[...] Non vogliamo accomiatarci senza produrre delle proposte positive:
a - un telefono verde in ogni diocesi riservato alle vittime dei preti. Ma, chiaro, sia gestito dai laici, perché i bimbi, ormai, hanno paura delle vesti nere.
b - i delitti di pedofilia non siano soggetti a prescrizione
c - siano riconsegnati alla giustizia i preti pedofili fuggitivi dai loro paesi
d - si chiudano tutti i seminari e i preti siano solo uomini maturi, educati dalla comunità, scelti dalla gente, come si faceva all’inizio
e - siano rivedute e corrette le norme canoniche con la consulenza delle vittime
f - i preti pedofili siano affidati alla polizia come si fa per qualsiasi reato previsto dal codice penale per ogni cittadino.
Ma Voi, preti e prelati, siete proprio disposti a dare la vita per noi come farebbe ogni padre, ogni madre per suo figlio/a?
Ci firmiamo, Le Tue/Vostre vittime (Fausto (Alberto) Marinetti, ci ha solo imprestato la penna [...]
Preti pedofili
Lettera aperta a don Di Noto
Firmano questa lettera- il dialogo (www.ildialogo.org),- AMS: associazione mobilitazione sociale, Bispensiero, Chiesa in cammino
Caro don Di Noto,
se il tuo sdegno per l’olocausto degli innocenti consumato da “mani consacrate” è sincero deve essere coerente fino in fondo, vero? Quindi non può limitarsi a puntare il dito sugli esecutori materiali del “delitto”, ma deve ricercarne le cause, che, per così dire, sono come i suoi mandanti.
Inevitabile chiedersi: come è possibile arrivare a questi eccessi con tante pratiche di pietà, studi teologici, ritiri, messe? La formazione seminaristica sessuofoba e misogina non ha una qualche relazione di causa ed effetto con questi fatti non certo “isolati”? Se per anni si induce il candidato a ignorare, se non a cancellare la propria corporeità, si potranno mai produrre presbiteri maturi? Se fin da ragazzi si è “educati” a vedere la sessualità con gli occhiali neri della cultura pagana (gnostica e manichea), come potremo avere dei preti capaci di portare il giogo della castità? Non è temerarietà spedirli in parete da sesto grado senza l’equipaggiamento necessario? Non a caso la “Convenzione sui Diritti del minore” ne proibisce il reclutamento fuori dall’ambiente familiare (U.N. General Assembly, Document A/RES/44/25, 12.12.1989. Lo Stato della Città del Vaticano non l’ha firmata). Eppure in Italia ci sono 123 seminari minori, camuffati da “convitti o semi-internati”, giustificando una segregazione vera e propria con la scusante: “Ma vanno a casa il sabato e la domenica”. Se la cultura della sessualità è la stessa che ha prodotto i preti pedofili, non è evidente che si perpetuano le radici del crimine?
La Commissione indipendente, quindi non sospetta, disposta dai vescovi americani (2004) dice in proposito:
“Molti testimoni affermano, che (...) ai seminaristi è negato un normale sviluppo psicologico. Infatti alcuni, ordinati sui 25 anni, hanno la maturità emozionale di un adolescente. La mancanza di uno sviluppo psico-sessuale “normale” può aver impedito ad alcuni di raggiungere uno stato celibatario sano e si può spiegare come alcuni abbiano ricercato la compagnia di adolescenti. La Commissione è colpita dal gran numero di coloro che lo affermano e ritiene che questo fenomeno sia una causa dell’incidenza degli abusi sessuali. (...) Diverse diocesi hanno chiuso i seminari minori. Vescovi e rettori devono garantire un ambiente in cui i ragazzi siano in grado di crescere non solo intellettualmente e spiritualmente, ma anche emozionalmente. (...) Il candidato che non sembra adatto deve essere rifiutato e i risultati della valutazione devono essere condivisi tra le diocesi. Per molti anni, i seminari si sono focalizzati quasi esclusivamente sulla preparazione intellettuale a scapito di quella umana. (...) L’81% delle vittime di abusi sessuali sono ragazzi e questo significa che la crisi è caratterizzata da comportamenti omosessuali. (...) Negli ultimi 15 anni è diventato di routine chiedere al candidato il suo orientamento sessuale. Alcuni vescovi non accettano aspiranti con orientamento omosessuale, che considerano un impedimento all’ordinazione. (...) Uno psichiatra riferisce che alcuni preti con difficoltà affermano che “nel presbiterato si possono coprire problematiche sessuali”. (...) Ci sono molte altre problematiche relative al celibato che possono essere terreno fertile per altri scandali. Numerosi testimoni credono che vi siano molti più casi di relazioni sessuali tra preti e donne o adulti consenzienti. Sebbene non sia un crimine, queste persone sono spesso vulnerabili e in tutti i casi tale condotta è gravemente immorale. I vescovi non possono permettere che ciò si verifichi senza conseguenze. Dichiarare che “non è affare di nessuno” è fondamentalmente sbagliato. Se un prete tiene fede alle sue promesse e vive secondo i precetti morali della Chiesa è affare del vescovo, dei confratelli e dei parrocchiani”.
A ragione affermi trattarsi di preti che non avrebbero mai dovuto essere ordinati e che non dovrebbero esercitare questo ministero donato da Dio alla Chiesa.
Ma allora non avrebbero mai dovuto essere ordinati vescovi neppure quelli che hanno collaborato a produrre altre vittime, spostando i preti notoriamente pedofili da una parrocchia all’altra? Non sono complici dei misfatti successivi? Non dovrebbero dimettersi spontaneamente e fare penitenza? Il card. Law, l’arcivescovo di Firenze, il vescovo di Agrigento, e tanti altri, continuano a pontificare e a godere dei loro privilegi.
E ancora: Se la colpa è accertata e ammessa non può rimanere nella Chiesa; non può sentirsi in comunione con la comunità dei credenti. (...) E’ meglio per lui lasciare il ministero, volontariamente o con atti formali di "scomunica".
Questo non vale anche per i vescovi? Senti cosa dice la Commissione dei vescovi americani:
“I membri della Commissione sollecitano, affinché si guardi allo scandalo come lo scandalo anche dei vescovi oltre che dei preti, che potrebbero domandarsi: perché i vescovi non hanno subito le stesse conseguenze? (...) Le azioni di quei preti sono gravemente peccaminose e l’inazione di quei vescovi che non hanno protetto i fedeli è altrettanto peccaminosa. In qualche modo, “il fumo di Satana” è stato lasciato entrare nella Chiesa e ne è rimasta profondamente ferita. La sua autorevolezza e credibilità in materia morale è stata gravemente danneggiata. (...) Le risposte di troppi vescovi sono state improntate al lassismo morale, eccessiva clemenza, insensibilità, segretezza, negligenza. Le principali trascuratezze sono: (i) relazione inadeguata con le vittime; (ii) aver permesso ai pedofili di restare in situazione di rischio; (iii) sono stati trasferiti senza informare i nuovi superiori; (iv) occultare le accuse alle autorità civili (v) evitare la riduzione allo stato laicale dei rei confessi. (...) Alcuni vescovi non hanno colto la gravità del problema. Hanno trattato le vittime come avversari e nemici del bene della Chiesa. Troppo spesso hanno trattato i preti accusati come persone che avevano bisogno di assistenza psicologica o di cambiare ambiente, piuttosto che veri e propri criminali che andavano rimossi dal ministero e denunciati alle autorità civili. Questi approcci non hanno risolto ma esacerbato il problema. (...) Alcuni vescovi sono stati troppo indulgenti e desiderosi di cercare una scappatoia per se stessi, favorendo il prete a scapito della vittima. Questa ingiustizia è attribuibile in parte al “clericalismo” - una attitudine per cui preti e vescovi sono un mondo a parte e superiori ai laici - e in parte alle idiosincrasie del diritto canonico. (...) Oggi è chiaro che la Chiesa avrebbe potuto prevenire molti abusi se i suoi leader avessero riportato le accuse alle autorità civili. (...) In alcuni casi i prelati hanno scoraggiato le vittime dal denunciare gli abusi, ma le nuove norme prevedono che le “informino del loro diritto di denunciare alle pubbliche autorità” e che perseguano questo obiettivo. Le vittime non si rivolgevano alla forza pubblica perché avevano fiducia che la Chiesa stessa si occupasse del problema. Tale fiducia è stata ripetutamente tradita, una grave mancanza; e il fatto che tale tradimento è diventato di dominio pubblico, ha ingigantito la perdita di fede da parte di alcuni laici. (...) Dei testimoni affermano che in molti casi i vescovi non hanno punito i colpevoli, perché da loro ricattati, minacciando di rivelare informazioni compromettenti... Va da sé che, se un prete ritiene di poter essere ricattato, non dovrebbe proporsi all’elezione di vescovo o accettare cariche di autorità. (...) Le vittime in troppi casi sono state emarginate e ri-vittimizzate. Alcune si sono suicidate. Altre soffrono depressione, dipendenza da droghe e disfunzioni sessuali. (...) Il non ascoltarle e non accoglierle ha fatto si che i vescovi non comprendessero a pieno la natura e la portata del problema e sono venuti meno ai propri doveri pastorali. L’incapacità di partecipare ai loro drammi è grave al pari del danno inflitto dai pedofili stessi. (...) Dopo due anni dalla promulgazione delle Norme Essenziali, molte centinaia di preti sono stati rimossi dal ministero, ma pochi vescovi hanno lasciato l’episcopato”.
In sintesi:
1- Alcuni prelati spesso hanno anteposto le preoccupazioni istituzionali della Chiesa locale a quelle della Chiesa universale. Il timore dello scandalo li ha indotti a ricorrere alla segretezza e all’occultamento.
2- La minaccia del processo ha indotto alcuni a trascurare il loro dovere pastorale e a adottare un atteggiamento contrario e indegno per la Chiesa.
3- Hanno riposto troppa fiducia negli psichiatri, psicologi e avvocati per trattare un problema che, mentre indubbiamente ha delle cause psicologiche e implicazioni legali, è, nel suo midollo, un problema di fede e di moralità.
4- Alcuni hanno messo gli interessi dei colpevoli al di sopra di quelli delle vittime.
5- Il codice e i procedimenti canonici hanno reso troppo difficile dimettere il prete pedofilo.
Affermi: L’abuso sessuale nei confronti dei bambini è un peccato grave contro Dio e contro tutta la comunità cristiana.
Non ti pare che, fino a quando il crimine di pedofilia verrà considerato come un peccato, non sentiremo mai l’obbligo morale e civile di denunciarlo alle autorità giudiziarie? L’ha ammesso, nel tribunale di Boston, il cardinal B. Law: "Non sapevamo fosse un crimine, pensavamo che si trattasse solo di un peccato".
La Commissione afferma: “Il non aver riconosciuto che l’abuso sessuale sul minore è un crimine e non solo la manifestazione di una mancanza morale o disordine psicologico ha contributo moltissimo allo scandalo. (...) Un prete riferisce: “Credo che non abbiano mai considerato, che ci fosse una legge dello stato, per la quale (...) si va in prigione”. Dal momento in cui i vescovi non hanno compreso che (...) è un crimine, lo sbaglio deve risiedere in qualche modo nel supporto legale di cui si avvalgono. (...) Un abuso sessuale è di per sé un evento traumatico; se commesso da un prete lo è ancora di più, perché è una “figura paterna” ed è probabile che causi più danno, che l’abuso perpetrato da altri individui. (...) ... considerando gli abusi più come un disturbo “di identità sessuale” e non un crimine o un peccato grave, i vescovi hanno mancato nell’ottemperare alle proprie responsabilità verso la società e verso la Chiesa”.
Se un’istituzione “divina” continua a considerare materia di foro interno, fatto privato, un delitto tanto grave, come potremo aiutare “i santi innocenti”, prevenire, far sì che gli aspiranti pedofili si rendano conto del loro crimine? Fino a quando non grideremo dai tetti e dai pulpiti che chi minimizza, copre, smista i rei da una parrocchia all’altra, si rende corresponsabile del delitto, non saremo mai “dalla parte” delle vittime. Se i preti consigliano di non sporgere denuncia (come alcuni parroci di Milano nell’inchiesta de “Le Jene”); se la legislazione continua riservare alla Congregazione competente un delitto che spetta al foro civile; se il prete continua ad essere un privilegiato per il suo “status” o casta; se un vescovo si arroga il diritto di citare in tribunale per diffamazione una vittima della pedofilia, come non dubitare che a monte ci sia qualcosa di grosso che non va?
Non ti sembra che l’autorità civile tutela, difende gli innocenti meglio dell’autorità religiosa? Per un delitto così abominevole la “giustizia umana” prevede la prigione e il risarcimento danni, la morale cattolica pare considerarlo un peccato da “smacchiare” con un pellegrinaggio o un pio digiuno.
Qui non si tratta di carità (“si vis”), ma di giustizia (obbligo morale), nella quale l’unico competente non è il tribunale ecclesiastico, ma quello civile. Se rompo la gamba a uno (reato penale) non posso aggiustargliela con la carità, con il perdono: il reo è tenuto per giustizia a riparare i danni, risarcire. E’ una cosa così semplice, ovvia che è entrata nei codici penali di tutti i popoli, tranne che in quelli ecclesiastici. Non si può obliterare la giustizia in nome della carità. Gesù propone la sua legge, la carità, il perdono nell’intimo della coscienza, non in piazza, cioè nelle regole della convivenza civile. E’ per questo che quando non si distinguono i due piani della carità e della giustizia si finisce per capovolgere la morale e uno da carnefice si dichiara vittima di un seminarista pedofilizzato!
Cosa vogliono le vittime? Giustizia, solo giustizia. Certa cultura catto-pagana sulla sessualità non ha indotto i cristiani a chiamare il figlio della ragazza madre: "figlio del peccato" come se l’avesse generato il diavolo? Agli orfani abbiamo saputo dare solo l’istituto e l’assistenza non la paternità/maternità “secondo Dio”. Un’ignominia, perché vuol dire che non siamo stati capaci di superare il vincolo del sangue. Don Zeno diceva: “L’orfano è una vergogna umana”. Non può esistere l’abbandonato se ci sono dei fratelli.
E il Vaticano è immune, esente da responsabilità? La Commissione ha qualcosa da ricordargli: “... sembra che la serietà del problema e la sua relativa vastità non furono tenute nel debito conto da Roma (...), perché si pensava che tali procedimenti avrebbero pregiudicato i diritti degli accusati. Alla fine degli anni ’80, alcuni vescovi influenti chiesero al Vaticano di istituire una procedura amministrativa per la rimozione dei preti pedofili. La richiesta era basata, in parte, sulle lacune del sistema canonico, che prevedeva la riduzione allo stato clericale quale punizione per gli abusi sessuali su minori, ma solo dopo un lungo processo, che richiedeva la partecipazione della vittima. Alcuni vescovi si sono opposti, perché le vittime avrebbero subito un ulteriore trauma. Inoltre, la dimissione dallo stato clericale non poteva essere imposta se il prete o il suo avvocato avessero dimostrato che aveva agito in base a qualche malattia mentale o disturbo psichico. Dato che molti erano stati mandati in centri terapeutici, dove sono stati diagnosticati disturbi psicologici, la dimissione dallo stato clericale, anche dopo la fine del processo canonico, non era applicabile. Nel tribunale ecclesiastico, una volta accertata la colpevolezza, il prete ha diritto di appello fino a due gradi superiori. Secondo la legge canonica, una sentenza per la quale si richiede l’appello decade immediatamente. Quindi il prete dichiarato colpevole, dopo il completamento del processo penale diocesano, non si troverà di fronte all’imposizione di nessuna pena fino a molti anni più tardi. Intanto continua a fare il prete, magari senza un particolare incarico. (...) Le richieste che il Vaticano ha ricevuto da un discreto numero di vescovi per una chiara procedura di dismissione avvennero ripetutamente negli anni ’90, ma inutilmente. (...) Molti attribuiscono l’immobilità Vaticana ad una generica riluttanza ad interferire con i vescovi, altri che il problema fosse unicamente Americano. (...) Il Codice di Diritto Canonico prevede l’immediata sospensione dallo stato clericale di chiunque commetta abusi sessuali su minori (canone 1395). Tuttavia, sebbene il canone 1389 preveda una simile punizione, inclusa la dismissione dal ministero, per un dirigente della Chiesa che, con colpevole negligenza mancasse di intraprendere azioni riparatrici, raramente la Chiesa ufficiale statunitense ha ottemperato a questa disposizione. Così come nessun vescovo negli Stati Uniti è stato mai punito secondo il canone 1389 per evidente inadempienza del canone 1395”.
Caro don Di Noto,
anche noi, le vittime, chiediamo “un atto di giustizia, coraggio, testimonianza forte”: se vuoi stare dalla nostra parte, aiuta preti e vescovi ad avere il coraggio di ammettere le loro colpe; a individuare le cause profonde della pedofilia clericale; a non minimizzare “Tanto in Italia si tratta solo di una cinquantina di casi...”. In un’Italia, parrocchia del papa, è troppo facile occultare, chiudere in cassaforte o negli archivi diocesani i nostri scheletri. Le associazioni che difendono le vittime sono concordi nel dire che da noi si vede solo la punta dell’iceberg. Vuoi stare con noi? Fai emergere il resto dell’iceberg, altrimenti la strage degli innocenti continuerà senza fine.
Così, non sia.
PS. Ti consigliamo qualche buona lettura:
1-R. Sipe, T. Doyle, P. Wall, Sex, priests & secret codes, Volt Press, Los Angeles, 2006 (non sono degli anticlericali, ma consulenti di vescovi, insegnanti nei seminari, che da tanti anni difendono le vittime in tribunale. Sipe è psicoterapeuta da 34 anni. Le cifre riportate parlano di più di 5.000 preti accusati o già condannati e di oltre 11.000 vittime. Secondo alcuni autori potrebbero arrivare a 100.000. Si noti che spesso l’abusato è portato ad abusare o diventa incline all’omosessualità)
2-La rivista internazionale di teologia, Concilium, dedica il numero 3 del 2004 al tema dal titolo molto significativo: “Il tradimento strutturale della fiducia”.
Sottoscrivono questa lettera:
1- il dialogo (www.ildialogo.org)
2- AMS: associazione mobilitazione sociale (http://www.mobilitazionesociale.it)
3- Bispensiero (http://www.bispensiero.it)
4- Chiesa in cammino (www.chiesaincammino.it)
Attendiamo altre sottoscrizioni. Chi volesse può sottoscrivere la propria adesione utilizzando il link per i commenti in fondo alla pagina.
Venerdì, 13 luglio 2007
«Il Dialogo - Periodico di Monteforte Irpino» Prima Pagina/Home Page: www.ildialogo.org Direttore Responsabile: Giovanni Sarubbi Registrazione Tribunale di Avellino n.337 del 5.3.1996 Note legali --- La redazione
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Sul tema, nel sito, si cfr.:
Preti pedofili
Lettera aperta a Mons. Rino Fisichella
di Fausto Marinetti *
Caro Mons. Fisichella,
anche noi, le vittime dei preti pedofili, abbiamo letto la tua intervista: "Atti gravissimi, una grande amarezza. Ma la Chiesa sa riconoscere gli sbagli" (Corriere della sera, 16.7.2007). Quello che hai detto è quello che hai nel cuore o si tratta di una "difesa d’ufficio"?
1. Affermi, che "una seria presa di coscienza" consiste nel "buttarsi dietro le spalle questa dolorosa vicenda sapendo riconoscere il male che c’è stato da una parte, ma al tempo stesso il grande bene fatto quotidianamente". Metti sulla bilancia da una parte le nostre tragedie (i suicidi, gli impazziti, i disperati, ecc.) e dall’altra "il grande bene fatto quotidianamente". Secondo te, da che parte pende? E secondo quel Cristo che citi più avanti: "Chi scandalizza un bambino... meglio si butti nel mare"? Queste parole non valgono anche per te e soprattutto per i tuoi confratelli nell’episcopato che hanno collaborato con gli stupratori del nostro corpo e della nostra anima? E poi, hai forse dimenticato quel: "Non sappia la destra quello che fa la sinistra"? Se ami davvero la verità, perché negli spot dell’8 per mille non ci infili qualche prete pedofilo a chiedere perdono per la strage degli innocenti? "Buttarsi dietro alla spalle questa dolorosa vicenda..."? Siamo noi, non voi, che dovremmo sbarazzarcene. E, alle volte, non ce la facciamo. Come una paralisi dell’anima per lo shok subito. E, se anche riuscissimo, sarebbe come buttare via noi stesse, vittime immolate, perché noi non siamo una "dolorosa vicenda", di cui disfarsi, ma siamo la vostra tragedia, il vostro Calvario. Volete disfarvi di noi come di zavorra che appesantisce la barca di Pietro e offusca la vostra immagine? La zavorra è il vostro crimine, noi siamo leggeri come gli angeli... Come è circospetto il tuo uso delle parole! All’inizio parli di "vicenda dolorosa"; poi attraversi "gli sbagli dei propri uomini", arrivi agli "errori di alcuni", agli "episodi così gravi" per sbarcare sul terreno degli "atti esecrabili" e del "male commesso". Nooo! Noi non siamo né una vicenda, né degli sbagli, né errori di alcuni, né episodi, né atti esecrabili: noi siamo il vostro crimine. Ogni altra parola ("peccato" compreso) è fuori contesto, tradisce i fatti, ci uccide una seconda volta.
2. "...la Chiesa, ancora una volta, è stata capace di riconoscere gli sbagli dei propri uomini". Dovremmo battere le mani, applaudire la scaltrezza nell’occultare i rei (almeno 200 fuggitivi), smistarli da una parrocchia all’altra, diffondendo l’infezione? Parli degli "sbagli dei propri uomini", quindi non dell’istituzione. Ma non si trattava di una prassi dettata da Roma? Non venivano dall’alto le direttive di coprire, non fare scandalo, tenere tutto sotto chiave? Almeno il card. Law l’ha ammesso: "Noi sapevamo che era un peccato, non un delitto". Non è forse questo che fa la differenza? Peccato, è una categoria ecclesiale, crimine è una categoria del codice penale. Se si vuol fare prevalere la chiesa (con i suoi privilegi, le sue caste, ecc.) sulla società anche in materia penale, non ti sembra un’ingerenza, un disastro che produce, appunto, tragedie? Se un prete commette un furto, un omicidio, cosa c’entra la legge canonica? Il delitto è delitto sia che venga commesso da un laico come da un prete, vero? Visto che ci tieni ad esprimere la tua solidarietà con le vittime, perché alla fine della trasmissione "Annozero" non hai abbracciato Marco Marchese, chiedendo perdono, in lui, a tutte le vostre vittime?
3. Insisti: "l’errore di alcuni", "una piccola minoranza nel clero". Sono "alcuni" i più di 5.000 preti pedofili solo negli Stati Uniti? E i 1.700 in Brasile? Bada bene: le cifre parlano di quelli denunciati o già condannati. E tutti gli altri che l’hanno fatta franca? E quelli che sono scappati all’estero con l’appoggio dei loro prelati? Perché non aprire uno sportello nazionale (gestito da laici, non da don Di Noto) per fare venire a galla tutto il sommerso della "parrocchia italiana" del papa? Se ci amate, come dite; se vi sta a cuore il nostro bene e quello della Chiesa, perché non promuovete degli spot che esortino le vittime alla denuncia del prete, che "non avrebbe dovuto essere ordinato prete", dici tu; "del vescovo che non avrebbe dovuto diventare vescovo", diciamo noi? Non puoi indurci a pensare che avete paura della verità.
4. "Si tratta di atti esecrabili che vengono registrati, e in modo anche più frequente, anche dentro altre categorie sociali". Intendi giustificare l’ingiustificabile? Le altre categorie sociali non hanno fatto nessuna promessa di celibato; non si presentano alle loro "prede" come "rappresentanti di Dio". Capisci che per noi il prete è "tutto", è più del cielo che della terra? Come avremmo potuto immaginare che avrebbe abusato dell’aureola di "uomo di Dio", di quel potere sacro che voi gli avete dato, convincendolo di "agire in nome di Dio", di essere le sue mani? (catechismo: 1548, 1581). Noi non siamo stati "colpiti", ma distrutti, assassinati nello spirito oltre che nel corpo. Messi in croce, quindi, due volte.
"... c’è da applaudire la Chiesa americana per il coraggio che ha avuto di voltare pagina...". Dovremmo battere le mani a chi si è fatto complice, mettendoci in croce? Quanto tempo c’è voluto prima che arrivasse il coraggio di voltare pagina? E a che prezzo? Già nel 1968 i vescovi americani ordinano una ricerca sul fenomeno; nel 1976 Sipe e Bartemeier li mettono in stato di allerta: il 6% dei preti è pedofilo; nel 1984 viene offerto loro un "Manuale" con le "istruzioni per l’uso": il ciclone è preannunciato, ma i vescovi fanno orecchie da mercante.
Non solo: si fanno complici, piazzando i preti pedofili qua e là di modo che, per esempio, p. James Porter riesce a stuprarne 200. Il vero coraggio sarebbe mettere in pratica le direttive della "Commissione ordinata dai vescovi americani" (2004) per la quale il seminario è un apartheid affettivo, che blocca lo sviluppo emozionale "normale" e, in quanto ambiente di soli maschi, può inclinare alla omosessualità . Senti, in sintesi, cosa si afferma: "I responsabili non hanno capito l’evidente natura del problema, considerando le accuse come fatti sporadici e isolati.
Il timore dello scandalo li ha indotti a ricorrere alla segretezza e all’occultamento (Un vescovo, richiamato dal suo prete per aver giurato il falso in tribunale, risponde: "Io mento solo quando devo mentire".
La minaccia del processo ha indotto alcuni a trascurare il loro dovere pastorale e a adottare verso le vittime un atteggiamento contrario e indegno per la Chiesa.
Altri non hanno capito pienamente l’ampiezza e la gravità del danno sofferto dalle vittime.
Hanno riposto troppa fiducia negli psichiatri, psicologi e avvocati.
Alcuni hanno messo gli interessi dei colpevoli al di sopra di quelli delle vittime e troppo spesso hanno rifiutato di ascoltarle.
Il codice e i procedimenti canonici hanno reso troppo difficile destituire il prete pedofilo dal ministero e i vescovi non hanno fatto abbastanza ricorso a ciò che la legge canonica li autorizza a fare per proteggere i minorenni.
Il risultato è che, ai preti pedofili è stato concesso, con allarmante frequenza, di restare dove avevano commesso l’abuso o di essere trasferiti, divenendo per i bambini un’ulteriore prevedibile minaccia, che si è materializzata con altri abusi".
"... la Chiesa degli Stati Uniti... è riuscita a ritrovare un rapporto di fiducia con il suo popolo". Perché non lo chiedi ai vari gruppi laicali nati dallo scandalo, che si sono stancati di essere trattati come sudditi, meri elementi decorativi di una Chiesa clericale, di essere munti per pagare le malefatte dei preti pedofili? Interpella SNAP, Call to action, Voice of the faithfull, ecc.
Se vuoi entrare nel cuore e nell’anima della vittima, perché non ne prendi in casa qualcuna? Se ogni vescovo ne ospitasse almeno una in casa sua, questo sì sarebbe un vero atto di coraggio. E il papa, quanti ne potrebbe ospitare in Vaticano? E le congregazioni femminili quante case romane trasformate in albergo potrebbero mettere a disposizione?
E, per finire, dichiari: "la Chiesa, in generale, non ha nulla di cui vergognarsi". Quindi "gli sbagli", "gli atti esecrabili", il male non è esistito? Non è evidente che il non riconoscere il delitto, non fa che perpetuarlo? Il papa stesso non ha parlato di "sporcizia", di "crimini enormi"? Non c’è da vergognarsi di queste "cose"?
Vogliamo sapere da un teologo come te: ma quando ci ritroveremo in paradiso, tutti insieme, quale sarà il posto assegnato ai preti e vescovi pedofili? Cosa proveremo noi, le vittime, accanto ai nostri carnefici? Prega con noi: "Padreterno, tu che sei un vero padre, non infliggerci altro dolore! Almeno tu, non metterci in croce un’altra volta... E’ vero che farai per loro una sezione separata, magari blindata, affinché non nuocciano più? E a chi li ha coperti, occultati, sottratti all’autorità giudiziaria, quale angolino riserverai?".
Non vogliamo accomiatarci senza produrre delle proposte positive:
a - un telefono verde in ogni diocesi riservato alle vittime dei preti. Ma, chiaro, sia gestito dai laici, perché i bimbi, ormai, hanno paura delle vesti nere.
b - i delitti di pedofilia non siano soggetti a prescrizione
c - siano riconsegnati alla giustizia i preti pedofili fuggitivi dai loro paesi
d - si chiudano tutti i seminari e i preti siano solo uomini maturi, educati dalla comunità, scelti dalla gente, come si faceva all’inizio
e - siano rivedute e corrette le norme canoniche con la consulenza delle vittime
f - i preti pedofili siano affidati alla polizia come si fa per qualsiasi reato previsto dal codice penale per ogni cittadino.
Ma Voi, preti e prelati, siete proprio disposti a dare la vita per noi come farebbe ogni padre, ogni madre per suo figlio/a?
Ci firmiamo, Le Tue/Vostre vittime (Fausto (Alberto) Marinetti, ci ha solo imprestato la penna
iscritto all’album dei giornalisti, Milano, N°. 60127)
Postilla 1. Una proposta per la Chiesa, se saprà uscire purificata dal Giordano del nostro sangue e delle nostre lacrime: fino a quando chierici e laici non saranno fratelli alla pari; fino a quando non si realizzerà la conversione dei"buoni a tutti i costi"; fino a quando i ministri non scenderanno dal piedestallo per servire i fratelli e il popolo di Dio non avrà diritto alla libertà di coscienza, di parola, di pensiero, di cultura, vano sarà stato il nostro Calvario. Il cardinale Ratzinger lo esprimeva con parole sacrosante: "Abbiamo molto da imparare: siamo troppo interessati a noi stessi, alle questioni strutturali, al celibato, all’ordinazione delle donne, ai concili pastorali, ai diritti di questi concili e dei sinodi. Lavoriamo sempre sui nostri problemi interni e non ci rendiamo conto che il mondo ha bisogno di risposte, e noi rimaniamo coi nostri problemi". La conversione non è appannaggio né degli accusatori né dei difensori della Chiesa, ma di chi si lascia invadere dallo Spirito, che soffia sempre dove vuole. Non senti che "soffia" forte anche attraverso di noi, le vittime?
Postilla 2. Se ti sta a cuore la nostra difesa, perché non dedichi i tuoi ultimi anni alle nostre cure, magari fondando una casa di accoglienza per le vittime della pedofilia clericale in uno dei vostri 24.000 immobili romani?
Noi vittime dei preti pedofili
di Paolo Tessadri (l’Espresso, 23.01.2009) *
Decine di bambini e ragazzi sordi violentati e molestati in un istituto di Verona fino al 1984. E dopo decenni di tormenti, gli ex allievi trovano la forza di denunciare gli orrori. Ma molti dei sacerdoti sono ancora lì
Per oltre un secolo è stato un simbolo della carità della Chiesa: una scuola specializzata per garantire un futuro migliore ai bambini sordi e muti, sostenendoli negli studi e nell’inserimento al lavoro. L’Istituto Antonio Provolo di Verona ospitava i piccoli delle famiglie povere, figli di un Nord-est contadino dove il boom economico doveva ancora arrivare. Fino alla metà degli anni Ottanta è stato un modello internazionale, ma nel tetro edificio di Chievo, una costruzione a metà strada tra il seminario e il carcere, sarebbero avvenuti episodi terribili.
Solo oggi, rincuorati dalle parole di condanna pronunciate da papa Ratzinger contro i sacerdoti pedofili, decine di ex ospiti hanno trovato la forza per venire allo scoperto e denunciare la loro drammatica esperienza: "Preti e fratelli religiosi hanno abusato sessualmente di noi". Un’accusa sottoscritta da oltre 60 persone, bambini e bambine che hanno vissuto nell’Istituto, e che ora scrivono: "Abbiamo superato la nostra paura e la nostra reticenza".
Gli abusi di cui parlano sarebbero proseguiti per almeno trent’anni, fino al 1984. Sono pronti a elencare una lunga lista di vittime e testimoni, ma non possono più rivolgersi alla magistratura: tutti i reati sono ormai prescritti, cancellati dal tempo. I sordomuti che dichiarano di portarsi dentro questo dramma sostengono però di non essere interessati né alle condanne penali né ai risarcimenti economici. Loro, scrivono, vogliono evitare che altri corrano il rischio di subire le stesse violenze: una decina dei religiosi che accusano oggi sono anziani, ma restano ancora in servizio nell’Istituto, nelle sedi di Verona e di Chievo. Per questo, dopo essersi rivolti al vescovo di Verona e ai vertici del Provolo, 15 ex allievi hanno inviato a ’L’espresso’ le testimonianze - scritte e filmate - della loro esperienza.
Documenti sconvolgenti, che potrebbero aprire uno squarcio su uno dei più gravi casi di pedofilia in Italia: gli episodi riguardano 25 religiosi, le vittime potrebbero essere almeno un centinaio.
La denuncia
Gli ex allievi, nonostante le difficoltà nell’udito e nella parola, sono riusciti a costruirsi un percorso di vita, portandosi dentro le tracce dell’orrore. Dopo l’esplosione dello scandalo statunitense che ha costretto la Chiesa a prendere atto del problema pedofilia, e la dura presa di posizione di papa Benedetto XVI anche loro hanno deciso di non nascondere più nulla. Si sono ritrovati nell’Associazione sordi Antonio Provolo e poi si sono rivolti alla curia e ai vertici dell’Istituto. Una delle ultime lettere l’hanno indirizzata a monsignor Giampietro Mazzoni, il vicario giudiziale, ossia il magistrato del Tribunale ecclesiastico della diocesi di Verona. È il 20 novembre 2008: "I sordi hanno deciso di far presente a Sua Eminenza il Vescovo quanto era loro accaduto. Nella stanza adibita a confessionale della chiesa di Santa Maria del Pianto dell’Istituto Provolo, alcuni preti approfittavano per farsi masturbare e palpare a loro volta da bambine e ragazze sorde (la porta era in quei momenti sempre chiusa a chiave).
I rapporti sodomitici avvenivano nel dormitorio, nelle camere dei preti e nei bagni sia all’Istituto Provolo di Verona che al Chievo e, durante il periodo delle colonie, a Villa Cervi di San Zeno di Montagna". E ancora: "Come non bastasse, i bambini e ragazzi sordi venivano sottoposti a vessazioni, botte e bastonature. I sordi possono fare i nomi dei preti e dei fratelli laici coinvolti e dare testimonianza". Seguono le firme: nome e cognome di 67 ex allievi.
Le storie
I protagonisti della denuncia citano un elenco di casi addirittura molto più lungo, che parte dagli anni Cinquanta. Descrivono mezzo secolo di sevizie, perfino sotto l’altare, in confessionale, dentro ai luoghi più sacri.
Quei bambini oggi hanno in media tra i 50 e i 70 anni: il più giovane compirà 41 anni fra pochi giorni. Qualcuno dice di essere stato seviziato fino quasi alla maggiore età. Gli abusi, raccontano, avvenivano anche in gruppo, sotto la doccia. Scene raccapriccianti, impresse nella loro memoria. Ricorda Giuseppe, che come tutti gli altri ha fornito a ’L’espresso’ generalità complete: "Tre ragazzini e tre preti si masturbavano a vicenda sotto la doccia". Ma la storia più angosciante è quella di Bruno, oggi sessantenne, che alla fine degli anni Cinquanta spiccava sugli altri bambini per i lineamenti angelici: era il ’bello’ della sua classe. E solo ora tira fuori l’incubo che lo ha tormentato per tutta la vita: "Sono diventato sordo a otto anni, a nove frequentavo il Provolo che ho lasciato a 15 anni. Tre mesi dopo la mia entrata in istituto e fino al quindicesimo anno sono stato oggetto di attenzioni sessuali, sono stato sodomizzato e costretto a rapporti di ogni tipo dai seguenti preti e fratelli.". Ha elencato 16 nomi. Nella lista anche un alto prelato, molto famoso a Verona: due sacerdoti del Provolo avrebbero accompagnato Bruno nel palazzo dell’ecclesiastico.
"Era il 1959, avevo 11 anni. Mi ha sodomizzato e preteso altri giochi sessuali. È stata un’esperienza terribile che mi ha procurato da adulto gravi problemi psicologici".
Il dramma
Un altro ex allievo, Guido, dichiara di essere stato molestato da un prete: "Avveniva nella sua stanza all’ultimo piano. E mi costringeva a fare queste cose anche a Villa Cervi durante le colonie estive e al campeggio sul lago di Garda". Carlo è rimasto all’istituto dai 7 ai 18 anni, e chiama in causa un altro sacerdote: "Mi costringeva spesso con punizioni (in ginocchio per ore in un angolo) e percosse (violenti schiaffi e bastonature) ad avere rapporti con lui". Altre volte si sarebbe trattato di bacchettate sulle mani, mentre di notte "nello stanzone dove dormivo con altri sordi spesso mi svegliava per portarmi nei bagni dove mi sodomizzava o si faceva masturbare. Non ho mai dimenticato".
Sono racconti simili. Tragedie vissute da bambini di famiglie povere, colpiti dalla sordità e poi finiti tra le mura dell’istituto; drammi tenuti dentro per decenni. Ricostruisce Ermanno: "La violenza è avvenuta nei bagni e nelle stanze dell’Istituto Provolo e anche nella chiesa adiacente". "Se rifiutavo minacciava di darmi un brutto voto in condotta, questi fatti mi tornano sempre in mente", scrive un altro. Giuseppe qualche volta a Verona incontra il suo violentatore, "ancora oggi quando lo vedo provo molto disagio. Non sono mai riuscito a dimenticare". Stando alle denunce, le vittime erano soprattutto ragazzini. Ma ci sono anche episodi testimoniati da bambine. Lina ora ha cinquant’anni, è rimasta "all’istituto per sordomuti dai sei ai 17 anni. A tredici anni nella chiesa, durante la confessione faccia a faccia (senza grata), il sacerdote mi ha toccata il seno più volte. Ricordo bene il suo nome. Io mi sono spaventata moltissimo e da allora non mi sono più confessata". Giovanna scrive che un altro prete "ha tirato fuori il membro e voleva che lo toccassi". E per molte ragazzine i fatti avvenivano nella chiesa dell’istituto, sotto l’altare. A qualcuna, però, è andata molto peggio.
Gli esposti
Oggi l’Istituto Antonio Provolo ha cambiato completamente struttura e missione. Le iniziative per il sostegno ai sordomuti sono state ridimensionate e vengono finanziate anche dalla Regione Veneto. Adesso l’attività principale è il Centro educativo e di formazione professionale, gestito interamente da laici, che offre corsi d’avanguardia per giovani ed è specializzato nella riqualificazione di disoccupati. Al vertice di tutto ci sono sempre i religiosi della Congregazione della Compagnia di Maria per l’educazione dei sordomuti, che dipendono direttamente dalla Santa Sede. Alla Congregazione si sono rivolti gli ex allievi chiedendo l’allontanamento dei sacerdoti chiamati in causa. Secondo la loro associazione, "c’è già stata più di un’ammissione di colpa". La più importante risale al 2006, quando don Danilo Corradi, superiore generale dell’Istituto Provolo, avrebbe incontrato più di 50 ex allievi. Secondo l’Associazione, il superiore a nome dell’Istituto avrebbe chiesto 12 volte scusa per gli abusi commessi dagli altri religiosi. I testimoni ricostruiscono una riunione dai toni drammatici: don Corradi che stringe il capo fra le mani, suda, chiede perdono, s’inginocchia. Ma i sordomuti avrebbero preteso l’allontanamento dei sacerdoti coinvolti, senza ottenerlo. A ’L’espresso’ don Danilo Corradi fornisce una versione diversa: "Ho sentito qualcosa, ma io sono arrivato nel 2003 e di quello che è successo prima non so. Non rispondo alle accuse, non so chi le faccia: risponderemo dopo aver letto l’articolo".
La Curia
Da quasi due anni gli ex allievi si sono appellati anche alla Curia di Verona, informandola nel corso di più incontri. Il presidente della Associazione sordi Antonio Provolo, Giorgio Dalla Bernardina, ne elenca tre: a uno hanno preso parte 52 persone. E scrive al vescovo: "Nonostante i nostri incontri in Curia durante i quali abbiamo fatto presente anche e soprattutto gli atti di pedofilia e gli abusi sessuali subiti dai sordomuti durante la permanenza all’istituto, a oggi non ci è stata data alcuna risposta". L’ultima lettera è dell’8 dicembre 2008. Pochi mesi prima, a settembre, avevano fatto l’ennesimo tentativo, inviando una raccomandata al vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti. Senza risposta, "nonostante le sue rassicurazioni e promesse di intervento". Questa missiva è stata firmata da tre associazioni di sordi: Associazione Sordi Antonio Provolo, Associazione non udenti Provolo, Associazione sordi Basso Veronese-Legnago.
Il vescovo, interpellato da ’L’espresso’, replica con una nota scritta: "Il Provolo è una congregazione religiosa. In quanto tale è di diritto pontificio e perciò sotto la giurisdizione del Dicastero dei religiosi. La diocesi di Verona, sul cui territorio è sorta la Congregazione, apprezza l’opera di carattere sociale da essa svolta in favore dei sordomuti". Poi monsignor Giuseppe Zenti entra nel merito: "Per quanto attiene l’accusa di eventuale pedofilia, rivolta a preti e fratelli laici, che risalirebbe ad alcune decine di anni fa, la diocesi di Verona è del tutto all’oscuro. A me fecero cenno del problema alcuni di una Associazione legata al Provolo, ma come ricatto rispetto a due richieste di carattere economico, nell’eventualità che non fossero esaudite. Tuttavia a me non rivolsero alcuna accusa circostanziata riferita a persone concrete, ma unicamente accuse di carattere generico. Non ho altro da aggiungere se non l’impegno a seguire in tutto e per tutto le indicazioni contenute nel codice di diritto canonico e nelle successive prese di posizione della Santa Sede. Nella speranza che presto sia raggiunto l’obiettivo di conoscere la verità dei fatti".
L’Associazione sordi Antonio Provolo risponde al vescovo negando qualunque ricatto o interesse economico: "Gli abbiamo soltanto fatto presente i problemi, noi vogliamo che quei sacerdoti vengano allontanati perché quello che hanno fatto a noi non accada ad altri".
* (22 gennaio 2009)
Esce un libro sulla violenza sessuale nelle diocesi americane
Atti impuri
Quegli abusi nel mondo della chiesa
Cifre realistiche indicano tra i quaranta e i sessantamila casi negli Usa
Una delle autrici del dossier ha assistito alle riunioni a porte chiuse dei vescovi
Denunce che vengono dall’interno dell’area cattolica
Non è il celibato in sé a favorire le pulsioni trasgressive
Non è solo la descrizione di una catastrofe che ha scosso i cattolici
ma la riflessione sull’istituzione e sulle vittime, in maggioranza ragazzi in età pre e post puberale
di Marco Politi (la Repubblica, 24.01.2009)
Le voci dall’inferno sono innumerevoli. «Accadde quando il sacerdote J. era chierichetto. Un giorno, dopo la messa, il prete si mise davanti a J. con il pene eretto e guidò le sue mani fino a raggiungere l’orgasmo� Quando entri in sacrestia, dopo aver servito messa, padre Bill ti dice che hai fatto un buon lavoro e tu sei felice e orgoglioso. Il tuo prete ti offre di aiutarti a sfilare la veste, scherzando. Ma appena l’ha sollevata, padre Bill la spinge sulla tua faccia con una mano mentre con l’altra si sbottona i pantaloni e si spinge dentro di te... Andai su e c’era il buon padre Donald, fumammo insieme (dell’erba) e poi mi fece delle proposte. Era la prima volta che qualcuno soddisfaceva me e mi piacque molto... Il dodicenne Julian fu abusato per tre anni da padre Scott, il quale gli aveva detto che per ricevere la cresima avrebbe dovuto partecipare a speciali sessioni di consulenza... All’età di cinque anni X cominciò ad essere prelevato da letto e portato sul divano del sacerdote (ospite dei genitori), che lo stendeva sopra di sé... I miei ricordi più terribili sono di noi due, io e padre Larry, che facciamo sesso nella mia stanza e dopo scendiamo al piano di sotto per cenare con la mia famiglia... La chiesa nella quale fui violentata era la stessa in cui i preti ascoltavano le confessioni, era la chiesa in cui tutti i figli della mia famiglia si sono sposati e alcuni nipoti battezzati, e in cui sono sepolti i miei genitori».
Il panorama è devastante. Quando papa Ratzinger è stato in America nell’aprile scorso il nuovo cardinale di Boston, Sean O’Malley, lo ha fatto incontrare con un piccolo gruppo di vittime di abusi che portavano con sé un libriccino con i nomi di altri mille abusati. Mille. Proviamo a trasporre la cifra in una diocesi come Torino, Bologna o Genova. Mille casi nascosti, insabbiati, negati e poi faticosamente portati alla luce. Ma basta già lo scandalo esploso ora a Verona, dove decine di ex allievi di un istituto per sordomuti, ormai adulti, hanno denunciato abusi sistematici da parte di esponenti del clero avvenuti nell’arco di un trentennio, per mostrare ciò che può nascondersi dietro la facciata della normalità quotidiana.
Le statistiche (come i processi) negli Stati Uniti sono impietose. Tra il 1950 e il 2004 si sono registrati undicimila casi documentati. Ma tutti i poliziotti sanno che le statistiche dei furti sono per difetto, perché riguardano solo gli episodi denunciati. Lo stesso vale per gli abusi sessuali. E così le cifre realistiche indicano in quaranta-sessantamila i casi di violenza subiti da minori da parte di predatori in tonaca. La media dei preti diocesani coinvolti è del 4,3 per cento. Certe annate di ordinazioni sacerdotali hanno prodotto tassi specialmente alti di preti-predatori. Otto per cento nel 1963, nel ’66, nel ’70, nel ’74. Addirittura 9 per cento nel 1975.
Atti impuri. La piaga dell’abuso sessuale nella Chiesa cattolica (a cura di Mary Gail Frawley-O’ Dea e Virginia Goldner, ed. Raffaello Cortina, pagg. 294, euro 20) non è solo la descrizione di una catastrofe che ha scosso i cattolici americani e portato alla bancarotta per risarcimenti più di una diocesi, ma è soprattutto un’analisi dell’istituzione in cui tutto ciò è potuto avvenire e una riflessione sugli individui colpiti, in maggioranza maschi tra gli undici e i diciassette anni nell’età pre o post-puberale, quando la psiche è maggiormente fragile. Riflessioni e denunce che vengono dall’interno stesso della Chiesa cattolica. Mary Gail Frawley-O’ Dea, una delle curatrici del dossier, è stata l’unica psicoterapeuta ammessa al vertice dei vescovi americani, quando a porte chiuse hanno discusso degli abusi sessuali. Hanno collaborato sacerdoti, religiosi, oltre ad esperti di problemi sessuali, docenti di religione e rappresentanti di altre confessioni cristiane.
Dal dossier emerge un quadro di analisi sfaccettato. Non è di orientamento omosessuale la maggioranza dei colpevoli, ma è l’«opportunità» che favorisce i rapporti con maschi dello stesso sesso. Non è il celibato in sé - come astensione da relazioni sessuali - a favorire le pulsioni all’abuso, ma una concezione del celibato come «integrità» ossessivamente ideologizzata e come «purezza» contrapposta ad una sessualità considerata peccaminosa o di inferiore. Non è tanto questione di trasgredire divieti, ma di personalità che scoppiano perché educate a idealizzare il sacerdozio e che non reggono l’urto con il quotidiano. Del tutto falso, poi, è che questi episodi siano frutto dello spirito libertino contemporaneo, poiché da diciotto secoli la Chiesa ha sancito norme e punizioni (il più delle volte rimaste teoriche) per combattere il fenomeno.
La vicenda non riguarda solo l’America, riguarda l’Italia, l’Irlanda, la Polonia, tutte le nazioni cristiane in misura variabile. L’America è solo il laboratorio di uno studio approfondito che interessa tutta la Chiesa. L’aspetto fondamentale è che le vittime sono «superstiti», carichi di ferite, segnati dall’orrore o dalla manipolazione della propria personalità. «Papa, funzionari del Vaticano e vescovi - scrive il domenicano Thomas Doyle - hanno mancato sistematicamente di accogliere le vittime come fratelli e sorelle in Cristo». Non è questione di brevi incontri dei papi con i «sopravvissuti» né di alcuni interventi, che condannano la mostruosità degli abusi. Il fatto è che finora né Giovanni Paolo II né Benedetto XVI sono arrivati a riconoscere fino in fondo le responsabilità dell’istituzione ecclesiastica e le sue manovre di occultamento. Se l’ex arcivescovo di Boston, cardinale Bernard Law, colpevole di non aver perseguito immediatamente i preti predatori, limitandosi a trasferirli di incarico, viene poi nominato (da papa Wojtyla) arciprete di una delle basiliche più venerande della cristianità, Santa Maria Maggiore, per sistemare lo scandalo dei vertici, l’esempio è assolutamente negativo.
Ancora di più pesa che la maggioranza dei vescovi non abbia saputo instaurare un rapporto umano con le vittime. Troppi vescovi, commenta il gesuita James Martin, hanno finito per anteporre alle vittime gli interessi dei preti violentatori.
Lo si coglie dalle strategie di fuga sistematicamente messe in atto dalla Chiesa allo scoppio di uno scandalo. La vittima ha enormi difficoltà a farsi sentire, i «superiori» invitano al segreto, il primo riflesso è di trasferire i colpevoli in altra parrocchia, poi si accusano i media, infine si pensa che il risarcimento economico chiuda la vicenda, magari concentrando l’attenzione sulla Chiesa «ferita».
Così rimane al centro l’istituzione e non la vittima. E invece gli abusi pongono interrogativi di fondo. E’ pronta la Chiesa a formare preti disposti a crescere con la propria comunità, ad ascoltarla, a considerarsi guide che «imparano» smettendo di autorappresentarsi in versione super-sacralizzata di «altro Cristo»? Il pastore che non è nutrito, sottolinea la pastora anglicana Anne Richardson, «divorerà la pecora».
Politica - Dibattito
Le metafore sbagliate del cardinale Bertone.
di Rosario Amico Roxas *
Di ritorno dagli Stati Uniti, dove è andato a cercare l’appoggio della curia americana al suo disegno pontificale, il card. Bertone è stato travolto da quesiti che ha cercato di glissare prima, per poi azzerare con una metafora che, in verità si trasforma in un boomerang. Ha tentato una parvenza di difesa di don (!) Gelimini, per poi partire all’attacco in difesa dell’ulteriore scandalo che sta investendo la Chiesa italiana, quello riguardante il prestigioso liceo della Torino-bene Valsalice. Difende attaccando il cardinale Bertone, per dimostrare una sua personale autorevolezza che dovrebbe surclassare le motivazioni accusatorie.
Dice Bertone:
«La Cappella Sistina restaurata è uno splendore e ha riacquistato i colori originali di Michelangelo, specialmente il grande affresco del Giudizio Universale. Ci sono dei ritagli di affresco che hanno mantenuto il colore rovinato, viziato dalle candele, dai secoli, dalle celebrazioni. Quindi, ci sono dei ritagli, dei rettangoli oscuri. Se uno puntasse la telecamera per riprendere la Cappella Sistina su questo angolo oscuro e non la puntasse sullo splendore, sarebbe una falsificazione. Anche questo frammento è Cappella Sistina, certamente, ma non è il grande capolavoro. La Chiesa - prosegue Bertone - è un grande capolavoro di Dio e degli uomini e delle donne di Chiesa, nel passato della sua storia gloriosa e nell’attualità di un volume immenso di bene che la Chiesa produce in ogni parte del mondo». Per questo la «requisitoria» si chiude con una condanna: il «modo dei media di presentare la Chiesa, qualunque sia l’intenzione o la colpa, è un modo mistificatore».
A metafora non si può rispondere che con un’altra metafora; non comprendere, il cardinale Bertone, che sotto accusa non sono “i ritagli dell’affresco”, bensì lo splendore che circonda quei ritagli.
La Chiesa “è un grande capolavoro di Dio e degli uomini e delle donne di Chiesa, nel passato della sua storia gloriosa....”. La Chiesa, come comunità dei cristiani è quella voluta da Cristo; è la Chiesa che vive e opera nel mondo proponendo la solidarietà fra gli uomini, l’amore, la giustizia, l’equità; è la Chiesa che condivide i drammi che in tutte le epoche si sono verificate nel pianeta, per lenirne i catastrofici effetti; è la Chiesa che condivide le parole e l’insegnamento di Cristo e ne fa motivo di proselitismo lì dove la voce di Cristo non giunge; è la Chiesa dell’esempio vivente, l’esempio di Madre Teresa di Calcutta, l’esempio dei sacerdoti dell’America latina, l’esempio dei preti-operai e di tutte quelle persone che si sono fatte carico delle croci altrui portando la Croce di Cristo, ben consapevoli che una croce senza Cristo è troppo gravosa da portare.
Ma Bertone non rappresenta questa Chiesa; è il n. 2 della nomenclatura vaticana, ma dello Stato Città del Vaticano, quello che brilla dello splendore degli affreschi, della ricchezza degli ori, della magnificenza dei suoi musei, della solidità del suo Istituto per le Opere Religiose, conosciuto come IOR, la banca che tratta a livello internazionale con le altre banche del pianeta e non sempre in maniera limpidissima; è la Chiesa che amministra il più ingente patrimonio immobiliare privato d’Italia; è la Chiesa che gestisce l’8 per mille dei proventi dello Stato, ma ne utilizza solo il 18% per opere di beneficenza, riservando il resto alle esigenze di apparenza e non di sostanza.
I ritagli dell’affresco, dal colore rovinato, possono rappresentare l’eccezione che conferma come la Chiesa vive nel mondo e subisce le alterazioni del tempo; è la magnificenza che non corrisponde all’insegnamento di Cristo, è l’opulenza, il formalismo, l’indottrinamento, le esegesi, le epistemologie del trascendente, che allontanano il mondo della fede che non si riconosce più nelle parole private dell’esempio. Il capolavoro di Dio è il cristianesimo che è dilagato quando “i cristiani venivano dato in pasto ai leoni” e non per meriti delle gerarchie vaticane, ma per la fede del popolo cristiano.
Cercando l’imposizione forzata, identificando le radici elettivamente nell’Europa, dichiarando un primato che dovrebbe ridurre gli altri popoli e le altre religioni a fenomeni antropologici subordinati, non al cristianesimo, bensì alle gerarchie dello Stato Città del Vaticano, si capovolgono i termini del mandato di Cristo e si pretende di dare “i leoni in pasto ai cristiani”, vanificandone lo spirito.
* Il dialogo, Domenica, 02 settembre 2007
Preti pedofili
Lettera aperta a don Gelmini
di Fausto Marinetti
Se volete fare un "Gelmini day" fatelo in P.zza San Pietro per chiedere perdono alla vittime dei preti pedofili *
10.8.2007
Caro don Pierino,
all’avvicinarsi del "Gelmini-Day", perché non collaborare con la verità e la giustizia? Sei la persona più indicata, perché hai la stoffa del martire, come dice il tuo portavoce, che ti mette alla pari di Cristo, "tradito" come Giuda. Sei un uomo votato agli altri, che non ha neppure bisogno del "santo subito". Sei uno che sfida tutti quanti, Dio compreso: «A costo di strisciare per terra, voglio andare avanti. Cadrò quando Dio vorrà, ma rimarrò in mezzo ai miei ragazzi, qualsiasi cosa pensino di me».
E allora, affinché la tua apoteosi sia piena, perché, invece di cantare le tue litanie ad ogni comunicato stampa, non inviti tutti gli abusati a venire alla luce? Suvvia, sottoponiti spontaneamente a una specie di prova del fuoco. Sii tu a lanciare una santa proposta o, se vuoi, una crociata: in tutte le chiese le vittime di qualsiasi pedofilia siano esortate a farsi avanti; si metta su tutti i blog cattolici e non-cattolici un invito a ripulire la chiesa dalla "sporcizia" dei preti pedofili; ogni episcopio, ogni parrocchia abbia un numero verde per le vittime. Non sarebbe il più bel servizio di testimonianza ai tuoi figli e aficionados? Non sarebbe il segno più efficace che prendi sul serio quel Cristo, che grida ancora: "Chi scandalizza un bambino meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi in mare"?
Stai tranquillo, sei al sicuro nella mani di Dio e della magistratura umana. Chi non ha debiti da saldare non ha bisogno di sbraitare, attaccare ebrei, massoni, gay, "magistrati mascalzoni", ecc. Hai visto? Le tue esternazioni hanno fatto un certo effetto perfino al tuo avvocato, perché sei "ingestibile". Anche qualche prelato, a titolo personale (secondo lo stile della diplomazia vaticana) ti invita a metterti da parte. Come mai a te non viene applicata la regola d’oro della "tolleranza zero"? Il manuale dei prelati americani (loro si, che se ne intendono) prevede che il solo sospetto di abusi sessuali su minori, è sufficiente per mettere subito il prete in isolamento. Una misura precauzionale (non è mai troppa) per prevenire possibili ricadute e perché fedeli e genitori hanno diritto alla massima sicurezza dei loro figli, siano essi chierichetti, ragazzini del catechismo, seminaristi, tossici, ecc. E allora perché a te è riservato un trattamento speciale, per cui non ti viene imposto, ma sei "invitato" a tirarti da parte? [Vale la pena ricordarti che don Zeno, al quale pensi di assomigliare, non solo aveva in orrore qualsiasi forma di assistenzialismo, ma riteneva che l’unico ambiente educativo è la famiglia di origine o adottiva. E’ evidente che la presenza di uomini e donne previene le aberrazioni degli ambienti a sesso unico, comunità terapeutiche e seminari compresi, che negli USA si sono rivelati vivai di omosessualismo; che ogni comunità è bene sia gestita da adulti e sia sotto il controllo dei laici, ecc.]
L’hanno capita anche in Vaticano: un’eccessiva auto-esaltazione rischia di essere, quantomeno, sospetta: "Chi troppo si loda, s’imbroda". Ti invitano a fare un passo indietro e tu ne fai due in avanti, paragonandoti ai "martiri", che hanno sofferto per mano di santa madre chiesa, come don Orione, p. Pio, don Zeno di Nomadelfia. Non è vano ricordare la saggezza popolare: "Scherza con i fanti, non con i santi". Zeno prendeva i soldi dai ricchi, ma gli diceva in faccia: "I soldi non sono vostri, ma del popolo che lavora, suda e soffre". Non li blandiva con pagelle e onorificenze; non dedicava loro lapidi di benemerenza, ma, mentre con una mano prendeva i soldi, con l’altra puntava il dito, ricordando loro: "Il ricco? O iniquo o erede di un iniquo". Nessun vescovo ha mosso un dito per difendere Zeno "nell’ora di Barabba". L’hanno affogato, perché urlava ai politici (alleati, fin da allora, con la gerarchia ecclesiastica) il dovere della giustizia. Gridava in faccia agli uni e agli altri, come Giovanni Battista: "Fate i conti, fate i conti. Le calcolatrici davanti al confessionale! Senza giustizia non si può neanche parlare di cristianesimo". Per questo l’hanno eliminato.
Converrai che i tuoi fans, devoti, ammiratori, anche se per lo più fascisti o di destra (con qualche ingenuo sinistrorso), dovrebbero almeno stupire della tua tanto esaltata "Cristo-terapia". Che la religione offra delle buone ragioni per delle esistenze distrutte dalla "felicità chimica" è un conto, ma ridurre il Cristo ad una ricetta magica è un altro: lui non è venuto a rubare il lavoro a psicoterapeuti, psicologi e psichiatri (sarà utile rileggersi il testo di Marco Salvia, il quale ha affermato di aver voluto descrivere proprio te...).
Non si può mettere in dubbio la tua generosità: 250 case di recupero, 300.000 assistiti, salti mortali per i 5 continenti, zelo "eccessivo" per aiutare i "poveri drogati", ecc. Se hai fatto tanto del bene, non devi avere paura di niente, vero? E allora? Allora non senti quello che ti suggeriscono le vittime della pedofilia, comprese quelle che ti hanno denunciato?
"Caro don,
perché non vai fino in fondo al tuo cammino di gloria? La vita ti ha dato tutto: macchine, ville, soldi, soddisfazioni, gratificazioni, amici "onnipotenti", ecc. Di noi, gli intimi, quelli che più ti hanno dato soddisfazioni spirituali, hai detto tutto il male che hai potuto. Ci hai definito "quei quattro farabutti, quegli sbandati, quei delinquenti...". Ce lo meritiamo, certo, ma non siamo sempre tuoi figli? Noi, tutti i violentati dai preti (senza allusione a te, aspettiamo il giudizio degli addetti ai lavori), abbiamo perso tutto, anche noi stessi, non abbiamo più niente da perdere.
Allora ti facciamo una proposta: alle tue benemerenze ne manca una sola, un gesto coraggioso, degno di te. Lo vedi?, ad ogni momento, viene fuori "un pezzo" di pedofilia clericale. Perché, sia pur innocente, non prendi in mano la bandiera degli "agnelli immolati"? Fino a quando non si avrà la forza di chiedere perdono a chi è stato distrutto non solo nel corpo, ma anche nell’anima dai rappresentanti di Dio, come potremo credergli? Se sei buono, come affermano i tuoi devoti ("È un padre e un santo"), perché non prendi l’iniziativa?
Lo sai: chi è stato "assassinato nell’anima", solo dopo anni di tortura interiore, di incubo notturno ha il coraggio di buttare fuori la verità. Se proprio i tuoi figli e ammiratori ci tengono, se proprio un "Gelmini-day" s’ha da fare, ebbene facciamolo come si conviene ad un patriarca come te: in piazza S. Pietro con tutte le tv del mondo.
Ma, sia chiaro, stiano a casa i leccapiedi. Solo tu, con il papa, i cardinali, i vescovi e noi, le vittime dei vizietti clericali, con i nostri parenti ed amici. Voi, sommi sacerdoti, vestiti di sacco, la testa coperta di cenere, vi inginocchierete davanti a noi (tutti gli abusati del mondo, compresi quei dieci, che ti hanno denunciato), ci laverete i piedi, li bacerete (quelli sì) e direte, urbi et orbi: "Vi chiediamo perdono in nome dei nostri confratelli preti e vescovi, che hanno calpestato anime fragili, le quali hanno visto in noi dei padri, che si sono rivelati dei traditori; chiediamo perdono per non aver fatto tutto quello che era in nostro potere per prevenire il delitto. E siccome non basta chiedere scusa a parole, ci impegniamo a risarcire i danni per giustizia. Vogliamo riparare le nostre colpe. Vi chiediamo perdono anche di avervi calunniato, dicendo che siete dei farabutti, sporchi ricattatori, che volete il nostro denaro (che è dei fedeli, dei genitori delle vittime e dei benefattori). Vi spetta per diritto, non per elemosina: un dovuto atto di GIUSTIZIA.
Noi, le vittime, solo a queste condizioni, assolveremo preti e prelati, alleggerendo la vostra coscienza e vi daremo la giusta penitenza: pane ed acqua per il resto dei vostri giorni. Ma non potremo opporci, anche se lo volessimo, al corso della giustizia, il quale non può che finire in una santa prigione. Solo lì la vostra coscienza troverà pace, lavandosi, giorno e notte con lacrime di dolore.
Così sia".
PS. Notizia dell’ultima ora: il portavoce di don Gelmini, Alessandro Meluzzi, dirotta l’annunciato "Gelmini-day" su un giorno di festa e di preghiera ad uno dei protettori della comunità: S. Michele Arcangelo, perché è "l’unico che può sconfiggere i demoni che stanno arrivando da ogni parte".
"Caro don, anche noi pregheremo con te, per te. Ma la proposta di cui sopra, è sempre valida, anzi raccomandabile".
Preti pedofili
Un unico messaggio per le vittime: uscite dal silenzio e denunciate.
di Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Dalle vittime che sono uscite dal silenzio arriva l’appello alle vittime che vivono in silenzio: liberatevi di questo peso.
“Non abbiate paura di uscire fuori!”.
È l’appello lanciato dall’Associazione per la Mobilitazione Sociale rivolto a tutte le vittime della pedofilia. “Dobbiamo uscire dal silenzio per sconfiggere il muro di omertà attorno agli abusi” a parlare è una ex vittima, Marco Marchese, oggi presidente dell’AMS ONLUS, di cui fanno parte anche altre vittime di abusi.
L’AMS interviene proprio a seguito dell’ennesimo caso scoppiato che ha coinvolto un sacerdote: non dobbiamo emettere sentenze di colpevolezza o di assoluzione, la società, tantomeno i politici, non deve schierarsi da una parte o dall’altra, soprattutto in una fase di accertamento giudiziario. Ma è importante che le vittime sappiano che possono uscire dal silenzio anche se il pedofilo veste la tonaca, il camice o altro!
“Abbiamo il dovere di sostenere le vittime - continua Marchese - e in questi giorni ho sentito troppe persone che si sono schierate da parte di presunti pedofili pronti a giurare sulla loro innocenza. Ignoriamo troppo spesso che l’abuso si consuma in silenzio, nel buio e senza testimoni!”
Marchese continua ricordando che in molti casi, le vittime trovano la forza di parlarne solo da adulti e che quasi mai hanno il coraggio di denunciare per paura di non essere creduti!
“Sono tante le persone che ci hanno raccontato la loro esperienza. Si tratta soprattutto di persone fragili che il pedofilo riesce facilmente a soggiogare. Oggi ci siamo attrezzati anche con legali e psicologi, lavorando in sinergie con altre associazioni, perché chi ha subito un abuso ha il diritto e il dovere di denunciare e di essere risarcito”. Dal 2005 ad oggi l’AMS ha raccolto i racconti di 38 persone che hanno vissuto sulla loro pelle il tradimento da parte di chi aveva la loro fiducia, di cui 12 hanno subito abusi da parte di sacerdoti o religiosi. Marchese conclude lanciando un appello agli organi di stampa e a chiunque si trovi a parlare di questi fatti: “Non trattate queste vicende come notizie di cronaca, ma soprattutto date un unico messaggio a tutte le vittime che vivono in silenzio e cioè che possono uscire dal silenzio perché non sono sole! In ogni caso possono scrivere a emailamica@mobilitazionesociale.it ”
L’Associazione invita chiunque abbia subito abusi a chiedere aiuto e soprattutto a denunciare perché abbiamo il dovere di fermare l’orco.
Maggiori info:
Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Via Malaspina 27, Palermo
http://www.mobilitazionesociale.it
info@mobilitazionesociale.it
* Il dialogo, Mercoledì, 08 agosto 2007
* La redazione de "il dialogo" si associa a questo appello e, come già sta facendo, mette a disposizione la sua email redazione@ildialogo.org per chi volesse denunciare gli abusi subiti ma non riesce ancora a trovare il coraggio per farlo. Scriveteci.
Lettera a Bruno Zanin, una vittima della pedofilia clericale
di Fausto Marinetti *
Caro Bruno Zanin,
grazie per il coraggio di riconoscere di essere un uomo. Non hai paura di te. E neppure "al figlio dell’uomo" fai paura, perché lui, ama ogni figlio d’uomo, qualunque cosa abbia fatto.
Tu non ti riempi la bocca di belle parole come facciamo "noi", uomini di chiesa. Sei quello che sei: "Sì, sì, no, no". Fai parte di quella stirpe, che il Cristo cercava allora come oggi: i pubblicani e le meretrici. E lui ha il coraggio di metterli in prima fila, scandalizzando gli osservanti della legge, i benpensanti, compresi coloro che dicono di "amare la chiesa, perché amano Cristo" (attenzione alla cripto-ipocrisia!). Quelli che antepongono la diplomazia al vangelo, quelli che predicano bene e razzolano male, quelli che impongono agli altri dei pesi che loro non muovono con un dito.
Il tuo coraggio ha dato frutto: altre vittime si sono fatte avanti a raccontare il loro trauma. E’ la riprova della mia ipotesi: se tutte le diocesi mettessero a disposizione un telefono verde, quante altre vittime verrebbero alla luce? Quello che noi vediamo è solo il top dell’iceberg... la "sporcizia" è sotto sotto, ma basta stuzzicarla e viene a galla.
Alcuni hanno rivelato nomi eccellenti, ma sono ancora in "coma emotivo", impigliati nella ragnatela della paura, del tradimento, dell’orrore che li paralizza.
Confessano di non aver neppure la forza di denunciare. Non ne vogliono sapere di andare in tribunale, sarebbe rivivere il Calvario, che stanno tentando di cancellare dalla loro carne. E poi ci sono monsignori intoccabili, una sorta di casta, perché, a volte, si servono delle "opere buone" per coprire i loro delitti. Il brutto è che non sono capaci di gettare la maschera come, invece, fai tu. Ma se è gente che fa professione di fede e di carità; se è gente votata al vangelo, come fa a servire Dio e stuprare i suoi figli? E si fanno chiamare "padri"...
Vedi? Io vengo dal di dentro e conosco certi meccanismi o strategie clericali. Credo che uno dei fattori ai quali imputare questa contraddizione, sia la "troppa verità", che li porta all’arroganza della verità (quella che in passato ha fatto le "sante" crociate, bruciato streghe, condannato Galilei, collaborato con la "conquista" e con la shoà, ecc.). Quanta saggezza nelle parole di Paolo: "Chi sta in piedi non si esalti troppo, perché anche lui può cadere...".
Oh se tutti i Fisichella avessero un po’ di spazio dentro di sé (oltre che per la teologia e il catechismo) per accogliere le vittime! Forse è per la troppa verità di cui sono sazi; forse è per la troppa dottrina, che hanno bisogno di nascondersi dietro agli "operai del bene", che, per fortuna, ci sono ancora tra le loro fila, e spesso tollerati quando non ostacolati, contrariati, ecc.? Tu sai che io sono stato dieci anni con uno perseguitato da loro: Don Zeno, il quale non gliele mandava a dire e, con il suo esempio ha criticato e messo in evidenza certa cultura cattolica che non ha niente a che fare con il vangelo. Non si tratta di virgole, ma di vedere la dignità umana secondo gli occhi e il cuore di Dio. Ti faccio qualche esempio:
1 - La cultura clericale non ha sempre trattato il figlio della ragazza-madre come "figlio del peccato"? E lui ironizzava: "Mai sentito dire che il diavolo abbia fatto dei figli!". Quando veniva accolta in comunità una gestante, ci insegnava che era come un ostensorio della vita e, quindi, dovevamo rispettarla, onorarla e anche venerarla come si venera l’eucarestia.
2 - Nel 1943 all’ombra del Santuario di Pompei trova un istituto con la scritta "Casa dei figli dei carcerati". E lui va in bestia: "Questi bambini non sono i figli dei carcerati, ma i gioielli di Dio Padre, carne battezzata, senza macchia d’origine" (27.2.1943). E quando la comunità verrà sciolta dal braccio secolare, con il beneplacito della S. Sede, circa 700 "figli" sono strappati alle madri e riportati negli istituti, scoppiando dal dolore, dirà: "C’è da meravigliarsi che il clero abbia accettato collegi e orfanotrofi? Un flagello! A Pompei hanno fatto perfino la Casa dei figli dei carcerati. Una scritta a caratteri cubitali. Tu, prete, hai il coraggio di chiamare così coloro, che Dio ha scelto, perché rifiutati dagli uomini? Disprezzati dal mondo è un conto, ma anche dalla Chiesa non è troppo? É lecito commettere di questi guai? Siamo come il sacerdote e il levita della parabola del samaritano. Il Calvario è la storia di Dio nell’umanità e Cristo continua a dire alla Chiesa: Donna, ecco tuo figlio. E alle vittime: Figli, ecco vostra madre".
3- Di fronte a un’Italia alla fame, nel dopoguerra, scrive a Pio XII: "In rerum natura non si sono mai visti i babbi e le mamme benestanti e i figli poveri, affamati, ignudi, senza casa. Si è visto e si vede spesso l’inverso. Noi ecclesiastici, padri per divina elezione, di fronte ai figli siamo quindi contro natura, in peccato, dal quale hanno diritto di difendersi. Vuol cambiare rotta? Io ci sto e chissà quanti ci stanno..." (25.5.1953).
Ma Fisichella crede proprio che basta mascherarsi con le opere buone di madre Teresa per cancellare le migliaia di vittime della pedofilia clericale? Altro che insistere nel dire che si tratta di "casi isolati", di responsabilità personale di alcuni preti che "non dovevano diventare preti"! E quella dei vescovi che li hanno smistati qua e là? E la copertura...
La tua confessione "coram populo" ci invita tutti a gettare la maschera, a riconoscerci semplicemente uomini, a non ritenerci migliori degli altri, perché il nostro vanto è proprio quello di essere della stessa pasta di Adamo, creature fragili e perfettibili. Chi non ha bisogno di farsi perdonare qualche cosa? Perché i prelati non dovrebbero ammetterlo? Per salvare l’immagine? Che cosa è questa benedetta immagine se non, appunto, un’immagine?
Fisichella ha perso un’occasione unica durante la trasmissione di Annozero? Se invece di arrampicarsi sui vetri per difendere a tutti i costi la chiesa, (Cristo non ha bisogno di crociati, vecchi o nuovi), si fosse inginocchiato davanti alla donna stuprata per anni da don Contini, che cosa sarebbe successo? Un’occasione d’oro mancata. Mancanza di coraggio o di fede?
Certo, meglio la diplomazia, l’arte di non perdere la faccia, "l’istituzione va salvata ad ogni costo"! Ma Cristo, altro che faccia...!, non ha perso tutto quanto quando è andato ad "abitare" sul Calvario? Se è vero che vi sta a cuore l’istituzione, perché non prevenire tanto male, tanta aberrazione coltivata nei seminari, tanta cultura sessuofobica, che non vi fa vedere la corporeità, i figli, le donne, ecc. con gli occhi di Dio?
Perché non si ha questo santo coraggio? Perché siamo diventati ecclesio-latri, abbiamo messo la chiesa al posto di Dio? Ma dove esiste nel vangelo il "culto" alla chiesa, al papa, ai principi della Chiesa?
E quanti disastri continua a fare l’idolatria del prete? Cosa non si fa per fargli credere di essere "altro" dal popolo, un diverso, un eletto, un predestinato? Non si è forse elaborata una "dottrina" per metterlo sul piedestallo di Dio stesso?
La teologia distingue tra il sacerdozio di "uomini speciali" e il "sacerdozio comune dei fedeli". Al sacerdote sono affidati poteri essenziali per la salvezza: celebrare l’eucarestia e perdonare in nome di Dio. Il concilio di Trento dichiara: "Se uno dice che nel Nuovo Testamento non c’è traccia visibile del sacerdozio e del potere di consacrare il corpo e il sangue di Cristo e di rimettere i peccati, sia anatema" (n°. 961). Il celibato obbligatorio rinforza la mistica del prete, che lo pone al di sopra dei laici. Quando viene ordinato si unisce a Cristo in tale maniera che è sostanzialmente diverso dagli altri (catechismo, 1581), perché "possiede l’autorità di agire con il potere e nella persona di Cristo stesso" (1548). Viene messo sul pulpito, accanto a Dio, di cui gode onori e privilegi. Il curato d’Ars dice: "Che cosa è un prete? Un uomo che sta al posto di Dio, investito di tutti i suoi poteri. Quando perdona non dice "Dio ti perdoni", ma "Io ti perdono". Se incontrassi un prete e un angelo, prima saluterei il prete poi l’angelo. Questi è amico di Dio, il prete sta al suo posto". S. Teresa baciava dove passava un prete. "Il sacerdote agisce in persona Christi e questo culmina quando consacra il pane e il vino" (Giovanni Paolo II, giovedì santo 2004). La divisione tra preti e laici è di origine divina (can. 207). Ma l’aureola anzitempo gioca brutti scherzi: ti illude di essere costituito in grazia, immune dal peccato, specie da quello banale e volgare del sesso, che spetta ai comuni mortali. Il passaggio dal potere al privilegio, dall’elite alla casta è breve. E così va a finire che il clericalismo distorce, distrugge, avvelena la missione della Chiesa. Se non è la causa di molti problemi, certo li causa per conservare privilegi, potere, prestigio, immagine. Quindi non è ammessa nessuna debolezza, lo scandalo va soppresso, le vittime messe a tacere. Corruzione e abuso inevitabili (cf "Sex, priests & secret codes, R. Sipe, T. Doyle, P. Wall, Los Angeles, 2006).
Se si fa credere al prete di essere "come Dio", è chiaro che questo influisce e condiziona la sua psiche al punto di considerarsi al di sopra della legge umana e inconsciamente si permette delle libertà, che non sono concesse ai comuni mortali.
Non ce n’è abbastanza per riflettere e decidere di cambiare rotta?
* Il dialogo, Sabato, 04 agosto 2007
*Ringraziamo Fausto Marinetti per averci inviato questa sua lettera a Bruno Zanin, una vittima della pedofilia clericale che ha raccontato la sua storia in un libro che fa tremare: "Nessuno dovrà saperlo" dove con raro coraggio ammette, come conseguenza, di essere diventato omosessuale, non pedofilo. Per lui, come per tanti altre vittime della pedofilia dei preti, nessuno muove un dito, neppure le scuse come avviene in America dove le vittime hanno diritto alle pubbliche scuse del vescovo, possono "raccontare" in chiesa il "fattaccio" o scriverlo sul giornale della diocesi. Possono anche giungere ad erigere nella piazza di Davenport, davanti alla casa del vescovo, una macina da mulino con le parole di Cristo: "Chi scandalizza un bambino sarebbe meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi nel mare".
Verrà il giorno in cui in piazza S. Pietro, al posto della fontana, si metterà una gigantesca macina da mulino a perpetua memoria delle vittime dei preti?
Preti pedofili
NELL’ISOLA "MERCER" (Seattle, USA) LA POLIZIA CONTROLLA LA CONDOTTA DI UN PRETE.
(Tradotto in collaborazione da Umberto P. Lenzi e Fausto Marinetti) *
Mentre in Italia i politici fanno di tutto per condizionare giudici e magistrati, negli USA la chiesa stessa, costretta dagli eventi, cambia solfa. Finalmente ha il coraggio di mettere un numero verde per le vittime di pedofilia clericale, pubblica sul suo sito un regolamento per tutelare i minori e denunciare i preti pedofili, ecc.
Tutto il contrario di quello che succede in Italia. Non sarebbe ora che anche i prelati e le Congregazioni romane seguano l’esempio dell’arcivescovo Brunett di Seattle?
NELL’ISOLA "MERCER" (Seattle, USA) LA POLIZIA CONTROLLA LA CONDOTTA DI UN PRETE.
Il Rev.do Kemp, accusato ma non ancora condannato, lascia l’incarico.
Di Mary L. Grady
Isola Mercer Reporter (giornale)
I parrocchiani di St.a Monica, chiesa cattolica dell’Isola di Mercer, vengono a sapere alla Messa del passato fine-settimana, che il loro pastore da cinque anni, il Rev.do. Dennis Kemp, è indagato per condotta indecente con un minore. L’investigazione è portata a termine dalla polizia dell’isola Mercer il 24 luglio, a causa delle denuncie esposte ai primi di luglio da un ragazzo di 12 anni e la sua famiglia. Kemp adesso è in licenza amministrativa, pagato regolarmente, mentre l’Arcidiocesi di Seattle investiga ulteriormente. Il più alto responsabile della Chiesa cattolica di Washington Occidentale, l’Arcivescovo Alex Brunett, a turno con l’Ausiliare il Vewscovo Joe Tyson ed altri incaricati della chiesa, sabato e domenica scorsi assiste ad ogni Messa a St.a. Monica per comunicare ai fedeli queste notizie. Alla Messa vespertina di domenica, l’annuncio, letto dal Vescovo Tyson, viene accolto con sospiri d’incredulità e a suon di pianti.
L’Arcidiocesi ha aspettato ad informare il pubblico, informando, prima i parrocchiani di St.a Monica. "La reazione è confusa", dice Larry McDonald, l’amministratore della parrocchia. Da una parte si è contenti che l’Arcivescovo stesso sia venuto a darne l’annuncio. Come è da aspettarselo, c’è tristezza e dolore. Ma questa parrocchia "sa che tutto converge in Cristo Gesù e, con Lui, supereremo anche questa". Greg Magnoni dichiara: "L’Arcidiocesi di Seattle, che controlla la Chiesa cattolica del Washington Occidentale, ha ricevuto le dichiarazioni attraverso il canale che ha montato appositamente per questo tipo di lamentele". L’Arcidiocesi ha riferito le informazioni all’ufficio del Procuratore della Contea di King. Il Comandante della Polizia dell’Isola Mercer, sig.a Leslie Burns, dichiara che il prete è stato controllato nei sei mesi trascorsi per fatti di contatto fisico avvenuti con il ragazzo. Il fatto è accaduto in chiesa. E l’investigazione è stata veloce. Dopo la lamentela fatta all’inizio di luglio attraverso l’Arcidiocesi, i Procuratori della Contea di King chiamano la polizia dell’Isola Mercer il 12 luglio. E loro cominciano immediatamente ad investigare, dice Burns: "Più volte gli incaricati intervistano il ragazzo e la sua famiglia. Almeno una delle interviste viene condotta da un investigatore speciale che, in questi casi, lavora con i ragazzi". Anche Kemp viene intervistato approfonditamente dalla polizia. Il MIPD (Mercer Island Police Department) spedisce le indagini all’ufficio del Procuratore della Contea di "King", aggiunge la Burns. L’Ufficio del Procuratore, tuttavia, non inoltra accuse criminali, perchè tale comportamento non rientra nello standard della normativa di un atto criminale. "Il comportamento è ritenuto improprio, ma non arriva al punto di costituire un’offesa criminale", spiega il capo della polizia dell’Isola Mercer, Ed Holmes. Benché si ritenga che non sia successo un atto criminale, l’Arcidiocesi interviene subito a sospendere il prete dal servizio parrocchiale. Kemp lascia spontaneamente la parrocchia il giovedì 26 Luglio. Secondo Magnoni, l’Arcidiocesi farà la sua indagine per verificare se le accuse sono credibili e stabilire se Kemp ha trasgredito la legge della chiesa e può continuare ad esercitare come prete. "La chiesa ha dei criteri diversi da quelli del Procuratore", spiega. "La procedura consiste nello stabilire se una persona ha le doti per esercitare il ministero nell’Arcidiocesi". Burns dice che la polizia dell’Isola non ha registrato altre lagnanze riguardo a Kemp e non è stata informata di altri problemi riguardanti il prete in questione: "Non abbiamo nessuna indicazione che cose simili siano successe con altre famiglie qui nell’Isola di Mercer". Magnoni sostiene, che, da tempo, questo è il primo caso di "comportamento scorretto", che succede nell’Arcidiocesi. Recentemente ha portato a termine le indagini degli abusi del passato compiuti da 13 preti. "Con le attuali procedure adesso siamo in grado di intervenire subito". McDonald è d’accordo. Dichiara: "Dal punto di vista della parrocchia, l’Arcidiocesi di Seattle sta intervenendo in modo impeccabile, secondo le loro norme e quelle della Conferenza dei Vescovi cattolici. Si può essere sicuri che l’Arcidiocesi, attraverso questa procedura, non sta occultando nulla e la giustizia e la verità verranno alla luce per quanti sono coinvolti. Posso anche dire che la nostra parrocchia è molto grata ai vescovi che sono venuti alle nostre Messe Domenicali. E staranno qui, per quanto possibile, anche durante tutto il mese di agosto. Siamo riconoscenti per la loro premura e il loro rispetto".
Kemp era arrivato in parrocchia nel luglio del 2002, come successore del Rev.do. John Bowman che era stato parroco per 12 anni. Kemp era stato assegnato a St.a Monica per tre anni dopo essere stato ordinato prete nel 1973 e poi assegnato ad altre due parrocchie, è stato amministratore della scuola superiore "Kennedy" dal 1978 fino al 1994. Per il clero cattolico è normale essere assegnati a posti diversi per la loro attività. Secondo Magnoni non è stata esposta nessuna altra lagnanza contro Kemp. Cresciuto in Seattle e Burien, prima di entrare in seminario per l’università e gli studi teologici, si era licenziato alla scuola superiore O’Dea.
L’Arcidiocesi cattolica di Seattle ha un regolamento particolareggiato, pubblicato sul suo sito Web, circa le denunce e la prevenzione dell’abuso sessuale. C’è anche un telefono verde e l’indirizzo e-mail per riferire i sospetti di abuso. Espone anche i modi nei quali la chiesa tenta di proteggere sia le vittime che l’accusato. Spiega come la chiesa esamina quelli che si preparano al ministero, i metodi per tutelare e riconciliare le famiglie e le vittime ed l’impegno per assicurare il giusto e dovuto processo all’accusato. Insieme, clero, membri della comunità e polizia vigilano, affinché venga applicato il regolamento.
Le norme sono quelle "decise dalla Conferenza Episcopale Americana a Dallas nel 2002," messe a punto per rispondere alla crisi degli abusi nella chiesa degli Stati Uniti.
St.a. Monica fu fondata nel 1958 e ha più di 1.300 famiglie. La chiesa celebra Messa e altre funzioni nella palestra della scuola, perché si sta rifacendo il pavimento del santuario.
In un pezzo apparso sul "Reporter" di Dicembre 2002, Kemp faceva delle riflessioni sulle implicazioni dei crescenti scandali dell’abuso sessuale nella chiesa. Aveva scritto: "Un prete ha una tale posizione di fiducia, che è difficile capire come qualcuno possa approfittare di questo privilegio". E, mentre affermava che il numero dei preti coinvolti negli scandali era piccolo, "anche un solo caso è di troppo", scriveva.
(Tradotto in collaborazione da Umberto P. Lenzi e Fausto Marinetti)
* Il dialogo, Domenica, 05 agosto 2007 - ripresa parziale
Don Gelmini indagato dalla procura di Terni per abusi sessuali *
Don Gelmini, il fondatore della Comunità Incontro, è indagato dalla procura di Terni con l’accusa di abusi sessuali. Ad accusarlo - secondo quanto riporta La Stampa - alcuni ex ospiti delle strutture della comunità ad Amelia. L’indagine, sottolinea il quotidiano, è in corso da oltre sei mesi e i magistrati hanno ascoltato diversi testimoni con l’obiettivo di ricostruire la vicenda. Le dichiarazioni di accusa sarebbero molte e abbastanza concordanti: pagine e pagine di verbali in cui gli ex ospiti - giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con la droga, qualcuno anche scivolato nella delinquenza - ripeterebbero sempre gli stessi racconti. I pm hanno anche già sentito il diretto interessato in un «lungo e drammatico interrogatorio».
Ma sulle indagini le bocche in procura sono più che cucite. Per vari motivi, spiega il quotidiano torinese. Primo poiché «il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga..». Terzo giacché gli accusatori sono giovani che hanno avuto o hanno tutt’ora a che fare con le droghe, «insomma sono testimoni non propriamente granitici» scrive La Stampa.
* l’Unità, Pubblicato il: 03.08.07, Modificato il: 03.08.07 alle ore 9.41
IL SACERDOTE NELLA BUFERA
Abusi, don Gelmini indagato
Alcuni ragazzi della comunità contro il prete anti-droga: molestati sessualmente FRANCESCO GRIGNETTI (La Stampa, 3/8/2007 - 7:42)
TERNI. L’indagine è segretissima e non c’è da meravigliarsi: dipende dall’altisonanza del nome coinvolto. Don Gelmini, il carismatico sacerdote antidroga, il mitico «don Pierino» che compare spesso e volentieri alla televisione a discettare dei valori che una volta c’erano e che ora non ci sono più, guru di tanti uomini politici, fondatore della Comunità Incontro, è indagato per abusi sessuali.
Lo accusano diversi ex ospiti della sua comunità. Per le strutture di Amelia, al Mulino Silla, in quasi trent’anni sono passati migliaia di giovani tossicodipendenti alla ricerca di una nuova vita. Molti ce l’hanno fatta. Il metodo spesso funziona. Ma secondo quanto risulta alla procura di Terni, non è tutto oro quel che luccica. Dietro il carisma di don Pierino, ci sarebbe un lato oscuro. Un’indicibile linea d’ombra che il sacerdote avrebbe oltrepassato ai danni di alcuni tra i più deboli (psicologicamente e fisicamente) e che ora sono diventati Grandi Accusatori.
C’è imbarazzo, però, negli uffici di giustizia ternani, retti dal procuratore capo Carlo Maria Scipio, a parlare di questa storia. Di più: c’è estrema cautela. E nessuna voglia di cavalcare il caso. Innanzitutto perché è evidente che quest’inchiesta che sporca il nome di don Gelmini si porterà dietro una valanga di polemiche politiche: il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo, perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga, uno che viene addirittura osannato da chi è stato beneficiato. Non soltanto in Italia, peraltro. Il suo metodo comunitario è stato esportato in mezzo mondo. D’altra parte la piaga della droga colpisce dappertutto. E il suo metodo, appunto, funziona.
Terzo elemento di prudenza, che non sfugge alla valutazione dei pm: chi accusa don Pierino sono giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con le droghe, insomma sono testimoni non propriamente granitici, qualcuno è anche scivolato nella delinquenza. C’è chi si trova in carcere per piccoli reati e il suo racconto è stato verbalizzato in un parlatorio. Brutto segno per un eventuale dibattimento. E ci si interroga. Magari ci potrebbero essere motivi di risentimento. Transfer psicologici da ben ponderare. Passioni che si sono trasformate in odio. Reazioni inconsulte contro un prete che pretendere il rispetto delle sue regole.
E’ un fatto, però, che l’indagine penale è in corso da diversi mesi. E finora non è stata archiviata. Anzi. Sono oltre sei mesi che si ascoltano testimoni, si ricostruiscono vicende piccole e grandi, si cercano riscontri. E’ stato sentito anche l’indagato. Don Pierino, ottant’anni suonati, uno che nella sua vita ne ha viste tante, e ultimamente si sta spendendo per i bambini diseredati del Terzo Mondo, in Brasile o in Thailandia, s’è dovuto trovare un avvocato e con l’assistenza del legale ha subito a Terni un lungo, drammatico interrogatorio. Ora, che sia un sacerdote di polso, dal carattere fumino, e dalla battuta pronta, è noto anche al grande pubblico. Figurarsi la sua reazione quando gli sono stati contestati questi e quei racconti, certe accuse infamanti, questioni pruriginose, sesso estorto. Ma tant’è.
Sembra che le dichiarazioni di accusa siano molte e abbastanza concordanti. I racconti, alla fin fine, sono sempre gli stessi. Ruotano attorno a una comunità chiusa dove c’è una figura di enorme carisma che non si limiterebbe a prendersi cura delle anime. Così sarebbe successo in alcuni casi, almeno, a giudicare dai verbali che si sono accumulati nei fascicoli della procura. Su questo aspetto segreto della vita comunitaria al Mulino Silla sono stati interrogati anche molti volontari che bazzicano la comunità, e collaboratori di don Pierino, e sacerdoti, e diversi ex ospiti. Ma su questo capitolo il segreto istruttorio è ferreo e non se ne sa nulla.
Preti pedofili
Fisichella scrive, Marinetti risponde
di Fausto Marinetti
Marinetti aveva inviato p. c. a Mons. Fisichella la lettera aperta a don Di Noto e Monsignore gli risponde: *
Caro Marinetti,
ho ricevuto la Sua lettera e La ringrazio. Mi dice che mi riguarda!L’ho letta con attenzione e per quanto mi riguarda non ho nulla da rimproverarmi. Temo che il Suo giudizio e la Sua lettura siano parziali e non sempre conformi alla realtà. Vorrei capire quali elementi possiede per affermare che nelle nostre strutture si fornisce ai seminaristi una cultura sessuofobica! Non riesco a seguirLa su questo cammino. Sembra che per Lei sia oro colato quanto provenga da una denuncia e falsità e tentativo di insabbiare se è fatto dalla Chiesa, dai Vescovi e dai Sacerdoti.
Mi spiace, ma non è così come le Iene o i reportage a cui fa riferimento. Da parte mia, non mi ritraggo ma non voglio neppure essere utilizzato strumentalmente per aggredire la Chiesa e le migliaia di Sacerdoti (e Vescovi) che ogni giorno con fatica e coerenza vivono la loro vocazione a sevizio di tutti!
Con la stessa schiettezza che Lei ha usato, ma con tono differente mi sono sentito di risponderLe.
Suo
† Rino Fisichella
La risposta di Marinetti
24.7.2007
Caro Mons. Fisichella,
Le chiedo lo sforzo di non dare per scontato che ogni critica è una "AGGRESSIONE". Non tutti riescono a battervi le mani, sempre e comunque, come certi "giornali di corte" e certi movimenti educati al servilismo e all’adulazione. A volte, quelli che riteniamo "i nostri nemici" sono assetati di giustizia e ci dicono la verità più degli ossequienti. "Salutem ex inimicis nostris"? Lei mi invita a nozze: "Vorrei capire quali elementi possiede per affermare che nelle nostre strutture si fornisce ai seminaristi una cultura sessuofobica!".
Ha ragione: non possiedo "elementi" teorici, nozioni astratte, "sentito dire" e quant’altro, ma l’esperienza sulla mia pelle, voragini nella mia psiche: sono stato in seminario dal 1953 al 1968. Quindi, produco fatti, esperienze, comportamenti, situazioni, insegnamenti. Porto in me le stigmate di quella cultura: l’incapacità di "accogliere" il mondo femminile "come altro da me"; l’ideologia del sacrificio (come se Dio fosse un contabile); "fare il bene" agli altri per sentirsi buoni; la vita è una "valle di lacrime"; ecc.
Entro in seminario nel 1953, anno in cui i religiosi, riuniti in congresso internazionale, discutono sulla "funzione educativa del pallone nei seminari", non un cenno all’educazione sessuale. Altri tempi, nei quali l’unica presenza femminile ammessa in seminario è la Vergine Maria. Segregazione assoluta, per quattro anni non torno in famiglia. A un undicenne non resta che votarsi a una beata incoscienza, tra gioco, studio e abbondanti pratiche di pietà. Il termine più "familiare": peccato! Onnipresente, più di Dio. Le virtù per eccellenza: obbedienza cieca, rinnegare se stessi, mortificazione dei sensi. Altro che fuga mundi, cancellazione del mondo! Si esalta la santa purità, inculcandoci che il corpo è occasione di peccato. Ogni fine mese il direttore fa il "rendiconto" delle nostre malefatte: bere fuori pasto, andare al gabinetto senza permesso (sfuggendo al controllo), troppa passione per il gioco, troppa amicizia sospetta, ecc. La colpa meritevole dell’inferno: l’amicizia particolare. Non capisco, ma gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. I colpevoli vengono svergognati: "Mele marce, traditori della vocazione, peggio di Giuda". Un dubbio: un ragazzino della mia età come può avere tanta forza da colpire il Cristo in persona? Per prevenire il contagio, l’isolamento del colpevole è immediato, l’espulsione celebrata come una cacciata dal paradiso.
Un giorno sparisce anche il sacerdote-assistente, che "dovevamo" chiamare "padre". Ogni sera, ispezionando la camerata, con gesto fulmineo ci strappa di dosso le lenzuola per verificare che cosa succede sotto di esse. Poi arriva l’ordine di dormire con le braccia sopra le coperte. Prediche e conferenze insistono ossessivamente sulla "bella virtù". Per essa preghiamo forsennatamente. Dall’alto della pala dell’altare una "donna vestita di luce" è la nostra donna ideale: incorporea, asessuata, un fantasma. Ogni sera, con la nostalgia, una domanda: "Ma la mia mamma dove è andata a finire?". Al suo posto il direttore spirituale, un vecchietto di 70 anni, buono come il pane, ma incompetente per aiutarci a gestire l’insorgere delle prime pulsioni. Ogni mattina, al suo confessionale, una fila di clienti-bambini per saldare, con un Dio-giustiziere, il conto di una notte inquieta. Il buon padre non sa dire altro che: "Prega, prega! Con la preghiera tutto va a posto". Mi sembra di non essere preso sul serio. Ma, sotto l’imperversare della minaccia dei castighi divini per il delitto di masturbazione, comincio ad avere paura del mio corpo: "Dio me lo avrà dato per punirmi? Cosa gli ho fatto di male?".
Gli zelanti sono quelli che fanno la doccia più in fretta, non indugiano nei gabinetti, spiano i compagni che si appartano e li denunciano. Ci viene insegnato, che la purezza consiste nel fingere di non avere un corpo, ignorare la sua crescita, finalità, movimenti. Non sono in grado di capire, ma, con il tempo, mi renderò conto che questo clima produce turbe e danni psicologici irreparabili. Sul conto di chi saranno messi? Chi si preoccuperà di ripararli? Io non so cosa sia lo stupro del corpo, ma quello dell’anima sì.
A forza di parlare di "peccato impuro" non si ingenera la sua ossessione? Educazione sessuale? Nel paradiso terrestre del seminario il sesso non deve esistere e, se esiste, è solo in confessionale per chiedere perdono a Dio di averci dato un corpo, che sarebbe meglio non avere. I seminaristi più sfrontati osano bisbigliare: "E’ vero che i bambini nascono dal petto delle donne?".
Il bambino e la donna sono presenze così insignificanti (o pericolose?) per una formazione umana integrale? Potrà mai Dio vergognarsi di quello che ha fatto? Se un ragazzo fa indigestione di spiritualità disincarnata, come si fa a farne un cristiano senza prima farne un uomo? Può essere condannato ad una specie di anoressia del cuore? A furia di "fare" il cristiano, abbiamo perso di vista l’uomo o abbiamo preteso di fare il cristiano alle spese dell’uomo? Se per 15-20 anni un giovane è tagliato fuori dal suo habitat naturale, la famiglia, è come una pianta coltivata in serra. Appena la si espone è soggetta a tutte le intemperie. Se un uomo passa dalla cassaforte del seminario a quella della canonica; se gli si impone una cintura di castità con il terrore dell’inferno e l’ossessione del peccato mortale, potrà mai venirne fuori un uomo capace di condividere la sorte dei fratelli, che pur si dibattono con la "lussuria degli occhi, della carne, del mondo"? Può il seminario sostituire la famiglia? O forse solo una comunità di padri e madri di famiglia sarebbe in grado di educare dei giovani candidati al ministero, come avveniva all’inizio del cristianesimo ?
Ci imbottiscono di vite di santi, che non hanno fatto altro che castigare il loro corpo con digiuni e cilici. Ignoranza, paura, sacro terrore faranno il resto. Un collega mi confiderà: "A furia di parlare contro il sesso mi hanno talmente condizionato, che, quando vedevo stesi al sole degli indumenti intimi femminili, li rubavo e li indossavo per eccitarmi. Eppure m’hanno convinto che quelle "cose" erano sfoghi di gioventù e m’hanno fatto prete lo stesso. Giro da una diocesi all’altra fin che trovo un vescovo, il quale mi manda dal suo medico di fiducia, che mi prescrive un farmaco. Il farmacista, mio conoscente, mi chiede: "Per chi è?". "Per me". "Sai che serve per la sterilizzazione chimica?".
Cose d’altri tempi? Ho degli amici appena usciti dal seminario e mi confermano che sono cambiate le forme, è rimasta intatta la sostanza. Si dice: "I seminaristi d’oggi la sanno lunga, hanno già fatto le loro esperienze!". Ma se sono esperienze negative, come potrà il candidato fare una scelta serena? A 25/30 anni uno può decidere per tutto il resto della sua vita, quando non sa niente di "crisi di paternità", di complementarietà uomo/donna, non ha ancora sentito nella sua carne i morsi della solitudine, non ha fatto esperienza dell’esigenza di perpetuarsi come specie? Come fa a rinunciare a ciò che non conosce, a ciò che è stato sublimato, inculcandogli che "il prete rinuncia ad un amore per amare tutti"? E poi, quando si ritrova in parrocchia, solo, la sera, s’avvede che "amare tutti con cuore indiviso", può essere una scusa per non amare nessuno? Se uno viene abituato fin da piccolo ad amare nell’intenzione, a fare atti di amore spirituale, non sarà un alienato per sempre? O l’amore è concreto, come quello della mamma, che è pane e latte, bacio e carezza, o che amore sarà mai? In seminario non c’è, tutt’oggi, la presunzione di far scalare ai neofiti la cima della "santa purità" senza fornire loro l’attrezzatura indispensabile per le alte quote? Che cosa può fare un prete che sui 40-50 anni s’accorge di non essere in grado di portare il "giogo" della castità? Se il prete giovane decide di lasciare non può sposarsi in chiesa, non può insegnare religione, deve allontanarsi dalla parrocchia, ecc. Diritti umani, valore supremo della persona? Forse il Cristo direbbe alla sua Chiesa che è stata lei a tradire l’uomo-prete? Dove sono i preti che denunciano i loro superiori di violenza psicologica, di intimidazione spirituale ed economica? "Se non stai alle nostre regole ti tagliamo i viveri...". Allora uno che fa? Si arrangia. Uno se la fa con le suore, con l’amante, oppure, oppure... (che tragedia!) con dei bambini. E che dire del superiore che invita il "prete bollente" ad andare a donne di nascosto?
E’ forse cambiata la cultura clericale, che vede la sessualità con gli occhiali neri dei pagani gnostici e manichei? Lei sa meglio di me che i cristiani della prima ora considerano il matrimonio un male necessario. Per S. Ambrogio la donna è tentazione, per S. Gerolamo il marito che ama troppo la moglie commette adulterio. Quanti coniugi sono stati ammessi alla gloria del Bernini per aver esercitato in grado eroico le virtù proprie del matrimonio? Ma quali sono? La rinuncia, il sacrificio, la negazione del piacere? Ha mai meditato sul testo della teologa e madre C. Jacobelli, Risus Pascalis - Il fondamento teologico del piacere sessuale?
Basta forse ammettere tra i docenti una zitella, inviare i seminaristi in vacanza o a fare apostolato domenicale? Un amico seminarista mi racconta: "Di ritorno dalle vacanze, 2005, corro dal padre spirituale. "Padre, ho provato simpatia per una ragazza". "E’ una tentazione, il maligno in persona, fuggi, fuggi da lei. Prometti di non vederla mai più". Trasformare la donna da sostegno, compagna dell’uomo (per "ordine di Dio") in un pericolo, in una tentazione, in una rivale di Dio è proprio secondo il suo cuore? Non è come cancellare metà della nostra stessa umanità? I preti pedofili avranno la loro responsabilità personale, ma non saranno anche frutto di questa cultura misogina e manichea? Un’amica, saggia e attempata, mi racconta: "Il prete in predica ha inveito talmente contro il sesso, che l’ho aspettato all’uscita e gli ho spiattellato in faccia: "Scusi, padre: si ricordi che anche lei è nato da un amplesso coniugale, non dagli angeli!".
Non mancheranno i preti osservanti del celibato (si parla, forse, del 6/10 %). Ma si tratta di regola o di eccezione? Si è giunti a tale conquista mediante o nonostante il seminario? Sono stato nei monasteri buddisti in Cambogia, Sri Lanka, Tailandia e ho studiato la loro iniziazione alla vita celibataria. C’è da invidiare tanta serenità, che è il risultato di un metodo di auto-dominio con pratiche ascetiche e il controllo del pensiero attraverso quello della respirazione.
Apprezzo troppo il celibato volontario per vederlo svilito ad una imposizione. Può essere mistificante sostenere che il celibato volontario non risolverebbe il problema, perché la pedofilia è una piaga, di cui non sono immuni nemmeno i padri di famiglia. Ma questi, almeno, non si dicono "rappresentanti di Dio"! Eliminiamo le anomalie educative; facciamo uomini concreti, calati nella realtà e così si potrà dire che non è colpa dell’istituzione. La pedofilia dei preti non è che un sintomo di un male sotterraneo. La gerarchia continuerà a colpire gli effetti, ignorando le radici del male? Non si addomestica il cuore, mettendolo in quarantena.
La Commissione dei vescovi americani non ha riconosciuto che l’educazione del seminario può inclinare all’omosessualità, quando non la favorisce? Non c’è terreno migliore di quello esclusivamente maschile per innescare curiosità morbose, ricercare il "surrogato" in mancanza del "prodotto originale". L’unico e insostituibile ambiente educativo è quello familiare e ogni altro rischia di essere contro natura (Cf Carta dellONU, 1989). Di fatto i seminari minori negli Usa, Canadà, Irlanda, Messico, ecc. sono stati chiusi. Per caso o proprio perché finalmente si ammette che non funzionano e, spesso, si innescano varie forme di omosessualità? Un’amica psicologa spiega: "In quei contesti si "ingenera" una omosessualità "situazionale", legata cioè non ad una scelta omosessuale di fondo, ma all’impossibilità di accedere all’oggetto sessuale femminile, per cui lo sfogo della libido si riversa su un altro oggetto. Non potendo riversarsi su una donna, la pulsione sessuale viene dirottata su altri uomini, che sono gli unici oggetti sessuali disponibili. Per coloro che hanno un’inclinazione alla omosessualità, il seminario diventa l’ambiente "ideale" per esprimerla, con tutte le ovvie ripercussioni su quanti non hanno questo orientamento di fondo".
Di fronte all’ "11 settembre della Chiesa americana" si parla di innominabile tradimento di Cristo. Ma l’unico e solo "colpevole" è il prete pedofilo? Pedofili si nasce o si diventa? Se si diventa, che cosa vi ha contribuito? Non sarebbe stato opportuno convocare in Vaticano gli "indegni", per sentire la loro versione e offrire al mondo le loro scuse? Prendersela con gli effetti non elimina le cause. Chi più e meglio di loro ci potrebbe dire che cosa ha fatto difetto nella loro educazione psico-affettiva, a che cosa attribuire i buchi neri della formazione? E cosa è successo nei primi anni del ministero? Che cosa i cristiani avrebbero potuto e dovuto fare per dare al prete non solo offerte ma anche sostegno umano?
Forse il papa potrebbe convocare anche le vittime in piazza San Pietro e chiedere loro perdono insieme ai cardinali? Non creda che ce l’abbia con Tizio o Caio, che passano, ma con il sistema, che non passa e continua a immolare le sue/nostre vittime. Imparassimo ad ascoltarle, almeno!
Distinti saluti,
Fausto Marinetti
PS. Perché non ripassiamo il n° 3 di Concilium del 2004? Non sono degli "anticlericali", ma teologi/ghe, ricercatori seri che parlano, non a caso, di pedofilia clericale come di tradimento strutturale della fiducia.
* Il dialogo, Mercoledì, 25 luglio 2007
CHI HA PROTETTO I PRETI PEDOFILI?
di Mario di Carlo (*)
Cifre astronomiche per il risarcimento dei danni alle vittime hanno determinato l’amministrazione controllata dal tribunale in diverse diocesi degli USA. Vicende simili hanno toccato l’Austria, il Belgio, il Brasile, la Croazia, la Francia, la Gran Bretagna, l’Irlanda e l’Italia *
http://www.italialaica.it/cgi-bin/news/view.pl?id=007435
Da Critica liberale n. 138
Da oltre un decennio i casi di pedofilia da parte di sacerdoti attirano l’attenzione e le censure dei media, della magistratura e della società civile. Negli Stati Uniti d’America il fenomeno ha assunto dimensioni talmente rilevanti (1 ) da richiedere prese di posizione ufficiali dell’allora Pontefice Giovanni Paolo II, una commissione di inchiesta ordinata dalla Conferenza dei Vescovi Cattolici e soprattutto cifre astronomiche per il risarcimento dei danni, che hanno portato all’amministrazione controllata dal tribunale (un istituto simile al fallimento) diverse diocesi. Vicende simili hanno toccato l’Austria, il Belgio, il Brasile, la Croazia, la Francia, la Gran Bretagna, l’Irlanda e l’Italia.(2)
Nel 2001 la Lettera apostolica Sacramentorum sancitatis tutela (a firma Giovanni Paolo II) e l’Epistola De delictis gravioribus (a firma Joseph Ratzinger) si occupano dei delitti canonici da attribuire alla cognizione della Congregazione per la dottrina della fede e tra questi dei delitti «contro la santità del sacramento della Penitenza» compresa l’«istigazione, profittando della circostanza della confessione, a peccare contro il sesto comandamento del Decalogo [non commettere atti impuri, ndr], se finalizzata a compiere peccato con lo stesso confessore» e dei delitti «contro la morale, cioè: delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da componente del clero con persona d’età inferiore ai diciotto anni». In questi documenti si fa riferimento alla Instructio Crimen sollicitationis emanata nel 1962 dal Sant’Uffizio presieduto dall’allora Pontefice Giovanni XXIII coadiuvato dal Prefetto card. Alfredo Ottaviani.
Tale documento era rimasto sino ad allora segreto essendo per sua espressa disposizione «da custodire accuratamente nell’archivio segreto della curia come regolamento interno da non pubblicare né da ampliare con note di commento». Negli Stati Uniti si ottenne che l’Instructio fosse prodotta in giudizio ed in questo modo si è venuti a conoscenza del documento che pubblichiamo di seguito , in estratto, nella traduzione di Gennaro Lopez, professore di Lingua latina presso l’Università di RomaTre. [su Italialaica nella rubrica I Documenti, ndr]
Nel 2006, poi, la Bbc ha trasmesso il documentario sull’argomento Sex crimes and the Vatican che è stato aspramente criticato da parte della Conferenza episcopale cattolica inglese. Lo stesso documentario è stato corredato di sottotitoli in italiano e reso disponibile via internet (3) in Italia suscitando lo scandalo di chi ignorava quei fatti e quei documenti e l’indignata protesta di alcuni settori del mondo cattolico (4). Ovviamente non ci occuperemo qui del documentario della Bbc ma dei documenti e di taluni fatti, cercando di fornire una guida alla lettura.
Innanzi tutto, come in qualsiasi analisi di un testo giuridico ci si può domandare se l’Instructio Crimen sollicitationis (d’ora in avanti l’Instructio) sia tuttora in vigore. Secondo l’autorevole, ma non convincente, parere del card. Julian Herranz «il documento del ’62 è stato abrogato nel 1983 dal Codice di diritto canonico». In senso contrario depone però la lettura della citata Epistola De delictis gravioribus del 2001 (d’ora in avanti l’Epistola) in cui si fa riferimento alla «direttiva Crimen sollicitationis (5) ancora vigente» da reinterpretare in funzione dei nuovi codici. La lettura congiunta dei canoni e dell’Epistola non fanno peraltro emergere sostanziali novità (6) ad eccezione dell’attribuzione delle cause in questione alla giurisdizione e competenza (sembrerebbe esclusiva e non più concorrente con quella dei tribunali diocesani) della Congregazione per la dottrina della fede.
Sembra utile chiarire, inoltre, che i testi normativi di cui si discute appartengono all’ordinamento canonico. Ne deriva che i termini delitto e reato si riferiscono non alla legislazione penale dello Stato ma a quella della Chiesa cattolica. Il crimen sollicitationis è il reato, canonico appunto, di istigazione ad atti sessuali con un sacerdote. Il par. 1 dell’Instructio, che definisce il reato di istigazione, fa riferimento alla confessione, come momento, luogo, circostanza o pretesto degli atti o conversazioni impure ed oscene.
I parr. 71, 72 e 73 stabiliscono, inoltre, che le stesse procedure e le stesse pene si applicano agli atti osceni peccaminosi di un appartenente al clero con una persona dello stesso sesso (definito crimen pessimus) nonché a «qualsiasi atto osceno esterno, gravemente peccaminoso, in qualunque modo compiuto o tentato da appartenente al clero con bambini di ambo i sessi o con esseri viventi non umani» (par. 73). Similmente l’Epistola si riferisce ai «Reati contro la santità del sacramento della Penitenza, cioè: [...] 2) istigazione, profittando della circostanza della confessione, a peccare contro il sesto comandamento del Decalogo, se finalizzata a compiere peccato con lo stesso confessore»; ed al «reato contro la morale, cioè: delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da componente del clero con persona d’età inferiore ai diciotto anni» (par. quarto). Come già detto i reati a cui i testi si riferiscono sono reati canonici. Evidentemente però taluni di quegli atti e, specificamente, gli atti sessuali con minori di anni sedici (o quattordici in taluni casi) costituiscono reato per il nostro codice penale, per l’esattezza il delitto previsto all’art. 609-quater (7) (oltre al caso della violenza sessuale per abuso di autorità ex art. 609-bis). Il diritto canonico quindi prevede delle proprie sanzioni per comportamenti che costituiscono reato anche per il diritto statale. Ma quale rapporto vi è fra le due sfere? In teoria nessuno, se non quello del dato oggettivo. Il diritto penale “canonico” dovrebbe disciplinare il processo canonico e le pene canoniche per il sacerdote provato colpevole dell’istigazione a peccare contro il sesto comandamento, il diritto penale “civile” dovrebbe disciplinare il processo e le pene contro chiunque (nel caso anche sacerdote) “compie atti sessuali con persona che al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia [..] persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore e’ affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza”.
Un punto di conflitto fra i due ordinamenti sembra però sorgere in relazione al segreto imposto dal diritto canonico. L’Instructio impone che questi casi «siano condotti nella massima segretezza e, una volta definiti con sentenza esecutiva, vengano coperti da silenzio perpetuo; tutti coloro che, in qualunque modo, sono personalmente addetti al tribunale, ovvero per il loro ufficio sono ammessi alla conoscenza delle questioni in causa, hanno l’obbligo di osservare inviolabilmente il segreto strettissimo, che vale comunemente come segreto del Sant’Uffizio, su tutto e con tutti, sotto pena di incorrere nella scomunica latae sententiae, ipso facto e senza altra dichiarazione, riservata alla sola persona del Sommo Pontefice, con esclusione anche della Sacra Penitenzierìa » (par. 11) e dispone per tutti una stretta formula di giuramento sull’osservanza del segreto. Tale giuramento deve essere prestato anche da «gli accusatori, coloro che sporgono denuncia e i testi» (par. 13). L’Epistola più succintamente stabilisce che «le cause di questa natura sono soggette al segreto pontificio», il più rigido dei segreti previsti dal diritto canonico dopo il sigillo della confessione (8).
Su tale segreto sorgono due domande, la prima sul senso che esso assume nel suo contesto e la seconda sulla possibilità che influenzi ed ostacoli il corso della giustizia dello Stato.
A giustificazione del silenzio i commentatori di parte ecclesiastica hanno argomentato che dal punto di vista pragmatico la consegna assoluta del silenzio servirebbe a garantire l’onorabilità di accusato ed accusatore o accusatrice fino al termine del processo, per ragioni di garantismo, nonché a consentire ai testi di farsi avanti senza esporsi, ma mai di impedire a costoro di rivolgersi o collaborare con l’autorità giudiziaria statale. A conferma di ciò si è sottolineato come il paragrafo 15 (in realtà i parr. 15-18) impongano la denuncia, quasi sempre a pena di scomunica. L’argomento però è debole. Tali autori dimenticano infatti di precisare che l’obbligo di denuncia non si riferisce alla denuncia alla magistratura dello Stato ma alla denuncia alle autorità ecclesiastiche, per lo stesso principio per cui quelle norme si occupano dei reati “canonici” e non “civili”. Non spiegano neppure come mai il segreto è posto non solo per il tempo necessario a definire il processo, con garantismo estremo, ma sia un “silenzio perpetuo”. Peraltro il garantismo, così come comunemente inteso, è un’esigenza molto poco sentita dal diritto canonico, che, a titolo di esempio, non conosce il principio di legalità e certezza delle pene. Più convincente, ma non più confortante, la spiegazione che dal punto di vista teologico è offerta dal card. Herranz, il quale richiama tre princìpi: «evitare lo scandalo, tutelare la libertà dei testi, garantire il corso della giustizia», in ragione del fatto che «nella Chiesa chi governa deve cercare il bene delle anime». In altre parole lo scandalo che potrebbe sorgere dalla notizia del peccato (che qui è il reato canonico) rischierebbe di smarrire altre anime, a tutela delle quali primariamente è posto il vincolo del segreto. L’argomento, ovviamente, è un fondamento sufficiente ai credenti, ma non gli si può negare una logica. Eppure anche qui qualche altra domanda sorge. Non si vedono altre esigenze meritevoli di essere valutate assieme al timore di uno scandalo? Dov’è la pietà per le vittime e la considerazione delle sofferenze e dei turbamenti che costoro sono costretti a subire anche a grande distanza dagli avvenimenti? Ha senso prevedere una pena canonica più grave per la vittima che violi il vincolo del segreto (scomunica riservata al Pontefice) piuttosto che per il reo (dimissione dallo stato clericale)? Ma soprattutto, che senso può avere non offrire una fattiva collaborazione una volta che lo scandalo sia venuto alla luce? In quella stessa logica il silenzio successivo allo scandalo sembra aggravare lo smarrimento dei fedeli, piuttosto che aiutarli. Basti un esempio. Nel 2002 la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti insediò una commissione di laici, il “National Review Board”, incaricata di verificare, tramite audizioni, ricerche, incontri ed interviste l’applicazione della Carta per la protezione dei bambini e dei giovani di cui la Conferenza si era dotata. Dopo un anno il suo presidente si dimise in polemica con alcuni vescovi, dopo aver affermato che i comportamenti di cui era venuto a conoscenza (rifiutare di deporre, distruggere i nomi dei colpevoli, nascondere, offuscare, minimizzare) rispondevano più all’atteggiamento di una famiglia mafiosa che a quello di una comunità di fede (9).
Il timore dello scandalo insomma, sembra rispondere non solo alla tutela del benessere spirituale dei fedeli, ma anche, se non soprattutto, alla tutela dell’immagine pubblica della gerarchia cattolica come illibata maestra di pubblici costumi, alla tutela delle casse delle diocesi (laddove queste potrebbero essere aggredite per via dei risarcimenti dei danni) e, non ultimo, alla stabilità di gerarchie mai davvero abituate al confronto e allo scrutinio trasparente e democratico (10). Ma veniamo al secondo punto, può il segreto imposto dal diritto canonico collidere con il diritto dello Stato? Ovviamente queste considerazioni non possono che essere svolte relativamente all’ordinamento italiano. Come giustamente affermato da molti osservatori, il nostro diritto penale non impone al semplice cittadino l’obbligo di denunciare i reati di cui sia venuto a conoscenza se non nel caso di reati contro la personalità lo Stato puniti con l’ergastolo (artt. 364 c.p. e 333 c.p.p.). Il prelato che venga a conoscenza del reato in ragione del suo ufficio può ritenere, anche a torto, di non sporgere denuncia contro il suo sottoposto, senza per questo violare la legge. Ma qui sembra esserci un passo oltre. La normativa in questione infatti non si limita a chiedere o suggerire il silenzio ma lo impone. Per di più lo impone non solo all’autorità ecclesiastica, ma a chiunque venga a conoscenza dei fatti di causa e soprattutto lo impone alla vittima. L’art. 378 c.p. punisce a titolo di favoreggiamento personale «chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione [...] aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, o a sottrarsi alle ricerche di questa». Le modalità con cui l’Instructio chiede il rispetto del silenzio, un giuramento formale orale e scritto, e le pene canoniche previste, fino alla scomunica, sembrano essere tali da condizionare fortemente la volontà di coloro che volessero rivolgersi alla giustizia dello Stato. Se questo integri il favoreggiamento, o l’induzione a non rendere dichiarazioni all’autorità giudiziaria di cui all’art. 377-bis c.p., spetterebbe ad un giudice accertarlo tenuto conto di tutte le circostanze di fatto. Peraltro la responsabilità penale è personale e andrebbero individuati i necessari collegamenti di causalità e colpevolezza. Da coloro che invece sostengono che il principio di leale collaborazione con le autorità supera l’imposizione del silenzio attendiamo l’indicazione di tutti i casi in cui la gerarchia ecclesiastica ha ritenuto di dover collaborare al benessere della società indicando alla giustizia questi crimini e questi criminali, senza coprirli e senza portarli in giro per le parrocchie di mezzo mondo.
(*) Mario Di Carlo è ricercatore della Fondazione Critica liberale e coordinatore della Consulta Romana per la laicità delle Istituzioni.
NOTE
(1) Per un’ampia documentazione di veda il sito www.bishop- accountability.org .
(2) Cfr. S. Bolognini, Preti pedofili: tolleranza e titubanza, “Critica liberale” 135-137, gennaio-marzo 2007, p. 102.
(3) Il documentario è andato successivamente in onda il 31 maggio 2007 durante la trasmissione Anno Zero di Rai 2.
(4) A. Galli, Infame calunnia via internet, “Avvenire”, 19-5-2007; M. Introvigne, La congiura degli ignoranti, “Il Giornale”, 23-5-2007 e Molto rumore per nulla, in www.cesnur.org; M. Politi, intervista con J. Herranz, “La Repubblica”, 24-5-2007.
(5) “Quia Instructio Crimen sollicitationis hucusque vigens, a Suprema Sacra Congregatione Sancti Officii edita die 16 mensis martii anno 1962, recognoscenda erat novis Codicibus canonicis promulgatis”.
(6) Cfr. in part. i canoni 1387 e 1395.
(7) Art. 609-quater, co. 1 (Atti sessuali con minorenni) «Soggiace alla pena stabilita dall’articolo 609-bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza».
(8) Cfr. Costituzione apostolica Secreta continere, Acta apostolicae sedis 1974, pp. 89-92.
(9) “Catholic News Service”, 19 giugno 2003.
(10) Non ci si può esimere da notare, inoltre, che la sciagurata politica di trasferimenti dei sacerdoti in odore di pedofilia è (o era) il retaggio di una cultura che fatica a confrontarsi con (e ad accettare) i dati scientifici.
Nella rubrica I documenti: CRIMEN SOLLICITATIONIS (16 Marzo 1962), EPISTOLA (18 maggio 2001)
(15-7-2007)
USA PRETI PEDOFILI - L’ACCORDO RIGUARDA 508 VITTIME DI ABUSI CHE SI ERANO COSTITUITE PARTE CIVILE
di Piergiorgio Semprini *
PRETI PEDOFILI, 660 MILIONI DI RIMBORSI.
NewYork - Seicentosessanta milioni di dollari: è questa la somma che l’Arcidiocesi di Los Angeles dovrà pagare alle 508 vittime di molestie sessuali compiute da esponenti del clero della Chiesa Cattolica Romana dal 1950 a oggi, e concentrati soprattutto tra gli Anni 50 e 80. L’accordo extragiudiziario, il più consistente mai siglato negli scandali per abusi sessuali, è stato raggiunto sabato sera, come riferisce Ray Boucher, il principale avvocato delle vittime. Mediamente ognuna delle persone costituitesi parte civile riceverà 1,3 milioni di dollari, mentre l’accordo nel suo complesso porta a due miliardi l’ammontare dei risarcimenti pagati dalla Chiesa americana dal 1950. Di questi oltre un quarto proviene dalle casse dell’Arcidiocesi di Los Angeles, la più grande degli Stati Uniti.
Il giudice dovrà stabilire come la somma sarà ripartita tra le assicurazioni, l’Arcidiocesi e altri ordini religiosi cattolici. L’avvocato della diocesi Michael Henningham ha spiegato tuttavia che «le parrocchie non saranno toccate e le attività della Chiesa subiranno un impatto, ma non la paralisi». L’accordo prevede inoltre la pubblicazione di documenti personali relativi ad alcuni membri della Chiesa. Per Boucher questo è importante perché potrebbe essere determinante per rivelare il ruolo di alcuni alti prelati dell’arcidiocesi nel coprire i misfatti compiuti dai preti. «La trasparenza è fondamentale per gli accordi», ha commentato l’avvocato. «Alcune delle vittime hanno aspettato una soluzione per oltre mezzo secolo», ha proseguito Boucher, secondo cui la cifra pattuita rappresenta solo «la prima rata di un debito da tempo scaduto». L’intesa inoltre pone fine a tutte le 15 azioni legali nei confronti della arcidiocesi, la prima delle quali sarebbe dovuta iniziare oggi.
Per le alte gerarchie della Chiesa, del resto, chiudere la vicenda prima di arrivare in tribunale era una priorità assoluta: i rischi per l’Arcidiocesi erano danni punitivi ben più consistenti e la possibilità che il suo responsabile, il card. Roger Mahoney, fosse chiamato sul banco dei testimoni. Lo stesso Mahoney, in una lettera aperta ai fedeli, aveva annunciato che l’Arcidiocesi stava provvedendo alla vendita di alcune proprietà per raccogliere i fondi necessari a pagare i risarcimenti.
Il primo caso di abusi sessuali compiuti da membri della Chiesa Cattolica scoppiò nel 2002 nell’arcidiocesi di Boston, costretta a pagare 85 milioni di dollari per risarcire 552 vittime. Da allora la somma più elevata è stata, sino a ieri, quella sborsata dalla diocesi di Orange, sempre in California, nel 2004: 100 milioni. Cinque diocesi invece, San Diego, Davenport, Portland, Spokane e Tucson, travolte da numerosi casi di abusi, hanno chiesto la protezione delle autorità dalla bancarotta.
Altri 114 milioni erano stati pagati da ordini religiosi della Chiesa di Los Angeles, tra cui francescani, carmelitane e gesuiti, nell’ambito di accordi separati per sistemare in via extragiudiziaria altre 86 cause legali. In totale è di 774 milioni l’ammontare dei risarcimenti stabiliti a carico della diocesi californiana.
Con i 660 milioni pattuiti sabato si pone fine a 570 denunce per abusi di 221 preti, frati e altri dipendenti laici della diocesi in un arco di 70 anni, molte delle quali presentate grazie a una legge statale del 2002 che revocava per un anno il limite di retroattività nelle cause per violenze sessuali.
Caro Don Di Noto, da anni ormai ci occupiamo di casi di separazione dei Genitori, dove vengono coinvolti, loro malgrado, figli minorenni.
Anche in questi casi, come nella situazione dei preti pedofili, la Chiesa non ha mai preso una vera posizione.
La stessa è infatti rimasta sempre nel "mezzo", a volte predicando bene, ma razzolando male.
Noi del Ge.FI.S. - Genitori di Figli Sottratti, il cui operato si può vedere nel sito internet: http://xoomer.alice.it/geni_e_figli - Chiediamo che proprio tu Don Di Noto, faccia notare alle dovute Autorità Ecclesiastiche che è ora di intervenire e prendere una posizione ben definita sulla situazione pedofilia operata da "elementi" ecclesiastici, e soprattutto è ora di intervenire a favore delle vittime di tali abusi, anche materialmente, affinchè venga data la possibilità di avere Giustizia contro gli abusi subiti.
Distinti saluti.
Fausto Paesani - cell. 3478473605 - Ge.Fi.S. - Genitori di Figli Sequestrati - Comitato Senza Scopo di Lucro
Preti pedofili, la chiesa di Los Angeles
pagherà 660 milioni di indennizzi
LOS ANGELES - L’Arcidiocesi cattolica di Los Angeles pagherà un indennizzo record di 660 milioni di dollari, più di un milione a testa, a circa 500 vittime di abusi sessuali commessi da preti pedofili a partire dagli anni Quaranta. L’accordo è stato raggiunto solo poco prima dell’inizio del processo fissato per domani.
L’indennizzo è il più dispendioso negli ultimi anni per la Chiesa cattolica americana, bersagliata da richieste per numerosi casi di abusi sessuali commessi da preti nei confronti di minori.
* la Repubblica, 15-07-2007
L’inchiesta, prima parte:
250mila quelli censiti, ne vengono
chiusi a centinaia ma risorgono in continuazione
Pedofilia, ecco la Rete degli orchi
Su Internet i siti dell’orrore
di PAOLO BERIZZI *
MILANO - Per entrare nella stanza dell’orco non bisogna nemmeno bussare. Si saltano le presentazioni. Nessuna maschera o identità posticcia. Al massimo: un nickname a scadenza. In molti casi neanche quello. Entri e fai i tuoi porci comodi, e anche ottimi affari. Indisturbato. Impunito. Senza pagare un centesimo. Anche se con Internet non sei un drago. Bastano un minimo di dimestichezza telematica e un paio di dritte giuste per accedere gratuitamente alla galleria degli orrori della pedofilia on line. Lì si può mettere in piedi, in quattro e quattr’otto, un mercato nostrano, redditizio. Scarichi, gratis, foto vietatissime, e le rivendi.
Spiega un italiano che si firma Eric e che conosco su un forum cileno: "Crei un free book a costo zero, lo immetti sul web, attivi le modalità di pagamento attraverso il solito sistema di carte di credito, e il gioco è fatto". In un giorno puoi mettere in cascina anche 10 mila contatti. Che sono un bel po’ di soldi. Su 10 mila visitatori il 10 per cento (1000 utenti) acquista; un book di 10 foto viene sugli 80 euro (70 $); in ventiquattro ore i più furbi riescono a tirare su anche 80mila euro. Si chiamano pedosciacalli. Sono i nuovi raider della pedofilia telematica. Scaricano gratis e rivendono. Una figura di pedofilo autarchico, furbetto. Il business prima del piacere sessuale. O assieme. Sono loro, oggi, il vero incubo delle polizie postali di tutto il mondo.
Per un po’ di giorni abbiamo navigato nel mare grande della pedopornografia: per capire quanto fosse diffuso, e quanto fosse facile entrarci. Troppo, in entrambi i casi. Abbiamo conosciuto i pedosciacalli e i pedofili delle chat, quelli che si scambiano materiale non a fini di lucro ma solo per piacere. E i pedofili culturali, certo, la versione sofisticata, solo apparentemente platonica, dell’orco. E poi i pedofili sfacciati, quelli che si mostrano in viso e ti invitano a entrare nella loro "grande famiglia". Quella dove l’amore "non ha barriere", e "i nostri angeli e le nostre ninfe meritano solo dolci carezze". Entrando in queste "grandi famiglie" - sono 256.302 i siti web monitorati dal 2001 a oggi dalla polizia postale, 155 quelli chiusi in Italia, 10.376 quelli segnalati all’estero - abbiamo visto foto e video di bambini e bambine di ogni età. Nudi, seminudi, qualcuno cosciente, la maggior parte no, tutti abusati, ridotti a pupazzi con lo sguardo vitreo dai loro aguzzini. È stato un viaggio nell’orrore, in un nero mercato che prevede anche la morte. I pedofili immettono nel circuito telematico immagini delle loro prede da morte dandole in pasto - a pagamento, fino a 20 mila euro in Europa, molto meno se riesci a scovarle sugli ormai diffusissimi e più economici portali mediorientali, soprattutto iraniani e iracheni o africani - ai maniaci del pedosnuff (snuff, morire). Oppure le fissano sul digitale quando devono ancora nascere.
Quando sono feti di sette-otto mesi. "La merce più rara e più ambita della pedofilia estrema, assieme ai bambini sfigurati vittime di incidenti stradali, oggi sono le ecografie neonatali - spiega don Fortunato Di Noto, dell’associazione Meter impegnata da anni nella lotta alla pedofilia - . Gli "infantofili", e cioè gli amanti del genere da 0 a 4 anni, una tipologia in continua crescita, se le contendono a caro prezzo: anche 10 mila euro se l’immagine è nitida. E il commercio sul web è sempre più fiorente". Alcune ecografie provengono dagli ospedali e dagli studi medici del Sud Italia, da Napoli, da Palermo, o dai paesini sonnacchiosi dell’entroterra dove tutto accade e nessuno sa. Non sanno i medici, non sanno le ostetriche, non sanno i genitori. Chi sa benissimo ciò che sta facendo sono i cyber utenti. Una tribù che ogni giorno a tutte le ore si scambia materiale, esperienze, curiosità, indirizzi web, consigli, sulla loro ossessione.
Sono un esercito gigantesco i pedofili virtuali. Alex, americano del New Jersey, barba e capelli stile Bee Gees, non si fa problemi a mostrarsi in viso, sbracato in poltrona, o nel letto, in compagnia delle sue lolite. Nel suo portale - del quale omettiamo volutamente l’indirizzo ma che è in assoluto uno dei più frequentati e forniti - Alex espone i prodotti della ditta. Si va dai neonati alle bambine di sette-otto anni. Ci sono foto da voltastomaco. Decine di porn lover page e in mezzo lui, in canottiera, orgoglioso, che tiene in braccio una bambina con addosso solo il pannolino. Mi informa che questo mese c’è un’offerta speciale: "79 $ per tutta la settimana". In pratica: paghi e per sette giorni hai accesso alle immagini. Ma decine di foto sono scaricabili senza pagare. Crearsi un quaderno personale è un attimo. Rivenderlo, pure. Una delle cose più impressionanti di questo mercato è la facilità con cui da consumatore puoi diventare produttore. Per dire: ci sono navigatori italiani che hanno spremuto il sito di Alex e ne hanno fatto un pozzo di approvvigionamento per i loro business. Non daremo il nome di questi e altri siti e chat e forum - l’iniziale e basta - per evidenti ragioni. Se ne occuperà la polizia postale. Gli adolescenti sono già bombardati dai pedofili via telefonino: una pioggia di messaggi per invogliarli a spogliarsi, a inviare foto in cambio di ricariche telefoniche e piccole regalie. Un adescamento sempre più diffuso, che ha per obiettivo finale l’incontro.
I primi connazionali con cui entriamo in contatto li incrociamo sul forum "K...". Una chat di boylover e girlover dove si danno appuntamento pedofili di tutto il mondo. Non ci sono foto, su "K"; solo messaggi. Dopo essere stati esaminati e accettati accediamo alla room chiamata the lounge. Michele-Ita e Salvatore-Ita: ci si firma così, con nome - vero o falso che sia - e sigla della nazione di provenienza. Michele mi dà il benvenuto in inglese: "Ciao, sono felice di conoscere una persona come me libera da pregiudizi. Questo - aggiunge con soddisfazione - è l’unico forum dove si può conversare liberamente e condividere in allegria la passione per i bambini e le bambine". Provo a rivolgere a Michele qualche domanda vagamente personale. E’ evasivo. Mi dice solo: "Ho 48 anni e adoro i bambini tra i 10 e i 14 anni". I pedofili (a eccezione dei "culturali") non amano parlare troppo di sé. Di solito vanno subito al sodo. Si concentrano sulla preda. Sulle fotografie, sui video. Scambiano dritte sui siti dove poter reperire materiale. Salvatore-Ita snocciola un indirizzo buono fatto di molti numeri: "Vai su "2..." e troverai roba interessante". Clicco. Si schiude l’home page di uno dei portali più grossi e hard nel panorama della pedofilia virtuale. Sequenze interminabili di neonati e bambini ritratti in pose oscene. Mi accolgono in modo ospitale: "Benvenuto nella "sick...", il paradiso della depravazione infantile". Scene di sesso tra adulti e bambini, o solo tra bambini. Sono minori di varie nazionalità. A occhio, soprattutto Europa dell’Est, Asia, Africa. Secondo i dati raccolti dall’associazione Meter e incrociati coi colleghi di altre nazioni, i bambini coinvolti nel mercato pedopornografico sono oltre 2 milioni: il 78% femmine, il 22% maschi. Per il 70% sono di razza bianca, per il 20 di provenienza asiatica e africana, e per il 10 di origine araba e mediorientale. (Continua)
(la Repubblica, 16 luglio 2007)
II PARTE
Un giro di affari spaventoso.
Su Internet si presentano come "grandi famiglie"
Pedofilia, olocausto bianco
due milioni le vittime in Rete
di PAOLO BERIZZI *
MILANO - L’archivio di free photo su "2...." è corposo. Basta cliccarci sopra e le puoi scaricare. La prima e anche l’ultima cosa che pensi è: possibile che nessuno riesca a bloccare quella sequenza di immagini? Domenico Vulpiani è il direttore capo della polizia postale: "I siti a pagamento, che in effetti contengono anche delle foto e dei video scaricabili gratuitamente, in realtà offrono sempre lo stesso materiale: sono come un film porno, le immagini sono sempre quelle. Ai veri pedofili oggi interessa roba nuova, produzione domestica, casalinga, non i posati, pure hard e molto spinti, dei pay site. Il materiale se lo scambiano nelle chat. Tra una discussione e l’altra. Anche se apparentemente innocuo, il terreno più infetto e pericoloso oggi sono proprio le chat". Lolita, Fiordaliso, Ninfe. Nomi da retorica pedopornografica. Parole chiave con cui accedere alle decine di forum dell’orgoglio pedofilo. E alle loro bacheche. Sempre su "2...": "Mi intriga molto la sezione dei ragazzini", scrive un tedesco che si firma Hans B. Eric, dalla Francia, ringrazia: "Complimenti per l’ottimo lavoro. Questo è in assoluto il sito che preferisco". Hans B lo ritrovo un paio di giorni dopo chattando su "C...", una chat creata dal cileno Alain (vive a Santiago, fa l’insegnante, film preferiti Fucking Amal e Lolita). "Vieni a trovarmi su "f..." e su "l...". Poi mi dici cosa ne pensi, a proposito di amore libero e senza più barriere. Ok?". Aggiunge: "Ho molto materiale da offrirti, tu ne hai? Potremmo scambiare qualche video, cose con piccoli angeli di due o tre anni... ".
"La centrale mondiale della pedopornografia oggi è San Pietroburgo - continua don Di Noto - La maggior parte dei bambini e anche la produzione di video e fotografie provengono da là. Gli italiani quei siti li divorano, ne creano di loro ma su server stranieri. Perché sui server italiani c’è un controllo capillare e ormai serratissimo, divulgare materiale è rischioso". Usa, Russia, Iran, Iraq, Israele, Sudafrica, Nigeria: la mappa dell’"olocausto bianco", come lo chiamano le decine di organizzazioni che combattono la pedofilia in tutto il mondo, è in continuo e sfuggente movimento.
Su 158 milioni di minori sfruttati ogni anno in tutto il pianeta, si calcola siano almeno 2 milioni quelli coinvolti nel mercato pedopornografico. Una tratta da 1 milione e 200 mila piccoli schiavi ogni anno. I loro corpi ingrassano gli affari dei pedosciacalli. Le persone arrestate per pedofilia on line dalla polizia postale, dal 2001 a oggi, sono state 187; 3.346 le perquisizioni, 3.655 i soggetti denunciati in stato di libertà. "Stiamo mettendo a punto una black list. In pratica vieteremo l’accesso a tutti i siti pedopornografici con i provider italiani - spiega Marcello La Bella, direttore della polizia postale di Catania - Almeno con quelli... Perché con i provider stranieri uno può accedervi comunque". Per questo la maggior parte dei nostri pedofili on line si sposta, almeno virtualmente, in Olanda e in Belgio e nel Lichtenstein (patria dei pedofili culturali). Per la serie: fatta la legge, trovato l’inganno.
L’americano Alex è un pedofilo sfacciato. Sa di rischiare la galera, anzi, come informa nel suo sito, al fresco ci è già stato. Ma tant’è, "amo i bambini e amo passare il tempo in loro compagnia. Questo sito è una grande famiglia dove chiunque può accedere". Altri, più subdoli di Alex, autosdoganandosi e rivendicando il loro diritto ad "amare i minori", si nascondono dietro il fragile paravento della pedofilia culturale. Teorizzano. Filosofeggiano sui portali dove è tutto un inno all’orgoglio pedofilo. Si ammantano di una patina culturale, tirano in ballo il Simposio di Platone. Poi abbandonano i sofismi e si fiondano nella vetrina-labirinto dove sono esposte le loro vittime: e lì comprano "piccole creature" con cui divertirsi. Una delle principali porte di accesso italiane alla pedofilia culturale è il sito "J...". Sull’home page campeggia il ritratto di un adolescente con la folta chioma pettinata a caschetto. Sopra c’è scritto: ""J" è stato creato apposta per quanti scoprono di potersi innamorare di bambini o giovani. Di questi tempi - si legge - non è cosa facile scoprire questa parte di sé. Qui si può parlare di questi sentimenti in un’atmosfera confidenziale. Potrai ascoltare come altre persone vivono questa condizione e ti sarà possibile fare la tua scelta. Ricordati che non sei solo!". E poi: "Ti aiuteremo a vivere questo amore in un modo responsabile e rispettoso delle leggi".
Sono discussioni che vorrebbero apparire igieniche, quelle dei pedofili culturali. Chattando nei loro forum si possono tracciare dei profili umani. Uomini dai 30 ai 60 anni, cultura medio-alta, affetti da un apparente sdoppiamento della personalità. Pedofili sì, ma in senso buono, è la loro tesi. Che poi non si capisce come sia possibile. Il confine è molto, troppo labile. Scrive Carlo M, 46 anni, divorziato: "L’unica forma di amore puro e innocente puoi provarla per un bambino. Non credo più alle storie con gente adulta, uomo o donna che sia. Tradiscono, mentono. Non hanno la purezza e la sincerità dei nostri splendidi angeli". Gli diamo corda, e così anche a Eugenio che si fa chiamare Gene. Scrive: "Lo studio come lo sport sono ambiti dove il bambino o l’adolescente può e deve trovare libero sfogo. A noi tocca il compito di incanalare quello sfogo in una crescita formativa". Può sembrare una frase innocente, ma a leggere tra le righe mette i brividi. Né conforta la tesi di Domenico Vulpiani: "In realtà al vero pedofilo della pedofilia culturale non importa nulla. Non gli servono le parole ma le immagini".
Vado per l’ultima volta nella child room di "2...", e subito in quella, violentissima, di "P...". Un link mi trascina nell’archivio "Lolita...". E’ un pugno al ventre. Mi inviano una cartolina dal Canada. Non avrei mai voluto riceverla. Mi assale un conato di vomito. Esco dalla stanza dell’orco con il desiderio di non entrarci più.
(Fine)