Campagna choc di Sd: Camorra? Facciamola nera *
«La camorra è una montagna di merda». E ancora, «Saviano è amico mio» e «Facciamo neri i camorristi». Sono i tre slogan della campagna-choc che Sinistra democratica lancerà giovedì, nel corso di una manifestazione a Castel Volturno, e che è stata presentata da Claudio Fava e Arturo Scotto. E c’è anche la polemica contro il governo di destra Berlusconi. «Il governo non ha la legittimità per condurre la lotta alla camorra finché manterrà nel suo ruolo il sottosegretario Nicola Cosentino», ha detto il coordinatore di Sinistra democratica, Claudio Fava, durante la presentazione dell’iniziativa del partito contro la camorra. Cosentino, ha detto Fava, «è stato indicato da cinque pentiti come organico ai Casalesi. Cosentino non ha avuto il buon gusto di dimettersi né dall’incarico di sottosegretario, né da quello di segretario regionale del partito; il suo partito, Forza Italia, gli ha consentito tutto questo, e anche Berlusconi gli ha consentito di permanere al governo. E questo toglie qualsiasi legittimità al governo stesso».
Gli slogan compariranno su 70mila manifesti (scritta bianca e nera su sfondo rosso) che saranno affissi nella zona controllata dal clan dei Casalesi. «La politica - ha detto Scotto - ha rimosso la questione della lotta alle mafie e alla camorra». Di qui la decisione di Sd di lanciare questa campagna nel tentativo «accendere i riflettori su questi temi, soprattutto con un governo che da una parte garantisce l’ordine pubblico con l’uso dell’esercito, dall’altra mostra al suo interno omertà, come mostra la vicenda di Cosentino».
I due manifesti esprimono «una solidarietà non formale» a Saviano, ha spiegato Fava. «Alcuni colleghi giornalisti - ha rilevato il coordinatore di Sd - hanno sottolineato che Saviano è uno scrittore, dimenticando che è un giornalista. Dire che è scrittore è quasi un voler affermare che le tante cose da lui scritte sono sì belle ma poco aderenti alla realtà. Invece noi ribadiamo che Saviano ha scritto nomi e cognomi ed è un eccellente giornalista, e quindi è amico nostro».
Il secondo slogan («La camorra è una montagna di merda»), riprende invece un’espressione di Peppino Impastato coniata per la mafia nel 1974. «Ogni altro aggettivo o sostantivo - ha detto Fava - sarebbe sbagliato». Sinistra Democratica lancerà quindi la campagna giovedì pomeriggio partendo da Castel Volturno, con l’affissione di manifesti con i due slogan, che saranno attaccati, ha spiegato Scotto, per coprire le scritte con le minacce a Saviano.
Oltre a 70.000 manifesti che saranno affissi, la campagna prevede la distribuzione di 5000 cartoline e 10.000 magliette. All’iniziativa di Castel Volturno, a cui parteciperà anche Moni Ovadia e numerose associazione laiche e cattoliche, si concluderà nel centro Caritas con una cena multietnica. Ci saranno il coordinatore di Sd, Claudio Fava, e l’ex deputato Arturo Scotto, lo scrittore Moni Ovadia, Paolo Beni, presidente nazionale Arci, Roberto Natale, segretario Fnsi. Ma, spiega Fava, «abbiamo invitato tutte le forze politiche del centrosinistra». Ma soprattutto quelle della sinistra alternativa: «Questa iniziativa deve essere patrimonio del processo politico della costituente della sinistra». «Speriamo di riuscire a recuperare - ha concluso Fava - una parte di quell’istinto civile che questo Paese ha avuto agli inizi degli anni Novanta, quando saltavano in aria le autostrade e le auto, e che pian piano è andato perduto».
* l’Unità, Pubblicato il: 03.11.08, Modificato il: 03.11.08 alle ore 15.24
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
La Sinistra riparte da nuove alleanze. E da Marx
di Silvia Garambois *
La sinistra è ricomparsa sulla scena politica. Fermento di discussioni dentro vecchi partiti, nuove alleanze e soprattutto il ritorno alla ricerca e all’analisi politica. Così, mentre venerdì Nichi Vendola (Prc), Claudio Fava (Sinistra democratica), Umberto Guidoni (Pdci) e Paolo Cento (Verdi), hanno proposto un "soggetto politico nuovo" in vista delle elezioni europee (è nata l’associazione "La Sinistra"), sabato alla Fondazione Basso una "vecchia" associazione ("Socialismo 2000") ha invece riunito esponenti del centro-sinistra (Giorgio Tonini per il Pd, Ugo Intini per il Partito socialista, Marco Cappato per i radicali, Giovanni Russo Spena e Alfonso Gianni per Rifondazione comunista, Marco Fumagalli per Sinistra democratica), con un progetto ambizioso: quello di "ricostruire il nuovo socialismo".
"La Sinistra" si è presentata con un documento fondativo sotto il quale ci sono un centinaio di firme di esponenti politici ma anche del mondo dell’associazionismo (tra le altre quelle di Alberto Asor Rosa, Giovanni Berlinguer, Carlo Flamigni e Margherita Hack), e un progetto di collocazione politica («Il Pd è il nostro interlocutore principale e il nostro alleato naturale - ha spiegato tra l’altro Fava -, a partire dalla situazione in Abruzzo»).
"Socialismo 2000" ha risposto invece oggi con un documento tutto di analisi socio-politica, dedicato a "Crisi del capitalismo e attualità del socialismo", proposto da Cesare Salvi e da Giuseppe Tamburano, sotto al quale compaiono altre decine di firme di esponenti del centro-sinistra e del mondo della cultura (tra le quali Alfiero Grandi, Gianfranco Pasquino, Luciano Pellicani, Giovanni Pieraccini, Giorgio Benvenuto, Vincenzo Vita, Massimo Salvadori, Nicola Tranfaglia).
E la sala delle conferenze della Fondazione Basso non bastava a contenere un pubblico che voleva tornare a ragionare di politica-politica: a partire dal declino del "mercatismo liberista e della globalizzazione americana", analizzato nel documento d’apertura; alla "portata epocale della crisi del capitalismo, che non è da meno della caduta del Muro di Berlino", richiamata da Benvenuto; alla straordinarietà del fenomeno-Obama ("e guai se la sinistra italiana non riesce a stare almeno al passo" di questi grandi mutamenti) ricodato da Vita; ai problemi dei migranti e dei "negrieri di massa" e alla "crisi del movimento operaio" speculare a quella del capitalismo, di cui ha parlato Russo Spena.
È la sinistra che non piace a Berlusconi: che non si ferma agli slogan e non ha paura di fare i conti, oggi, con la "post-modernità", di proporre una nuova analisi sociale "da sinistra" da cui ripartire con l’azione politica. Di più: una sinistra che non ha paura neppure di citare Marx, il cui nome oggi è tornato ad echeggiare in sala.
* l’Unità, Pubblicato il: 08.11.08, Modificato il: 08.11.08 alle ore 21.52
Nota del Quirinale
Camorra, Napolitano: ’’A Secondigliano pesante intimidazione’’
Il Presidente della Repubblica condanna l’episodio che ha visto ieri la Camorra fare fuoco su cinque giovanissimi nel quartiere napoletano: ’’Violenza efferata ma impegno concreto istituzioni e forze dello Stato’’
Roma, 3 nov. (Adnkronos) - "Efferata violenza" e "pesante intimidazione": con questi termini il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (nella foto) commenta con durezza l’episodio criminale che ha visto ieri la camorra aprire il fuoco in una sala giochi di Secondigliano, alle porte di Napoli, e ferire cinque ragazzini di età compresa fra gli 11 e i 16 anni.
Napolitano, questa mattina ha ricevuto il ministro degli Interni Roberto Maroni, e -come informa una nota del Quirinale- ha acquisito informazioni dalle competenti autorità sul criminale agguato avvenuto nella notte fra sabato e domenica scorsi a Secondigliano contro un gruppo di adolescenti. Il Capo dello Stato, nell’esprimere "la ferma condanna dei nuovi episodi di efferata violenza e di pesante intimidazione della criminalità organizzata", ha "apprezzato l’impegno concreto delle forze dello Stato e delle istituzioni per individuare i responsabili e riaffermare il principio della legalità".
La crisi e il socialismo per ricchi
di MIKHAIL GORBACIOV (La Stampa, 3/11/2008)
Man mano che la crisi finanziaria globale diventa sempre più profonda, diventa chiaro che il collasso della Borsa ha colpito non solo i ricchi - il cui tenore di vita probabilmente non ne verrà affetto - ma anche milioni di persone comuni che hanno affidato i risparmi della loro vita ai mercati.
Questa crisi finanziaria appare solo la prima fase di una crisi più vasta dell’economia che potrebbe essere la peggiore dalla Grande Depressione degli Anni 30. Questa crisi non è nata dal nulla. Avvertimenti erano venuti da diverse parti, inclusi gli economisti, non soggetti normalmente alla tentazione di nutrire inutili ottimismi. Cautela è stata raccomandata anche dai veterani della politica mondiale della Commissione Trilaterale e del World Political Forum, preoccupati nell’osservare i mercati finanziari diventare una bolla pericolosa, con un legame scarso o addirittura nullo con i flussi reali di beni e servizi. Tutti questi avvertimenti sono rimasti inascoltati.
Nei prossimi mesi l’avidità e l’irresponsabilità dei pochi colpirà tutti noi. Nessun Paese e nessun settore riusciranno a sfuggire alla crisi. Il modello economico radicato nei primi Anni 80, basato sulla massimizzazione dei profitti grazie all’abolizione della regolazione necessaria a proteggere gli interessi della società nel suo insieme, sta tramontando.
Per decenni ci siamo sentiti ripetere che questo modello avrebbe portato benefici a tutti, e che «l’alta marea finisce col sollevare tutte le barche». Ma le statistiche dicono che non è stato così. La crescita economica degli ultimi decenni - assai modesta se paragonata a quella degli Anni 50-60 - ha beneficiato in modo sproporzionato i membri più ricchi della società. Il tenore di vita della classe media è invece fermo, e la voragine tra i ricchi e i poveri è aumentata perfino nei Paesi economicamente più sviluppati.
Il sistema è stato reso ancora più precario dai prestiti irresponsabili sostenuti da complessi strumenti derivati, che alla fine si sono rivelati complicate piramidi finanziarie. Perfino la maggior parte degli economisti e dei bancari non riesce a spiegare come funzionano. A beneficiare maggiormente di questi schemi sono stati i loro inventori.
Di tutti i fatti venuti alla luce nelle ultime settimane, uno mi ha colpito in particolare. L’anno scorso le maggiori banche d’investimento americane hanno pagato, secondo alcune stime, 38 miliardi di dollari di bonus. Suddividendo questa somma per i numeri della loro forza lavoro viene fuori la cifra di 200 mila dollari per persona: quattro volte più del reddito di una famiglia americana media! In più c’erano i «paracadute dorati», i pacchetti di buonuscita multimilionari pagati ai dirigenti delle banche che sono crollate o sono state salvate dal governo.
Questo è il risultato: capitalismo tagliagola per la maggioranza e «socialismo» degli aiuti governativi per coloro che sono già ricchi. Fra tre o quattro anni, quando ci saremo lasciati alle spalle la fase acuta della crisi, queste stesse persone ci diranno che il capitalismo più «crudo» funziona meglio e dovremmo lasciarli liberi da ogni costrizione. Fino alla prossima crisi ancora più devastante?
L’attuale modello di globalizzazione ha portato alla deindustrializzazione di intere regioni, deteriorando le infrastrutture, togliendo funzionalità ai sistemi sociali e provocando tensioni a causa di processi economici, sociali e di immigrazione incontrollati e non regolati. Il danno morale è stato enorme, rispecchiato perfino nel linguaggio: l’evasione fiscale è diventata «pianificazione fiscale», licenziamenti di massa sono diventati «ottimizzazione del personale» e via di questo passo.
Il concetto di uno sviluppo sostenibile per le generazioni future è stato soppiantato dall’idea del libero commercio come panacea per tutti i problemi. «Domani è un altro giorno», è il motto di questi tempi, mentre il 60% degli ecosistemi, secondo le ricerche promosse dall’Onu, sono già stati danneggiati. Il ruolo dello Stato e della società civile è stato ridotto, con gli uomini visti non più come cittadini ma, nel migliore dei casi, come «consumatori di servizi offerti dal governo». Il risultato è un mix esplosivo di darwinismo sociale - sopravvive il più forte, i deboli muoiano - e della filosofia del «dopo di noi il diluvio».
La crescente crisi dell’economia mondiale, oggi, finalmente attrae l’attenzione dei politici. Per motivi comprensibili, ci si concentra su misure di salvataggio immediate. Sono senz’altro necessarie, ma c’è anche bisogno di riconsiderare le basi del modello socio-economico della società moderna, direi addirittura la sua filosofia, che si è rivelata assai primitiva, basata interamente sul profitto, il consumismo e il guadagno personale. Perfino il guru della teoria monetarista moderna, il defunto Milton Friedman - che ho avuto modo di incontrare - sosteneva che non si poteva ridurre tutto all’Homo oeconomicus, che la vita sociale non è fatta solo di interessi economici.
Tempo fa ho invocato una combinazione di morale e politica. Durante la perestroika ho cercato di seguire sempre l’idea che la politica dovesse contenere una componente morale. Penso che per questa ragione, nonostante gli errori commessi, siamo stati in grado di tirare la Russia fuori dal totalitarismo: per la prima volta nella nostra storia, un cambiamento radicale è stato avviato e portato a un punto di non ritorno senza un bagno di sangue.
È arrivato anche il momento di combinare la morale e gli affari. È un argomento difficile. Ovvio che un business deve fare profitti, oppure morirà. Ma sostenere che l’unico dovere morale di un uomo d’affari è fare soldi significa portarsi a un passo dall’idea del «profitto a ogni costo». E mentre nell’economia reale che produce esiste ancora una qualche trasparenza - dovuta a tradizioni, e alla presenza dei sindacati e di altre istituzioni - che permette alla società di mantenere una certa influenza, la sfera dell’«ingegneria finanziaria» ne è priva. Non c’è nessuna glasnost, nessuna trasparenza, nessuna moralità. E le conseguenze sono state devastanti.
L’alleanza tra politici e uomini d’affari, che per decenni avevano spinto verso la deregulation diffondendo i principi del laissez-faire nelle economie di tutto il mondo, insieme con gli analisti che esaltavano i titoli delle società in cui avevano interessi, e i teorici dell’economia che offrivano come unica soluzione a ogni problema il «togliere il controllo a qualunque cosa», è stata distruttiva e spesso corrotta. L’abbiamo visto in Russia, dove queste ricette sono state promosse con frenesia quasi maniacale negli Anni 90. Ora che questa piramide perniciosa e immorale sta crollando, dobbiamo pensare a un modello che la rimpiazzerà. Non chiedo di abbatterla senza pensarci, e non ho soluzioni pronte a portata di mano. Il cambiamento deve essere evolutivo. Un nuovo modello dovrà emergere, basato non più soltanto sul profitto e sul consumismo.
Sono convinto che in un’economia nuova i bisogni della società e i beni della società devono svolgere un ruolo assai maggiore di quello attuale. I bisogni della società sono abbastanza chiari: un ambiente sano, un’infrastruttura moderna e funzionale, un sistema di istruzione e sanità, alloggi accessibili. Costruire un modello che abbia al centro queste necessità richiederà tempo e sforzo. Ci vorrà una svolta intellettuale. Ma i politici che portano la responsabilità per il superamento dell’attuale crisi devono ricordarsi una cosa: senza una componente morale ogni sistema è condannato a fallire.