’informazione che non ha uguali in Occidente, un misto di titanismo primitivo e modernità, come spesso accade nelle tentazioni berlusconiane. Potremmo chiamarla, da Conrad, "struttura delta". Un’interposizione arbitraria e sofisticatissima, onnipotente perché occulta come la P2, capace di realizzare un’azione di "spin" su scala spettacolare, offuscando le notizie sgradite, enfatizzando quelle favorevoli, ruotando la giornata nel senso positivo per il Cavaliere.
Naturalmente con le telecamere Rai e Mediaset che ruotano a comando intorno a questa giornata artificiale, a questo mondo camuffato, a questa cronaca addomesticata. In una finzione umiliante e politicamente drammatica della concorrenza, del pluralismo, dei diritti del cittadino-spettatore, alterando alla radice il mercato più rilevante di una democrazia, quello in cui si forma la pubblica opinione.
Lo abbiamo già scritto e lo abbiamo denunciato più volte, ma oggi forse anche la politica più sorda e cieca riuscirà a capire. In nessun altro luogo si è formato un meccanismo "totale", così perverso e perfetto da permettere ad un leader politico di guidare legittimamente la più grande agenzia newsmaker del Paese (il governo) e di controllare insieme impropriamente l’universo televisivo, con la proprietà privata di tre canali e la sovranità pubblica degli altri tre.
A mettere in connessione le notizie trattate secondo convenienza politica e i canali informativi, serviva appunto la "struttura delta", ricca del know-how specifico del mondo berlusconiano, specializzato proprio in questo. Da qui alla tentazione di costruire il palinsesto supremo degli italiani, manipolando paesaggio e personaggi della loro vita, il passo è breve. E se la mentalità è quella che punta ad asservire l’informazione alla politica, la politica al comando, il comando al dominio, quel passo è probabilmente quasi obbligato.
E’ ora possibile fare un passo per uscire da questo paesaggio truccato, da questa manipolazione della nostra vita. Purché le istituzioni, la libera informazione, il mercato e la politica lo sappiano. Sappiano che un Paese moderno, o anche solo normale, non può sopportare queste deformazioni delle regole e della stessa realtà: e dunque reagiscano, se ne sono capaci. La stessa mano che domani proporrà le larghe intese, è quella che ha predisposto il telecomando con un tasto unico. E truccato.
Nelle intercettazioni tra 2004 e 2005 allegate all’inchiesta sul fallimento della Hdc
dell’ex sondaggista Crespi, la prova che alla concorrenza si era sostituita la complicità
La rete segreta del Cavaliere
che pilotava Rai e Mediaset
Ecco le telefonate dei dirigenti vicini a Berlusconi
di EMILIO RANDACIO e WALTER GALBIATI *
MILANO - "Media-Rai". Le due superpotenze nazionali della tv, che dovrebbero competere aspramente per la conquista dell’audience, fare a gara nella pubblicazione di servizi esclusivi, in realtà si scambiano informazioni sui palinsesti. Concordano le strategie informative nel caso dei grandi eventi della cronaca. Orchestrano i resoconti della politica. Su tutto, la grande mano di Silvio Berlusconi e dei suoi collaboratori, che quotidianamente tessono la tela, fanno decine, centinaia di telefonate, si scambiano notizie, organizzano fino ai più piccoli dettagli. È il quadro che emerge dalle intercettazioni telefoniche - realizzate tra la fine del 2004 e la primavera del 2005 - allegate all’inchiesta sul fallimento della "Hdc", la holding dell’ex sondaggista del Cavaliere, Luigi Crespi. E in particolare dai resoconti, redatti dalla Guardia di Finanza, delle conversazioni telefoniche di Debora Bergamini, ex assistente personale di Berlusconi e, all’epoca, dirigente della Rai, e di Niccolò Querci, pure lui ex assistente di Berlusconi e, all’epoca, numero tre delle televisioni Mediaset.
La "ragnatela" avvolge e intreccia le vicende della tv di Stato con quelle di Mediaset. I direttori di Tg1 e Tg5 (all’epoca Clemente J. Mimun e Carlo Rossella) fanno, testuale, "gioco di squadra". Il notista politico del Tg1 informa la Bergamini e la rassicura sul fatto che le notizie più spinose saranno relegate in coda al servizio di giornata. Fabrizio Del Noce cuce e ricuce, assicurando che Bruno Vespa, nella sua trasmissione, accennerà "al Dottore in ogni occasione opportuna". Querci, insieme al gran capo dell’informazione Mediaset, Mauro Crippa, cuce sul versante opposto. E arriva fino ad occuparsi delle vicende del festival di Sanremo (quell’anno affidato a Paolo Bonolis), cioè della trasmissione di massimo ascolto dell’azienda che dovrebbe essere concorrente. E poi ancora, le fibrillazioni in due fasi delicate: la morte del Papa e le elezioni amministrative dell’aprile 2005.
L’allora presidente Ciampi è pronto per una dichiarazione a reti unificate per onorare Giovanni Paolo II? La Bergamini allerta prima l’assistente personale del Cavaliere e poi Del Noce per preparare una performance parallela dell’inquilino di Palazzo Chigi. E ad essere allertato è anche il "rivale" Crippa. Le elezioni sono andate male? Bisogna "ammorbidire" i resoconti sui risultati elettorali. La Bergamini contatta Querci e con lui concorda la programmazione televisiva. La ragnatela avvolge tutto, pensa a tutto, provvede a tutto.