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PER CATANIA, PER LA SICILIA, PER L’ITALIA. Che la danza anti-mafia diventi di tutti i siciliani e di tutti gli italiani. Una riflessione-sollecitazione di Giuseppe Savagnone - a cura di Federico La Sala

martedì 9 settembre 2008.
 

[...] Siamo lieti che questi giovani abbiano fatto quello che potevano per dire ’no’ alla prevaricazione quotidiana che soffoca la loro terra. E ci è sembrato bello che a esprimere questa protesta non siano stati discorsi, ma una danza.

È il modo migliore per opporre alla pesantezza del clima di degrado imposto dalla mafia la leggerezza della speranza in un mondo nuovo che sta nascendo. Ma questa leggerezza, ben lungi dall’evocare superficialità, implica, come quella di ogni danza, un lungo esercizio e una faticosa disciplina. Solo con lo spirito di sacrificio e di impegno sarà possibile sconfiggere le derive dell’indifferenza e della corruzione. Perciò questa danza deve continuare e diventare quella di tutto il popolo siciliano. Forse allora i ragazzi del Sud non saranno più costretti, come oggi, a fare la scelta dolorosa di emigrare [...]


LA VICENDA DI CATANIA: GUARDIAMO IL POSITIVO

Quella danza anti-mafia diventi di tutti i siciliani

di GIUSEPPE SAVAGNONE (Avvenire, 09.09.2008)

Per uno strano gioco di luci, a essere evidenziata da molti mass media non è stata tanto la buona notizia della manifestazione in cui circa duemila allievi delle scuole di ballo, a Catania, hanno danzato per contestare Cosa Nostra, quanto l’altra, inquietante, del centinaio che all’ultimo momento si è ritirato per le pressioni dei genitori.

Un esempio fra i tanti della tendenza a sottolineare il negativo, che solitamente colpisce di più il grande pubblico. In questo caso, però, la versione dei fatti non rende giustizia alla vera novità: dopo Palermo, dove i ragazzi di ’ Addiopizzo’ hanno ormai da anni avviato un importante sforzo di reazione alla mafia, anche a Catania si registrano segni di risveglio del mondo giovanile.

Segni che aprono il cuore alla speranza, perché il futuro della Sicilia dipende in primo luogo da questi ragazzi. Sarebbe ottimismo retorico ignorare i problemi di fondo che pesano sull’Isola, e in modo particolare proprio sulle nuove generazioni: la disoccupazione, in primo luogo, che ha determinato, in modo sempre più massiccio negli ultimi anni, una ’ fuga dei cervelli’ verso le regioni del Nord o, addirittura, all’estero. Sono sempre più numerosi i laureati siciliani costretti a emigrare alla ricerca di un lavoro. Ma anche gli studenti più qualificati e promettenti, ormai, dopo le scuole secondarie o, al massimo, dopo la laurea triennale, spesso lasciano la Sicilia, vanificando in un colpo solo l’investimento fatto per formarli e la possibilità di vederli protagonisti della rinascita economica e civile del territorio. Molti dei ragazzi e delle ragazze che hanno danzato a Catania non resteranno nella loro città ancora a lungo. Sia pure con rimpianto, saranno costretti - come tanti loro coetanei di Palermo, di Messina, di Siracusa - a cercare lontano gli spazi che a casa loro mancano.

Eppure, noi possiamo sperare, grazie anche al loro crescente impegno sociale e civile, che prima o poi le cose cambieranno. Quello del Sud non è un destino ineluttabile, ma un percorso storico che gli uomini, con le loro scelte, possono modificare. Su questa linea abbiamo già i promettenti sintomi di riscossa da parte del mondo imprenditoriale, col codice etico di Confindustria. La società civile si sta muovendo, e la danza dei ragazzi di Catania si pone su questa linea positiva.

Cento, però, non sono andati, dirà qualcuno. Sì, cento, su duemila, non hanno partecipato. Ma il miracolo è che non sia accaduto il contrario, come forse sarebbe stato in un passato non troppo remoto. Non è poi così strano che vi siano ancora adulti - perché di loro si tratta, in questo caso - che hanno paura.

Ma, senza minimamente voler sottovalutare la gravità di questo atteggiamento, ci sembra che sarebbe più serio insistere, se mai, su altre responsabilità, ben più rilevanti per il destino della Sicilia, che riguardano la classe dirigente. Sono attesi alla prova gli amministratori cui, ancora pochi giorni fa, il presidente di Confindustria chiedeva più coraggio nella lotta contro le infiltrazioni mafiose. Siamo lieti che questi giovani abbiano fatto quello che potevano per dire ’no’ alla prevaricazione quotidiana che soffoca la loro terra. E ci è sembrato bello che a esprimere questa protesta non siano stati discorsi, ma una danza.

È stato il modo migliore per opporre alla pesantezza del clima di degrado imposto dalla mafia la leggerezza della speranza in un mondo nuovo che sta nascendo. Ma questa leggerezza, ben lungi dall’evocare superficialità, implica, come quella di ogni danza, un lungo esercizio e una faticosa disciplina. Solo con lo spirito di sacrificio e di impegno sarà possibile sconfiggere le derive dell’indifferenza e della corruzione. Perciò questa danza deve continuare e diventare quella di tutto il popolo siciliano. Forse allora i ragazzi del Sud non saranno più costretti, come oggi, a fare la scelta dolorosa di emigrare.


Sul tema, nel sito, si cfr.:

LA LINGUA D’AMORE DEI NOSTRI PADRI E DELLE NOSTRE MADRI COSTITUENTI E LA COSTITUZIONE.

L’"URLO" DI DON PEPPINO DIANA. «La camorra ha assassinato il nostro paese, noi lo si deve far risorgere, bisogna risalire sui tetti e riannunciare la "Parola di Vita"».


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