Laici in ginocchio: intellettuali e politici

Viano e i teocon. In un pezzo apparso sul Corsera del 17 marzo, anche l’opinione del nostro Gianni Vattimo - selezione a cura del prof. Federico La Sala

mercoledì 22 marzo 2006.
 
[...] «I laici - risponde Vattimo - dovrebbero darsi una filosofia che includa i problemi spirituali, che vada oltre le scienze positive senza riproporre vecchi dogmi. Io vorrei fondare un movimento anticlericale cristiano, ma non potrei farlo in compagnia di Viano, che è antireligioso» [...]


-  In un libro Carlo Augusto Viano si scaglia contro i teocon.

-  VATTIMO: «RADICALISMO SUPERATO»

-  La crociata laicista: basta correre in chiesa
-  Matteucci e Messori contrari a «posizioni anticristiane».
-  Giorello: «Non serviamo il Vaticano»

-  (Corriere della Sera, 17 marzo 2006)


Non manca l’orgoglio a Carlo Augusto Viano, noto studioso di storia della filosofia, nel rivendicare la sua posizione anticlericale, che vede nella Chiesa cattolica un’avversaria strenua della modernità e delle libertà individuali. Gli fanno rabbia invece coloro che, nel titolo di un libro edito da Laterza (pp. 128, 10), definisce Laici in ginocchio: intellettuali e politici che nutrono un complesso d’inferiorità verso la gerarchia ecclesiastica e considerano la fede religiosa un elemento irrinunciabile di coesione identitaria per una società edonista e smarrita.

Al contrario, Viano non esita a dirsi «laicista» (parola oggi perlopiù usata in senso dispregiativo) e a chiedere che «il potere politico protegga i cittadini dall’ingerenza del clero». Un’impostazione che gli attira i fulmini del liberale Nicola Matteucci, il quale si professa un «laico non laicista» sin dagli anni Cinquanta: «Viano - sostiene - è un illuminista in ritardo, considera la Chiesa un relitto del passat o. Il suo laicismo è un’ideologia deteriore, erede della tradizione hegeliana dello Stato etico, che pretende di confinare le religioni nella sfera privata. Invece io credo che la Chiesa abbia il diritto di sostenere pubblicamente le sue posizioni e che la fede abbia una rilevanza essenziale nella difesa della libertà, come notava Alexis de Tocqueville studiando la realtà americana».

Assai diversa l’opinione di Gianni Vattimo, che giudica deleterio l’attivismo dei vescovi, ma dissente anche da Viano: «Mi considero un laico credente. Secondo me, bisogna salvare la Chiesa dalla sua gerarchia sclerotizzata e maschilista, che non ammette le donne tra i suoi ranghi e detesta gli omosessuali. Ma considero insoddisfacente il pensiero scientistico, cartesiano, misuratore. È proprio il laicismo positivista di studiosi come Viano che permette alla Chiesa di occupare tanto spazio. Quando ci si accorge che l’uomo ha anche un’anima, che non tutto si può ridurre alle scienze della natura, allora ci si rivolge ai preti. E saltano fuori i laici pentiti come Giuliano Ferrara, disposti a seguire anche le indicazioni più retrive del Vaticano».

E allora? «I laici - risponde Vattimo - dovrebbero darsi una filosofia che includa i problemi spirituali, che vada oltre le scienze positive senza riproporre vecchi dogmi. Io vorrei fondare un movimento anticlericale cristiano, ma non potrei farlo in compagnia di Viano, che è antireligioso».

Giulio Giorello invece concorda con l’autore di Laici in ginocchio nel denunciare la carenza di cultura scientifica in Italia: «Basta pensare che si è cercato di escludere l’evoluzionismo darwiniano dai programmi scolastici, imitando l’America peggiore: quella dei fondamentalisti evangelici sostenitori del creazionismo. Alcuni politici vorrebbero strumentalizzare il fascino del cattolicesimo per farne il fondamento di un’ideologia identitaria neoconservatrice, come ha fatto Bush con certe correnti protestanti negli Stati Uniti. Penso che i sinceri credenti siano i primi a respingere tale operazione. E che la Chiesa, nella sua millenaria saggezza, se ne terrà lontana».

Comunque anche Giorello critica le intromissioni ecclesiastiche nella sfera pubblica: «Viano ha ragione nel denunciare il comportamento di alcuni cattolici presenti nelle istituzioni, che sembrano rispondere alla Santa Sede prima che ai cittadini. Occorre difendere spazi pubblici liberi da ipoteche confessionali. E molti laici non lo fanno, perché mancano di coraggio o perché sperano di procurarsi vantaggi assecondando il Vaticano. Hanno adottato il motto di Leporello: son prontissimi a servir».

Ma davvero la Chiesa è irriducibilmente ostile alla modernità e ai diritti individuali, come afferma Viano? Matteucci lo nega: «Lo stesso Benedetto Croce, che era un immanentista, riconosceva che i valori dell’educazione cristiana s’inscrivono nella religione della libertà. Inoltre con Papa Wojtyla c’è stato un rinnovamento profondo della Chiesa, che ha dimostrato di sapersi confrontare con il mondo moderno. Ovviamente i cattolici non possono accettare il relativismo. Ma anche Croce lo respingeva».

Ancora più netto il credente Vittorio Messori, che pure non nega una qualche simpatia per l’intransigenza di Viano: «A me piacciono i mangiapreti: proprio perché fanno dell’incredulità una religione, mi pare che siano sempre a rischio di conversione. Ma è falso che la Chiesa sia ostile alla modernità in quanto tale. Per esempio il Sillabo di Pio IX, contro cui tutti strepitano senza averlo letto, in realtà è un testo profetico, che non condanna la modernità, ma le sue proiezioni ideologiche (marxismo, darwinismo, nazionalismo), che pochi decenni dopo portarono al carnaio della grande guerra, origine di tutti gli orrori del Novecento».

Un altro laico non laicista, lo storico Giovanni Orsina, esprime una valutazione più articolata: «La Chiesa ha guardato a lungo con diffidenza alle libertà moderne, ma dalla Seconda guerra mondiale in poi ha fatto passi da gigante. Nell’opposizione ai totalitarismi si è verificata una convergenza storica tra liberalismo e cattolicesimo di importanza cruciale. E se oggi Papa Ratzinger si erge a paladino dei diritti umani così come definiti dalle convenzioni internazionali, perché i laici non dovrebbero aprire un dialogo con lui? L’umanesimo liberale fatica a trovare un fondamento teorico ai diritti naturali, perché la critica razionalista finisce per demolire il concetto stesso di natura. L’idea che gli uomini nascono liberi e uguali può basarsi solo su un atto di fede. E qui è possibile un incontro proficuo con i cattolici. Del resto molte opzioni etiche della Chiesa sono condivisibili da un punto di vista laico. Penso alla difesa della famiglia. Oppure alla condanna dell’abo rto, espressa anche da Norberto Bobbio».

Però la Chiesa continua a ritenersi depositaria di una verità assoluta. «Non potrebbe essere diversamente - replica Messori - perché Gesù lo ha detto inequivocabilmente: io sono la via, la verità e la vita. Però nella prospettiva cristiana questa proposta ha un contenuto di carità, di amicizia, di amore. E la Chiesa è pragmatica: alla proclamazione della verità ha sempre accompagnato la ricerca di un modus vivendi con chi non si riconosceva nel suo messaggio».

Giorello sottolinea piuttosto che la Chiesa è una realtà diversificata: «Viano esagera nel dipingerla tutta oscurantista: non credo che l’opera di Paolo VI sia stata puramente restauratrice. E anche il pontificato di Wojtyla merita un giudizio più generoso. Quanto alla situazione attuale, vorrei ricordare che poco dopo il discorso di Ratzinger contro il relativismo, il cardinale Carlo Maria Martini intervenne per dire che esiste anche un benefico relativismo cristiano».


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