Medioevo

PUGLIA: A GRAVINA, UNA CITTA’ SOTTO LA CITTA’. Un patrimonio storico-culturale da salvaguardare

venerdì 7 luglio 2006.
 
[...] L’amministrazione comunale sta ultimando le pratiche per chiedere all’Unesco il riconoscimento di patrimonio dell’umanità. Oggi l’ente dell’Onu premia i territori, così Gravina si unirà a Matera e ai suoi Sassi, distanti 30 chilometri. Presto arriverà il via libera. L’obiettivo è creare un polo di turismo culturale nel profondo sud. E salvare la città sotterranea.

PUGLIA A trenta chilometri dai Sassi di Matera, un sito eccezionale per il quale è stata richiesta la tutela dell’Unesco come patrimonio dell’umanità

Gravina, la città sotterranea

Un reticolo di gallerie, grande due volte l’attuale centro storico, scavato nei secoli

Dal Nostro Inviato A Gravina Paolo Lambruschi *

La chiesa rupestre di San Vito Vecchio, sul fondo del burrone, è una visione rara ed emozionante. Scavata nel tufo nel 1200, ospitava fino a 50 anni fa un ciclo di affreschi pregiato, salvato dai tombaroli dalla Sovrintendenza che l’ha staccato e portato via. Oggi è ospitato dalla Fondazione Pomarici Santomasi, in centro, un’oasi che da sola vale una visita. Invece la chiesetta è abbandonata in mezzo a una discarica abusiva. Pochi metri più avanti, nell’incuria assoluta, le erbacce coprono la splendida clinica veterinaria secentesca degli Orsini, signori della città, il cui simbolo, una rosa, campeggia come una firma sulle pareti tufacee.

I tesori in superficie di Gravina erano già noti, dalla splendida cattedrale del 1492 alla biblioteca Finyana che sorgono sulla bella piazza dedicata a Benedetto XIII, papa Vincenzo Orsini, che nacque qui nel 1650. O i palazzi settecenteschi di tufo, che impreziosiscono il reticolo di viuzze della città vecchia. Ma in quest’ultimo mese il mistero della scomparsa dei due fratellini Vincenzo e Salvatore Pappalardi ha fatto parlare dei sotterranei di Gravina in Puglia. Uno scrigno di tesori, alcuni perduti, altri recuperabili, accumulati nei secoli nel ventre della città cresciuta sul ciglio del burrone, la gravina. Un patrimonio archeologico, storico e culturale ignorato e trascurato.

Abitata fin dal neolitico perché ricca di acqua e di grano, Gravina fu centro cerealicolo per Greci e Romani. La popolazione viveva nelle grotte affacciate sul burrone. Poi, per difendersi dalle incursioni di Visigoti, Vandali e Saraceni cominciò a intagliare lastroni di tufo per edificare sulle caverne, alzando mura e case fin sulla rupe. Sotto, cantine e sotterranei si sono sviluppati in parallelo. Per capire come, bisogna partire dalla cattedrale, che unisce due quartieri medievali, Paggio e Fondovico. Da qui parte il reticolo di gallerie grande due volte l’attuale centro storico. Lo conosce solo Michele Parisi, 46 anni, imprenditore edile e spe leologo dilettante, autore dell’unica guida alla Gravina sotterranea. Uno che si ferma all’improvviso davanti a un cumulo di terra e ti spiega che lì sotto è nascosta una chiesa rupestre. «Ma è meglio che non si sappia. Da qui - spiega indicando la strada sotto la villa comunale - parte la fogna bianca del medioevo che percorre il perimetro della città vecchia ed è ancora piena d’acqua che prendeva dalle fonti. Abbiamo poi trovato sotto la piazza principale una cisterna del 1600 da tre milioni di litri».

Siamo sul retro dell’antico palazzo Orsini dove nel 1650 nacque il futuro Benedetto XIII. Scendiamo in una cantina di tufo profonda venti metri. Sui muri, la rosa. «Le scale e le pareti sono state perfettamente intagliate col piccone in secoli di lavoro. A 18 gradi costanti, le vivande si conservavano perfettamente». Sparsi sul pavimento blocchi e lastroni di tufo già tagliati e mai utilizzati. «Li portavano a braccia, la gente veniva pagata con un po’ di olio, pane e grano». Ci spostiamo in un’altra cantina, vicino alla cattedrale, in un palazzo del 1700. Parisi mi indica un tornio di legno, vecchio di almeno 200 anni, poggiato su un pozzetto con una statuetta a forma di Bacco dalla quale sgorgava il vino pigiato. Sulle pareti, sculture secolari corrose dal tempo: un angelo, uno stemma nobiliare.

«Sono esempi, la città - afferma Parisi - custodisce molti tesori sconosciuti. Vicino al Municipio, dove c’erano le mura, nelle cantine ho trovato i resti dei torrioni di guardia del 1300». L’amministrazione comunale sta ultimando le pratiche per chiedere all’Unesco il riconoscimento di patrimonio dell’umanità. Oggi l’ente dell’Onu premia i territori, così Gravina si unirà a Matera e ai suoi Sassi, distanti 30 chilometri. Presto arriverà il via libera. L’obiettivo è creare un polo di turismo culturale nel profondo sud. E salvare la città sotterranea.


I luoghi

LA MADONNA DELLA STELLA (P.L.)

Don Saverio Paternoster, parroco della cattedrale, è una figura chiave per accedere ai segreti della città. Dal terrazzo della chiesa di Sant’Agostino, sulla piazza centrale, indica la collina di Botromagno, la Gravina romana, sede dei siti archeologici. «A mezza collina si celano i resti dell’antica via Appia. Siamo in pochi a conoscerne esistenza e ubicazione». Da scoprire le chiese rupestri, sparse per la città vecchia edificate dal 900 in poi. Non tutte accessibili, ma quelle consacrate sono imperdibili. Come la prima cattedrale, San Michele, la chiesa delle grotte, sul burrone. Sotto Sant’Agostino sorge la cattedrale d’epoca medievale, San Giovanni. «Altra gemma - ricorda don Saverio - di fronte al ponte romano è la Madonna della stella, antico tempio che nel 500 venne consacrato al culto mariano». Don Saverio è l’anima dell’associazione diocesana Benedetto XIII (www.benedetto13.it) che offre un servizio di visite guidate agli edifici religiosi.


* Avvenire, 07.07.2006


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