La speranza di tutti

Gioacchino da Fiore, Mario del Rio Olive e Barack Obama

domenica 10 ottobre 2010.
 

Un giorno Mario del Rio Olive, fiume che attraversa la Valle degli Ulivi, cadde da cavallo nella Città eterna; folgorato dall’immagine d’un pesce bianco, simbolo di pace e stabilità.

Mario, che come tutti i comunisti era accusato di mangiare bambini a colazione, tosto si convertì.

S’avvicinò ai pastori delle diocesi, progressivamente moderandosi e fortificandosi nello spirito.

Divisa la Democrazia cristiana, nella provincia di Cosenza guidò il cammino verso l’unione dei compagni coi discepoli, tenendo ferme le redini della carovana.

Fece un sogno, una notte di giugno, ai piedi d’un pino solitario, affacciato agli orli d’un altopiano percorso da mezzi della Valle del Crati, diretti nel giardino di Vetrano. Gli apparve un angelo che gli chiese di diventare il governatore della Provincia di Cosenza.

Spaventato, chiese consigli al "pontefice" Massimo. Lo stesso "pontefice" che richiama oggi una questione di Croce (non possiamo non dirci cristiani), seduto col cardinale Camillo Ruini e l’epistemologo Marcello Pera, teorico delle radici prime d’Europa.

Massimo, il "pontefice", pontificò per il bene della comunità, e Mario del Rio Olive si cimentò nella prova d’ Abramo.

Condusse con mano retta il governo della Provincia bruzia, ma non assunse un’aperta posizione politica di lontanza dal consigliere Luigi Garofalo, di cui il pubblico ministero Vincenzo Luberto ha chiesto la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa.

Spiegò, a un convegno su Gioacchino da Fiore, Barack Obama e don Luigi Nicoletti, che in assenza di condanna, al consigliere si può dir nulla.

Per Mario del Rio Olive, in precedenza era arrivato un altro segno dei tempi: l’immagine, nel sonno, d’un bastone per condurre il suo gregge.

Lo aveva interpretato come volontà primaria d’un secondo mandato a Cosenza, per il cui territorio serve sempre una perizia da primario, "Primarie aperte" in discussione.

Al democratico, si imputarono miracoli impensabili: le strade, le rotonde, i camper per mammografia e tante ottime cose ancora, adatte a rifornire le genti del carburante della vita.

Fu così che nella sua San Giovanni in Fiore e provincia, gli crebbe l’aura che cerco, di guaritore della cosa pubblica, financo ricevendo l’invito all’ingresso di Omaba alla Casa Bianca.

Di spirito profetico dotato, è certamente il patrono di noi tutti, e a lui mi rivolgo, in preghiera riverente, affinché giunga presto la "terza Età" dell’abate Gioacchino.

Allora, San Giovanni in Fiore sarà colma di gioia e illuminata: scompariranno tutti i precari e disperati, cesseranno le discariche e "la carità non avrà mai fine".

di Emiliano Morrone e Carmine Gazzanni


Rispondere all'articolo

Forum