RITORNO A SUD DEGLI EMIGRATI. A PROPOSITO DI UN ARTICOLO DI ROBERTO SAVIANO

Condivisibili le parole dello scrittore campano, integrate qui con due ulteriori considerazioni
sabato 2 giugno 2012.
 

Roberto Saviano su L’espresso del 28 maggio, nella rubrica l’antitaliano, si occupa di emigrazione meridionale. “Emigranti di tutto il Sud, tornate” è il titolo del suo articolo: un invito, una speranza, un’idea di nuovo progetto sociale che cerca di delineare brevemente nel pezzo. Sul ritorno degli emigranti si dibatte da tempo con riflessioni e proposte che si differenziano a secondo del taglio con cui si affronta l’argomento(da quello sociologico,a quello economico-politico a quello antropologico).E poi “il ritorno” è uno dei topos letterari che attraversano la storia dell’intera cultura occidentale. Saviano, per restare nello specifico dell’emigrazione meridionale, nella parte finale dell’articolo suggerisce alcune soluzioni “Basterebbe poco per invertire il circuito della fuga e renderlo virtuoso: se solo si riuscisse a convincere le comunità di emigrati a investire nelle regioni d’origine, allora la linfa potrebbe tornare alle radici. I meridionali d’Argentina, d’America, di Germania e d’Australia dovrebbero essere incentivati con agevolazioni e sgravi fiscali a percorrere in senso inverso la diaspora. Non è impossibile: il Brasile lo sta facendo”. Sono condivisibili le parole dello scrittore campano e credo che possano essere integrate con due ulteriori considerazioni. 1)Le comunità di emigrati non sono popolate solo da gente che “ce l’ha fatta”. Certo, ci sono tanti diventati grandi imprenditori, riconosciuti intellettuali, ottimi politici. Altri hanno raggiunto una tranquilla sicurezza economica ingrossando le classi medie dei paesi in cui sono arrivati. Ma altri invece, molti altri, non hanno avuto neppure quel miglioramento di vita in cui speravano e le difficoltà affrontate in Italia si sono riproposte, in forme diverse, nei paesi che li hanno accolti. Insomma nel nostro immaginario collettivo ancora è molto forte e abusato il cliché dell’emigrato italiano di successo che riesce ad arrivare alla vetta della scala sociale. La comunità di emigrati è composita e variegata e non tutti hanno la possibilità di poter ritornare con progetti e capitali da investire. 2) Saviano indica la strada delle agevolazioni e degli sgravi fiscali e porta l’esempio concreto del Brasile. Vede cioè un ruolo di primo piano nello Stato che richiama a sé i suoi figli. Il Brasile dice l’autore di Gomorra “sta trasformando l’identità in sviluppo, legando emigrati a comunità di provenienza nella nuova prosperità del gigante amazzonico“. Credo che in questa nuova, e auspicabile, prospettiva di sviluppo, che vede coinvolti in un progetto sinergico emigrati di ritorno e comunità di origine, non possono restare fuori Comuni, Province, Regioni e Università. Con quale ruolo? Svolgere un’incisiva azione di indirizzo e di supporto. Faccio un piccolo esempio per chiarire: nello scorso mese di maggio è stato inaugurato nel mio paese d’origine, San Giovanni in Fiore, un grande Hotel, con ristorante, bar, sala conferenze. Una struttura, elegante,ricca, sfarzosa “un investimento di grande significato che una famiglia calabrese, da 45 anni in Svizzera, ha inteso fare in Sila in piena epoca di recessione. Una scelta coraggiosa, controcorrente, che il sig. Giuseppe Nuoto, la moglie Felicia e i due figli hanno fatto "per amore della propria terra", per dare lavoro ai giovani, per contribuire al rilancio turistico dell’Altopiano silano”, come si legge dal sito Amanteaonline. Da osservatore però mi chiedo: perché destinare così tante risorse in questo tipo d’investimento? Perché proprio nel turismo? E’ questo davvero il settore su cui puntare? Non ci hanno provato già in tanti? E la terra, il sole, l’acqua, la possibilità di utilizzare al meglio queste ricchezze che abbondano in maniera così straordinaria sul nostro Altopiano? I soldi sono del bravo e coraggioso imprenditore che ha deciso di ritornare, e che certo va ringraziato per questo, e i suoi soldi evidentemente li spende come meglio crede. Ma se ci fosse stata magari un’autorità, un organo, un ufficio (per intenderci non il solito penoso triste squallido ufficetto dove imbucano il figlio di quel dirigente, la sorella di quell’assessore, il nipote di quel vescovo) fatto di donne e uomini con competenza e professionalità, capaci di coniugare identità e innovazione, visione realistica del presente e apertura al futuro, creato apposta per supportare i “progetti di ritorno”, il nostro bravo e coraggioso imprenditore avrebbe fatto lo stesso quella scelta? Il nostro Sud dovrebbero attrezzarsi per accogliere gli emigrati che desiderano ritornare offrendo loro un servizio che diventi utile e significativo per l’intera comunità. Creare “spazi” e opportunità per far incontrare risorse dei territori e volontà di ritorno alle proprie origini.

domenico barberio


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