CI VORREBBE UNO COME FRANCO ARMINIO

Le lucide e poetiche intuizioni di Franco Arminio, scrittore irpino che racconta attraverso i suoi "esercizi di paesologia" un’Italia nascosta e dimenticata
domenica 19 febbraio 2012.
 

Ci vorrebbe uno scrittore come Franco Arminio per raccontare questo nostro incerto presente, per raccontare San Giovanni in Fiore oggi, lontano da stereotipi e false illusioni. Arminio è meridionale, nato in Irpinia a Bisaccia: uno di quegli intellettuali di provincia che scrive di persone, fatti, cose della provincia appunto, quella meno conosciuta e lontana, non risucchiata dai clamori della città. Arminio fa “esercizi di paesologia”, come recita il sottotitolo di uno dei suoi ultimi libri “Vento forte tra Lacedonia e Candela”, edito da Laterza. É un paesologo, cioè descrive i paesi che incontra nei suoi viaggi, nel suo lento peregrinare in un’Italia ai più sconosciuta. Un’osservazione attenta e per certi aspetti “semplice” la sua: la piazza vuota di una mattina di un giorno feriale, il bar con qualche anziano che gioca a carte, poche donne in giro con la busta della spesa. La bravura di Arminio sta nel vedere quello che c’è dietro quest’apparente normalità, riuscire a scorgere segnali che l’occhio disattento del visitatore distratto non troverà mai “il fregio del silenzio, del buon cibo e dell’aria buona nasconde lo sfregio di un’inerzia acida, di un tempo vissuto senza letizia”. Al centro delle sue riflessioni “si trova il mondo com’è adesso, sfinito e senza senso, con l’unica differenza che questa condizione si mostra senza essere mascherata da altro”.

Sarebbe interessante una sua visita a San Giovanni in Fiore, per le viuzze ripide del centro storico che sembra essere un tutt’uno armonioso con la natura circostante, e per le strade intasate e chiassose della parte nuova del paese dove invece, come scrive Francesco Saverio Alessio, “una furia devastatrice ha cancellato ogni traccia di Natura e di Storia: valloni colmati, cocuzzoli rasi al suolo, alberi estinti, massi superbi distrutti con la dinamite”. Sarebbe utile per noi, perchè il racconto distaccato e sereno di un osservatore esterno ci potrebbe ricordare come nel nostro recente passato tutti(chi con più responsabilità, chi con meno) abbiamo ostinatamente ricercato il modo di abbruttire i luoghi in cui siamo vissuti e la qualità del nostro vivere comune, e potrebbe arricchire il suo lavoro perchè aggiungerebbe un nuovo, piccolo, pezzo al grande affresco, di un’Italia dimenticata, che sta componendo in questi anni.

domenico barberio

articolo pubblicato su "il Quindicinale"


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