Lettere

Attilio Doni, allievo dell’eretico universale Renato Pierri, teologo vicino ad Hans Küng, ci parla di morte per amore

sabato 1 settembre 2007.
 

L’Unità, 6 agosto 2007

Quale morte è «buona» e quale «cattiva»?

Gentile direttore,

il teologo Luigi Lorenzetti, su Famiglia Cristiana n. 31 del 5 agosto, scrive: "E’ assurdo cercare la soluzione ai problemi della vita con il dare e procurare la morte". L’affermazione così formulata sembra giusta e sensata. Se però, riferendoci a particolari gravi casi, che dovrebbero essere contemplati da una seria legge sull’eutanasia, la modifichiamo così: "E’ assurdo cercare la soluzione ai problemi dei malati terminali in preda a dolori insopportabili, ai quali la vita già è stata negata, aiutandoli a morire in tempi più brevi", vediamo che l’affermazione non è più tanto giusta e sensata come sembrava. Secondo il teologo poi bisogna sia "vincente la persuasione che la morte buona è solo quella che arriva quando è venuta la sua ora, senza arbitrariamente anticiparla e nemmeno ostinatamente posteciparla". L’aggettivo possessivo è riferito a morte; la morte ha una sua ora; se la spostiamo (l’ora), la morte da buona, diventa cattiva. Nasce un bambino prematuro con gravi malformazioni. Sofisticate tecniche mediche riusciranno a farlo sopravvivere (soffrendo) tre settimane. Senza cure particolari, sopravviverà (soffrendo) qualche giorno. Con una dose letale di antidorifico, morirà subito senza soffrire. Quale morte è "buona", e quale cattiva? E poiché fino a non molto tempo fa la maggior parte dei neonati prematuri, anche senza malattie, moriva, la morte regola il suo orologio secondo i tempi e i luoghi?

Attilio Doni


Rispondere all'articolo

Forum