Il potere del sedere. Il femminismo oggi.

giovedì 19 agosto 2010.
 

Anche il più distratto osservatore non può non aver notato che da un po’ di anni è cominciata una larga esibizione di sederi femminili sulle spiagge, con costumi che scoprono le natiche, o con jeans aderentissimi per le vie delle città, nei cartelloni pubblicitari - da quella per una bibita a quella di una palestra - che poi si è conclusa con una travolgente, condivisa, trionfante esibizione della pancia fino all’inizio del pube. Esibizione che rappresenta il clou di quella ostentazione del proprio esser femmina, della propria capacità di provocare il maschio, senza peraltro concedersi che sembra oggi così diffusa fra le ragazze dell’ultima generazione. E non ci si può chiedere perché la liberazione femminile abbia preso questa strada alquanto imbarazzante anzi in contraddizione con le premesse. Ma, ahimè, come è accaduto in altri ambiti dalle premesse teoriche affermate da un èlite intellettuale, le masse traggono conseguenze rigorosamente logiche che quella èlite non aveva previsto. Il femminismo ha predicato la liberazione della donna nell’epoca e nell’ambito delle culture illuminista, marxista, libertaria, la cultura dei propri diritti, della denigrazione dell’avversario, della rivendicazione di un proprio potere e di una propria libertà illimitata. Secondo questi parametri, in questa ottica, sembra che la massa femminile abbia fatto questo segreto ragionamento: il maschio ha avuto potere su di noi per la sua forza muscolare e la sua mente raziocinante, noi ora possiamo aver potere su di lui puntando sul suo punto debole, le sue poco controllabili pulsioni sessuali e sul nostro unico e indiscutibile punto di forza: l’attrattiva sessuale e la capacità riproduttiva. È qui davanti al nostro sedere e ai nostri organi genitali che il maschio deve piegarsi e chiedere ed implorare per averli. È questo che le femmine in natura possono dare o negare a loro piacimento: il loro sedere - e questo noi esibiremo, daremo o negheremo, qui è la nostra forza. Non è l’uso della forza muscolare, delle armi o della tecnica che la donna comune può prevalere sul maschio, ma col sedere e la pancia sì! - e così è stato. Solo un piccolo gruppo di donne ha potuto rivaleggiare col maschio in ambiti di prestigio: la politica, le università ecc.. (per non parlare poi di quella penosa minoranza che oggi entra a far parte dell’esercito e veste la divisa). I risultati però non sono soddisfacenti. Le donne non hanno più cercato di sviluppare cultura ed intelligenza, sono diventate arroganti, ottuse e dall’altro versante si è prodotta una categoria di maschi timidi, deboli, spaventati di fronte alle donne tutti dediti allo sport, ai motori, ai computer, alla borsa, in sostanza poco piacevoli. Quei pochi che non si piegano frequentano le prostitute (il cui numero è enormemente aumentato), diventano gay (fenomeno anch’esso in aumento), provano piaceri lussuriosi andando a letto con i Trans (nuovo fenomeno in larga espansione) o si dedicano allo stupro occasionale. E dunque quale futuro? Dov’è che si è sbagliato? Ogni movimento di liberazione sembra debba attraversare due fasi. Nella prima il gruppo oppresso rivendicando i propri diritti conculcati, tende a far propri i modelli, i valori degli oppressori. In una seconda fase, quella veramente evolutiva e liberante, l’oppresso dovrebbe invece riscoprire la sua identità calpestata, i suoi specifici valori e mettere al servizio del bene comune quelle sue specifiche energie che possono finalmente esprimersi. Il femminismo ha attraversato la prima fase come sembra, con discreto successo, ma sarà pronto per la seconda ? la “differenza” riuscirà davvero ad esprimersi? Sogno per le donne e per gli uomini della Terra una gerarchia affettuosa, soft, un potere materno. Sogno un mondo “rovesciato” dove non si facciano prove di forza l’un contro l’altro, un sesso contro l’altro, una classe contro l’altra, un popolo contro l’altro ma dove i più forti si mettano al servizio dei più deboli per farli crescere e rafforzare: una società materna, appunto! Dove servire liberamente sia un onore e comandare sia un poco vergognoso. Dove la coscienza della propria dignità e il rifiuto della propria umiliazione non abbia bisogno della sopraffazione ed umiliazione dell’altro. Dove si sia compreso che non ci si può salvare da soli. E credo che il femminismo debba mettersi per questa strada. Se pure questo non sarà facile: se pure a molte donne questo suonerà di primo acchito irritante o addirittura reazionario. - Il cammino evolutivo procede secondo una spirale; quando si è alla fine di un tornante e occorre, per andare avanti, un giro di boa, occorre cioè ripercorrere a livello superiore e purificato i sentieri del passato, così a volte in un primo momento l’andare avanti viene sentito come un tornare indietro -. Ma se il femminismo non vuole restare indietro davvero, superato, come sembra possa accadere oggi, se vuole essere ancora un movimento d’avanguardia dovrebbe uscire rapidamente della sua visione settoriale - che pure è stata necessaria - in cui le donne rivendicano solo i propri diritti, per entrare in fase “globale”, per partecipare cioè alla presa di coscienza del pericolo collettivo che grava sull’umanità, partecipare all’opposizione a quel sistema cosiddetto neoliberista che ci sta tutti schiacciando, partecipare alla ricerca di una salvezza comune e chiedersi quale è il proprio specifico apporto, perché per questa salvezza comune la capacità, i valori delle donne sono indispensabili, avranno un peso cruciale. Su questo apporto, su questi valori occorrerà interrogarsi sempre di più ed approfondire il dibattito.

Alessandro Corroppoli - 19.08.2010


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