Editoriale

San Giovanni in Fiore, "Tuttappostu" e gli auguri natalizi

domenica 25 dicembre 2016.
 

Consiglio al sindaco Belcastro di ponderare le parole, perché esse hanno un significato e un valore. Soprattutto vanno rapportate ai fatti, quando si sta in politica.

Ormai è evidente perfino agli sprovveduti e agli ignavi, Belcastro abusa delle parole per coprire la sua insufficienza politica, la sua incapacità di amministrare, la palese inadeguatezza al ruolo che occupa.

Non si paga un sindaco per fargli fare il padre predicatore: per rivolgere auguri - virtuali, incoerenti e di circostanza - alle donne, ai bambini, agli emarginati, agli anziani, agli ammalati, ai papà, alle mamme od agli invalidi. Un sindaco riceve soldi pubblici per governare, possibilmente con un’idea moderna di città e con un senso universale della comunità.

Belcastro è invece il sindaco della sua parte politica, e lo ha dimostrato in rete esprimendo orgogliosa fierezza per non essere stato votato da Massimiliano Straface, utente che spesso gli contesta l’operato in modi e forme democratici.

Belcastro è il sindaco che tace quando è in discussione l’operato della sua maggioranza o del suo partito - si vedano certe bravate di giovani diffamatori del circolo locale - e che straparla quando invece dovrebbe riflettere e correggere il tiro.

Belcastro si comporta politicamente da bugiardo seriale: promette a chiunque, rassicura e poi non agisce o fa l’esatto contrario di quanto annunciato.

Andiamo per gradi. Per quanto Belcastro si affanni a scrivere del «fermento» del suo gruppo, la verità è che la giunta che ha scelto non esiste, non si vede, non fa un tubo ma riceve lo stipendio (dalle casse pubbliche). La medesima non ha alcuna programmazione: per le attività produttive, per i servizi sociali, per il rilancio del turismo, per la tutela dell’ambiente, per la garanzia dei servizi sanitari, per rendere più vivibile San Giovanni in Fiore, per reperire risorse, per affrontare i nodi del lavoro in maniera coraggiosa e con progetti di ampio respiro.

Ogni volta che c’è un problema, una critica, una vicenda concreta, Belcastro e sodali si rifugiano nella solita scusa del dissesto del Comune, che hanno determinato i loro predecessori politici sul territorio e i loro referenti nazionali, i quali hanno votato alla cieca tutte le misure criminali del sistema dell’euro, da Maastricht a Lisbona, al Mes, nascondendo il Ttip e negando la causa reale del debito pubblico.

Il dissesto municipale non ha nulla da vedere con l’atteggiamento passivo e furbo della maggioranza di Belcastro in materia di sanità, col teatro degli interventi salvifici del dg Fatarella e del “depresso” Mauro, con l’obbedienza opportunistica agli ordini superiori, che “Zorro” si affanna a celare sperando che questo gli dia punti.

Ci stanno chiudendo l’ospedale, e ci riusciranno, dato che sono tutti d’accordo, da Lorenzin e Padoan a Scura e Urbani, da “Pallapalla” a “Tuttappostu”.

Per evitare rivoluzioni politiche nazionali e per schiacciare il popolo, sotto Monti quel voltagabbana di Renato Cambursano propose di introdurre il pareggio di bilancio in Costituzione, che insieme ai Livelli essenziali di assistenza e agli imposti equilibri di finanza pubblica è lo strumento giuridico per aggirare l’obbligo di tutelare il diritto fondamentale alla salute.

Furono d’accordo tutti i parlamentari nominati della scorsa legislatura, gli stessi che approvarono all’unanimità il Trattato di funzionamento dell’Unione europea, cioè l’altro cappio per gli italiani comuni, che vivono di piccoli redditi, risparmi e sacrifici.

Scelte politiche cruciali per il processo di smantellamento dello Stato nazionale, che dal ’92 conobbe un’accelerazione impressionante e una direzione irreversibile, anche grazie ai media, funzionali a proiettare nell’immaginario collettivo gli effetti della mafia e della corruzione, molto gravi ma non determinanti.

Il dissesto del municipio non c’entra un fico con la richiesta inevasa del Comitato civico per il lavoro dignitoso di un tavolo tecnico con la Regione Calabria, inviata al Comune a più riprese e perfino con centinaia di firme.

Belcastro dica se verso quei disoccupati è stato il sindaco di tutti o ha provato a dissuaderne le iniziative, perché ad aiutarli c’era - e resta - il sottoscritto. Abbia il fegato politico di smentirmi, di dire che non ha mai interferito nella loro protesta civile e che non ha mai obiettato alcunché circa la mia presenza.

Il dissesto del municipio non c’entra un’acca, inoltre, con la vicenda della gara per la raccolta differenziata, come sanno Belcastro e lo stesso “Zorro”, ben rassicuranti nei confronti degli operai della cooperativa “Città pulita”, salvo poi partecipare politicamente al papocchio degli uffici, che hanno predisposto una procedura pubblica senza l’attenzione dovuta, per cui il servizio non potrà mai partire.

E il dissesto, infine, non ha alcun rilievo sull’“operazione Sacco”, cioè la consulenza per le tiroidi, politicamente appoggiata da Belcastro, sodali e satelliti, affidata a un professionista sicuramente valido, ma che dal 5 settembre scorso non ha, questo è il dato, effettuato un solo intervento chirurgico nell’ospedale di San Giovanni in Fiore.

Apprezzerei Belcastro, solo nei modi, se rinunciasse a spararla ogni volta, se imparasse a contenersi, se avesse il coraggio di dire ai cittadini come stanno veramente le cose e se trovasse la lucidità per chiedere scusa, quando dovuto. Come per la vicenda dell’indennità di Lacava.

Mi auguro che il nuovo anno gli porti una diversa coscienza politica del suo ufficio di sindaco, che svolgerà ancora peggio, se resterà segretario del Pd.

Emiliano Morrone

emilianomorrone(at)gmail.com

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