PUGLIA A trenta chilometri dai Sassi di Matera, un sito eccezionale per il quale è stata richiesta la tutela dell’Unesco come patrimonio dell’umanità
Gravina, la città sotterranea
Un reticolo di gallerie, grande due volte l’attuale centro storico, scavato nei secoli
Dal Nostro Inviato A Gravina Paolo Lambruschi *
La chiesa rupestre di San Vito Vecchio, sul fondo del burrone, è una visione rara ed emozionante. Scavata nel tufo nel 1200, ospitava fino a 50 anni fa un ciclo di affreschi pregiato, salvato dai tombaroli dalla Sovrintendenza che l’ha staccato e portato via. Oggi è ospitato dalla Fondazione Pomarici Santomasi, in centro, un’oasi che da sola vale una visita. Invece la chiesetta è abbandonata in mezzo a una discarica abusiva. Pochi metri più avanti, nell’incuria assoluta, le erbacce coprono la splendida clinica veterinaria secentesca degli Orsini, signori della città, il cui simbolo, una rosa, campeggia come una firma sulle pareti tufacee.
I tesori in superficie di Gravina erano già noti, dalla splendida cattedrale del 1492 alla biblioteca Finyana che sorgono sulla bella piazza dedicata a Benedetto XIII, papa Vincenzo Orsini, che nacque qui nel 1650. O i palazzi settecenteschi di tufo, che impreziosiscono il reticolo di viuzze della città vecchia. Ma in quest’ultimo mese il mistero della scomparsa dei due fratellini Vincenzo e Salvatore Pappalardi ha fatto parlare dei sotterranei di Gravina in Puglia. Uno scrigno di tesori, alcuni perduti, altri recuperabili, accumulati nei secoli nel ventre della città cresciuta sul ciglio del burrone, la gravina. Un patrimonio archeologico, storico e culturale ignorato e trascurato.
Abitata fin dal neolitico perché ricca di acqua e di grano, Gravina fu centro cerealicolo per Greci e Romani. La popolazione viveva nelle grotte affacciate sul burrone. Poi, per difendersi dalle incursioni di Visigoti, Vandali e Saraceni cominciò a intagliare lastroni di tufo per edificare sulle caverne, alzando mura e case fin sulla rupe. Sotto, cantine e sotterranei si sono sviluppati in parallelo. Per capire come, bisogna partire dalla cattedrale, che unisce due quartieri medievali, Paggio e Fondovico. Da qui parte il reticolo di gallerie grande due volte l’attuale centro storico. Lo conosce solo Michele Parisi, 46 anni, imprenditore edile e spe leologo dilettante, autore dell’unica guida alla Gravina sotterranea. Uno che si ferma all’improvviso davanti a un cumulo di terra e ti spiega che lì sotto è nascosta una chiesa rupestre. «Ma è meglio che non si sappia. Da qui - spiega indicando la strada sotto la villa comunale - parte la fogna bianca del medioevo che percorre il perimetro della città vecchia ed è ancora piena d’acqua che prendeva dalle fonti. Abbiamo poi trovato sotto la piazza principale una cisterna del 1600 da tre milioni di litri».
Siamo sul retro dell’antico palazzo Orsini dove nel 1650 nacque il futuro Benedetto XIII. Scendiamo in una cantina di tufo profonda venti metri. Sui muri, la rosa. «Le scale e le pareti sono state perfettamente intagliate col piccone in secoli di lavoro. A 18 gradi costanti, le vivande si conservavano perfettamente». Sparsi sul pavimento blocchi e lastroni di tufo già tagliati e mai utilizzati. «Li portavano a braccia, la gente veniva pagata con un po’ di olio, pane e grano». Ci spostiamo in un’altra cantina, vicino alla cattedrale, in un palazzo del 1700. Parisi mi indica un tornio di legno, vecchio di almeno 200 anni, poggiato su un pozzetto con una statuetta a forma di Bacco dalla quale sgorgava il vino pigiato. Sulle pareti, sculture secolari corrose dal tempo: un angelo, uno stemma nobiliare.
«Sono esempi, la città - afferma Parisi - custodisce molti tesori sconosciuti. Vicino al Municipio, dove c’erano le mura, nelle cantine ho trovato i resti dei torrioni di guardia del 1300». L’amministrazione comunale sta ultimando le pratiche per chiedere all’Unesco il riconoscimento di patrimonio dell’umanità. Oggi l’ente dell’Onu premia i territori, così Gravina si unirà a Matera e ai suoi Sassi, distanti 30 chilometri. Presto arriverà il via libera. L’obiettivo è creare un polo di turismo culturale nel profondo sud. E salvare la città sotterranea.
I luoghi
LA MADONNA DELLA STELLA (P.L.)
Don Saverio Paternoster, parroco della cattedrale, è una figura chiave per accedere ai segreti della città. Dal terrazzo della chiesa di Sant’Agostino, sulla piazza centrale, indica la collina di Botromagno, la Gravina romana, sede dei siti archeologici. «A mezza collina si celano i resti dell’antica via Appia. Siamo in pochi a conoscerne esistenza e ubicazione». Da scoprire le chiese rupestri, sparse per la città vecchia edificate dal 900 in poi. Non tutte accessibili, ma quelle consacrate sono imperdibili. Come la prima cattedrale, San Michele, la chiesa delle grotte, sul burrone. Sotto Sant’Agostino sorge la cattedrale d’epoca medievale, San Giovanni. «Altra gemma - ricorda don Saverio - di fronte al ponte romano è la Madonna della stella, antico tempio che nel 500 venne consacrato al culto mariano». Don Saverio è l’anima dell’associazione diocesana Benedetto XIII (www.benedetto13.it) che offre un servizio di visite guidate agli edifici religiosi.
* Avvenire, 07.07.2006
Migliaia di persone ai funerali dei fratellini morti dopo la caduta nella cisterna
In chiesa anche la madre. Il vescovo: "Adesso sono in paradiso"
L’addio di Gravina a Ciccio e Tore
Il padre: "Siete i miei piccoli angeli"
GRAVINA - Tanta gente dentro e fuori la cattedrale. Palloncini in cielo e dolore. C’è l’intera Gravina a salutare, per l’ultima volta, Ciccio e Tore, i fratellini di 13 e 11 anni scomparsi il 5 giugno 2006 e trovati morti il 25 febbraio scorso. Almeno tremila persone. Lacrime, applausi al passaggio delle bare bianche nella piazza della cattedrale. Tanta gente. Troppa per entrare in chiesa. Molti restano fuori davanti ad un maxischermo. Altri seguono la diretta di Telepace.
In chiesa ci sono anche il padre e la madre dei piccoli. Il primo, a lungo in carcere perché sospettato di averli uccisi, adesso è tornato a casa da innocente. La madre, Rosa Carlucci, arriva circondata da Carabinieri che la scortano fino all’altare. Arriva anche il questore di Bari che parla con Filippo Pappalardi. Tra i due una stretta di mano.
L’omelia è affidata al vescovo, monsignor Mario Paciello. Tocca a lui usare parole di speranza per cercare di dare un senso ad un vicenda così tragica: "Finora abbiamo pregato insistentemente che Ciccio e Tore fossero vivi e tornassero tra noi. Oggi, anche se tra molte lacrime, celebriamo questa eucaristia, sostenuti da una speranza più grande, che è certezza: certezza che Ciccio e Tore sono nella gioia del Paradiso".
Poi, rivolto alla folla, il vescovo lancia un messaggio: "Davanti alle bare è facile dire ’siamo tutti responsabili’. Non voglio strumentalizzare la morte dei fratellini per lanciare anatemi, ma non dobbiamo permettere che la loro morte lasci il mondo come si trova".
La commozione è forte. La sorella diciassettenne di Ciccio e Tore sviene per il dolore. In molti guardano verso Filippo Pappalardi. E lui affida il suo addio ad una lettera letta dal palco. Una lettera per "i suoi piccoli angeli". Parla dei figli inghiottiti nel buio della cisterna, dice di sentire ancora "le grida di Ciccio e la disperazione del piccolo Salvatore osservare impotente spegnersi suo fratello nel buio freddo di una cisterna. Interminabili momenti di atroce dolore". Poi l’ultimo saluto: "Addio Ciccio, addio Salvatore. Angeli che con il loro spirito hanno chiamato un altro bambino, salvando lui e me, che resto un uomo solo che può continuare a vivere libero nel ricorso di tanti giorni felici vissuti insieme". Infine, prima che le bare escano, l’ultimo disperato abbraccio ai figli. Pappalardi si getta sulle bare, le abbraccia, le accarezza. Fuori, centinaia di palloncini bianchi si alzano in volo.
* la Repubblica, 9 aprile 2008.
ll giorno dopo i primi risultati della perizia, torna libero Filippo Pappalardi Era agli arresti domiciliari. I corpi dei piccoli furono trovati in una cisterna il 25 febbraio
Fratelli di Gravina, scarcerato
il padre di Ciccio e Tore *
BARI - Cancellati anche gli arresti domiciliari al papà dei fratellini di Gravina. Torna libero Filippo Pappalardi, il padre di Salvatore e Francesco trovati morti in una cisterna di una casa abbandonata il 25 febbraio scorso. Dopo il ritrovamento dei cadaverini e i primi riscontri autoptici che hanno escluso violenze sui piccoli prima della caduta, il reato contestato al padre dei fratellini era stato già derubricato da omicidio ad abbandono di minori e da poco meno di un mese, Filippo Pappalardi aveva ottenuto dallo stesso gip l’opportunità di scontare la carcerazione preventiva a casa anzichè nel carcere di Viterbo.
Appena ieri, i medici legali hanno consegnato alla magistratura i risultati dell’autopsia su corpi dei due fratellini. La caduta nella cisterna di Francesco e Salvatore è avvenuta tra le 19.30 e le 23.30 della stessa sera della scomparsa. Francesco è morto dopo tre ore; Salvatore, invece, nel pozzo, è sopravvissuto almeno un giorno. I due fratellini sarebbero precipitati dal secondo accesso al cunicolo della morte.
E’ molto probabile che la morte di Salvatore sia avvenuta nel sonno. Entrambi i fratellini sarebbero precipitati con i piedi in avanti. Secondo i due medici legali incaricati dalla Procura, Francesco battè contro il suolo con la gamba destra in estensione e per questo si procurò varie fratture all’arto.
Salvatore riportò invece una lesione al piede più lieve rispetto al fratello. E’ possibile che il ragazzino tentò di frenare la caduta poggiando il piede in una delle nicchie laterali del pozzo e si procurò così la frattura. Dall’autospia non è possibile stabilire con esattezza chi dei due fratellini cadde per primo. I medici legali escludono, comunque, che un corpo sia caduto sull’altro come era stato invece proposto in un primo momento dell’indagine.
* la Repubblica, 4 aprile 2008.
Il gip ha accettato la richiesta della difesa del padre di Francesco e Salvatore
Tornerà nella sua abitazione dove non potrà vedere o parlare con estranei
Gravina, Pappalardi ai domiciliari
"Non ha ucciso i due fratellini"
Derubricata l’accusa da omicidio ad abbandono di minori seguito da morte
"I ragazzini sfuggirono al padre che li inseguiva in auto per evitare punizioni" *
BARI - Arresti domiciliari per Filippo Pappalardi che nel primo pomeriggio ha lasciato il carcere di Velletri per tornare nella sua abitazione a Gravina in Puglia. Dopo il rinvio di ieri è questa la decisione del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari Giulia Romanazzi che ha accettato l’istanza di scarcerazione presentata dalla difesa del papà di Ciccio e Tore, in carcere dal 27 novembre 2007 con l’accusa di aver ucciso i suoi due figli, trovati morti in una cisterna abbandonata a Gravina in Puglia venti mesi dopo la loro misteriosa scomparsa.
Il gip ha derubricato l’accusa di omicidio nei confronti di Pappalardi e ha ordinato il trasferimento ai domiciliari nella sua abitazione a Gravina per il solo reato di abbandono seguito da morte (articolo 591 comma 3 del codice penale). Il giudice considera cadute anche le altre due accuse di sequestro di persona e occultamento di cadavere mosse dalla procura. E’ stato il presidente della sezione gip del tribunale di Bari, Giovanni Leonardi, a comunicare la decisione del giudice Romanazzi che poco prima aveva dichiarato: "Sono serena, non è stata una decisione facile".
La nuova ipotesi di reato, scrive il gip nel provvedimento di 32 pagine, si basa sul fatto che fu Filippo Pappalardi ad avvistare per l’ultima volta Ciccio e Tore la sera della loro scomparsa, ma "i bambini, verosimilmente, per sottrarsi alla consueta aggressività paterna e a una prevedibile consequenziale punizione, avrebbero istintivamente preferito la fuga".
Pappalardi, prosegue il giudice, avrebbe inseguito i figli a bordo della sua auto, ma li avrebbe "definitivamente persi di vista in zona via Ianora, cioè proprio lungo quella strada che insistentemente, ma tardivamente, il Pappalardi ha invocato, attribuendo l’avvistamento non a se stesso ma ad altre persone". Il padre credeva che la fuga di Ciccio e Tore fosse attribuibile a "una temporanea ragazzata", quindi "è plausibile" che l’uomo abbia cercato i figli "soprattutto nella zona vicina a via Ianora" in cui i ragazzini erano fuggiti dopo averlo visto.
"Non valeva la pena ’per una bravata da ragazzini’ mettere a repentaglio la propria reputazione di ’buon padre di famiglia’, e dunque rischiare la perdita dell’agognata potestà genitoriale in via esclusiva" sostiene ancora il gip. Per questo Filippo Pappalardi quella sera tardò nel dare l’allarme alla polizia dopo la scomparsa di Ciccio e Tore e successivamente fornì dichiarazioni false agli investigatori.
L’articolo 591 del codice penale citato dal gip si occupa di "abbandono di persone minori o incapaci" e riguarda "chiunque abbandona una persona minore di anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere la cura". Al comma 3 dello stesso articolo, il codice penale prevede la pena della reclusione da uno a sei anni "se dal fatto deriva una lesione personale", e da tre a otto anni "se ne deriva la morte". "Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall’adottante o dall’adottato".
La decisione del gip arriva cinque giorni dopo l’interrogatorio in cui ha ribadito con forza fino alle lacrime la propria innocenza. Quando ha saputo della scarcerazione, Pappalardi "ha solo ripreso a piangere" ha raccontato il suo legale Angela Aliani. A trovarlo "emozionato" è stato anche il direttore del carcere di Velletri, Giuseppe Makovech, che ha sottolineato come Pappalardi abbia reagito "in maniera composta".
Ora Pappalardi dovrà restare detenuto nella sua casa, a Gravina in Puglia. Per disposizione del giudice non potrà allontanarsi senza essere autorizzato, non potrà avere contatti telefonici e visivi con persone che non siano "familiari, conviventi, sanitari e difensori". Per l’esecuzione del provvedimento e i controlli sulla detenzione domiciliare e sui divieti imposti viene delegata "la stazione dei carabinieri territorialmente competente".
* la Repubblica, 11 marzo 2008
Ansa» 2008-03-03 20:28
GRAVINA, "NO SCARCERAZIONE FU OMICIDIO"
(di Roberto Buonavoglia)
Filippo Pappalardi deve restare in carcere. Secondo la procura di Bari, dopo il ritrovamento dei cadaveri di Ciccio e Tore il quadro accusatorio non è scalfito e il reato di omicidio volontario resta valido. Quindi, il parere della pubblica accusa alla richiesta di scarcerazione dell’uomo non può che essere contrario.
L’ultima parola spetta ora al gip che entro il 7 marzo deciderà se confermare la detenzione in carcere per il papà dei fratellini di Gravina. "Ogni presunta deduzione circa la sopravvivenza dei bambini dopo la caduta, e i movimenti di uno o di entrambi all’interno della cisterna, non aiuta certamente - scrive la procura nel parere - ad affermare di per sé che la condotta del Pappalardi non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla tragica precipitazione dei fratellini". Questo perché - annotano gli inquirenti - manca "ogni altro dato oggettivamente serio o di provenienza scientifica, cioé rinveniente dagli approfondimenti in corso di polizia scientifica e da quelli medico legali, di cui nulla si conosce ad oggi per la brevità dei tempi". Un ragionamento, dunque, a scadenza, dato che - se ne dedurrebbe - potrebbe essere anche rettificato quando i medici legali depositeranno i risultati del loro lavoro. Secondo la tesi dei magistrati, a carico di Pappalardi c’é un "macigno accusatorio" che poggia sulle "testimonianze convergenti" dei bambini che poco prima della scomparsa giocarono con Francesco e Salvatore, uno dei quali vide i due salire sull’auto del loro papà (alle 21.30 del 5 giugno 2006); ci sono le "reticenze e i falliti alibi" dell’indagato sui movimenti di quella sera; e ci sono i contenuti "allarmanti" delle intercettazioni ambientali "da cui emerge significativamente - scrivono i pm - che il padre conosceva la sorte dei figli, fino alla drammatica espressione di terrore che si potesse pervenire all’individuazione dei loro corpi".
L’intercettazione a cui fa riferimento la procura è quella del colloquio tra Pappalardi e la convivente, Maria Ricupero. Dice l’uomo: ’Non lo dire a nessuno dove stanno i bambini! Non sia mai la Madonna; lei risponde: ’Ma questo è scemo!’; e lui conclude: ’Mi uccido’. Quindi - ragionano i magistrati - il ritrovamento dei cadaveri "non è idoneo a rimuovere l’impostazione accusatoria", perché "la morte dei due bambini ribadisce la loro tragica fine e non vale ad escludere di per sé che il padre abbia avuto un ruolo causale nella loro morte: a tutto voler concedere potrebbe ipotizzarsi il solo mutamento delle modalità con cui i due bambini sono stati privati della vita". Dopo aver elaborato la propria verità, il procuratore Emilio Marzano e il pm Antonino Lupo criticano sia la tesi della difesa di Pappalardi sia i processi mediatici avviati attorno alla tragica fine di Ciccio e Tore. All’avv.Angela Aliani dicono che la tesi dell’incidente è frutto di "illazioni difensive prive di ogni altro apporto probatorio". Sul lavoro dei mass media esprimono disappunto e dicono che "non si può tacere" il "rischio che corre il lavoro dei magistrati per effetto di osservazioni e commenti fatti in libertà, ingigantiti dalla invalsa deplorevole prassi dei processi mediatici, ad opera di chiunque ritenga di pontificare comodamente, senza responsabilità, sulla tragica vicenda, pur non conoscendo nulla dei dati dell’inchiesta e del lungo e paziente lavoro svolto da coloro che, invece, sono gravati dal peso professionale della difficile ricerca della verità". Forse anche in base a queste considerazioni, il procuratore Marzano oggi ha ordinato ai carabinieri di allontanare dal palazzo di giustizia tutti i giornalisti attirandosi l’ira del sindacato e dell’Ordine dei giornalisti.
MERCOLEDI’ LE AUTOPSIE Sono previste per mercoledì prossimo le autopsie su Salvatore e Francesco Pappalardi, i due fratellini trovati morti il 25 febbraio scorso nella cisterna di una vecchia masseria abbandonata di Gravina in Puglia (Bari). Lo si è appreso da fonti medico-legali. Anche attraverso l’esame autoptico, i medici legali accerteranno l’epoca della morte ed eventuali, nuove, lesioni presenti sui corpi. Oggi i medici legali si concentreranno sullo studio degli esiti degli esami radiologici e radiografici compiuti nei giorni scorsi e sulla ricostruzione tridimensionale dei corpi di Ciccio e Tore.
1/3/2008 (6:18) Un palloncino accusa il padre di Ciccio e Tore
Potrebbe confermare il racconto del baby-testimone
di MARIA CORBI, INVIATA A GRAVINA (Bari)
Un palloncino trovato nella tasca di uno dei due fratellini dalla polizia scientifica conferma le testimonianze dei tre amici che la sera della scomparsa dissero di averli visti a piazza quattro Fontane. E rimane credibile, dunque, anche il ragazzino, oggi quattordicenne, che ha raccontato di averli visti salire sull’auto del padre visibilmente arrabbiato perché Ciccio si era bagnato giocando a gavettoni con loro. «Glielo ho strappato ed è scoppiato», raccontava il piccolo teste, aggiungendo che poco dopo, mentre beveva alle fontane, veniva chiamato dalla sorellastra di Francesco, Domenica, che lo invitava ad avvicinarsi all’auto del padre, Filippo Pappalardi. Il ragazzino è stato molto preciso con gli inquirenti nonostante fossero passati due mesi dal fatto. Ricordava anche che Salvatore sedeva dietro al padre e Francesco dietro alla sorella. Le parole di quell’uomo severo gli erano rimaste impresse: «Perché hai strappato il palloncino a mio figlio?». «Con un po’ di timore gli risposi che il mio gesto era stata la risposta a un gesto analogo del figlio». Pappalardi lo lasciò andare : «Se lo fai un’altra volta devi avere le botte...».
E quando questo bambino venne a sapere, il giorno dopo, della scomparsa degli amici, disse tutto alla mamma. E lo stesso fecero gli altri due bambini. Informazione che venne passata alla famiglia Pappalardi, come è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare. «Molto stranamente però, Filippo Pappalardi, decideva di riferire la cosa solo il 14 agosto 2006», nota il magistrato, «ad oltre due mesi dalla scomparsa dei figli». E Filippo Pappalardi parlò solo di due ragazzini, lasciando fuori proprio quello che aveva sgridato. I tre testimoni vengono poi ascoltati anche in contraddittorio tra loro, e sempre ripetono la stessa versione. Tanto che nelle motivazioni con cui il Tribunale del riesame respinge la richiesta di scarcerazione, il racconto dei tre minori viene definito «un punto fermo della presente indagine», ossia «l’individuazione del luogo e dell’ora dell’ultimo avvistamento dei fratellini».
Rimane critica dunque la situazione del padre. Ma sono troppe le contraddizioni in cui è caduto in questi 20 mesi, come le cose non chiarite. Tra queste anche l’uso «strano» del telefonino fatto da Pappalardi la sera della scomparsa, quando nonostante i due numeri telefonici in suo possesso, andò a telefonare da un bar, il «Roxy», proprio a due passi da questa masseria diroccata. Per questo, quando gli esperti della scientifica hanno trovato una batteria di un cellulare in fondo al pozzo, hanno voluto verificare se fosse compatibile con il telefono dell’indagato (e sembra che non sia così).
Per decidere come andare avanti nell’indagine c’è stata ieri una riunione in procura al termine della quale il procuratore Marzano e il capo della mobile Liguori sono tornati nella casa dell’orrore. Ancora aperte tutte le ipotesi: caduta accidentale o causata da un inseguimento, omicidio. Per i periti della difesa la dinamica dei fatti è una sola: Ciccio che cade per sbaglio e Salvatore che scende nel pozzo per aiutarlo (questo spiegherebbe perché il piccolo ha solo una frattura al piede). La speranza di essere liberato, comunque, si fa più remota per Filippo Pappalardi (la risposta all’istanza di scarcerazione dovrebbe arrivare a metà della prossima settimana). Ieri la visita del suo avvocato, Angela Aliani, accolta da «un urlo interminabile». «Anche le guardie - ha detto - sono rimaste sconcertate e di sasso per questa reazione. Come l’ho trovato? Un uomo distrutto, anzi, di più». Si difende e accusa, Filippo Pappalardi: «Lo avevo detto che dovevano cercare da quelle parti».
«Mia figlia non dorme da tre giorni; l’altro, il grande non parla, non dice quello che lo turba». Descrive così l’angoscia che attraversa tutte le famiglie di Gravina in Puglia un padre che aspetta il figlio all’uscito dalla scuola media Benedetto XIII, la stessa che frequentavano Francesco e Salvatore Pappalardi. I ragazzini che escono da scuola e i loro fratelli più grandi che li attendono non hanno voglia di parlare di quanto è accaduto. Voltandosi dall’altra parte raccontano solo che in classe se ne parla. Anche i professori evitano di incontrare i giornalisti. Qualcuno dice solo «siamo tutti sconvolti».
L’ipotesi dimostrata dalle radiografie sui resti dei fratellini Pappalardi
Vertice in Procura con i medici legali. Martedì corteo di studenti. La lettera del vescovo
Gravina, "Caduti accidentalmente
Ciccio finito sul corpo del fratellino"
BARI - Sono caduti insieme nel pozzo "accidentalmente". E’ la convizione di alcune fonti investigative dopo l’esito dei primi esami medico legali. Forse Francesco è stato il primo a precipitare, seguito dal fratellino Salvatore che probabilmente gli è caduto addosso. La ricostruzione dei giorni scorsi - un fratellino che cade, l’altro che scende per salvarlo ma resta imprigionato nella cisterna - perde consistenza. Le dimostrerebbero le radiografie che i medici legali hanno condotto sui resti dei due bambini di Gravina. Francesco, il più grande, ha fratture al bacino, alla tibia e al femore, mentre Salvatore ha soltanto una ferita al piede. Francesco potrebbe essere quindi morto per emorragia; il fratellino sfiancato dal freddo.
Oggi vertice in Procura per decidere come rispondere ai giudici del Riesame che hanno ricevuto la richiesta di scarcerazione presentata dal legale del padre di Ciccio e Tore. Alla riunione ne è seguita una simile con i medici legali. Alla fine però il procuratore si è preso tempo e al gip ancora non ha fatto sapere se il ritrovamente dei cadaveri è sufficiente per fargli cambiare idea sulla presunzione di colpevolezza di Filippo Pappalardi.
Un minuto di silenzio in memoria dei fratellini di Gravina sarà rispettato sui campi di calcio italiani sabato e domenica, ad inizio di partita. La richiesta, partita dall’amministrazione comunale di Gravina, è stata accolta dal presidente della Federazione italiana gioco calcio, Giancarlo Abete.
E martedì scenderanno in strada gli studenti di Gravina per ricordare i loro compagni Francesco e Salvatore. In piazza della Stazione innalzeranno una preghiera per le due piccole vittime. "Nei loro ultimi giorni - ha scritto ai ragazzi della diocesi monsignor Mario Paciello, vescovo di Gravina - Ciccio e Tore hanno vissuto la passione di Gesù".
* la Repubblica, 29 febbraio 2008.
E’ l’ipotesi della Procura di Bari sulla morte di Francesco e Salvatore Pappalardi
L’ufficio inquirente continua a ritener valide le accuse rivolte al padre dei due fratellini
Gravina, forse caduti nella cisterna
mentre fuggivano dal padre
Gli accertamenti saranno lunghi e approfonditi: "Non prima di un mese i risultati"
L’adolescente che ha salvato Michele: "Li ho visti entrare lì. La polizia non mi hanno creduto"
BARI - Potrebbero essere finiti nella cisterna mentre tentavano di fuggire dal padre che voleva punirli, Francesco e Salvatore Pappalardi. E’ un’ipotesi che segue la procura della Repubblica di Bari convinta che le accuse rivolte al papà delle vittime siano valide anche dopo il ritrovamento dei cadaveri nella cisterna abbandonata. Presto sarà riascoltato il quattordicenne che la sera della scomparsa di Ciccio e Tore vide i due bambini salire sull’auto del padre. Fu dopo la testimonianza del giovanissimo che la procura scrisse il nome di Filippo Pappalardi nel registro degli indagati.
Intanto i medici legali nominati dalla Procura hanno iniziato gli esami radiologici sui resti recuperati nella cisterna di Gravina per ricostruire in tre dimensioni i cadaveri dei due bambini. L’esame servirà per capire quando e come Ciccio si è fratturato la gamba destra e se quel tipo di lesione è compatibile con una caduta accidentale nel pozzo abbandonato. Poi gli anatopatologi eseguiranno gli esami sui resti di cibo conservati nello stomaco dei due fratellini per risalire all’ora della loro morte.
"Saranno esami lunghi", hanno detto i medici. Forse non prima di un mese si conosceranno i risultati degli accertamenti. Poi le salme saranno consegnate alle famiglie e saranno celebrati i funerali. Per quel giorno, sarà proclamato il lutto cittadino. Ma non sarà il Comune di Gravina a pagare le esequie. La famiglia Pappalardi ha rifiutato l’offerta avanzata dall’amminstrazione locale. Il legale del padre dei fratellini ha spiegato perché la famiglia non vuole la loro solidarietà": "Non accetta aiuto da chi non lo ha creduto".
LE IMMAGINI DEL POZZO
"Ciccio e Tore giocavano sempre là dentro. Ci andavamo in gruppo. Era una sfida entrare in quelle stanze buie. E’ pieno di posti come quello qui intorno". I ragazzi di Gravina raccontano della masseria dalle cento stanze, come in paese è chiamato il caseggiato abbandonato dove sono morti Ciccio e Tore. Il compagno di Michele - il tredicenne che cadendo nel pozzo dell’orrore tre giorni fa indirizzò i soccorritori verso la cisterna dove erano conservati i corpi dei fratellini - ricorda di aver visto Francesco e Salvatore Pappalardi entrare anche loro nella vecchia casa, "ma non ricordo quando. L’ho detto alla Polizia, ma forse non mi hanno creduto".
L’INTERVISTA
Il suo amico Michele, caduto nel pozzo tre giorni fa, sta lentamente migliorando. Ha entrambe le gambe fratturate e lesioni anche alle vertebre. "Da ieri respira autonomamente - spiega il direttore sanitario dell’ospedale dove il ragazzino è ricoverato - e in giornata dovrebbere essere dimesso dalla terapia intensiva per essere trasferito in un reparto ortopedico".
* la Repubblica, 28 febbraio 2008 - parziale.
Indizi fragili, suggestioni, false piste: i buchi neri di un’indagine che adesso rischia di sgretolarsi. Tra intercettazioni e microspie
La caccia al colpevole perfetto
e l’inchiesta è finita in un pantano
dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI *
GRAVINA IN PUGLIA (Bari) - L’inchiesta ha tanti buchi quanti ce ne sono nel ventre di Gravina in Puglia. Il padre era il colpevole perfetto e sembra proprio un brutto pasticcio giudiziario quello che si sta per rivelare intorno alla morte di Francesco e Salvatore, i fratellini ritrovati in fondo a una caverna. Errori, passi falsi, incertezze investigative.
Il "caso" è raccontato soprattutto da una frase, due righe scritte da quei magistrati di Bari che hanno deciso l’arresto del padre per l’omicidio dei suoi figli. È alla pagina 165 dell’ordinanza di custodia cautelare contro Filippo Pappalardi: "Sarà sua cura, se lo vorrà, spiegare a questa Autorità Giudiziaria dove li abbia portati e, soprattutto, dove gli stessi siano attualmente". I procuratori hanno praticamente chiesto all’imputato di fornire le prove che loro non avevano trovato. È la sintesi di un’investigazione, il riassunto di diciassette mesi di ricerche.
È la fine del novembre del 2007, il padre violento è appena finito in carcere per avere ammazzato i due bimbi, l’inchiesta è chiusa e con una rapidità sorprendente - 15 minuti è il conto che fa Angela Aliani, l’avvocato di Pappalardi - il Tribunale del riesame conferma l’impianto accusatorio che indica nel violento autotrasportatore l’assassino di Salvatore e Francesco.
"Filippo Pappalardi non può confessare quello che non ha fatto, è incredibile, i procuratori dicono che è stato lui a uccidere i suoi figli senza però dimostrarlo con gli atti", accusa sempre l’avvocato Aliani dopo aver letto le carte sull’arresto del padre padrone. E denuncia, dopo il Tribunale del riesame: "Quei giudici sono senza pudore, poco più di un quarto d’ora per decidere su una situazione così complessa, significa che sapevano già come sarebbe andata a finire prima di entrare in camera di consiglio: scandaloso".
Bisogna cominciare dalla fine per ricostruire questa inchiesta che vacilla sempre di più dopo la scoperta dei corpicini, la loro posizione in fondo al pozzo (erano distanti uno dall’altro, segno inequivocabile che erano ancora vivi, che uno dei due si è spostato di almeno quindici metri), il luogo inaccessibile senza essere visti da qualcuno, la frattura del femore del bambino più grande. Bisogna cominciare da quell’ordinanza di custodia cautelare quando i magistrati arrivano all’assassino. Interpretando malamente parole intercettate. Credendo frettolosamente a una tardiva testimonianza. Lasciandosi trasportare da suggestioni per azzardare ipotesi che oggi sembrano smentite dai fatti.
Per esempio. Nell’atto di accusa i magistrati scrivevano ancora: "Solo la perfetta conoscenza del territorio, l’indagato ha fatto anche il pastore, poteva agevolare l’occultamento dei cadaveri rendendo vane le ricerche fin qui operate in un luogo impervio come quello della Murgia ricca di gravine e pozzi".
Il pozzo della morte non era così lontano, appena cinquecento metri dalla piazza Quattro Fontane, il centro di Gravina in Puglia, l’ultimo posto dove - secondo l’accusa - avevano avvistato Francesco e Salvatore. Era stato controllato quel pozzo ma distrattamente, qualcuno si era avventurato sul precipizio di quella "bocca" sul terrazzino del caseggiato abbandonato, aveva gettato un’occhiata in fondo e poi se n’era andato. Non aveva visto niente. È stato un controllo scrupoloso? E come si fa un controllo scrupoloso dentro un pozzo quando si cercano i cadaveri di due bambini? Con una torcia? Con i vigili del fuoco? Scendendo con le corde nei sotterranei?
Quello che sappiamo di sicuro è che i "soccorsi" di lì sono passati, hanno lasciato una freccia di vernice rossa e se ne sono andati. Francesco e Salvatore c’erano ma non li hanno trovati. I soccorsi? Quali soccorsi? "Le ricerche sono scattate solo il giorno dopo la scomparsa dei bambini", ricorda l’avvocato Aliani.
In verità la ricostruzione della polizia è un po’ diversa. Alle 23,50 del 5 giugno 2006, Filippo Pappalardi e la sua compagna Rosa Ricupero si sono presentati al commissariato. Parlano con un poliziotto, raccontano che Francesco e Salvatore si sono allontanati "e comunque non sporgono una formale denuncia di scomparsa". Un paio di ore dopo, "esattamente all’1,40 del mattino del 6 giugno, il Pappalardi si portava nuovamente presso il commissariato senza entrarvi, citofonicamente, comunicava di non avere ricevuto più notizia dei suoi figli".
Alle 7 il padre è contattato telefonicamente dai poliziotti del commissariato di Gravina, gli chiedono se ha trovato Francesco e Salvatore, lui risponde di no. Invitato a tornare in commissariato, dice che non può, sta lavorando. È in quel momento che, a torto o a ragione, nasce il primo sospetto sul padre "assassino".
Il resto dell’indagine sono quasi due anni all’inseguimento di un indizio. La pista "romena", le sette sataniche, i pedofili. E di voci captate ai telefoni o dalle microspie. Quella del padre più di tutte. Una mattina è con suo cognato Giuseppe, sono in campagna per dar da mangiare ai cani. Filippo dice al cognato: "È da sabato o da domenica che non vengo qua, dovessero pure morire i cani qua". È una tipica espressione dialettale ma quelle sono parole che lo inchiodano, quel "pure" porta Filippo Pappalardi in galera. Anche se le ruspe scavano e scavano in quel terreno ma non trovano niente.
Un’altra telefonata intercettata, un altro indizio contro il padre: "Mai successa la morte di due fratelli, eh". Filippo Pappalardi "dava per scontato" che i suoi figli non ci fossero più. Quindi sapeva, lo sapeva soltanto lui, perché lui li aveva uccisi. Il profilo dell’indiziato si adattava ai sospetti: prepotente e manesco. Anche la sua miserabile vita era quella ideale per un assassino.
La sua tragica storia familiare, la sua provenienza sociale, i suoi modi selvatici, la sua strafottenza nei confronti dei magistrati che l’avevano interrogato per due volte. L’identikit di un omicida perfetto. Un colpevole "a tutti i costi". La giustizia, si sa, è uguale per tutti.
* la Repubblica, 28 febbraio 2008
Rosa Carlucci nell’Istituto di medicina legale di Bari. Un mese per l’esito dell’autopsia
L’avvocato del padre dei piccoli: "Prima è caduto un bambno, l’altro nel pozzo per aiutarlo"
La mamma riconosce Ciccio e Tore
"Sul muro segni di unghiate"
BARI - E’ durata circa mezz’ora la visita di Rosa Carlucci nell’Istituto di medicina legale del Policlinico di Bari. Si è dovuta sottoporre al doloroso compito di riconoscere i corpi di Ciccio e Tore, i due figli trovati in fondo ad una cisterna nel centro di Gravina di Puglia. Concluso il riconoscimento, la donna è stata fatta uscire da un accesso secondario dell’Istituto. "La madre ha riconosciuto i resti", ha detto il professor Luigi Introna, responsabile del pool di medici legali. Si sente "male, male, molto male", ha detto l’avvocato Domenico Molfetta che assiste la donna.
Pochi minuti dopo è arrivata anche Maria Ricupero la compagna di Filippo Pappalardi, il padre dei due bambini che è attualmente in carcere con l’accusa di omicidio. La donna è svenuta all’uscita dall’Istituto di medicina legale, mentre cercava inutilmente di sottrarsi all’assedio di giornalisti e telecamere. Subito dopo è stata fatta salire su un’automobile del Policlinico insieme con degli infermieri. Anche lei dovrà riconoscere i bambini.
LE IMMAGINI
Nel cunicolo fatale, e poi nella cisterna, "prima sarebbe caduto Ciccio, il fratello più grande, che sembra avere una frattura alla gamba sinistra; poi vi è finito Salvatore, forse nel tentativo di soccorrerlo. Quest’ultimo potrebbe essere sceso, utilizzando delle rientranze nella muratura del cunicolo. Su una parete della cisterna c’erano i segni delle unghiate". E’ la ricostruzione fatta dall’avvocato Angela Aliani, legale del padre dei fratellini.
Stamani sono stati conferiti gli incarichi ai periti che assisteranno all’autopsia sui corpi. "Per tutti gli accertamenti - ha spiegato il medico legale della Procura Francesco Introna - abbiamo avuto una trentina di giorni: dobbiamo accertare l’epoca della morte, causa e mezzi che l’hanno determinata ed eventuali tempi di sopravvivenza. L’autopsia, che in realtà sono esami sui resti, sarà una delle tappe degli accertamenti".
"Cominceremo - ha sottolineato il medico legale - con gli accertamenti radiologici, poi procederemo con risonanza con la possibilità di ricostruire le salme tridimensionalmente e faremo esami di laboratorio".
Il medico non ha voluto esporre il proprio punto di vista sull’accaduto. "L’idea - ha spiegato Introna - nasce al termine di tutti gli accertamenti che faremo. Adesso qualunque ’pour parler’ lascia il tempo che trova". E alle domande relative a lesioni riscontrate sui cadaveri, sull’eventuale sopravvivenza dei fratellini dopo la caduta e sulla loro presunta lunga agonia, ha risposto con un "non abbiamo ancora esaminato le salme". "Le salme - ha concluso Introna - saranno riconsegnate al termine delle indagini, non c’è un problema di consegna immediata perché possono rimanere mummificate a vita".
L’avvocato Angela Aliani, difensore del padre dei due bambini in carcere dal 27 novembre scorso con l’accusa di duplice omicidio, ha chiesto la scarcerazione di Filippo Pappalardi. "Non ci sono indizi, non ci sono esigenze", ha detto il legale, che ha confermato un dettaglio: Salvatore, aveva una gamba rotta". L’avvocato ha aggiunto che "una testimone sostiene di averli visti", mentre andavano verso l’edificio dove poi sono morti. "Per me - ha concluso il legale - la via al pozzo potrebbe essere tranquillamente un’altra, forse sono arrivati con degli amichetti".
* la Repubblica, 27 febbraio 2008 - parziale
ombre sull’indagine che il 27 novembre ha fatto arrestare il papà dei ragazzini
Ciccio e Tore per un po’ vivi nella cisterna
Poi la morte, forse per il freddo e la fame
Prime analisi sui resti.
Applausi all’uscita delle bare.
La madre: «Sono certa che sono loro» *
GRAVINA IN PUGLIA (Bari) - I fratellini Pappalardi hanno fatto una «fine orribile». Una sensazione, quella espressa dal procuratore della Repubblica di Bari, Emilio Marzano, che di ora in ora trova sempre più conferme. Per gli inquirenti Ciccio e Tore, scomparsi il 5 giugno del 2006 da Gravina in Puglia, non sarebbero morti subito dopo la caduta. Per un po’ sono rimasti vivi nella cisterna in cui sono stati trovati i loro resti. Poi sarebbe sopraggiunta la morte, lenta, atroce. Un’agonia causata dalla fame dal freddo. I loro corpi sono mummificati, sulle loro teste (ridotti a scheletri e ricoperti da muffe) non sono state trovate «grosse lesività evidenti». Impossibile al momento dire se i due ragazzini abbiano fratture agli arti inferiori (compatibili cioè con la caduta) perchè non sono stati spogliati.
OMBRE SULLE INDAGINI - Quello che sconvolge in queste ore tutta Gravina, e non solo, è la consapevolezza che "morte lenta" significa che Ciccio e Tore avrebbero potuto essere salvati se fossero stati cercati nella cisterna. In attesa che i medici legali dicano la loro, quel che è certo è che Ciccio e Tore, cercati anche in Romania, erano in realtà in un pozzo a poca distanza dalla loro casa. Particolare questo che getta ombre sull’indagine della polizia e della procura di Bari che il 27 novembre scorso ha fatto arrestare per omicidio e occultamento di cadavere Filippo Pappalardi, il papà dei due fratellini. Contro l’autotrasportatore di 41 anni non ci sono prove schiaccianti ma una serie di indizi: un telefonino lasciato spento mentre, la sera della scomparsa, dice di essere stato alla ricerca dei suoi figli; un baby-testimone che l’accusa di averlo visto portare via in auto i bambini; alcune frasi pronunciate in dialetto gravinese strettissimo, intercettate dalla polizia in casa e in auto, e interpretate come a carico dell’indagato. Gli inquirenti non escludono l’ipotesi di una caduta accidentale ma nello stesso tempo nessuno, dal procuratore Marzano al questore Speranza, fa un passo indietro sull’impianto accusatorio.
«SONO LORO» - «Per quanto riguarda i due corpicini, dobbiamo confermare ragionevolmente che si tratta di Ciccio e Tore» aveva detto Marzano nelle primissime ore di martedì pomeriggio uscendo dalla casa padronale abbandonata di Gravina in Puglia, nella cui cisterna sono stati trovati due cadaveri, confermando così definitivamente che i resti umani scoperti casualmente dentro una cisterna appartengono ai due fratellini scomparsi nel giugno 2006.
APPLAUSO AI FERETRI - Un lungo applauso dai balconi di Via della Consolazione ha salutato le due bare all’uscita dal cortile del vecchio complesso di stabili dove, lunedì pomeriggio sono stati rinvenuti i corpi mummificati di Francesco e Salvatore Pappalardi, scomparsi venti mesi fa. Da tutti i balconi della piccola via nel centro di Gravina i residenti non hanno retto alla commozione e alle lacrime, è seguito uno scrosciante applauso. I resti di Francesco e Salvatore verranno portati al Policlinico, dove mercoledì mattina, nell’Istituto di medicina legale dell’Università di Bari, la signora Rosa Carlucci, madre dei due fratellini, dovrà fare il riconoscimento ufficiale dei resti.
LENTA AGONIA- Già da alcune ore giravano voci dagli ambienti investigativi in cui si cominciava a delineare l’ipotesi che i due fratellini potessero aver avuto una morte lenta e atroce. Da alcuni dati emergerebbe infatti che, per qualche tempo, i bambini possano essere rimasti vivi nella cisterna. I corpi non sono stati trovati in corrispondenza dell’imboccatura del pozzo. Non sono quindi rimasti fermi dopo essere precipitati giù - gettati o caduti - per i 22 metri del cunicolo che dal terrazzo porta alla cisterna sotto l’edificio. I cadaveri dei due fratellini sono stati trovati rannicchiati, in posizione fetale: Ciccio con le mani tra gambe, Tore con il pollice in bocca, lontani diversi metri uno dall’altro, senza scarpe, con i pantaloni leggermente abbassati, un giubbotto sfilato. È la fotografia scattata dai tecnici dell’ERT nel pozzo dell’orrore. Sarà l’autopsia a stabilire ora e cause della morte.
SOGNO PREMONITORE - Mercoledì mattina la madre di Francesco e Salvatore Pappalardi, Rosa Carlucci, dovrà ufficialmente riconoscere i corpi dei due bambini. «Un anno fa - ha raccontato la donna - avevo fatto un sogno premonitore, dove Salvatore, il più grande era caduto in fondo ad un pozzo, ma non pensavo mai che potesse essere tanto vicino». «Ho appreso la notizia dalla stampa - dice poi Rosa Carlucci -, nessuno si è preoccupato di avvisarmi. Ora ho perso tutte le mie speranze. La mia vita finisce qui».
LA CISTERNA - Il luogo nel quale sono stati trovati i resti dei ragazzini è una cisterna per l’acqua, oggi completamente asciutta, alla quale si accedeva solo attraverso un cunicolo della larghezza di un metro per un metro e della lunghezza di 20-25 metri: l’imboccatura del cunicolo è sul terrazzo, nella parte più alta della casa. La cisterna vera e propria si trova a pochi metri sotto il livello stradale ed è una vasca dalle dimensioni parecchio maggiori di quelle del cunicolo di accesso.
CASE FANTASMA - La casa nella quale si trova la cisterna fa parte di un gruppo di abitazioni abbandonate, in via Giovanni Consolazione, a poca distanza dalla pineta comunale e dalla stazione ferroviaria di Gravina in Puglia, nell’area retrostante il municipio. Dista 400-500 metri da piazza Quattro Fontane, dove i due fratellini furono avvistati per l’ultima volta.
MICHELE MIGLIORA - Nel frattempo, non destano preoccupazioni le condizioni di Michele, il ragazzo di 12 anni la cui caduta nella stessa cisterna e le successive operazioni di salvataggio (■ Guarda la fotogallery ) hanno consentito il ritrovamento dei corpi dei due fratellini Pappalardi. Anche se i medici hanno ritenuto opportuno il trasferimento di Michele dal reparto di terapia intensiva di Ortopedia al reparto di rianimazione del policlinico di Bari, «le sue condizioni migliorano» ha detto il direttore sanitario del policlinico, Vitangelo Dattoli.
Ansa» 2008-02-26 17:55
GRAVINA, "ORRIBILE MORTE PER I FRATELLINI"
GRAVINA IN PUGLIA (BARI) -Sono, col passare delle ore, sempre di più le conferme che Francesco e Salvatore Pappalardi non sarebbero morti subito dopo la caduta e a seguito di qualsiasi trauma subito: è probabile che siano deceduti a causa del freddo e per fame. L’ultima è di fonti vicine alle indagini che fanno questa valutazione, "a prescindere dal fatto che i due ragazzini siano caduti o siano stati scaraventati da qualcuno nella cisterna".
"Abbiamo la sensazione, benché debba essere confortata con i dati tecnici, che abbiano subito un’orribile morte", ha detto il procuratore della Repubblica di Bari, Emilio Marzano, uscendo dalla casa padronale abbandonata in cui sono stati trovati i due cadaveri.
Intanto i due carri funebri con le bare dei fratellini di Gravina sono usciti della casa padronale abbandonata dove sono stati trovati i cadaveri. La gente affacciata ai balconi ha salutato con un applauso il passaggio delle bare con i resti di Ciccio e Tore. I corpi verranno portati al Policlinico, dove domani mattina, nell’Istituto di medicina legale dell’Università di Bari, la madre di Ciccio e Tore, Rosa Carlucci, dovrà fare il riconoscimento ufficiale dei resti.
FORSE PER UN PO’ VIVI IN CISTERNA
Voci che filtrano tra le maglie degli investigatori, mezze conferme cominciano a delineare nettamente l’ipotesi che i due fratellini possano aver avuto una morte lenta, una morte atroce, peggiore di quella che sarebbe toccata loro se fossero morti a causa della caduta nel pozzo. Da alcuni dati emergerebbe infatti che, per qualche tempo, i bambini possano essere rimasti vivi nella cisterna. I corpi non sono in corrispondenza dell’imboccatura del pozzo, che è larga poco meno di un metro per un metro. Non sono quindi rimasti fermi dopo essere precipitati giù - gettati o caduti - per i 22 metri del cunicolo che dal terrazzo porta alla cisterna sotto l’edificio. I corpi infatti sono entrambi da un lato, a una distanza l’uno dall’altro di una quindicina di metri. Di qui la ricerca - confermata stamane dal questore - di possibili luoghi di accesso alla cisterna diversi dall’imboccatura del cunicolo sul terrazzo. I due corpi inoltre sarebbero stati trovati rannicchiati, in posizione fetale. Qualcuno azzarda una descrizione, ma, su questa, nessuna conferma: uno con le mani giunte tra le gambe, l’altro col pollice in bocca. Uno dei due corpi certamente non ha le scarpe ai piedi: esse sono slacciate e poste in modo ordinato vicino al corpo. La posizione delle scarpe escluderebbe anche che i corpi possano essere stati spostati da una massa d’acqua piovana penetrata nella cisterna - che attualmente è del tutto asciutta - nei due inverni trascorsi dalla scomparsa dei fratellini.
QUESTORE: "LE ACCUSE AL PADRE SONO ANCORA VALIDE"
"L’impianto accusatorio al momento rimane in piedi. Non è una questione di principio perché finora parliamo di indizi molto gravi". Lo ha dichiarato il questore di Bari, Vincenzo Speranza, parlando con i giornalisti in riferimento alle indagini sulla scomparsa dei fratellini di Gravina, aggiungendo tuttavia, tra varie altre considerazioni: "Non mi sentirei di escludere la caduta accidentale". "La magistratura - ha proseguito il questore - ha avallato ipotesi investigative e sufficienti indizi di colpevolezza nei confronti del padre dei ragazzini, e poi c’é tutta una serie di contraddizioni". Tornando all’ipotesi della caduta accidentale, Speranza ha poi aggiunto che comunque "é difficile che si possa essere verificata un’ipotesi del genere anche perché i fratellini non erano proprio piccolini che non si rendevano conto del pericolo".