ICONOLOGIA, ESTETICA, ED ETICA. I pittori del rinascimento alla mitologia greco-romana, interpretata allegoricamente, affidavano lo stesso ruolo filosofico a essa affidato dalla letteratura.

LA SCELTA DI ERCOLE: LA LEZIONE DI ERWIN PANOFSKY. Note di Antonio Gnoli e Anna Li Vigni - a c. di Federico La Sala

Ercole sapeva scegliere (e fare) la cosa giusta (...) E noi? L’ Italia, maestra dell’ arabesco, ha quasi sempre preferito l’ arte del rimando, come dire: è sempre meglio che la decisione la prenda qualcun’ altro.
martedì 21 maggio 2013.
 


Al bivio

di Antonio Gnoli («La Repubblica», 15-01-2011)

Essere a un bivio. Quante volte nella vita ci è accaduto di chiederci che fare. Si tratta di scegliere: dove andare, che decisione accollarsi. Il bivio riveste il carattere dell’ eccezione. Una scelta può cambiarci la vita. Ma non è solo riconducibile a un gesto individuale: gli operai di Mirafiori, il Pd, l’ Europa, il Pianeta, diciamo a volte, sono a un bivio. Il mondo dell’ antichità mise un personaggio della mitologia, Ercole, davanti a un bivio: dovette scegliere tra la virtù e il vizio.

Quel tema passò dalla narrazione del sofista Prodico a una densa e ricca testimonianza pittorica, come dimostra Erwin Panofsky nello straordinario Ercole al bivio (curato ottimamente da Monica Ferrandi, ed. Quodlibet). Nel passaggio dal mondo antico al nostro, il bivio cambia in parte la sua natura. Diciamo si complica.

Ercole sapeva scegliere (e fare) la cosa giusta. Per noi la scelta implica il rischio di sbagliare. Richiede non solo calcolo e azzardo ma anche un diverso modo di intendere la libertà come spiega Sheena Iyengar in The Art of Choosing (ed. Hachette Book). Il Novecento si è spesso interrogato sulla decisione. Attraversoi suoi personaggi, Kafka mostra l’ impossibilità di decidere. Carl Schmitt ne fa la leva della sua concezione politica.

E noi? L’ Italia, maestra dell’ arabesco, ha quasi sempre preferito l’arte del rimando, come dire: è sempre meglio che la decisione la prenda qualcun’altro. _____________________________________________________________

L’arte concettuale è nata nel ’500

di Anna Li Vigni («Il Sole 24 Ore. Domenica», 31-01-2011)

Riuscire a interpretare correttamente l’opera d’arte non è un problema solo dei fruitori della conceptual art. Tante opere del Rinascimento sfidano da sempre le capacità ermeneutiche dei fruitori, chiudendo il loro significato in aristocratiche allegorie mitologiche. «Una riuscita esegesi del contenuto va a beneficio non solo della comprensione storica dell’opera, ma anche della sua esperienza estetica».
-  Così scrive Erwin Panofsky ad Amburgo, nel 1929, a pochi anni dal l’espatrio negli Usa per via delle leggi razziali, nell’appassionata prefazione al suo Ercole al bivio, ponderoso volume dedicato al rapporto tra immagine e testo nel rinascimento europeo, ultima opera dell’autore di Idea e di La prospettiva come forma simbolica, finalmente tradotta in italiano e commentata da Monica Ferrando.

Il padre dell’iconologia, parlando di "esperienza estetica", pone le basi del discorso estetico contemporaneo. È preso a esempio l’emblematico caso della fabula di Ercole che, come racconta Prodico citato da Senofonte, trovandosi di fronte a due donne che lo invitavano a scegliere tra una vita virtuosa irta di difficoltà e un’altra più facile dedita al piacere, optò eroicamente per quella aspra e virtuosa.

L’episodio mitico ha ispirato tele di autori tedeschi e italiani, tra cui Raffaello e Tiziano, perché in esso è contenuta una questione filosofica fondamentale per la pittura quanto per la filosofia. Quella della scelta morale.

Nel corso della storia, la forma artistica è stata essenzialmente veicolo di contenuti: religiosi, storici, mitologici. I pittori del rinascimento alla mitologia greco-romana, interpretata allegoricamente, affidavano lo stesso ruolo filosofico a essa affidato dalla letteratura.

L’exemplum di Ercole, esposto sulla tela, serviva da memorandum e da esercizio filosofico sulla difficoltà della scelta morale nella vita dell’uomo, soprattutto se, come accade nelle incisioni di Dürer, a essere rappresentato è un drammatico «conflitto di forze viventi, una vera e propria psicomachia». L’arte di oggi è stata per lo più sganciata dal ruolo di veicolo di contenuti. Si auspica che, com’è per l’arte "testimoniale", senza moralismi, essa non si sganci mai dal discorso morale.


SCHEDA EDITORIALE *

-  Erwin Panofsky

-  Ercole al bivio
-  e altri materiali iconografici dell’Antichità tornati in vita nell’età moderna

-  A cura di Monica Ferrando
-  Con 119 illustrazioni fuori testo

L’Ercole al bivio, libro «leggendario» di Erwin Panofsky, l’ultimo composto in lingua tedesca, nel 1930, prima dell’esilio americano, detiene entro l’opera complessiva del suo autore una posizione di soglia.

Non solo, infatti, Panofsky, con uno straordinario tour de force esegetico, scopre in un’enigmatica tela di Tiziano il simbolo tardo antico del tempo, ma ricollega questo simbolo all’immagine di Ercole al bivio fra vizio e virtù e, insieme, fra due stili di vita e due epoche storiche. Se, da una parte, la divaricazione tra sfera estetica e sfera morale - che il mondo classico aveva contemplato e la teologia medievale alimentato a fini apologetici - ambisce, con l’umanesimo, a ricomporsi felicemente nell’arte, dall’altra vediamo delinearsi un’altra divaricazione, non meno paradossale, quella tra medioevo germanico e modernità italiana.

Frutto maturo delle prime analisi teoriche dell’opera d’arte, l’Ercole è figura dello stesso Panofsky, al bivio tra le forme simboliche di Cassirer e l’empirismo «metafisico» di Edgar Wind. Da questa singolare posizione, esso da un lato rinuncia a ogni teoria esplicita per farsi pura immagine, dall’altro si guarda bene dal recidere il legame che unisce immagine e parola. Forma mediale per eccellenza, sulla scorta di Warburg qui è l’immagine artistica come tale a presentarsi, a colui che sa interrogarla, quale incessante nucleo generativo delle categorie atte a conoscerla.

Sono queste complesse e irriducibili polarità che il libro documenta con una sorta di profetica partecipazione. Rese antitetiche, e quindi risolte e smembrate, dalla fattualità storica, esse si conservano integre e feconde nella grande arte, sola in grado, secondo Panofsky, di costituire quel tertium fra passato e futuro, etica ed estetica, metafisica e storia, in cui si tempera la barbarie di ogni secca alternativa.

-  In copertina: Gerolamo di Giovanni di Benvenuto (Siena 1470-1524), desco da nozze con Ercole al bivio (1500 ca.), tempera su tavola, diam. cm. 57, cat. d. 87, Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro, Venezia.

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FONTE: QUODLIBET


Sul tema, nel sito e in rete, si cfr.:

IL PROBLEMA GIAMBATTISTA VICO. CROCE IN INGHILTERRA E SHAFTESBURY IN ITALIA. La punta di un iceberg.

VICO CON NEWTON: "NON INVENTO IPOTESI"! E CON SHAFTESBURY, CON LA "TAVOLA DELLE COSE CIVILI"!
-  VICO, PENSATORE EUROPEO. Teoria e pratica della "Scienza Nuova". Note per una rilettura

Federico La Sala


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