Editoriale

Finanziamento ai partiti: ci stanno vendendo fumo. E il fumo uccide

giovedì 26 aprile 2012.
 

In giro ci sono troppi venditori di fumo. Sui pacchetti di sigarette c’è scritto «Il fumo uccide». Il tabacco avvelena, brucia e distrugge i polmoni. Il gusto, il piacere del vizio si paga caro, ma per noi non produce danni permanenti. Al massimo, crediamo che occorrano molti anni prima di patirne i mali, di finire intossicati dalle cure antineoplastiche o dipendere dai farmaci del cuore, ace-inibitori, beta-bloccanti e la discussa «digitale».

di Emiliano Morrone

L’opinione comune è che, nella difficoltà del quotidiano, in fondo non sia il fumo a diminuire le nostre capacità fisiche e mentali, ad abbatterci, rovinarci l’esistenza. Il guaio, invece, è lo stress, l’accelerazione del tempo, il grigiore del presente e, più ancora, la disoccupazione, la crisi, la politica degli affari.

La sigaretta, allora, diventa perfino un sollievo, una boccata d’ossigeno: un’evasione, un passatempo, nell’attesa della prossima fatica di muscoli, neuroni e psiche. Non ci sfiora, però, il sospetto che il fumo comprometta il giudizio critico, impedendoci di reagire, di credere nel futuro e progettarlo. Sarebbe più giusto, quindi, l’avvertimento «Il fumo uccide la mente», che dovrebbe comparire nella home page dei siti e appena sotto le testate, precedendo le dichiarazioni politiche.

Tg e giornali riportano - e con aggiustamenti - notizie di truffe, raggiri, imbrogli, corruzione. A ciclo continuo. Davanti a questa indecenza, la «Casta» resta chiusa nel «palazzo», metafora di privilegi e autoreferenzialità. I primi sono compensi, consulenze e mazzette, l’altra è sistematica nel discorso pubblico, dei cui spazi e canali dispongono partiti e potenti, che in Italia si chiamano Silvio Berlusconi e Carlo De Benedetti; ancora a latere il gruppoTI Media (Telecom) e News Corporation (Rupert Murdoch).

In questo contesto, i blog inquietano i conservatori, cioè le forze finanziarie, economiche o politiche che mantengono lo squilibrio del Paese, provocato in primo luogo con i propri media.

Benché sappiamo a chi appartengano televisioni e quotidiani, ci lasciamo sedurre e condurre dalle loro voci, dalle loro parole, dai loro racconti. Così, la strenua difesa del governo Monti da parte di Eugenio Scalfari è «autorevole» ai nostri occhi; certamente impeccabile per ordine espositivo, eleganza verbale, profondità di campo. Ma è dietro quella stessa autorevolezza, di esperienza, linguaggio e mestiere, che si nasconde un’evidenza, cioè la mancanza d’indipendenza e la parzialità delle testate in mano al potere.

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