Gloria in excelsis deo. Trasferiscono Bregantini. De Magistris è con un piede fuori. Nonostante l’àncora popolare a Catanzaro e le sirene d’un popolo.
Con Saverio Alessio ho scritto, in "La società sparente", che "la Calabria è spettacolo a orario continuato". Ed è vero.
"C’è una scuola grande come il mondo - secondo Gianni Rodari -, e non si infinisce mai di imparare".
Probabilmente, nella regione degli utopisti Gioacchino da Fiore e Campanella, oggi è accademia della morte. Dove si produce abbandono, emarginazione e vuoto, prima di premere il grilletto o azionare il detonatore.
C’è una pre-uccisione che realizza sconforto e abbattimento. Quindi, segue la tragedia, la strage. Come nelle cure combinate di monoclonali e chemioterapia.
Tutto è scientifico, a livello istituzionale. Quasi fossimo rincoglioniti. Come se la Calabria buona delle piazze, anche virtuali, stracolme di rabbia e speranza, non avesse strumenti di interpretazione.
Che uno sia buono o cattivo, poco importa. Nel primo caso, va levato di mezzo con una promozione, revoca o avocazione. Nel secondo, si sottrae al controllo della società civile spedendolo ai piani di sopra. Per illusione di pulizia.
Gli ordini partono da Roma. Dai palazzi del potere: temporale e spirituale. Nella patria dell’alt alla vita e ai diritti, i due poteri s’incontrano e incrociano. Perpetuazione. Chi se ne frega dell’esempio di Welby o Coscioni.
Rutelli, democratico e supino a Ruini, invita a non votare sulla fecondazione assistita.
E così via: dalle coppie di fatto alle questioni genetiche, alla dignità della persona, dell’essere umano: tutto ritardato, impantanato, oblio.
In nome di quale dio?
Come il livello centrale incontri il regionale è presto intuibile: la Calabria è terra d’affare.
Ora di Bregantini hanno avocato le anime, revocandogli la mitra a Locri. Verrà un nuovo pastore e il mitra della santissima canterà il suo Gloria in excelsis.
Documento
Messaggio alla chiesa di Locri-Gerace
In occasione della nomina ad arcivescovo metropolita di Campobasso-Bojano
di p. Giancarlo Maria Bregantini c.s.s.
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Riportiamo questo testo di p. Giancarlo Maria Bregantini c.s.s., oramai ex vescovo di Locri, per dare, come nostro costume, tutte le voci su una vicenda, quella del trasferimento di mons. Bregantini a Campobasso, su cui si è sviluppata un’accesa discussione. Mettiamo questo documento insieme agli altri che riguardano la stessa questione, nella sezione del nostro sito che abbiamo intitolato "oservatorio sulla criminalità" e questo perchè per noi il trasferimento di mons. Bregantini è fortemente legato con tale problematica, non fosse altro che pe il ruolo che lui ha svolto in quel di Locri contro la ndrangheta. Ci permettiamo di disentire da lui su un punto fondamentale, quello della ubbiendienza che, per noi, non è più una virtù per lo meno dai tempi di Don Milani.
Giovanni Sarubbi *
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Vescovo
CATTEDRALE LOCRI, 8 NOVEMBRE 2007
MESSAGGIO ALLA CHIESA DI LOCRI-GERACE
IN OCCASIONE DELLA NOMINA
AD ARCIVESCOVO METROPOLITA
DI CAMPOBASSO-BOJANO
1. Carissimi fratelli e sorelle,
carissimo Mons. Vincenzo Nadile, mio fedelissimo Vicario generale;
carissimi Presbiteri, Religiosi e Diaconi, con i dolcissimi seminaristi, gioia e corona del mio episcopato; carissime e affettuose consacrate che siete il profumo di Cristo nei tanti paesi della Locride, con tutti i giovani, il coraggio e la speranza di questa terra. ♦ Rivolgo un doveroso ossequio a tutte le autorità presenti, di ogni ordine e grado, con un particolare saluto ai sindaci, grato della vostra partecipazione.
A tutti voi, carissimi, la luce del Signore Gesù, il Risorto, il Vivente vi doni quella pace che sempre è concessa a chi obbedisce e compie, pur tra tante lacrime, il Suo divino volere, nel quale risiede la vera gioia. “Chi semina nella lacrime, raccoglie nella gioia” (Salmo 126, 5), dice quel salmo da me pregato tante volte con voi, in giorni di dolore cocente.
2. Conoscete la ragione di questo ritrovarci qui, di questo sofferto ma fiducioso momento, che diviene motivo di forte preghiera a Dio e alla Vergine Maria Immacolata, fedele Patrona di questa amata terra della Locride.
Per un disegno misterioso del Signore, il Santo Padre Benedetto XVI, mi ha chiamato a reggere la cattedra arcivescovile metropolitana di Campobasso-Boiano, nel Molise. “Al Papa non si può dire di no!”, mi diceva chiaramente mons. Mariano Magrassi, di venerata memoria, quando nella sua veste di Arcivescovo di Bari, mi ha esortato, nel gennaio 1994, a venire presso di voi, quaggiù nella Locri-de, come vostro Pastore.
E voi mi avete accolto con tenerezza infinita, come un figlio di questa sofferta ma dignitosa terra di Calabria ed insieme come padre di consolazione nel vostro cammino. Insieme siamo cresciuti, guidati sempre dalla mano provvidenziale di Dio Amore.
Insieme abbiamo patito, sperato e gioito dei piccoli e tenaci semi di speranza, piantati con fiducia lungo i sentieri sassosi e a tratti insanguinati di questa terra, fatta ora giardino, che io ho amato, ed amo come mia sposa, nel nome di Gesù, vero sposo della Sua Chiesa. Proprio per questo intensissimo amore reciprocamente dato, è ora doloroso e piangente questo mio saluto di congedo.
3. Da quando infatti, giovedì 18/10/07 il Nunzio Apostolico, mons. Giuseppe Bertello mi ha invitato a Roma e mi ha comunicato il pressante invito del Papa ad assumere questo nuovo servizio nella Chiesa di Campobasso, non ho smesso di sentirmi come Gesù nell’orto del Getsemani, nel ripetere:
“Passi da me questo calice, o Padre, tuttavia sia fatta la Tua volontà non la mia” (Mt 26, 39).
Ho sentito vicina Maria, serva del Signore, nel suo si all’Angelo Gabriele: “si faccia di me, secondo la Tua Parola” (Lc 1, 38) come ripetiamo ogni giorno, nel dolce canto dell’Angelus, poco fa ripetuto con fede.
Ho tanto guardato a san Giuseppe, nella piccola icona che conservo sull’altare in Episcopio, ripreso mentre l’angelo lo rassicurava: “non temere Giusepppe di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei è opera dello Spirito Santo” (Mt 1,20).
Gesù, Maria e Giuseppe. In loro compagnia ho vegliato e pianto in questa settimana; e con la forza della fede, sostenuto dalla preghiera e della loro intercessione, ho rinnovato con cuore libero la mia obbedienza a Dio.
4. Mi chiederete certamente com’è nata questa nomina. Per quanto mi è dato capire le cose sono andate così: nel mese di Luglio di quest’anno, dal 9 al 13, ho accolto l’invito dell’Arcivescovo di Campobasso, mons. Armando Dini, di predicare un corso di esercizi spirituali al clero di quella diocesi e delle diocesi vicine. Pochi giorni dopo, lo stesso Arcivescovo Dini presenta al Papa le sue dimissioni, in quanto raggiunti i 75 anni di età. Nella successiva richiesta di informazioni, come presumo, alla Nunziatur
La lupara e l’aspersorio: il caso Bregantini
di Critica liberale
Riceviamo e pubblichiamo *
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Linee di Orientamento della Fondazione Critica liberale (2007-11-10/N.8)
In un paese laico, o almeno normale, le nomine ecclesiastiche dovrebbero essere affare esclusivo delle chiese e dei loro membri. Dato che in Italia quasi tutta la classe politica ha elevato la Chiesa cattolica a maestra di vita, di morale e di etica pubblica, e dato che quella Chiesa pretende di fare ogni giorno la morale alla politica e ai privati cittadini anche non cattolici, è giusto che i suoi comportamenti etici e politici siano oggetto di pubblico dibattito.
La rimozione del vescovo di Locri è un messaggio politico devastante da parte del Vaticano. Il servilismo della politica e dei media era riuscito in pochi anni, grazie all’impegno di alcuni vescovi e sacerdoti cattolici, da Pappalardo a Bregantini, a far dimenticare decenni e decenni di pesantissime compromissioni e di intrecci con la mafia di esponenti della gerarchia ecclesiastica, a cominciare dai predecessori di Pappalardo sulla cattedra arcivescovile di Palermo. La rimozione da Locri di quello che era diventato un simbolo della lotta alla criminalità mafiosa calabrese costituisce ora, per il chiarissimo messaggio che esprime, un ritorno alle origini nel rapporto omertoso fra gerarchie cattoliche e criminalità mafiosa.
Il momento scelto in Calabria è il più significativo: quando il potere mostra di voler liquidare i magistrati che indagano sull’intreccio tra malaffare e politica, e rimuove i carabinieri che indagano, il potere ecclesiastico si affianca in questa indecente operazione. Il messaggio rivolto dal Vaticano ai fedeli cattolici è chiarissimo: meglio stare con i mafiosi e con la loro visione tradizionalistica della società e del potere che con la modernità europea. Il richiamo all’ordine e all’obbedienza politica, perfino tattica, nel referendum sulla inseminazione assistita, si estende e completa ora nel richiamo all’ordine contro il coinvolgimento dei cattolici nella lotta alla mafia assieme alla parte moderna, laica e secolarizzata della politica.
La Chiesa cattolica fa la sua scelta precisa: in Calabria sta con Mastella e non con De Magistris, sta con chi ritiene normale convivere con le mafie e non con i giovani di "Ammazzateci tutti". Rinuncia a nascondersi sotto la consueta ipocrisia buonista e getta la maschera. Mostrando un volto ripugnante.
Ernesto Rossi, di cui si è celebrato nei giorni scorsi il cinquantesimo anniversario della morte, descrisse, nel volume "Il manganello e l’aspersorio" i rapporti fra Chiesa cattolica e fascismo. Un suo volume sulla politica odierna della Chiesa romana lo intitolerebbe probabilmente "La lupara e l’aspersorio".
Critica liberale
* Il dialogo, Venerdì, 09 novembre 2007