Dl Gemini approvato al Senato
Ma non si ferma la protesta
L’aula di palazzo Madama ha dato il via libera a decreto che reca la firma del ministro dell’Istruzione Gelmini. Fuori migliaia di studenti. Ieri, fino a tarda sera, hanno continuato a protestare nonostante la pioggia battente. Manifestazioni in tutta Italia. *
10:48 Milano, studenti Statgale a radio Deejay Un gruppetto di 12 studenti dell’Università degli Studi di Milano si sono presentati oggi alle 10 sotto la sede di Radio Deejay, sventolando uno striscione che recita ’Universita’ chiama Italià per chiedere di poter esporre le ragioni della protesta contro i tagli all’università durante la trasmissione ’Deejay chiama Italia’ condotta in diretta radio e tv da Linus e Nicola Savino. Dopo una breve trattativa sono saliti negli studi quattro ragazzi di cui uno prenderà la parola durante il programma.
10:47 Potenza, migliaia in corteo verso università Alcune migliaia di studenti delle scuole superiori di Potenza stanno percorrendo in corteo alcune delle principali vie della città: la manifestazione di protesta contro la riforma della scuola si concluderà nella sede di rione Francioso dell’Università degli Studi della Basilicata. Il corteo sta provocando disagi al traffico cittadino. Gli studenti hanno mostrato striscioni e cartelloni contro il provvedimento.
10:46 Striscione Idv in aula Senato: passa dl, ora referendum
Subito dopo l’approvazione del decreto Gelmini sulla scuola, salutato con un lungo applauso dai banchi della maggioranza, i senatori dell’Italia dei valori espongono in aula uno striscione in segno di protesta. Sopra c’è scritto: "passa la Gelmini, referendum!". La protesta dell’idv dura qualche secondo, i senatori, prima che intervengano i commessi, mettono subito da parte lo striscione. Al momento della votazione, tra i banchi del governo strette di mano tra il ministro Gelmini, visibilmente soddisfatta, e i ministri in aula tra cui Bondi, Sacconi, Calderoli e il sottosegretario alla presidenza del consiglio Giovanardi.
10:44 Trento, occupata sociologia La facoltà di Sociologia dell’Università di Trento è stata occupata dagli studenti a partire dalla nottata. La decisione è stata presa al termine di un’assemblea, a cui ieri sera hanno partecipato anche rappresentanti di altre facoltà. A dormire nella struttura sono stati una trentina di giovani di Sociologia, più qualche singolo studente di altre facoltà, quali Giurisprudenza, Lettere, Scienze cognitive, Matematica ed Economia. La didattica non è stata bloccata, ma vengono proposte lezioni alternative e lavori di gruppo. [...]
* la Repubblica, 29.10.2008 (ripresa parziale, per aggiornamenti - cliccare sul rosso).
Sul tema, nel sito, si cfr.:
EPIFANIA: MANIFESTAZIONE, IL 30 OTTOBRE!!!
PER SALVARE L’ITALIA E LA SUA SCUOLA, SCIOPERO GENERALE.
"PUBBLICITA’ PROGRESSO": L’ITALIA E LA FORZA DI UN MARCHIO REGISTRATO!!!
LA RIFORMA CONTESTATA - GIORNATA DI TENSIONE
Via libera alla riforma dell’Università Berlusconi: in piazza solo i fuoricorso
Governo battuto due volte alla
Camera, poi in serata c’è il "sì".
Gli studenti in rivolta nelle città.
Il premier: «Chi studia è a casa».
Pd contro Maroni sulla sicurezza *
ROMA Via libera sofferto dell’Aula di Montecitorio alla riforma dell’Università. I finiani ancora una volta mettono in evidenza la loro «insostituibilità» per la tenuta parlamentare del governo. E, prima del voto finale, mandano sotto l’esecutivo due volte su altrettanti emendamenti che hanno il via libera anche dall’opposizione. Testi che vengono approvati contro il parere del governo con una ventina di voti di scarto.
Ma Silvio Berlusconi difende a spada tratta il ddl e attacca i manifestanti: «I veri studenti sono a casa a studiare», dice, chi va ora in piazza «sono i fuoricorso dei centri sociali». Poi ad approvazione ottenuta, esulta: contro l’occupazione da parte della sinistra dei settori della cultura, della scuola e dell’Università, è stato inferto «un colpo mortale a parentopoli», dimostrando inoltre al paese di essere «il governo del fare». Ma la giornata, con i due voti dei finiani a battere il governo, ha consegnato motivi di soddisfazione anche all’opposizione che non ha perso l’occasione per attaccare la riforma a testa bassa. Ed è scontro in aula con il centrodestra che insorge contro i «massimalismi» di Pd e Idv.
Ogni volta che un emendamento di Fli viene messo ai voti, mentre è aperta la votazione dai banchi del centrosinistra si sente la classica "ola" degli stadi di calcio in vista di un’azione decisiva. Ma è anche scontro al calor bianco sulla sicurezza nelle città italiane ’invasè da tantissimi studenti che protestano contro la riforma. Pd e Idv attaccano il ministro dell’ Interno accusandolo di aver «militarizzato» Roma. Lui si difende parlando di «difesa adeguata». Silvio Berlusconi, dunque, difende il testo Gelmini. «È - rivendica - una buona riforma che favorisce studenti, professori e più in generale tutto il mondo accademico e dunque deve passare se vogliamo finalmente ammodernare l’Università». Il presidente del Consiglio non si capacita delle proteste e dell’opposizione alla riforma: «È stata discussa con tutte le parti in causa, modificata, migliorata e credo che meglio di così non si potesse proprio fare». Per questo, osserva Sandro Bondi, «un’opposizione responsabile dovrebbe sostenerla». E invece, secondo Ignazio La Russa, «la sinistra solidarizza con i violenti».
Gli «estremisti che hanno bloccato Roma e causato gravi incidenti non hanno reso un buon servizio alla stragrande maggioranza di studenti scesi in piazza con motivazioni non totalmente condivisibili ma certamente animate da una positiva volontà di partecipazione e di miglioramento delle condizioni della nostra Università», si schiera il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che esprime solidarietà «alle Forze di Polizia, ai cittadini romani e ai tantissimi giovani in buona fede, la cui protesta «è stata strumentalizzata». Incidenti che per il presidente del Senato Renato Schifani, che condanna gli attacchi alle forze dell’ordine, «non hanno certamente giovato alla vita democratica e a chi voleva manifestare pacificamente».
Ma per il Pd responsabile della tensione è solo e soltanto il governo. «Mi pare - denuncia il leader Pierluigi Bersani - che nella stragrande maggioranza studenti e ricercatori si siano mossi in modo pacifico. Ha impressionato la città militarizzata. E se si è arrivati a questa tensione è per irresponsabilità dell’Esecutivo che ha perso la testa e la presa sui problemi del paese». E sotto attacco della sinistra radicale è il ministro dell’Interno Roberto Maroni, cui Nichi Vendola contesta «una responsabilità gravissima», perchè sta facendo diventare «le proteste studentesche una vicenda di disordine pubblico». IL responsabile del Viminale non ci sta: «Io - rivendica - ho il compito di gestire l’ordine pubblico e evitare incidenti e l’assalto ai luoghi sacri della democrazia, come avvenuto la scorsa settimana in Senato. E mi pare che tutto stia avvenendo con grande responsabilità delle forze dell’ordine che hanno subito violenza e stanno gestendo una situazione molto complicata».
*La Stampa, 30/11/2010
IL CONFRONTO
Università, faccia a faccia sulla riforma
Le tesi Gelmini, le risposte dell’opposizione
di CARMINE SAVIANO *
Ribattono punto su punto. Se il ministro Gelmini continua a spiegare la bontà della riforma che porta il suo nome, le opposizioni sono pronte a dimostrare, dati alla mano, che si tratta di "fandonie". Abbiamo messo a confronto le due posizioni, scegliendo cinque temi, i più discussi: l’organicità della riforma, la meritocrazia, il potere dei baronati accademici, il reclutamento dei ricercatori e la riorganizzazione degli atenei. Un faccia a faccia virtuale per comprendere i lati oscuri della riforma. Alle affermazioni della Gelmini abbiamo fatto rispondere Walter Tocci, deputato del Pd.
Una riforma organica. Su questo punto, le affermazioni del ministero sembrerebbero non concedere replica. "Questa legge è il primo provvedimento organico che riforma l’intero sistema universitario". Vero o falso?
Ecco la risposta delle opposizioni: "Non è vero, c’è già stata già la riforma Moratti che prometteva di essere organica". E ancora: "Ci hanno provato, ma proprio in quegli anni sono iniziati i guasti. La riforma Gelmini, che promette le stesse cose farà la stessa fine. Ma qualcosa di organico c’è: queste legge finanzia le avventure economiche di Tremonti e Berlusconi, che invece di investire in conoscenza fanno tutt’altro".
Meritocrazia e trasparenza. E’ uno degli slogan centrali con cui la riforma viene presentata dal Governo: "Il reclutamento del personale e la governance dell’università vengono
riformati secondo criteri meritocratici e di trasparenza".
La replica delle opposizioni parte dal fatto che la Gelmini non è riuscita a far funzionare neanche gli organi esistenti che si occupano di trasparenza, come l’agenzia di valutazione degli atenei. E senza dati è impossibile valutare gli effetti della riforma su questi temi. Poi l’affondo: "Al ministero si fanno delle cose da fine regime: si equipara il Cepu alle università pubbliche non statali. Alla Bocconi, insomma".
Il baronato e Parentopoli. La lotta al baronato è uno dei principi guida. Tutte le parti della riforma sono ispirate alla "lotta agli sprechi, ai rettori a vita e a parentopoli".
Dalle opposizioni i commenti sono caustici: "Quella sulla fine di parentopoli è un’altra delle bugie che ha raccontato il ministro. Per farla finita con i concorsi locali, si fa il concorso nazionale. Ma nel testo scritto è prevista un’abilitazione numerica, ovvero senza valutazione dei candidati. Si imbarca tutto. E alla fine si dovrà tornerà a livello locale. Con l’esito di aver solo raddoppiato le procedure".
I ricercatori. Quello dell’accesso dei giovani ricercatori, è uno dei temi più sentiti dall’opinione pubblica. La legge Gelmini promette di introdurre interventi volti a favorire la formazione e l’accesso dei giovani studiosi alla carriera accademica".
Critiche anche su questo punto. Si va da "i laboratori stranieri sono pieni di giovani italiani che hanno abbandonato il paese e non si ha notizia di file alle frontiere per tornare", fino a "tutti sanno che la Legge Gelmini aggraverà la situazione". E ancora: "con il nuovo meccanismo, un giovane passerà quindici anni in questa condizione. L’ultimo Nobel per la fisica ha 36 anni. Da noi a quell’età non si sarà ancora diventati professori".
La riorganizzazione degli atenei. Per semplificare e rendere efficiente l’università, si promettono "riduzioni molto forti delle facoltà, al massimo 12 per ateneo". E, per garantire la produttività, "la presenza di membri esterni nei Cda delle università".
La replica, in questo caso, è affidata ai numeri. La posizione dei partiti che osteggiano la riforma Gelmini è chiara: la legge consiste in 500 norme, ci vorranno 100 regolamenti attuativi per renderla efficacie, 35 dei quali dovranno essere emenati solo dal governo. Tra i commenti "Se la riforma passa, il governo si dovrà riunire una volta a settimana solo per emanarli", "è solo un’alluvione normativa", "l’università diventerà come le Asl".
Una legge contro i deboli. Per Walter Tocci, deputato del Pd, "la cosa pazzesca è che si parla solo di norme e non si parla delle cose importanti: la ricerca la didattica, gli studenti. Ovvero le cose che fanno l’università". L’analisi è dura: "Non ci sono più soldi per la ricerca, non c’è un piano nazionale di investimenti. Per la didattica: veniamo da una riforma che dovrebbe essere sottoposta a manutenzione. E poi gli studenti che non ottengono le borse di studio cui hanno diritto". Un futuro sempre più grigio: "Quest’anno sono diminuite le immatricolazioni. E sono I figli delle classi meno agiate che non ce la fanno più. La riforma Gelmini è una legge che aggrava le ingiustizie sociali".
* la Repubblica, 30 novembre 2010
Approvato il decreto scuola. Gelmini: ’’Ora l’università’’. Studenti in rivolta
Approvato in via definitiva, con 164 voti a favore, 134 contrari e 3 astenuti il dl sulla scuola. Sotto la sede del Senato prosegue incessante l’afflusso degli studenti partiti da diversi punti della città per partecipare al sit-in di protesta in atto da ieri. Partito anche un corteo non autorizzato diretto al ministero della Pubblica Istruzione *
Roma, 29 ott (Adnkronos) - Approvato in via definitiva, con 164 voti a favore, 134 contrari e 3 astenuti il dl Gelmini. "La scuola cambia. Si torna alla scuola della serietà, del merito e dell’educazione", ha commentato il ministro dell’Istruzione annunciando "entro una settimana il piano sull’università". Intanto la protesta studentesca non si ferma. Idv lancia il referendum
11:21 - FINOCCHIARO: REFERENDUM BUONA IDEA
Un referendum sul decreto Gelmini e’ "una buona idea". Lo ha affermato il capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro che, dopo l’approvazione del decreto in aula e’ scesa a parlare con i ragazzi che da ieri protestano davanti al Senato. Secondo la senatrice il referendum e’ una "buona idea per rispondere con uno strumento di democrazia diretta contro un governo che si tappa orecchie e bocca". Finocchiaro sottolinea infatti "che su alcuni temi come quelli della scuola e’ necessario aprire un confronto ampio in tutto il Paese". Non solo, secondo Finocchiaro "questo decreto presenta profili di incostituzionalita’ e lo dimostra ifnatti che sei regioni fanno ricorso alla Consulta. Per le famiglie italiane -ha concluso- si annunciano tempi duri".
11:21 - UDS: APPROVAZIONE DECRETO ATTO DI IRRESPONSABILITA’ POLITICA
"L’approvazione del decreteo 137 e’ un grave atto di irresponsabilita’ politica. Il governo e la maggioranza non hanno minimamente tenuto conto delle centinaia di migliaia di studenti, insegnanti, famiglie scese in piazza in questi giorni". Lo afferma, in una nota l’Unione degli Studenti (Uds), annunciando infine: "Resteremo ora ad assediare il Senato e saremo domani in piazza per lo sciopero generale della scuola: continueremo a batterci per una scuola pubblica di qualita’".
11:15 - COSSIGA: FUI APPLAUDITO DA PCI PER STUDENTI PICCHIATI
"Quelli erano i tempi di Berlinguer, non di Veltroni; i tempi di Natta, non di Franco Marini. Quelli erano i tempi del glorioso Partito comunista. Quando Luciano Lama fu cacciato dall’universita’, il gruppo del Pci si alzo’ in piedi ad applaudirlo ed io venni applaudito perche’ avevo fatto picchiare a sangue gli studenti che avevano contestato Lama". Lo ha detto in aula a Palazzo Madama il senatore a vita Francesco Cossiga nella sua dichiarazione di voto sul decreto Gelmini.
11:14 - NAPOLITANO ESCE DA MONTECITORIO E STUDENTI APPLAUDONO
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lascia palazzo Montecitorio dove ha presenziato al convegno "La Grande Guerra nella memoria italiana" e da dietro l’obelisco della piazza, dove una settantina di studenti fanno lezione all’aperto in polemica con il decreto sulla scuola, si leva un lungo applauso. "Non ci lasciare soli, Presidente" gridano alcuni. Dall’interno dell’auto, Napolitano guarda e risponde con un saluto. [...]
* ADNKRONOS, 29.10.2008 (ripresa parziale - cliccare sul rosso).
Articolo per articolo, così la legge 133 avvia la spoliazione dell’università
di Piero Bevilacqua (il manifesto, 29.10.2008)
Com’è stato da più parti osservato, la legge 133 sull’Università non è un provvedimento di riforma. E’ un pesante intervento di sottrazione di risorse finanziarie, senza alcuna altra pretesa che di far cassa, come se l’Università fosse qualche vecchio ente del Parastato. Eppure, in quel provvedimento, apparentemente dimesso e puramente finanziario, è contenuto forse il principio più gravemente sovvertitore dell’ordinamento universitario che sia mai stato concepito sinora. La possibilità - formulata nell’art. 16 della legge - di trasformare le università pubbliche in fondazioni di diritto privato è infatti la corda che viene offerta ai vari atenei, senza più risorse, per impiccarsi definitivamente vendendosi al migliore offerente.
Occorre svolgere almeno due considerazioni in merito a questa straordinaria novità storica che non ha avuto neppure l’onore di un dibattito parlamentare e su cui poco sono intervenuti anche i commentatori abituali delle cose italiane. Come ha osservato un docente di diritto comparato, Alessandro Somma, nella legge ci sono elementi evidenti di incostituzionalità. Ad esempio l’articolo 16 si apre con un inciso tanto perentorio quanto falso: la trasformazione in fondazione attua l’art. 33 della Costituzione (art. 16 comma 1). Ma in quell’articolo la Costituzione afferma il contrario: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». E qui siamo di fronte, più che alla costituzione di un istituto di educazione privato, alla trasformazione di un ente pubblico in ente privato, con notevoli oneri per lo Stato. Infatti la legge 133 stabilisce che le università fondazione «subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi e nella titolarità del patrimonio dell’Università» e che «al fondo di dotazione delle fondazioni universitarie è trasferita, con decreto dell’Agenzia del demanio, la proprietà dei beni immobili già in uso alle Università trasformate» (art. 16 comma 2). E aggiunge: «Gli atti di trasformazione e di trasferimento degli immobili e tutte le operazioni ad essi connesse sono esenti da imposte e tasse» (art. 16 comma 3).
Perfetto! Il patrimonio storico dell’università, talora costituito da beni architettonici di pregio, mobilio antico, biblioteche uniche e preziose, eccetera può essere acquisito da privati e questi sono esentati dal pagare le tasse di trasmissione! Altro che oneri per lo Stato, questa è spoliazione! Se volevamo avere qualche altro segno dell’arroganza e della rozzezza del legislatore odierno siamo stati serviti.
Ma che cosa dobbiamo aspettarci dalle Fondazioni private che dovrebbero garantire la prosecuzione dell’insegnamento universitario? Se questa trasformazione si dovesse effettivamente verificare, quale imprenditore privato sarebbe disponibile, in Italia, a finanziare, poniamo, letteratura italiana, storia greca, lingua latina? Non parliamo di etruscologia o delle varie lingue e civiltà dell’Oriente antico in cui, peraltro, gli studiosi italiani vantano eccellenze universalmente riconosciute. Ma che cosa succederebbe, nel giro di qualche decennio, a tutti i nostri saperi umanistici ? E davvero l’Italia può liquidare l’intero suo patrimonio di civiltà per far cassa oggi, o per seguire gli ultimi cascami di una ideologia finita nella vergogna del tracollo finanziario e degli aiuti di Stato?
C’è un altro aspetto poco considerato in questa provinciale e pacchiana volontà modernizzatrice che crede di strizzare l’occhio alla grande America. Non ci divide da quel Paese - peraltro così incomparabilmente generoso con gli studi e la ricerca - soltanto una diversa storia del capitalismo industriale. Ma anche una diversa storia delle rispettive classi dirigenti. Da noi lo Stato ha fondato l’industria moderna, organizzato il credito, guidato e promosso la costruzione delle grandi infrastrutture (ferrovie, telefonia, autostrade), salvato l’industria quando la Grande Crisi l’ha travolto attraverso l’Iri, pensato al petrolio come risorsa strategica attraverso l’Eni. Si può avere una controprova storica del ruolo giocato dallo Stato considerando le perdite gravi subite dall’industria italiana in questi ultimi 25 anni di furore liberistico e di abbandono di una politica economica qualunque. E a imprenditori che hanno alle spalle una storia di cosi scarsa lungimiranza nell’intravedere i bisogni del sistema-Paese dovremmo affidare la gestione degli studi universitari?
Ricordo infine un aspetto poco noto dell’organizzazione degli studi italiani. E’ ancora lo Stato a sostenere - in forma indiretta - perfino alcuni dei più prestigiosi atenei privati, come la Bocconi e la Luiss. Qui, infatti, insegnano docenti il cui stipendio intero è pagato dalle Università pubbliche, mentre gli atenei privati pagano una modesta integrazione. Dunque è ancora lo Stato che - in questo liberismo maccheronico - finanzia la concorrenza. Credo che sia venuto il momento, nel nostro Paese, di rammentare con più coraggio quanta ideologica arroganza si manifesti, anche per ignoranza, nell’elogio della scuola e dell’Università privata.
Maestro unico e tagli alla scuola: ecco la riforma *
La riforma Gelmini approvata dal Senato ha introdotto una serie di novità, parte delle quali già operative essendo state inserite in un decreto legge: a partire dalle più pubblicizzate, il grembiulino obbligatorio alle elementari, la reintroduzione del voto in condotta e quella dei voti in decimi. Ma il decreto legge 137/2008 si accompagna alle misure previste nel dl 112, collegato alla Finanziaria, che prevede forti tagli agli organici e alla didattica che nel prossimo triennio puntano a far risparmiare alle casse dello stato 7,8 miliardi di euro: tra il 2009 e il 2012 verranno soppressi oltre 87 mila posti di docente praticamente in tutti gli ordini di scuole.
Nel prossimo anno la ’sforbiciata’ sarà più consistente (- 42mila posti), poi nel 2010 se ne elimineranno circa 25.500 e l’anno successivo poco meno di 20mila. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini e gli esponenti del governo hanno più volte precisato che non di licenziamenti si tratta, ma di una riorganizzazione che di fatto precluderà la possibilità della riconferma per migliaia di docenti con rapporto di lavoro precario. I tagli non risparmieranno nemmeno gli Ata vovero il personale non docente, il cui organico complessivo verrà abbattuto del 17 per cento: 44.500 tra direttori amministrativi (- 10mila), collaboratori scolastici (- 29mila), amministrativi e assistenti tecnici (- 4mila) tutti appartenenti al personale non docente. Prima dell’intervento del governo Berlusconi, i tagli previsti dal precedente governo assommavano a 20mila dipendenti. La scuola conta circa 1 milione e 100mila occupati, la riduzione complessiva quindi riguarda oltre il 10 per cento del personale del comparto istruzione.
L’obiettivo ultimo che si è posto il governo con il dl 112 è quello di avvicinare il rapporto alunni-docenti a quello della media Ue: attualmente in Italia è pari a 8,94, mentre con l’attuazione dei tagli nel 2012 verrebbe portato a 9,94. I calcoli fatti, tuttavia, si basano sul presupposto che il numero degli alunni resti invariato: se, invece, il numero aumenterà (confermando il trend degli ultimi anni) i tagli diminuiranno, al contrario se gli alunni dovessero diminuire il decremento di cattedre e posti potrebbe essere ancora più consistente.
Nel mese di ottobre il ministero ha anche presentato il piano programmatico del decreto: un piano che prevede, tra le altre cose, la riduzione dell’offerta formativa a 28-30 ore settimanali nei licei e a 32 negli istituti tecnici e professionali; ma anche la ridefinizione dei parametri per la formazione delle classi (dove in media verranno così collocati più alunni di ora). Nel progetto attuativo è inserito poi l’accorpamento delle classi di concorso di accesso all’insegnamento, in modo da poter utilizzare con più facilità i docenti in esubero spostandoli da una materia all’altra (comunque affini), e la soppressione o l’accorpamento degli istituti con meno di 50-100 alunni complessivi.
Nel dl 137, sono invece contenute principalmente disposizioni riguardanti lo svolgimento dell’attività didattica. Ad iniziare dalla riduzione a 24 ore del modello base d’insegnamento alla primaria: un ritorno al passato che permetterà l’attivazione del maestro unico e l’abbandono, dopo alcuni decenni di sperimentazione, del modulo basato su tre maestri per due classi. La soppressione di ’mezzo’ docente per classe permetterà così alle ex elementari di dare il proprio contributo ai tagli sottraendo a fine manovra, rispetto all’attuale organico, tra i 20 e i 30mila posti. Il governo ha sostenuto che con il suo sistema il tempo pieno verrà confermato e rafforzato: su richiesta delle famiglie, infatti, le scuole potranno predisporre classi a tempo prolungato (27-30 ore) o pieno (40 ore), ma i maestri disposti a svolgere ore in più dovranno essere retribuiti attraverso il cosiddetto fondo d’istituto scolastico.
Nella nuova legge ci sono altre novità: l’inserimento in graduatoria degli ultimi aspiranti docenti abilitati presso le scuole di perfezionamento, i cosiddetti corsisti Ssis ed un piano straordinario per accelerare gli investimenti nel campo dell’edilizia scolastica e della sicurezza. Il passaggio ai voti espressi in decimali nella secondaria di primo grado (la ’media inferiore’) e nella scuola primaria, dove però restano in vita anche i giudizi sintetici. Approvata anche, per «promuovere la conoscenza del pluralismo istituzionale definito dalla Carta Costituzionale», la nuova disciplina ’Cittadinanza e Costituzione’.
Confermata dal Senato la modifica al decreto introdotta in sede di approvazione alla Camera, secondo cui alle elementari la bocciatura degli alunni potrà essere decisa solo dopo l’espressione in tal senso di tutti i componenti del consiglio di classe; e comunque sempre laddove si stia trattando di casi eccezionali e adeguatamente motivati.
ORE ECCEDENTI MAESTRO UNICO - A partire dal prossimo anno scolastico, i docenti della scuola elementare impegnati oltre il proprio orario di servizio per assolvere alle esigenze di ’copertura’ del tempo pieno o comunque superiore alle 24 ore settimanali di base verranno retribuiti attraverso il fondo d’istituto integrato dai risparmi ricavati dall’applicazione della finanziaria approvata con la legge n. 133 del 6 agosto scorso.
In pratica le eventuali ore aggiuntive svolte dal ’maestro unico’ saranno, almeno per questa prima fase transitoria, retribuite con il fondo di istituto di ogni singola scuola che il Miur provvederà a finanziare anche in base alle specifiche necessità.
BOCCIARE ALLE ELEMENTARI SOLO IN CASI ECCEZIONALI - Dopo le polemiche sull’interpretazione dall’art.3 del decreto (`Sono ammessi alla classe successiva, ovvero all’esame di Stato a conclusione del ciclo, gli studenti che hanno ottenuto un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline), che avrebbe potuto essere interpretato come un’indicazione a bocciare gli alunni di elementari e medie manche con un solo cinque in pagella, arriva un emendamento (proposto da alcuni deputati della Lega tra cui Paola Goisis) che fa chiarezza: nella scuola primaria e nella secondaria di primo grado la bocciatura degli alunni dovrà non solo essere decisa all’unanimità dal consiglio di classe, ma anche essere collocata nei casi di eccezionalità e «comprovati da specifica motivazione».
La singola valutazione, relativa ad ogni materia o (come alle elementari) gruppo di materie, non sarà inoltre assegnata dal singolo docente, ma sempre e comunque «assunta a maggioranza dal consiglio di classe».
SPECIALIZZANDI SSIS IN GRADUATORIA COME GLI ALTRI - La battaglia degli specializzandi Ssis (che la scorsa settimana è culminata con una manifestazione davanti al Miur, con due mila partecipanti, organizzata dall’Anief) ha avuto un esito positivo: gli oltre 12mila studenti che stanno terminando il IX ciclo formativo presso le università verranno inseriti nelle graduatorie ad esaurimento non più in coda, come previsto dalla prima bozza, ma «nella posizione spettante in base ai punteggi attribuiti ai titoli posseduti».
Lo stesso trattamento, di equiparazione dei nuovi iscritti agli oltre 300mila precari già inserite nelle graduatorie, verrà concesso anche i docenti che stanno conseguendo l’abilitazione all’insegnamento di materie musicali. E per coloro che si stanno formando per diventare maestro di scuola d’infanzia e primaria: questi ultimi prima verranno inseriti «con riserva» e, una volta acquisito il titolo, collocati nelle graduatorie sempre sulla base del punteggio derivante dal voto finale del corso, dei titoli di studio e dall’eventuale servizio già svolto.
EDILIZIA SCOLASTICA - Al fine di porre rimedio alle emergenze strutturali in cui versano migliaia di scuole, si «un finanziamento di interventi per l’edilizia scolastica e la messa in sicurezza degli istituti scolastici ovvero di impianti e strutture sportive dei medesimi» attraverso la proroga fino al prossimo 30 novembre di risorse che, dopo «l’individuazione degli interventi», verranno stabilite dal ministro dell’Economia assieme a quello del Miur. Approvati anche specifici ’Provvedimenti per la sicurezza delle scuole’ finalizzati a snellire le procedure per l’utilizzo dei fondi disponibili, ma anche a rendere più stabili nel tempo i finanziamenti statali: al piano straordinario per l’edilizia scolastica previsto dalla legge finanziaria del 2003 è destinato annualmente un importo non inferiore al 5% delle risorse assegnate al programma delle infrastrutture strategiche, fino al completo esaurimento degli interventi previsti.
Gli interventi verranno attuati sulla base delle priorità definite da un «soggetto attuatore» che assicurerà la «messa in sicurezza di almeno cento edifici scolastici presenti sul territorio nazionale che presentano aspetti di particolare criticità sotto il profilo della sicurezza sismica».
STOP ALLE RIEDIZIONI DEI LIBRI - Le nuove edizioni dei libri di testo scolastici si adotteranno differentemente a seconda del ciclo di studi: alla primaria la cadenza di rinnovamento dei testi sarà quinquennale, come già previsto nella bozza iniziale del dl, mentre nella scuola secondaria di primo e secondo grado la cadenza diventa di sei anni. Permane la possibilità, per i docenti e le case editrici, di adottare nuove edizioni di testi qualora siano subentrate, anche prima dei termini stabiliti, «eventuali appendici di aggiornamento».
* l’Unità, Pubblicato il: 29.10.08, Modificato il: 29.10.08 alle ore 11.09
Disobbedire alla riforma, difendere il merito
di Nicola Zingaretti *
Quando ci si accinge a valutare una riforma del sistema educativo, la domanda fondamentale da porsi è una sola, semplicissima: renderà migliore le nostre scuole e le nostre università, le metterà nella condizione di essere più moderne, efficienti e competitive? Nel caso dei decreti presentati dal ministro Gelmini, la risposta mi sembra evidente: no. Questa non è una riforma, ma un drastico e indiscriminato taglio delle risorse. Per questo ci opponiamo.
Le diatriba salottiera sul voto in condotta e l’operazione amarcord che accompagna due decisioni di diversa gravità come la reintroduzione del grembiulino e del maestro unico non sono che tentativi di sviare l’attenzione dal nodo vero della questione. In una riforma c’è sempre un’idea di futuro. Giusta o sbagliata che sia. Ma in questi provvedimenti non c’è nulla di simile. Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Quello che mi preoccupa è l’effetto devastante di queste scelte sul nostro Paese che, secondo tutte le statistiche, è già uno dei più ingiusti e socialmente immobili d’Europa. Un Paese in affanno. E il taglio delle risorse all’università, alla ricerca, non potrà che aggravare questa situazione, perché inceppa il motore del futuro.
L’incantesimo è finito. Quest’estate, osservando un panorama desolato di sfiducia e rassegnazione, parlavamo della desertificazione dell’opinione pubblica. Ma ora che l’inadeguatezza di questo governo appare in tutta la sua evidenza, ora che dal piano del metodo, ostentazione di decisionismo fine a sé stesso, si passa al piano delle cose, entrando nel merito dei provvedimenti adottati nella calura di luglio, la percezione cambia. I cittadini di questo Paese sono svegli, vigili e, diciamolo pure, migliori del loro governo. Capaci di osservare, valutare e criticare liberamente.
La reazione a questa falsa riforma è davanti ai nostri occhi: un movimento fortemente innovativo. Vedo, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, l’ulteriore crescita di una forte consapevolezza degli insegnanti, degli studenti, dei genitori, dei ricercatori e dei docenti che unisce scuole elementari, licei e università: un movimento di opposizione capace di presentare in forma inedita una forte domanda di cambiamento. Molto più di una semplice difesa della scuola e dell’università pubbliche. Un grande movimento per il futuro, che chiede opportunità per competere e un paese più giusto. Perché nella richiesta di un sistema educativo che funziona c’è la richiesta di rimettere in moto una società delle opportunità.
Si parla tanto di meritocrazia. Spesso in maniera strumentale. Nei grandi paesi anglosassoni e del nord Europa, la meritocrazia è una grande forza positiva, fondata su due pilastri, che assumono in quelle culture una connotazione spiccatamente etica. Il primo è la responsabilità individuale. Sarai premiato per gli sforzi che farai. E sai, al contempo, che se ti impegni ci sarà una società pronta a premiarti per quello che vali, che non ti vedrai passare avanti qualcun altro che vale meno di te. Secondo, ancor più decisivo: le pari opportunità. Perché per consentire a ciascuno di impegnarsi ed esprimere il proprio talento, la gara deve essere equa. Bisogna che a ciascuno siano date le stesse condizioni di partenza, e dunque chi parte, per nascita o per censo, in una posizione svantaggiata deve essere sostenuto e messo alla pari degli altri. Regole semplici, ma di straordinaria importanza, che trovano il loro fulcro e motore nella qualità di un forte sistema educativo. La meritocrazia è l’esatto contrario del mito del self made man, degli abili escamotage e del fatti furbo. È nell’educazione, infatti, che si formano le basi e si consolidano i saperi che permetteranno poi di emergere come dirigenti, manager, ricercatori. Non nell’arte di arrangiarsi. Il taglio delle risorse riduce e compromette questo spazio. Ecco perché dico: il movimento della scuola è anche un grande movimento di massa per la meritocrazia. Il primo in Italia. E di conseguenza questo è il più grande movimento positivo contro il berlusconismo che si sia mai sviluppato nel nostro Paese.
Noi siamo e saremo al fianco degli studenti, dei genitori, degli insegnanti, dei ricercatori che chiedono una scuola e un’università migliori. Come Presidente di una Provincia, so che l’esito di questa manovra ci tocca in prima persona. Il governo, in base a un’idea sbagliata di federalismo, impone agli enti locali la realizzazione concreta dei tagli. L’articolo 3 del decreto 154, sul dimensionamento delle scuole, con una formulazione intimidatoria «diffida le regioni e gli enti locali inadempienti ad adottare, entro quindici giorni, tutti gli atti amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi di ridimensionamento della rete scolastica». Pena il commissariamento e la gestione dei tagli da parte del governo.
E l’autonomia delle Regioni e degli enti locali che fine fa? Di fatto, come ha sottolineato un ordine del giorno approvato lo scorso 13 ottobre dall’Unione delle Province Italiane, viene annullata. È questo il federalismo previsto dal titolo V della Costituzione? In un certo senso, possiamo dire che disobbedire alla riforma è l’unica possibilità che abbiamo per rivendicare i nostri diritti. E per questo, di fronte all’arroganza del governo, noi, in base ad un’idea corretta di federalismo, non opereremo nessun taglio sul nostro territorio, invitando tutti gli enti locali a fare lo stesso. Lo diremo con chiarezza alla prossima conferenza unificata. Il governo si assuma le sue responsabilità. Una risposta forte, unitaria, può cambiare le cose.
* l’Unità, Pubblicato il: 31.10.08, Modificato il: 31.10.08 alle ore 4.31