Dopo la polemica sui senatori a vita aveva definito l’inquilino del Quirinale "indegno"
Aperto un fascicolo per "oltraggio al decoro o al prestigio del presidente della Repubblica"
La Procura di Roma indaga Storace
"Ha offeso il capo dello Stato"
ROMA - La polemica era iniziata dopo l’inziativa di dubbio gusto dei giovani della Destra di Storace che al senatore a vita Rita Levi Montalcini avevano recapitato una paio di stampelle. "I senatori a vita sono o no le stampelle di questo governo?", spiegò Fabio Sabbatani Schiuma, braccio destro dell’ex presidente della Regione Lazio. Un gesto che il premio Nobel alla Medicina definì in una lettera a Repubblica un "ignobile attacco che riconduce a sistemi totalitari di triste memoria". E insieme a lei e allo sdegno del centrosinistra, si espresse anche il presidente della Repubblica: "E’ una grande scienziata. Mancare di rispetto, infastidire o intimidire la senatrice Levi Montalcini, che ha fatto tanto onore all’Italia, è semplicemente indegno".
Frasi che anzichè zittire Francesco Storace lo hanno pungolato in un’escalation di violenza verbale che ha raggiunto l’apice ieri l’altro quando l’ex ministro della Salute ha detto: Il presidente della Repubblica "è indegno di una carica usurpata a maggioranza. Napolitano non ha titoli per distribuire patenti etiche per la disdicevole storia personale e per l’evidente faziosità istituzionale".
Parole eccessive che hanno indotto la Procura di Roma ad aprire un fascicolo contro Storace sospettato di aver "offeso l’onore o il prestigio del presidente della Repubblica". Storace sembra non scomporsi e replica secco: "Nel nome dell’amor di casta,viva la Procura della Repubblica di Roma". Aveva dichiarato nei giorni scorsi: "Ma quale fascista, è un’idea goliardica (inviare le stampelle, ndr), sò ragazzi. Io comunque non ce l’ho con la Levi Montalcini scienziata, anzi, da connazionale, ne sono orgoglioso. Provo pena, invece, per la sua attività al Senato. E’ intollerabile che questi (i senatori a vita, ndr), votino tutto, non solo la fiducia al governo, ma anche le mozioni e gli ordini del giorno".
Rischia da uno a cinque anni di reclusione il leader de La Destra ma il reato ipotizzato della Procura descritto nell’articolo 278 del codice penale, prevede l’autorizzazione a procedere del guardasigilli. Sarà Clemente Mastella a decidere se lasciar fare alla magistratura o far archiviare il procedimento. Si vedrà. Certo nei giorni scorsi il giudizio alle parole di Storace è stato unanime di condanna. Da Prodi a Marini, da Bertinotti a Veltroni, tutti hanno condannato le accuse del parlamentare. Dal centrodestra invece solo un imbarazzato silenzio con l’eccezione della ferma condanna di Casini e la critica di Alemanno di An.
* la Repubblica, 15 ottobre 2007.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
ALL’ITALIA NEL MONDO. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA OFFESO E RIDOTTO AL SILENZIO...
ALL’ITALIA NEL MONDO. LA DIGNITA’ DELL’ITALIA E’ SCOMPARSA: "LA SOCIETA’ SPARENTE"....
SALVIAMO LA COSTITUZIONE E LA REPUBBLICA...
Il Guardasigilli dà parere favorevole in Senato alla richiesta del pm di Roma per le frasi contro Napolitano dopo la difesa di Rita Levi Montalcini
Mastella: sì al procedimento su Storace
"Frasi offensive al capo dello Stato"
ROMA - Mastella ha dato il via libera al procedimento giudiziario contro Francesco Storace per le dichiarazioni, considerate offensive, del senatore nei confronti del presidente della repubblica Napolitano. Le frasi di Storace furono pronunciate in più occasioni dopo che il capo dello Stato era intervenuto in difesa del premio Nobel Rita Levi Montalcini che era stata insultata proprio dal movimento di Storace alla fine di una votazione al Senato. Alla sentarice a vita giunsero minacce di vedersi recapitare un paio di stampelle. Un gesto che molti nella Destra considerarono una goliardata. Non così buona parte del mondo politico e istituzionale. E non a caso Mastella, nella nota, non manca di sottolineare che "gli apprezzamenti offensivi" di Storace "vanno ben oltre il diritto di critica".
Il comunicato del Ministero della Giustizia recita: "Il guardasigilli Clemente Mastella ha concesso l’autorizzazione a procedere nei confronti del senatore Francesco Storace per il reato di cui all’art. 278 c. p., richiesta dal Procuratore della Repubblica di Roma il 15 novembre 2007".
"Il ministro della Giustizia -si legge nella nota- ha ritenuto di non dover frapporre ostacoli all’autonomo e doveroso esplicarsi dell’attività giudiziaria, tenuto conto della manifesta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma attraverso l’espressione di apprezzamenti offensivi nei confronti della persona e del ruolo del Capo dello Stato che vanno ben al di là del diritto di critica".
"Spetta ora all’Autorità Giudiziaria assumere in piena autonomia le proprie definitive valutazioni nel procedimento, nel cui ambito -conclude il comunicato- l’interessato potrà apportare ogni elemento che riterrà utile alla propria difesa".
Il leader della Destra, sotto inchiesta da parte della Procura di Roma, insinua che i magistrati siano stati influenzati dal Colle
Storace, nuovo affondo su Napolitano
"Parlerò al pm della sua vita e della famiglia"
E poi annuncia: "Dovrà pentirsi chi mi ha trascinato a processo per lesa maestà"
ROMA - Altro duro affondo di Francesco Storace contro il presidente della Repubblica. "Il silenziatore dell’informazione sull’inchiesta pretesa da Napolitano nei miei confronti è apprezzabile, perchè mi renderà più libero di raccontare al magistrato senza pressioni mediatiche dettagli interessanti su vita e famiglia di Giorgio Napolitano e sulle sue smemoratezze rispetto al cosiddetto vilipendio delle istituzioni".
Questo è quanto si legge in una nota diffusa dal segretario della Destra. In cui si fa riferimento al procedimento giudiziario nato dalle sue dichiarazioni contro il capo dello Stato, che si era pronunciato a sua volta contro le parole offensive pronunciate dallo stesso Storace sul senatore a vita Rita Levi Montalcini. E il cui autore da un lato insinua il sospetto che l’inchiesta giudiziaria sia stata pilotata da Napolitano; e dall’altro minaccia presunte rivelazioni sulla famiglia del presidente.
Un reato, quello di offesa al capo dello Stato, su cui indaga la Procura di Roma. E di cui ieri si è conclusa la fase istruttoria. "In questo Paese cancellato nel diritto a avere un governo non inquinato dal voto dei senatori a vita, smetterà di parlare a vuoto - prosegue il leader della Destra, con toni sempre più minacciosi - chi dovrà pentirsi di aver voluto trascinare a processo per lesa maestà un parlamentare dell’opposizione".
* la Repubblica, 8 dicembre 2007.
NAPOLITANO: INDISPENSABILI INTESE PER LE RIFORME *
ROMA - "Non posso che ribadire quello che ho sempre detto: non c’é modo e spazio per collaborare con questa sinistra sulle riforme". Così Silvio Berlusconi ha risposto ai cronisti che gli chiedevano un commento all’appello del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla necessità di un dialogo sulle riforme.
Giorgio Napolitano, consegnando le insegne ai nuovi cavalieri del Lavoro, al Quirinale, ha detto che si sente impegnato a favorire "un clima di maggior concentrazione costruttiva su questioni che è necessario affrontare e tendere a risolvere attraverso le indispensabili intese. E parlo, come bene intendete, di questioni di riforma del sistema politico istituzionale".
Napolitano ritiene "indispensabili" le riforme politico-istituzionali perché solo con le riforme "si potranno meglio assicurate in futuro l’effettiva governabilità, gli equilibrati punti di riferimento e l’effetto negativo di forme esasperate di spettacolarizzazione e contrapposizione politica, per usare l’espressione dell’ingegner Mario Federici, presidente uscente della Federazione dei Cavalieri del Lavoro". Quelle considerazioni, il presidente della Repubblica le ha svolte come egli stesso ha precisato come "un semplice messaggio di riconoscimento e incitamento" al mondo delle imprese e del lavoro che ritiene "doveroso e connaturato alla funzione" di Capo dello Stato di favorire l’affermazione di "un clima più propizio per la soluzione dei problemi".
NO A CONCITAZIONE SU ESIGENZE VITALI DEL PAESE
"Ci sono tematiche ed esigenze vitali per il nostro Paese che dovrebbero essere tenute fuori dal clima di concitazione che la vita politica e istituzionale sta attraversando" ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano incontrando i Cavalieri del Lavoro al Quirinale. Il presidente della Repubblica ha invitato tutti "a valutare i fatti, i problemi, gli impegni cercando di dare valutazioni obiettive, senza cedere né a forme di autosoddisfazione propagandistica né a sommarie stroncature". Partendo naturalmente, ha detto dalle "esigenze vitali" del Paese.
"Considero fisiologiche, ha detto - e legittime tutte le diversità di giudizio che si esprimono anche in sedi neutrali e internazionali, sui risultati raggiunti dall’azione di risanamento dei conti pubblici, sul ritmo con cui tale azione dovrebbe e potrebbe essere portata avanti, nonché sul rapporto in cui essa va vista con esigenze fondamentali di crescita e di equità ". Ma di"altra parte, ha aggiunto Napolitano, "quello attuale è anche un momento di valutazioni incerte e discordi sulle prospettive della crescita italiana e mondiale" per gli effetti sull’economia americana della crisi dei mutui subprime e della lievitazione dei prezzi delle materie prime a cominciare da quello del petrolio. In questo quadro, ha concluso, è da considerare il "già annunciato rallentamento della crescita italiana" che avviene con l’euro forte ("da considerare peraltro nelle sue fondamentali positività ") e con un "rilevante incremento in valore delle esportazioni italiane", che è da consolidare ma è "segno indubbio di una rinnovata competitività di nostre produzioni, specie sul piano della qualità ".
STORACE: NAPOLITANO NON S’IMPICCI, CONVOCHI ELEZIONI
"Napolitano continua a sbagliare o, come direbbe Cossiga, a impicciarsi. Prenda atto che il governo é morto e convochi i comizi. Basta con le prediche". Lo afferma Francesco Storace, segretario de La Destra, a proposito del nuovo appello del capo dello Stato a trovare l’intesa per fare le riforme.
BERTINOTTI: NAPOLITANO HA STRARAGIONE
"Il presidente Napolitano ha straragione, ha ragione da vendere. Sono assolutamente d’accordo". Lo ha detto il presidente della Camera Fausto Bertinotti, a margine dell’Assemblea generale dell’Upi che si è conclusa a Firenze, commentando le dichiarazioni di Napolitano sulla necessità di chiudere il pacchetto riforme. "Io credo che questo invito del presidente della Repubblica - ha aggiunto Bertinotti - non debba essere considerato rituale: é un intervento politico con la P maiuscola totalmente rispondente al ruolo che il presidente deve correttamente interpretare, pensoso delle sorti del quadro istituzionale del Paese".
Al centro della scelta le crescenti polemiche verso i senatori a vita, accusati di sostenere il governo
L’ex presidente della Repubblica da molti mesi non va più in Aula per le votazioni
di Marco Galluzzo (Corriere della Sera, 18 ottobre )
ROMA - Ciò che faccio lo faccio per senso dello Stato, ama dire Ciampi. E non è un modo per rivendicare o difendersi, ma una linea di condotta, un metodo, che ha più volte esplicitato, con le parole come con le decisioni, nella sua lunga esperienza istituzionale: alla Banca d’Italia come al governo, al Quirinale come nelle scelte che ha sin qui compiuto da senatore a vita. Carlo Azeglio Ciampi da molti mesi non va più in Aula al Senato, preferisce stare nel suo studio, rispondere ai tanti impegni istituzionali che ancora lo coinvolgono come presidente emerito della Repubblica. Esiste anche un mestiere di ex presidente, che lo porta in giro per l’Italia, a visitare comuni e province, di centrodestra (che lo accolgono, a suo dire, con enorme entusiasmo) come di centrosinistra, partecipare a iniziative politiche e sociali, dare un contributo di esperienza, di rappresentanza.
Un mestiere che Ciampi ha amato e ama ancora più di ogni altro, poiché consente il contatto con gli italiani, la conferma di un rapporto di sintonia che durante il suo mandato (tradotto in indici di gradimento) è stato fra i più alti della storia della Repubblica. Quel mestiere, e i valori che lo sostengono, hanno allontanato negli ultimi mesi il Presidente dal Senato. Diradato le sue apparizioni in Aula, sino ad annullarle. Fatto maturare la convinzione che l’imbarbarimento attuale dello scontro politico poco si concilia con il patrimonio di immagine accumulato negli anni.
Sembra che anche queste riflessioni, che Ciampi non ha nascosto ad altri senatori, abbiano prodotto l’assenza di qualche settimana fa, in occasione del voto sul viceministro Visco. In quel caso mancava un altro presidente emerito della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, impegnato ad un cerimonia religiosa in ricordo di San Francesco e del suo testamento.
Quel giorno in Senato la maggioranza si salvò per un solo voto. E in molti si interrogarono sulla scelta di Scalfaro come di Ciampi. A sinistra con preoccupazione, a destra sperando che le assenze fossero l’inizio di un distacco progressivo dalle sorti del governo. Sia la preoccupazione che la speranza non fanno probabilmente il conto con la storia dei due uomini, che non può essere legata al contingente, alla contabilità continua della possibile crisi.
Ma certamente esiste un imbarazzo che cresce. E che non è legato alle sole accuse, talvolta sopra le righe, talvolta smodate, di coloro che criticano l’appoggio dei senatori a vita al governo. In Ciampi esiste la consapevolezza che esiste anche una soglia oltre la quale il senso dello Stato può essere dirottato sulla salvaguardia di altri valori, importanti come o forse più della stabilità, della tenuta di un governo. Soprattutto se questa esige un sacrificio che rischia di mettere a repentaglio l’immagine dei senatori a vita (di nomina come di diritto), se non quella dello stesso Quirinale (che di riflesso vive anche delle scelte di chi ne è stato inquilino per 7 anni). Non è il rischio di passare per un uomo di parte che potrebbe tenere, anche in futuro, l’ex presidente lontano dal Senato. Ma le riflessioni e le amarezze, di cui qui si dà conto, avranno un ruolo decisivo nella scelta.
16 OTTOBRE 1943: DEPORTAZIONE DAL GHETTO DI ROMA
Caso Storace-Napolitano
di Gianni Rossi *
Nella notte dello Shabat del 16 ottobre 1943, truppe naziste su ordine del comandante Kappler, presero possesso del Ghetto di Roma e rastrellarono quasi 1.300 ebrei (due terzi donne e bambini), per deportarli nel campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia. Dal lager ne ritornarono solo in 16! A nulla era valsa, qualche settimana prima, la falsa promessa di ottenere scampo, pagando come riscatto il “prezzo della vita” con 50 kili d’oro. Né le garbate, ma flebili proteste diplomatiche di Papa Pio XII valsero ad ottenere un ripensamento presso i vertici nazisti a Roma e a Berlino.
Certo, i numeri sono crudeli e le statistiche spesso portano coloro che devono prendere decisioni vitali a commettere anche errori disumani: cosa erano e quanto potevano contare 1.300 ebrei romani, di fronte alla salvezza di 800 mila loro correligionari nelle stesse ore nascosti e ospitati nei conventi, negli istituti religiosi e nella case private del clero cattolico d’Europa? E poi, quanto valeva la loro vita, in cambio di quella di altri 8 mila ebrei italiani, ancora vivi grazie alla generosità del popolo italiano?
La storia è davvero crudele e sa anche di beffa, a volte! Il Vaticano sapeva dell’inganno dell’oro, gli alleati anglo-americano conoscevano tutti i piani di Kappler, grazie alle intercettazioni della radio-trasmittente del comando tedesco e alla decrittazione dei messaggi cifrati, in quanto erano in possesso delle “chiavi di lettura” del Codice Enigma. Ma non intervennero, per mantenere in serbo l’effetto sorpresa nei preparativi per l’attacco finale al Terzo Reich. Insomma, gli ebrei romani erano delle “vittime predestinate”, gli agnelli della tradizione mosaica, puri e ingenui che col capo chino si avviano al sacrificio, per la salvezza del “popolo eletto”!
No! La razzia del Ghetto fu una concomitanza di errori e di sottovalutazioni strategiche da parte dei vertici vaticani, alleati e partigiani. Ognuna di queste componenti pensava al “fine ultimo”, per il quale vanno comunque sacrificate altre vittime, seppure innocenti, pur di raggiungere lo scopo principale della lotta in corso. Fu lo stesso principio seguito dalla Croce Rossa internazionale, che sapeva dei campi di sterminio, ma sottovalutò opportunisticamente il fenomeno e non fece le dovute pressioni verso le nazioni democratiche, per rispetto a convenzioni diplomatiche e per tutelare gli ebrei ancora liberi e rifugiati in altri paesi d’Europa.
Furono gli stessi principi che ostacolarono il ritorno dei sopravvissuti dallo sterminio verso le terre di Gerusalemme, dopo la fine della guerra, e che agli inizi della costruzione dello stato di Israele fecero di tutto per non inimicarsi le potenze arabe, padrone dei giacimenti petroliferi, arrivando così a creare quella situazione di instabilità permanente che è lo “scacchiere mediorientale”.
A più di 60 anni dai fatti del Ghetto di Roma, la memoria rischia di offuscarsi, di restare una mera disputata tra storici, quasi una “favola nera” raccontata ai pronipoti dai pochissimi reduci, ormai ultraottantenni, scampati miracolosamente a quegli eventi.
Ma la lezione dura di quei tragici fatti dovrebbe, comunque, essere impressa nel codice genetico degli italiani, specie nelle nuove generazioni, o quanto meno di coloro che sono nati subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale. E’ grazie al sacrificio di 6 milioni di ebrei, di decine di milioni di russi, di milioni di uomini e donne, in maggioranza civili (dissidenti politici, rom, omosessuali, partigiani, semplici abitanti delle città martoriate dai bombardamenti a tappeto), morti per il delirio di onnipotenza di Hitler e Mussolini, che l’Europa può dirsi ora una nazione unita e in pace. Eppure, il germe dell’antisemitismo, il demone della nostalgia nazifascista ancora albergano negli animi di molti, troppi, giovani e non solo. Il fenomeno bullistico dei naziskin alto-atesini è comprensibile ( ma da condannare energicamente), come espressione di comportamenti sociali devianti, dovuti all’ignoranza che si respira nella scuola italiana su questi argomenti storici, alla marginalità dei gruppi giovanili, al tenore di vita delle “province ricche” del Nord e all’assenza di riferimenti culturali ed etici, che la società e i media dovrebbero invece propagare con continuità.
Più grave, invece, il fenomeno politico del “neofascismo strisciante”, cui assistiamo da quando è stato “sdoganato” il partito di Fini e da quando Berlusconi ne ha fatto uno degli strumenti della sua corsa alla presa del potere politico, dopo quello mediatico e finanziario.
Grazie anche ad un “revisionismo”storico di comodo, il regime mediatico berlusconiano ha cercato in questi 15 anni di rimuovere il periodo del fascismo e i fenomeni di rigurgito nostalgico, come se si trattassero di espressioni innate nella tradizione culturale italiana, come se il “ventennio” fosse stata “una passeggiata, una vacanza nelle isole per qualche dissidente”, e i fascisti fossero stati un po’ guasconi e per nulla invischiati nelle tragiche decisioni del “diabolico” Hitler: lui sì che era il colpevole, tanto era tedesco!
Da questa lettura di serie “C” degli eventi storici, dal fatto di non celebrare mai, neppure da Presidente del consiglio, il 25 aprile, giorno della Liberazione, dal suo minimizzare qualsiasi comportamento parolaio o gestuale di esponenti della destra nostalgica, come da ultimo con Storace, come se fossero “delle birichinate, delle goliardate”, Berlusconi trae consensi dall’estrema destra e si fa primo alfiere di questo movimento cultural-politico del “neofascismo strisciante”. Un pericolo per le istituzioni democratiche purtroppo sottovalutato, ma che proprio Giorgio Bocca, anche di recente sul nostro sito, mette in guardia come avamposto per far precipitare l’instabile democrazia italiana in uno strano regime, nel quale il capitalismo più rozzo possa avere “le mani libere” e gli avversari politici, che si rifanno ai valori della Resistenza e della Costituzione, siano demonizatti e ridicolizzati.
Il “caso Storace” è l’ultimo esempio di questa tendenza, finora troppo emarginata dalle analisi dei media, da affrontare solo quando tocca il prestigio del Capo dello Stato, ma per poi relegarlo nelle pagine interne delle cronache. E mai si collega questo fenomeno al processo culturale-mediatico in corso, proprio sulla spinta del messaggio banalizzante di Berlusconi. Ci si dimentica troppo presto tra gli editorialisti e i commentatori dai ricchi cachet delle boutades, degli strafalcioni storici di Berlusconi su alcuni episodi del fascismo, sulla figura di Mussolini e sulla sua “allergia” alla Reistenza, per castigare invece i comportamenti “devianti” di qualche irriducibile esponente della sinistra radicale o anti-global, oppure per “fare le pulci” alle tendenze liberali dei nuovi leader del centrosinistra!
Per fortuna, su queste vicende esiste ancora un “giudice” anche a Roma, oltre che a Berlino. E non possiamo che plaudire all’azione giudiziaria avviata dal Procuratore capo Giovanni Ferrara nei confronti del senatore Storace, al quale viene contestato il reato (previsto dall’articolo 278 del Codice penale) di “offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica”, dopo le sue invettive incredibili rivolte a Napoletano, che lo aveva pubblicamente criticato, prendendo le difese della senatrice a vita Rita Levi Montalcini, razzisticamente oltraggiata dallo stesso Storace alcuni giorni prima. Ne avevamo denunciato l’operato su queste stesse pagine e avevamo chiesto un intervento del Senato e della magistratura. Ora, dopo l’azione giudiziaria, che speriamo sia accolta con estrema rapidità dal ministro della giustizia Mastella, competente in materia per dar il via libera alla procedura d’inchiesta (trattandosi di procedimento contro un parlamentare), ci attendiamo una ferma presa di posizione del Senato.
Riponiamo la nostra fiducia nei senatori del centrosinistra che, almeno in questa occasione, facciano sentire concretamente la loro solidarietà istituzionale verso il Capo dello Stato, in difesa dei principi fondanti della nostra Costituzione antifascista. Riponiamo la nostra fiducia nella libera stampa d’opinione e verso i Telegiornali e Giornaliradio, che troppo velocemente “girano pagina” e si dimenticano di illuminare questo fenomeno di neofascismo strisciante.
Il revisionismo, il negazionismo, il ridurre tutto a fenomeni di “folklore politico” porta dritti, dritti al regime, all’offuscamento delle coscienze, alla perdita dell’agibilità democratica. E non c’è bisogno di carri armati né di colpi di stato: basta saper usare i massmedia a disposizione!
16/10/2007 - da Articolo 21 - http://www.articolo21.info/notizia.php?id=5534
* Il dialogo, Mercoledì, 17 ottobre 2007
Fascismo è...
di Furio Colombo *
Un ragazzo simpatico, questo Storace, molto ragazzo benché over fifty, molto autentico, un po’ impulsivo, ma con i tratti tipici del giovane uomo impaziente che controlla fino a un certo punto i suoi scatti di vitalità e di energia, sa ridere, sorridere e irridere, tutto gli viene condonato perché, si sa, sono ragazzi.
Questo il ritratto che Matrix ha offerto di lui la sera del 17 ottobre di fronte al giornalista Mentana che ha avuto la buona idea di metterselo seduto di fronte due giorni dopo la violenta e ignobile aggressione a Rita Levi Montalcini. E la cattiva idea di autorizzare il suo interlocutore a cambiare come voleva le parole del suo attacco...
E a descrivere da solo ragioni, svolgimento, ed esito dei suoi processi, mai confrontato da un testo o da un documento (lei veramente ha detto... per la verità i giudici hanno scritto...). Mai interrotto nelle sue festose scorribande, come quando fa sapere «non avrei mai detto ciò che Fini ha detto a Gerusalemme, nel luogo che ricorda la Shoah» (nessuno in studio ha ricordato la frase di Fini sul «fascismo male assoluto») e baldanzosamente precisa: «il fascismo è stata luce e ombra». Non segue alcun commento e lui allarga un sorriso. Sa che chi accorrerà alla sua «destra» (il partito che ha appena fondato) non va alla destra di mercato ma alla luce del fascismo.
Perché ne parlo? So benissimo che dai tempi di Berlusconi, questa è la televisione, in Italia, sia quella pubblica che quella privata: domande amiche, nessun riscontro o confronto sulle risposte, dici quello che vuoi, menti come vuoi, e se non hai alcuna reputazione da difendere sei nel tuo elemento.
Ne parlo perché in quella trasmissione c’ero anch’io, una lunga intervista filmata bene (al Senato, tra un voto e l’altro) tagliata bene, montata con cura, senza dispersioni o frammentazioni.
All’annuncio della mia intervista, Storace (affettuosamente definito «Franti» nel titolo, forse con un riferimento colto al brano del diario minimo di Eco «E Franti l’infame sorrise»), ha pacatamente messo in dubbio il mio equilibrio mentale. Alla fine si è concesso due aneddoti, perché, si sa, i ragazzi hanno bisogno di sfogarsi e più sono sbruffoni e più sono simpatici, o questo era il tono del programma. Insultare Rita Levi Montalcini, a quanto pare, crea rispetto, attenzione cautela, un certo calore. Soprattutto crea un’ora di televisione benevola (le parole del capo dello Stato e il testo della Sen. Montalcini, pubblicato da Repubblica, li abbiamo ascoltati solo dalla voce e nella versione di Storace) e un autorevole, incontrastato diritto di ultima parola.
Dunque di me Storace racconta che sono passato dalla Fiat al comunismo, con il tono furbo di uno che svela: «questa è buona, sentite questa...». Segue attenzione e silenzio compunto del conduttore.
Allora, con senso dello spettacolo, Storace cambia tono e - sempre sicuro di condurre lo show - racconta: «Colombo questa mattina l’ho incontrato in Senato. Quando è passato vicino a me ha abbassato gli occhi».
Tutti gli altri punti della trasmissione riguardano Mentana. Questo riguarda me e sono in grado di rispondere a Storace: non ho abbassato gli occhi davanti al fascismo neppure da bambino. E infatti non dimentico. Storace sa bene - anche se è temperamentalmente incline a mentire come i suoi amici negazionisti - che non abbasso gli occhi, adesso, né di fronte a lui né di fronte a coloro che formeranno il suo nuovo partito di destra-Salò, prima di confluire con una marcia gloriosa con Berlusconi, dove i meriti del suo tipo vengono prontamente riconosciuti.
Se la destra è mercato, Storace si è messo in proprio, ha trovato negli insulti a Rita Levi Montalcini (di cui ha insinuato: «Era molto contenta quando riceveva i soldi dalla Regione Lazio») e nella volgarità dedicata al capo dello Stato, il suo avviamento, e in Matrix il suo maxi-spot. Ha anche detto, per far sapere al pubblico che non è solo: «Quante storie, ma se tutta la Casa delle libertà insulta ogni giorno i senatori a vita perché si permettono di votare». Ha detto, senza obiezioni da studio, che l’Assemblea Costituente (lui lo sa) voleva vietare il voto dei senatori a vita. Forse Mentana aveva davvero intenzione di confrontare Storace e la sua immensa volgarità con una intervista rivelatrice. Ma non gli è riuscito. Forse Storace ha un suo peso (non necessariamente morale) ed è consigliabile «maneggiarlo con cura».
Forse, come diceva Moravia di gente che non gli piaceva: «Parla perché ha la bocca». Quanto a Storace, che ha toccato in questi giorni il punto più basso della politica italiana da molti anni, parla perché ha uno studio. Ma questa, caro Diario, è l’Italia dei nostri giorni.
* l’Unità, Pubblicato il: 19.10.07, Modificato il: 19.10.07 alle ore 8.49
’’L’interessato potrà apportare ogni elemento utile alla propria difesa’’
Mastella autorizza procedimento su Storace
Il Guardasigilli ha ritenuto di ’’non dover frapporre ostacoli all’autonomo e doveroso esplicarsi dell’attività giudiziaria’’. E’ quanto si legge in un comunicato del ministero della Giustizia. Il leader de ’La Destra’ sotto accusa per le offese al capo dello Stato: ’’Regime processa parlamentare d’opposizione’’
Roma, 17 ott. (Adnkronos) - Via libera al procedimento contro Francesco Storace per le offese al capo dello Stato Giorgio Napolitano. "Il Guardasigilli Clemente Mastella ha concesso in data odierna, ai sensi dell’art. 313 c.p., l’autorizzazione a procedere nei confronti del senatore Francesco Storace per il reato di cui all’art. 278 c.p., richiesta dal Procuratore della Repubblica di Roma il 15 novembre 2007". E’ quanto si legge in un comunicato del ministero della Giustizia.
"Il ministro della Giustizia - si legge nella nota - ha ritenuto di non dover frapporre ostacoli all’autonomo e doveroso esplicarsi dell’attività giudiziaria, tenuto conto della manifesta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma attraverso l’espressione di apprezzamenti offensivi nei confronti della persona e del ruolo del capo dello Stato che vanno ben al di là del diritto di critica. Spetta ora all’Autorità Giudiziaria assumere in piena autonomia le proprie definitive valutazioni nel procedimento, nel cui ambito - conclude il comunicato - l’interessato potrà apportare ogni elemento che riterrà utile alla propria difesa".
’’Non avevo dubbi che il regime autorizzasse un processo a un parlamentare dell’opposizione. Mastella tutela solo il presidente del Consiglio, cacciando De Magistris’’, è il commento del segretario nazionale de ’La Destra’.