Cinema e "Arche-e/o-Logia"!!! "La X è il punto dove scavare" (Indiana Jones e l’ultima crociaya))

INDIANA JONES, 4. Steven Spielberg alla regia, Harrison Ford con cappello e frusta, George Lucas al pensatoio (Indy è creatura più sua che di Steve) hanno dato il meglio di sé, e il loro «meglio» è roba buona. Note di commento (una di Alberto Crespi e una di Fulvia Caprara) - a cura di Federico La Sala

Tra un’esplosione e un inseguimento, l’archeologo più spericolato della storia del cinema si ritrova, nell’ultimo capitolo della saga, presentato in anteprima mondiale al Festival, felicemente accasato.
domenica 19 maggio 2019.
 

Spielberg, Lucas e Ford: attenti a quei tre

di Alberto Crespi *

Non c’era mai successo: la musica del film anticipata dal pubblico. Ieri alle 13, sala Lumière del Palais, gremita: si spengono le luci, tacciono le voci - per qualche secondo, poi, visto che il film ancora non parte, si levano alte a canticchiare il tema di Indiana Jones. Almeno 50-60 persone - ma nel silenzio, al buio, fanno folla - intonano il famoso «pàppa-pàppa, pàppa-pà!»: se ci fosse John Williams, che quel tema l’ha scritto, si commuoverebbe. Poi parte il film: e diciamolo subito a beneficio dei fans, il film c’è. Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, capitolo 4 della saga dell’archeologo più rompicollo del pianeta, funziona alla grande soprattutto nella prima parte.

Steven Spielberg alla regia, Harrison Ford con cappello e frusta, George Lucas al pensatoio (Indy è creatura più sua che di Steve) hanno dato il meglio di sé, e il loro «meglio» è roba buona. I titoli di testa vedono una colonna di automezzi militari attraversare il deserto del Nevada mentre esplode in colonna sonora Hound Dog, un classico di Elvis: siamo nel ’57, sullo schermo sono trascorsi gli stessi anni (una ventina) che separano il film dall’Ultima crociata, il capitolo 3 con Sean Connery (che comparirà solo in foto). Impazza la guerra fredda e i sovietici cattivi, comandati da una gelida Cate Blanchett che parla russo come Putin, vogliono impadronirsi di un segreto in possesso degli americani, un teschio di cristallo proveniente dal mitico Eldorado degli Incas.

La trama è quello che è, ci sentiremmo scemi a raccontarvela nel dettaglio. Contano altre cose. Ad esempio, i comprimari: se la cattiva Cate Blanchett vale il prezzo del biglietto, è simpatico il giovanotto - Shia Labeouf - che si affianca all’archeologo e lo trascina nella nuova avventura, ed è delizioso l’incontro fra Indy e la sua ex Marion, interpretata come nel secolo scorso da Karen Allen. Lì, per qualche minuto, Spielberg si diverte a fare la commedia sofisticata, mentre nella sequenza iniziale sfodera un pezzo di bravura straordinario: fuggito dai sovietici, Indy si ritrova in una cittadina ricostruita nel deserto e popolata solo da manichini, un set di prova per verificare gli effetti di un’esplosione nucleare. È uno dei momenti in cui Indiana Jones 4 ricostruisce (bene, anche se giocosamente) l’atmosfera della guerra fredda.

Un altro, che strapperà l’applauso agli spettatori repubblicani, è quando la bella sovietica chiede a Jones quali siano le sue ultime parole prima di morire: la risposta è il famoso slogan «I like Ike», amo Eisenhower. Non crediate però che Spielberg e Lucas facciano propaganda: più tardi danno un colpo anche alla botte attribuendo al preside del college (Jim Broadbent) un lamento sui maccartisti «che vedono comunisti anche nel caffè e latte».

Usciti dal cinema, ci diamo a una sana sessione di sumo per entrare in conferenza stampa: la ressa è tale che anche il vero Indy avrebbe problemi. Spielberg e Lucas si presentano vestiti da americani in vacanza (Steve con il berretto da baseball e un pullover color vinaccia senza maniche, George con una camicia a quadri da boscaiolo grunge: terribili), Cate Blanchett è elegantissima in nero e viola. Tocca a lei la battuta più bella: «Chiedo perdono al popolo russo per il mio accento (non è vero, sei bravissima! Ndr). Ho cercato in tutti i modi (quali? Ndr) di convincere Steve a farmi interpretare Indiana Jones, ma considero il ruolo di cattiva un buon premio di consolazione».

Spielberg canta le lodi di Ford («È un lavoratore accanito»), Ford ricambia («È lui, il lavoratore più accanito di tutto lo show-business dopo la morte di James Brown») e anticipa le critiche negative: «Capita che i film popolari vengano disprezzati, e sono pronto alle frustate, ma io sono al servizio di chi paga il biglietto. Questo film è per tutti coloro che lo vedranno al buio, in un cinema, accanto a tanta gente sconosciuta». Spielberg conclude con un incitamento ai giovani: «Oggi è molto più facile che ai miei tempi.

Noi dovevamo produrci da soli un esordio in super8, poi passare al 16 millimetri e sperare che qualcuno ci notasse per poi girare un film vero in 35... oggi chiunque può girare un video con attrezzature economiche e sofisticate, e metterlo su YouTube: e sappiate, ragazzi, che io e i miei colleghi guardiamo di continuo YouTube, e se c’è qualcosa di bello, ce ne accorgiamo». Verrà da lì, il prossimo Spielberg?

* l’Unità, Pubblicato il: 19.05.08, Modificato il: 19.05.08 alle ore 12.43


QUARTO CAPITOLO DELLA SAGA

Indiana Jones trova moglie (e si scopre papà)

Per Harrison Ford tornare sul set è stato un gran divertimento.

Spielberg: «Basta videogame, ho girato al vecchio modo»

DALL’INVIATA A CANNES FULVIA CAPRARA *

Un vecchio amore che torna alla ribalta, la sorpresa di un figlio sconosciuto, il matrimonio con tanto di bacio e fiori d’arancio. Le avventure di Indiana Jones si tingono di rosa. Tra un’esplosione e un inseguimento, l’archeologo più spericolato della storia del cinema si ritrova, nell’ultimo capitolo della saga, presentato in anteprima mondiale al Festival, felicemente accasato.

Una novità tenuta fino a ieri segretissima, esattamente come la trama del film ambientato nel 1957, in piena Guerra Fredda, e incentrato sulla ricerca di un misterioso Teschio di cristallo, proveniente da un tempio Maya e dotato di malefici poteri.

Nella scena che apre il film c’è una marmotta che sbuca da un mucchietto di terra, in una zona desertica nel Sud-est degli Stati Uniti, si guarda intorno e poi si nasconde di nuovo, spaventata da due macchine in corsa. Nell’ultima sequenza Indiana Jones, al braccio di Marion Ravenwood (Karen Allen), appena diventata sua consorte, lascia la chiesa alla fine della cerimonia calcandosi in testa il leggendario cappello marrone. È ancora tempo di avventure, anche se adesso c’è un figlio (Shia LaBoeuf), che scalpita per prendere il suo posto.

In mezzo scorrono due ore di peripezie spettacolari, costruite con un gusto un po’ retrò, senza l’aria da videogioco che ormai contraddistingue le pellicole d’azione: «Volevo - spiega Steven Spielberg - che la gente avesse la possibilità di capire che cosa succede. In molti film di oggi il montaggio è talmente serrato che questo non è possibile. Mi è piaciuto tornare un po’ indietro, al vecchio modo di girare».

Stavolta Indiana deve vedersela nientedimeno che con lo spettro della bomba atomica, la paura incombente degli Anni Cinquanta, i suoi nemici sono russi guidati da un capo temibile come Cate Blanchett (Irina Spalko), quasi irriconoscibile sotto il caschetto nero con frangetta e dentro la divisa militare grigio ferro.

La battaglia inizia dopo che il protagonista è stato appena licenziato dai vertici del Marshall College: le sue ultime vicende hanno fatto troppo rumore e il professore è stato invitato ad andarsene. Sulla sua strada incontra Mutt, motociclista giovane e spericolato, con un ciuffo alla Elvis Presley e un piglio da ribelle alla Marlon Brando. In tasca porta sempre un pettine con cui sistema i capelli nei momenti più impensati, anche quando è in pericolo di vita. Solo più tardi, nel momento in cui entra in scena Marion, fiamma di Indy nel primo episodio della serie, l’archeologo e il ragazzo sapranno di essere padre e figlio.

La ricerca del teschio e i tentativi di strapparlo alla perfida Spalko si svolgono tra il deserto e la giungla. Indy se la vede brutta soprattutto in uno stagno, insieme alla futura compagna, nella sequenza che lo vede impantanato nelle sabbie mobili. A salvare la coppia ci pensa LaBeouf ma, mentre lei si aggrappa a un lungo ramo, a lui tocca afferrare un serpente. Tutti insieme corrono verso il gran finale, nel tempio Maya dove il Teschio di cristallo ritrova lo scheletro di cui è parte.

C’è un po’ di Arca perduta e anche un po’ di E.T., mentre sullo sfondo si disegna la nuvola nera della bomba: «Sono passati vent’anni dall’ultima avventura - dice Spielberg -, siamo in piena era atomica, volevamo dare l’idea della più importante paura di quegli anni». Tornare sul set, nei panni di un Indiana Jones che non nasconde i suoi anni, è stato per Harrison Ford un gran divertimento: «Ho ritrovato un regista splendido come e più di vent’anni fa. Recitare con lui è un’esperienza pazzesca, è un gran lavoratore, forse il più grande che conosco. Tutto il film vuol essere una celebrazione del cinema, un modo per dare al pubblico l’occasione di condividere emozioni e gioia»

* La Stampa, 19/5/2008


Sul tema, nel sito, si cfr.:

Sandokan è vivo, Arsène Lupin è vivo, Indiana Jones anche. In arrivo il quarto film, "Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo".

ARCHEOLOGIA EVANGELICA. ALLA RICERCA DELL’ARCA DI NOE’, DELL’ARCA DELL’ALLEANZA DI MOSE’, DEL PRESEPE DI FRANCESCO D’ASSISI ...

FLS


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