È l’ultima settimana che ci separa dall’appuntamento referendario “sull’embrione”. Tale entità, in questa campagna referendaria, si è guadagnato di diritto un ruolo centrale fra tutte le tematiche su cui siamo chiamati ad esprimerci, proprio per il gran parlare che si è fatto intorno a sé. La chiesa è scesa in campo compatta nelle sue gerarchie, testarda nei suoi dogmatismi, autoritaria nei suoi appelli. I partiti hanno raccolto il suo messaggio, rinsaldando il vetero e anacronistico sodalizio della politichiesa. Del resto come non essere lungimiranti; la sciagurata alleanza fra neo-con e fondamentalismo cristiano, sull’altra sponda dell’atlantico, ha ipotecato altri quattro anni di potere negli USA e sul mondo. In Italia chi è abile a tessere certe relazioni con il porporato che conta, sa di assicurarsi una larga fetta di consensi e investiture: Rutelli lo ha capito bene e con lui buona parte del centro-destra. Quello che si è visto in questi mesi è stato un incessante quanto inconcludente dibattito sull’embrione, nei suo aspetti bio-etici, religiosi, filosofici e che dir si voglia. Un dibattitto sterile, equivoco, invadente e disarmante su cui non possono che aversi solo delle opinioni; se sia una persona o soltanto un progetto di persona non è ancora dato saperlo e, tanto meno, imporlo a nessuno. Non si vuole in questa sede entrare nel merito della dissertazione, poiché non se ne hanno le competenze, ma un’idea me la sono fatta ed è tutta incentrata, solo e semplicemente, sul sacrosanto diritto dell’uomo di sperare e sulla sua tutela a cui nessuno può rinunciarvi ovvero ostacolare. In Italia, esiste una legge che consente ad un determinato mese di gravidanza di abortire, ossia di uccidere un feto, oltre la fase embrionale, già vita. Si tenta ora, nella speranza di arrivare quanto prima ad abolire la suddetta legge, di erodere il terreno su cui poggia la stessa; blindare l’embrione per sacralizzare il feto. Le ragioni che possono indurre una donna a ripudiare una gravidanza indesiderata sono diverse, come non da meno le ragioni che spingono degli scienziati a far ricerca su degli embrioni.. Il ruolo della politica in tutta questa storia è stato molto controverso e pilatesco. Tanti politici, in ordine sparso, hanno ripudiato più che la difesa della vita nel diritto alla ricerca, l’idea di uno stato libero, ancor prima che laico, pluralista ancor prima che illuminato. Gli effetti di questo redivivo, mostruoso, connubio fra potere temporale e potere spirituale si riverberano, in modo devastante, su molteplici aspetti della vita della gente comune. Le speranze di milioni di persone, come Luca Coscioni costretto da un grave e rara malattia sulla sedia a rotelle, non possono essere neutralizzate con i dettati della chiesa più ottusa ed ortodossa Pensiamo a come reagirebbero i signori Berlusconi, Bondi, Follini, Rutelli innanzi a problemi familiari gravi le cui soluzioni risiederebbero solo nella ricerca e nell’impiego di quelle tecniche che oggi, loro stessi, mettono al bando; non ho dubbi, penso che attiverebbero tutte le conoscenze in loro possesso, senza badare a spese, pur di salvare la vita di un loro caro ovvero ridurne le sofferenze. I sondaggi dicono che, nell’ultimo anno, le coppie che sono ricorse a centri esteri, al fine di ottenere un figlio mediante la fecondazione eterologa, sono triplicate. Mentre la chiesa dispone e dei chierichetti in doppio petto blu eseguono, un popolo intero soffre, sperperando tanti risparmi per avere un figlio. Penso che Dio o suo figlio, se avessero partecipato ad un tale stillicidio di bestialità, avrebbero sostenuto tutte le mamme che oggi vengono avvilite per la sola colpa di desiderare un figlio che non possono avere con le proprie forze o con quelle dei loro compagni, nonché incoraggiato tutti coloro che sono impegnati, nei laboratori, ad ottenere da ciò che non è ancora vita il miracolo di un’alta vita, magari migliore. Agli ipocriti di stato come Pera e Berlusconi, ai finti moralisti atei alla Ferrara occorre dare la lezione che uno stato civile e di diritto è tale solo se riesce a garantire a chiunque quelle tante libertà con cui, sfacciatamente, hanno chiamato la loro casa. A coloro che credono in Dio e nelle istituzioni che si sono arrogate il diritto di interpretarne il verbo in esclusiva su questo mondo, ricordo di non dimenticare le tante colpe di cui si è macchiato l’uomo, impropriamente, in nome suo: dalle sentenze della Santa Inquisizione al “Got mit uns” con cui i nazisti minacciarono il mondo. Io voterò per la vita, per la libertà di scelta; quattro sì in nome dell’uomo e delle sue legittime istanze a sperare, nonostante tutto. Per chi non la pensa come me, l’invito è di andare comunque a votare in nome delle proprie idee e non astenersi in nome delle idee di altri, spinti da mero opportunismo politico e indottrinati da oscuro bigottismo clericale.
Marco Militerno
L’onorevole ride volentieri del suo corpo traballante, ma il caso Carmelo Porcu farebbe rabbrividire tutti gli illustri dottori referendari alla Umberto Veronesi, i quali vanno dicendo che la legge 40 condanna i disabili alla vita, e alla vita da disabile. Ed è proprio per questo che oggi l’onorevole Porcu al suo brutto corpo è affezionato più che mai, e ha deciso di raccontarne la storia drammatica - “ma in punta di piedi, con discrezione, perché mi dà fastidio mettere in piazza queste cose” - “per difendere la legge 40, perché mi sto rendendo conto che tutto il grande progresso culturale e di costume che abbiamo compiuto in tanti anni riguardo al problema della disabilità viene ora rimesso in discussione. Si dice che i disabili non devono venire più al mondo, e nessuno fa una piega, nemmeno le sinistre, che si stracciavano le vesti quando la società ignorante di qualche decennio fa si azzardava solo a trattare uno spastico come me da disabile anche mentale. Oggi invece perfino loro si permettono il lusso di predicare una felicità che può essere definita a priori”. Per Carmelo Porcu il Mondo Nuovo verso cui il nostro secolo precipita, è per certi versi un tuffo all’indietro “negli anni Cinquanta-Sessanta, quando l’avere in casa un figlio disabile era considerato disdicevole, una sorta di marchio d’infamia, una punizione del destino, una colpa da lavare”. Cinquant’anni di battaglie e conquiste sociali spazzati via in un istante: “All’epoca in cui mia mamma mi portava in braccio, da piccolino, la gente che ci incontrava si commuoveva. ‘Oh poverino, questo bambino!’, le dicevano. Qualche volta anche esagerando, in maniera pietistica, ma comunque sempre esprimendo solidarietà. Adesso, al contrario, le donne come mia mamma (che sono delle donne-coraggio, donne che faticano in maniera sovrumana per portare avanti la vita dei loro figli disabili, che amano i loro figli e più sono disabili e più li amano) invece di sentirsi amate, ammirate o comunque di sentire la solidarietà degli altri, si sentono quasi rimproverate: ‘Perché hai messo questo figlio al mondo? Non c’hai pensato? Ti è sfuggita la situazione di mano?’. Io allora mi chiedo: perché non facciamo loro coraggio, piuttosto di scoraggarle a fare nascere quelli come me? E poi qual è la giuria? C’è chi accampa la pretesa assurda di poter dire a un altro uomo: ‘Tu non sarai felice.
(Tratto da il foglio.it - "L’onorevole disabile (affetto da tetraparesi spastica) che rivivrebbe tutta la sua vita così com’è")