Il crimine scende in campo.

sabato 25 settembre 2010.
 

Una delle prime inchieste è stata quella sul pomodoro, sull’oro rosso dove, venivano descritti alcuni passaggi alquanto “ombrosi” tra aziende di trasformazione del prodotto e produttori agricoli senza dimenticare il lavoro nero e la vendita stessa del prodotto e il risultato di quell’inchiesta è stato molto chiaro: in Molise abbiamo una buona produzione di pomodoro ma i ricavi sia per gli imprenditori che per i braccianti è alquanto risicato ma soprattutto le politiche agricole degli ultimi dieci anni non hanno favorito la nascita di una seria è produttiva filiera agroalimentare anzi, come nel caso del pomodoro per la chiusura del Conservificio, si è favorito la vendita al privato che ha in qualche modo dettato il prezzo e condotto il mercato a suo piacimento con grande dispiacere e arrabbiatura, come le proteste dei mesi scorsi hanno testimoniato, degli imprenditori locali. In quella inchiesta si paventava anche l’ipotesi di infiltrazioni malavitose sia nelle trattative di vendita del prodotto, sia nella manodopera e anche nel trasporto dello stesso. Sabato 16 ottobre nella giornata conclusiva del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione organizzata a Cernobbio dalla Col diretti, l’Eurispes ha anticipato qualche dato sul rapporto sulle Agromafie che sarà pronto per il mese prossimo. Un terzo della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia il 33%, per un valore di 51 miliardi di euro, deriva da materie prime importate. Volendo rimanere sul prodotto pomodoro i dati ufficiali sono questi: nel 2009 nel nostro Paese sono state importate 161.215 tonnellate di pomodori preparati o conservati (il 52.9% proviene dalla Cina); il 98.6% del totale dell’import finisce nei niente meno che nella sola provincia di Salerno, la patria del San Marzano, dove aziende scorrette e/o malavitose possono rivendere il prodotto come Made in Italy. Tutto senza contare le false passate nostrane che si trovano in giro per il mondo. Nei mesi scorsi e più precisamente la Col diretti regionale aveva lanciato il pericolo importazione Made in Cina per il pomodoro tentando di giustificare e minimizzare e di abbassare i toni di rivolta degli imprenditori. Le importazioni di pomodoro ci sono anche in Molise ma questo fatto non giustifica la crisi che tutto il comporto “rosso” ha subito nell’estate appena passata. L’allarme “operazione di camorra” lanciata, e da molti rimasta inascoltata, dal vice presidente di Confagricoltura Bulmetti è stata ribadita sabato scorso dal dott. Gian Maria Fara, fondatore di Eurispes:” C’è la criminalità organizzata che investe i suoi soldi in agricoltura e, poi c’è una grande area grigia dove aziende normali lavorano in maniera sleale”. Non solo malavita organizzata ma anche e soprattutto, penso che il Bulmetti pensasse a questa seconda opzione con le sue parole “operazione di camorra”, aziende non legate a organizzazioni criminali ma comunque scorrette. Però ci sono anche le mafie vere che nei campi fanno di tutto per riciclare denaro sporco: spargono di fanghi tossici terreni agricoli e in altri campi magari vengono costruite in pochi mesi città totalmente abusive. Passato il pomodoro ora l’attenzione si sposta tutta su l’uva e le olive dove i dati 2009 ci dicono che l’uva importa è stata pari a 70.500 tonnellate mentre 500.000 tonnellate sono le olive. (dati nazionali) Tutto questo mi fa porre due semplici domanda: c’è un rimedio per la nostra regione che possa tamponare questo fenomeno e valorizzare il prodotto locale con beneficio di tutti? Sarà ora di finirla con regali ad amici imprenditori per risollevare le sorti dell’economia agricola facendo costruire delle “trattorie” nei campi? Io penso che si potrebbe iniziare, attraverso il coinvolgimento diretto degli imprenditori agricoli, la costruzione di una piccola filiera agroalimentare molisana e con politiche agricole più professionali e meno rivolte al mero titolo da fiera in Molise si potrebbero avere risultati migliori.

Alessandro Corroppoli - 25.09.2010


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