FRA LE CARTE DI CINANNI

lunedì 2 gennaio 2012.
 
l’emozione della ricerca, nell’archivio di un grande studioso.

L’incontro del 10 dicembre “La difesa dei beni pubblici - L’emigrazione, il lavoro. Attualità del pensiero di Paolo Cinanni” promosso dall’Associazione Culturale "Città Meridiana" e dal Circolo Arci Sila "Paolo Cinanni” riporta l’attenzione su questo figlio del Sud povero e contadino che con tenacia, abnegazione e studi da autodidatta diventa, non solo, un militante comunista dalla risoluta capacità, ma anche uno studioso che, con originalità di proposta e acutezza d’analisi, ha affrontato alcuni dei fenomeni più significativi che hanno caratterizzato la vita dell’Italia contemporanea, dalla questione agraria e meridionale al fenomeno emigrazione. Anche io, nel mio piccolo, ho cercato di portare un modesto contributo in questa recente opera di valorizzazione. Un anno fa ho partecipato presso l’Università di Cosenza ad un convengo dedicato a Cesare Pavese occupandomi, nella mia relazione, del rapporto tra Pavese e Cinanni, che si erano conosciuti nel lontano 1936 a Torino grazie alla mediazione di un’amica comune. Per preparare al meglio il mio intervento mi sono affannato alla ricerca di scritti, saggi, pubblicazioni che testimoniassero l’amicizia tra i due. Ma in questa attività di scavo il momento più significativo è stato mettere le mani, letteralmente, fra le carte di Cinanni. A Cosenza infatti, presso l’Icsaic(L’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea), c’è un fondo archivistico che raccoglie lettere, appunti, opuscoli, saggi, bozze di libri, articoli, annotazioni varie dell’intellettuale calabrese morto a Roma nel 1988. Per due giorni ho setacciato, monitorato, analizzato questa mole di fogli per trovare qualche traccia utile alla mia relazione. Mi sono rapportato alle carte che via via sfogliavo con l’emozione tipica del provinciale, quella cioè che ti fa meravigliare per tutto quello che di nuovo ti capita, lasciandoti irretito dai sentimenti che, veloci, ti attraversano. C’è, oltretutto, una fatto che mi inorgoglisce: credo di essere stato io il primo, da quando la famiglia ha donato il suo archivio di scritti, a “violare” i numerosi(non ricordo bene il numero) scatoloni, chiusi e impolverarti, che giacevano, in una sorta di dimenticatoio, nei magazzini dell’Icsaic. E’ toccato a me così trovare una tessera, quasi immacolata, di iscrizione al Pci del 1947, l’attestato di riconoscimento per aver partecipato come combattente partigiano alla lotta di Resistenza, la lettera del dirigente comunista Giorgio Napolitano che comunicava formalmente a Paolo l’adesione al Comitato Centrale del partito. La necessità da parte dei suoi familiari di chiudere,impacchettare, raggruppare il più possibile quella miriade di documenti ha mischiato, confondendole, le cose più disparate: dalle lettere piene di premura e amore alla moglie, ai fogli straboccanti di numeri usati per sorreggere le sue teorie sull’emigrazione. Sono stati giorni intensi quelli con le carte di Paolo Cinanni:un tuffo nella Storia di un’Italia lontana, nella vita di un uomo d’altri tempi.

domenico barberio

già pubblicato su "il Quindicinale"


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