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Elettrodinamismi dell’etere - di Domenico Barberio

venerdì 8 febbraio 2008.
 

Durante una puntata della trasmissione radiofonica “Viva Radiodue” condotta da Fiorello, e un certo Baldini, il detto Fiorello, rispondendo ad un’osservazione fatta da un suo ospite che citava uno dei film apparsi all’ultima Mostra del cinema di Venezia, così si esprimeva ”eh!sì!, vediamo poi chi ci va al cinema a vederselo l’ultimo film del Festival di Venezia”.

Il tono utilizzato del detto Fiorello era tra l’ironico, il malizioso, lo stizzito. Il modo in cui ha pronunciato quel “eh, si...”, era molto chiaro, l’espressione verbale che ha racchiuso quel “eh, si” era inequivocabile. Mi si dirà: ci frega assai della frase di Fiorello, in quella puntata e a proposito del Festival di Venezia. Ci frega ancor di meno uno che fa addirittura l’esegesi del pensiero di Fiorello, che analizza la maniera in cui dice a parole quello che pensa. O, forse, si tratta di difendere il Festival del Cinema di Venezia? No, per niente. Allora il punto qual’è? Perché questo, penserà giustamente chi sta leggendo, la sta menando tanto lunga co stò Fiorello, co stà Venezia.

Il punto per chiarire è questo: dietro quel “eh, si” di Fiorello, dietro quel suo modo insolente di sbeffeggiare chi vuol andare, magari, a vedere uno dei tanti film usciti a Venezia, ci sta tutta la pochezza, tutto il qualunquismo, tutta la mediocrità della televisione italiana, della finta cultura che va a spararsi la posa in tv o alla radio magari da Fiorello. Si nasconde l’incapacità di presentare qualcosa di nuovo, vivo, vero da parte di quella nuova leva di comici(con il detto Fiorello vero punto di riferimento) che ruota tutt’attorno all’immancabile televisione. Le varie trasmissioni sparse nei vari palinsesti della piatta tv italiana, quelle trasmissioni dal sapor giovanile, che “vederle dai è tanto figo” e poi “dai, cazzo, sò pure di sinistra”, quelle tipo Zelig insomma che nel campo primeggia senza rivali, altro non fanno che presentare comici affogati ormai nei ripetitivi cliché delle loro battute, incastrati nelle maglie troppo strette di personaggi che non li abbandoneranno mai. Il detto Fiorello va poi oltre, Fiorello è il comico ma è anche altro. È quello simpatico e presentabile, piace ai giovani ma piace anche alle famiglie. È quello giusto, fa ascolti sempre, sa unire la battuta alla canzone, mette tutti d’accordo, vero eroe nazionalpopolare. Insomma va bene appunto per la televisione appunto perché non dice niente di necessario, urgente. Il non dire niente è la sostanza di fondo che sta dietro ai fiumi di parole, risate e applausi che riempiono la televisione, nonostante alcuni critici arranchino a dimostrare che non bisogna esagerare e che esiste pure la televisione di qualità. Grasso, dal Corriere della Sera, ad esempio ci ricorda il linguaggio innovativo, ripreso ormai anche dal cinema, creato dalle varie serie televisive prodotte da alcuni grandi canali americani; Angelo Guglielmi addirittura tempo addietro aveva organizzato a Bologna, dove ricopre la carica di assessore alla cultura, un convengo per riflettere sulla televisione, le sue innovazioni, le sue virtù mentre in un’altra circostanza aveva detto che “Zelig è una trasmissione intelligente”. Giusto per semplificare: le eccezioni sono eccezioni, esistono, ma non fanno altro che confermare la regola, e la regola è piuttosto semplice e Goffredo Fofi l’enuncia così: ”La televisione è ormai il cesso, la fogna degli italiani”.

Domenico Barberio


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