[...] Letti nella loro interezza, gli "appunti" e le "schede" impilati nell’arco di almeno cinque anni (2001-2006) sul conto di magistrati, uomini politici dell’allora opposizione, giornalisti, documentano non solo la natura illegale e calunniosa del lavoro spionistico svolto dal Servizio, ma il "programma politico" che lo ispirava e chi ne era il "dominus" tecnico: il generale Nicolò Pollari.
"Alla valutazione del generale" - come indicano gli appunti riservati - Pompa sottoponeva ogni mossa. Con Pollari e l’insediamento della nuova maggioranza di centrodestra, a Palazzo Chigi nasce un "nuovo" Servizio impegnato nella "bonifica del Palazzo", "l’epurazione della pubblica amministrazione", "la tutela di eminenti personalità di governo" con il ricorso, se necessario, a iniziative non ortodosse e traumatiche [...]
I DOCUMENTI/ 1
"Bonificare Palazzo Chigi mettendo persone sicure nei posti chiave"
di CARLO BONINI *
Scrive Pio Pompa in una delle sue note autografe all’allora direttore del Sismi Nicolò Pollari: "Il segreto è il punto di forza di ogni mutamento". Ora, almeno in parte, quel segreto cade e l’archivio riservato di via Nazionale (di cui Pompa era l’addetto) restituisce ciò che vi è stato custodito. Letti nella loro interezza, gli "appunti" e le "schede" impilati nell’arco di almeno cinque anni (2001-2006) sul conto di magistrati, uomini politici dell’allora opposizione, giornalisti, documentano non solo la natura illegale e calunniosa del lavoro spionistico svolto dal Servizio, ma il "programma politico" che lo ispirava e chi ne era il "dominus" tecnico: il generale Nicolò Pollari.
"Alla valutazione del generale" - come indicano gli appunti riservati - Pompa sottoponeva ogni mossa. Con Pollari e l’insediamento della nuova maggioranza di centrodestra, a Palazzo Chigi nasce un "nuovo" Servizio impegnato nella "bonifica del Palazzo", "l’epurazione della pubblica amministrazione", "la tutela di eminenti personalità di governo" con il ricorso, se necessario, a iniziative non ortodosse e traumatiche. Ecco dunque i documenti.
"Sicurezza del Palazzo" (Palazzo Chigi) - appunto manoscritto
"Nei confronti del personale legato da rapporto di impiego stabile con la presidenza del Consiglio, a scanso di forti reazioni burocratico-sindacali, è possibile attuare una ragionevole ed efficace attività procedendo all’attribuzione di talune funzioni a persone ritenute sicure, procedendo contestualmente ad avvicendamenti "formalmente fisiologici" di altri soggetti, onde depotenziare il dispositivo esistente, o almeno "disorientandolo" e privandolo di sicuri punti di riferimento (...) In questo senso un’attenzione particolare va rivolta ai soggetti che curano i flussi documentali e gli apparati di comunicazione. (...) Il problema di "bonificare" il dispositivo di sicurezza del "Palazzo" è meno arduo (...) Il segreto è il punto di forza di ogni decisione di mutamento. Sta nel rapporto fiduciario che deve legare tale organizzazione con la Presidenza, nonché nel sapiente dosaggio della necessità e dell’opportunità di avvicendare, nel tempo, i vari organismi nelle varie funzioni (...) E’ necessario pensare alla costituzione di un dispositivo fiduciario limitato a poche persone da inserire nell’ambito della struttura (...) un apparato di sensori e cartine di tornasole utile a prevenire e, se del caso, a reprimere (...) E’ superfluo aggiungere che il dispositivo in parola deve essere caratterizzato da persone di blindata affidabilità, della quale deve assumere personale responsabilità chiunque sia chiamato a individuarle".
L’EPURAZIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
"Supporto conoscitivo all’interno della Pubblica amministrazione" - appunto manoscritto.
a) Conoscenza e/o possibilità di conoscere le risorse umane e, segnatamente, gli "atteggiamenti" e i "riferimenti" del management pubblico.
b) Individuazione delle aree e di soggetti in grado di intervenire in termini "non convenzionali" nelle scelte, nelle decisioni da assumere e/o per l’ostruzionismo delle stesse.
c) Conoscenza delle aree di gestione degli stimoli impropri e/o della disinformazione organizzata rispetto alla linea decisa.
d) Conoscenza e/o tendenziale possibilità di individuazione di focolai di contrapposizione tecnico-politica alla linea di governo.
e) Possibilità di corrispondere alle esigenze di Governo di conoscenza, di volta in volta, di ambiti, soggetti, progetti, iniziative, atteggiamenti formali o sostanziali di eventuale interesse dell’Autorità.
f) Possibilità di monitoraggio di ambiti, soggetti, programmi, progetti, iniziative di interesse dell’Autorità.
g) Valutazione preventiva delle risorse umane cui affidare o comunque curare progetti di interesse dell’Autorità".
LA NEUTRALIZZAZIONE DEL NEMICO POLITICO
"Attività di tutela di eminenti personalità di governo" - appunto manoscritto
A) Al livello interno.
1) Nei rapporti con le istituzioni:
* Valutazione costante degli "atteggiamenti impropri" propalati, adottati o adottandi, da Organi o persone, da attivarsi secondo programmi preventivamente illustrati all’Autorità o su sue specifiche indicazioni. * Monitoraggio dei settori "notoriamente sensibili". * Studio di fattibilità di eventuali ipotesi di lavoro volte a "neutralizzare iniziative improprie". * Attivazione di procedure indicate dall’Autorità di volta in volta interessata.
2) A livello di Organi diversi dalle Istituzioni
* Attività di "monitoraggio costante" di ogni iniziativa o ipotesi di iniziativa volta a incidere sul regolare funzionamento, sul corretto esercizio e sulla credibilità di organi e/o soggetti di Governo * Approfondimento cognitivo di situazioni di minaccia riferite ad aree sensibili, di cui si è attinta autonoma notizia o per cui sono richieste adeguate attività. * Valutazione delle "prospettive di rischio" e conseguente studio di fattibilità degli atteggiamenti e dei provvedimenti da assumere. * Valutazione, a livello di intelligence economica, delle fonti, delle notizie, degli indirizzi e delle prospettive di interesse, desunte dal programma di Governo, o, di volta in volta, indicate dall’Autorità (quest’ultima voce appare nell’appunto relativo al "Supporto di sicurezza generale" ndr).
Appunto al Direttore - 3 agosto 2002
"Dallo studio preliminare delle ultime attività di Medel (organizzazione europea che raccoglie giuristi e magistrati ndr) e soprattutto dal suo principale sostegno italiano (Magistratura democratica) emerge quanto segue: Settori di attività: a) impegno per la garanzia dello status di magistrato; b) opposizione a legislazione speciale sul terrorismo, che affiderebbe maggiori poteri all’autorità di polizia ai danni della magistratura; c) opposizione a politiche e legislazione restrittive in materia di immigrazione. 2) Principali contatti in Italia: a) Gruppo Abele; Arci; Associazione di promozione sociale; Centro di iniziativa per l’Europa del Piemonte; Associazione di studi giuridici sull’Immigrazione; Agenzia testimoni di Ge-Nova; Associazione "Carta". Allegato: Per quanto riguarda i progetti specifici promossi da enti e associazioni "non profit", benché non sia esplicito alcun legame con Medel, può essere interessante approfondire la natura e i contenuti del "progetto Melting pot" promosso da "Sherwood Comunicazione e Comune di Venezia". I redattori sono: Avv. Marco Paggi; Rosanna Marcato; Cris Tommesani; Gianfranco Bonesso; Milena Zappon; Barbara Barbieri; Claudio Calia; Jelena Momcilovic; Nait Salah Mourad; Leen Elen; Vojsava Zagali; Jonas Chinedu Okonkwo; Graziano Sanavia".
Appunto al signor Direttore - 13 febbraio 2002 - "La Commissione di inchiesta su Tangentopoli".
"Presso ambiti qualificati si è appreso che, ben prima dell’istituzione della Commissione di inchiesta su Tangentopoli, il movimento dei "giuristi" democratici militanti avrebbe verosimilmente predisposto una strategia di contrasto sia a livello nazionale che internazionale. I giuristi si sarebbero avvalsi, da un lato, del supporto delle componenti politiche, mediatiche e antagoniste a essi contigui o organici, dall’altro del network internazionale facente capo a Medel. Nello specifico è stato riferito di incontri e contatti riservati intercorsi nei giorni immediatamente successivi al varo della Commissione tra Bruti Liberati, Livio Pepino, Ignazio Patrone, Giovanni Salvi, Cesare Salvi, Sergio Cofferati, il segretario del Fnsi Paolo Serventi Longhi. In tale contesto, sarebbero emersi i seguenti orientamenti: adottare forme di pressione sul Presidente della Repubblica strumentalizzando anche una presunta volontà da parte del Governo di porlo in difficoltà attraverso il caso Telekom Serbia. (...) appoggiare strenuamente il disegno, che farebbe capo al fronte antiriformista e al movimento venutosi a costituire intorno a Cofferati, teso a boicottare l’attività di Governo in attesa di eventuali esiti negativi delle vicende giudiziarie del Premier".
La "scheda" Barbe.
"Secondo talune indicazioni, il magistrato di collegamento presso il ministero di Grazia e Giustizia, Emmanuel Barbe (addetto dell’ambasciata di Francia a Roma) risulterebbe da tempo in stretti rapporti con diversi esponenti di Medel (...) Sembrerebbe che Barbe abbia avuto modo di diventare un profondo conoscitore delle vicende politiche e giudiziarie riguardanti il nostro Paese sulla scorta di frequentazioni e di legami, agevolati dalla stessa Medel, con Luciano Violante, Antonio Di Pietro, Giancarlo Caselli, Ignazio Patrone, Edmondo Bruti Liberati, Alessandro Perduca, Livio Pepino, Claudio Castelli, Maria Giuliana Civinini, Giovanni Salvi, Luigi Marini".
La scheda "Gallo".
"Fonte di buona affidabilità ha riferito in merito al previsto incontro tra l’esponente del movimento Batasuna, Joseba Alvarez, e il magistrato del tribunale di Roma Domenico Gallo, membro di Medel. Tale incontro dovrebbe svolgersi nella serata del 28 aprile a margine di un’assemblea fissata per le 17.30 sulla situazione nei Paesi Baschi, organizzata dal Centro sociale Intifada, via di Casalbruciato 15, Roma. In particolare, è stato riferito che il magistrato in questione risulterebbe contiguo ad ambienti della sinistra eversiva sia a livello nazionale che internazionale e segnatamente con i "Carc", l’Eta basca, il movimento bolivariano di Evo Morales, l’Ezln del Subcomandante Marcos e con le Farc colombiane. Su tale versante, egli fungerebbe inoltre da collegamento con esponenti politici, sindacali e della magistratura, tra cui: Sergio Cofferati, Nunzia Penelope (giornalista), Cesare Salvi, Giovanni Salvi, Papi Bronzini (Md), Ignazio Patrone (Medel), Edmondo Bruti Liberati (Md), Laura Curcio (Md), Amelia Torrice (Md), Amedeo Santosuosso (Md), Paolo Mancuso (Md), Giacinto Bisogni (Md), Letizio Magliaro (Md), Gianni Palombarini (Md), Marco Paternello (Md), Mario Vaudano (Md)".
Segue nella seconda parte
* la Repubblica, 5 luglio 2007
DOCUMENTI / 2
"Giuristi militanti e circo mediatico
delegittimano il premier" *
TELEKOM SERBIA, LA RAI E GLI INCONTRI AL QUIRINALE
Appunto al signor Direttore - 26 luglio 2002: "Situazione politica e alcuni suoi possibili risvolti"
"Trasmetto per le valutazioni di interesse. A disposizione per ogni ulteriore chiarimento, mi è gradita l’occasione per porgerLe cordiali saluti. Ambiti bene informati hanno fornito indicazioni inerenti il significato e le motivazioni che, verosimilmente, sarebbero sottesi al recente messaggio alle Camere da parte del Capo dello Stato. Motivazioni e significato rappresenterebbero l’esito di una serie di incontri e contatti intercorsi tra il Segretario generale del Quirinale, dr. Gaetano Gifuni, e i leaders Ds, Piero Fassino e Massimo D’Alema. Tali incontri, sollecitati fortemente anche da Lamberto Dini, avrebbero avuto come finalità la definizione di una strategia tesa a tutelare il Presidente della Repubblica e alcuni uomini politici dalle vicende che potrebbe assumere la vicenda Telekom Serbia. Nell’ambito della suddetta strategia, il messaggio alle Camere, in realtà, avrebbe perseguito lo scopo di dare un preciso segnale sullo scontro politico e istituzionale che verrebbe a determinarsi qualora la Commissione parlamentare di inchiesta sull’affare Telekom Serbia dovesse orientarsi per una chiamata in causa del capo dello Stato, all’epoca ministro del Tesoro, unitamente a determinati esponenti del governo e della maggioranza di quel periodo. In particolare, l’intervento sul pluralismo dell’informazione, contenente l’auspicio di estendere le prerogative della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai alle reti private, costituirebbe l’anticamera di una ancora più decisa forma di pressione da attuarsi tramite lo sbarramento dell’opposizione e l’alea del rinvio alle Camere della legge sul conflitto di interessi".
UNA "VOCE" DA SPEGNERE. UN INGLESE DA SPIARE
Appunto per il direttore - Gennaio 2003: "Attacchi contro il presidente del Consiglio alla vigilia del semestre italiano" (di presidenza Ue).
"Si è avuta notizia che, sui recenti attacchi portati da alcune testate giornalistiche, avrebbero essenzialmente interagito:
Il nutrito gruppo di giornalisti e "giuristi" militanti raccolto intorno alla "Voce della Campania" diretta da Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola; Michele Santoro; Giuseppe Giulietti; Paolo Serventi Longhi; Ignazio Patrone; Sandro Ruotolo e Giulietto Chiesa; il presidente della stampa estera in Italia Eric Jozsef, corrispondente del giornale francese "Liberation", autore di durissimi articoli contro il governo italiano ripresi e diffusi ad opera del magistrato belga Marie Anne Swartenbroeks.
Quanto poi al ruolo mediatico esercitato dalla "Voce della Campania" esso risulterebbe caratterizzato dalle forti connessioni stabilite con ambienti dei cosiddetti "giuristi militanti", dal rappresentare una delle principali componenti del complesso circuito telematico facente congiuntamente capo ai siti "Centomovimenti" e "Manipulite. it" che alimenta il processo di delegittimazione del premier. Prestigiosi opinionisti (sic) hanno scritto negli ultimi anni per la "Voce". Tra questi, "Percy Allum", cittadino inglese il cui nome sarebbe Antony Peter Allum, che, oltre ad essere punto di riferimento di alcuni corrispondenti come quelli del "Guardian", dell’Economist e del Financial Times, godrebbe di solidi legami (in ciò agevolato dall’essere docente presso l’Orientale di Napoli) con ambiti del fondamentalismo islamico napoletano, fungendo anche da collegamento con quelli attivi in Gran Bretagna".
Appunto al signor Direttore - 6 giugno 2002
"Fonte vicina ad ambienti dell’opposizione ha informato che esponenti di spicco dei Ds, appartenenti all’area cui fa ancora capo la leadership del partito, avrebbero manifestato l’intenzione di non voler ostacolare l’accertamento, da parte della Commissione, dell’eventuale coinvolgimento di determinati uomini politici della sinistra. Ciò al fine di indebolire l’asse venutosi a costituire tra la parte più ortodossa del partito, la Cgil e il suo leader, Rifondazione comunista, Comunisti italiani e l’area movimentista ricomprendente i no global e le frange più estreme dell’antagonismo. L’obiettivo sarebbe quello di ricostituire una forte sinistra, cosiddetta di Governo, in grado di ricompattare l’opposizione e mantenerne la guida su basi programmatiche".
Appunto al Direttore (senza data)
"Ambiti bene informati hanno fornito indicazioni secondo cui la palese entrata in campo politico dell’attuale Presidente della Commissione Europea, tra l’altro sancita dalla recente diffusione di un vero e proprio documento programmatico titolato "Europa: il sogno e le scelte" avrebbe determinato negli ambienti dell’Unione Europea e in diversi Paesi membri forti reazioni contrarie che starebbero per sfociare in un clamoroso caso di incompatibilità. In particolare sembra che il caso in questione sia stato sollevato e fatto proprio, in punto di principio, dagli stessi organismi della Ue, nonché da diversi gruppi politici del Parlamento europeo. Tant’è che la eco mediatica suscitata dalla vicenda starebbe per assumere risvolti clamorosi soprattutto sulla stampa estera mentre in Italia verrebbe trattata con scarsa attenzione destando non poca meraviglia nel resto dell’Europa. Tuttavia, il dato rilevante sarebbe che, nel caso di specie, non si tratterebbe di mera polemica politica, bensì del rispetto di un principio, ormai consolidato in sede Ue, teso ad evitare fenomeni di commistione tra il ruolo di Presidente della Commissione e quello di leader di una coalizione politica nel Paese di appartenenza. Di qui la trasversalità delle prese di posizione contrarie, che abbraccerebbero larga parte del Parlamento europeo e non solo, con l’intento di perpetuare il rispetto di tale forma di incompatibilità cui si sono già attenuti altri leader politici".
* la Repubblica, 5 luglio 2007
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Quei 425 milioni della Fininvest che macchiano anche Berlusconi
di Giuseppe D’Avanzo ( la Repubblica, 14 luglio 2007)
La sentenza che permise a Silvio Berlusconi di sottrarre la Mondadori al Gruppo Espresso-la Repubblica fu comprata con 425 milioni di lire forniti dal conto All Iberian di Fininvest a Cesare Previti e poi, dall’avvocato di fiducia di Silvio Berlusconi, consegnati al giudice Vittorio Metta. La Cassazione condanna definitivamente Cesare Previti, il giudice corrotto e, quel che soprattutto conta, rimuove una patacca che è in pubblica circolazione da due decenni.
L’uomo del fare, Silvio Berlusconi, è l’uomo del sopraffare, del gioco sottobanco, della baratteria illegale. La sentenza dimostra la forma fraudolenta e storta della sua fortuna imprenditoriale. Mortifica la koiné originaria con cui Berlusconi si è presentato al Paese ricavandone fiducia e consenso, entusiasmandolo con la sua energica immagine di imprenditore purissimo capace di rimettere in sesto il Paese - e rimodellarne il futuro - con la stessa sapienza e determinazione con cui egli aveva costruito il suo successo, conquistato aziende e quote di mercato, sbaragliato i competitori.
Berlusconi, se non sapeva delle manovre di Previti (e non si può dire il contrario), è stato un gonzo e, nella sua formidabile ingenuità, ha trascinato il Paese e le sue regole verso la crisi per difendere un mascalzone che soltanto agli occhi del Candido di Arcore appariva un maestro del diritto e un martire della giustizia.
La sentenza della Cassazione scolpisce dunque un’altra biografia di Berlusconi. Ci dice che non è oro quel che riluce nella sua storia imprenditoriale. Sapesse o non sapesse quali erano i metodi criminali del suo avvocato, il profilo di imprenditore dell’uomo di Arcore ne esce irrimediabilmente ammaccato, deformato. La sua Fininvest ha barato. Il suo avvocato giocava con carte truccate.
I fatti sono noti.
Il lodo arbitrale Mondadori risale al 21 giugno 1990. Riguarda il contratto Cir-Formenton. La decisione è assunta dai tre arbitri, Carlo Maria Pratis, Natalino Irti e Pietro Rescigno, incaricati di dirimere la controversia tra Carlo De Benedetti e la famiglia Formenton per la vendita alla Cir da parte dei Formenton di 13 milioni 700 mila azioni Amef (il 25,7% della finanziaria che controlla la Mondadori) contro 6 milioni 350 mila azioni ordinarie Mondadori. Il lodo è favorevole alla Cir e dà a De Benedetti il controllo del 50,3% del capitale ordinario Mondadori e del 79% delle privilegiate. Berlusconi perde la presidenza che va pro tempore al commercialista Giacinto Spizzico, uno dei quattro consiglieri espressi dal Tribunale, gestore delle azioni contestate.
Il 24 gennaio 1991, la Corte d’Appello di Roma presieduta da Arnaldo Valente e composta dai magistrati Vittorio Metta e Giovanni Paolini dichiara che una parte dei patti dell’accordo del 1988 tra i Formenton e la Cir è in contrasto con la disciplina delle società per azioni. Quindi, è da considerarsi nullo l’intero accordo e anche il lodo arbitrale. Berlusconi riconquista la Mondadori.
Vittorio Metta è il giudice corrotto da Cesare Previti, dice ora la Cassazione. Delle due, l’una. Se sapeva, Silvio Berlusconi è un complice che si è salvato soltanto perché, per le sue pubbliche responsabilità politiche, è parso meritevole delle "attenuanti generiche" così accorciando i tempi di prescrizione e uscendo dal processo qualche anno fa. Se non sapeva, l’esito non è che sia più gratificante. Perché bisogna concludere che l’ex-presidente del Consiglio non è poi l’aquila reale che ama dipingersi. Ha accanto un lestofante. Non se ne accorge. Ne è beffato, ingrullito per anni, per decenni, nella sua totale insipienza. Gli affida «un mandato professionale molto ampio per rappresentare la persona fisica come il gruppo Berlusconi». Lo ha raccontato lo stesso Previti: «Io rappresentavo il dominus per le questioni legali, sceglievo gli avvocati, esaminavo nei dettagli tutti gli argomenti che avremmo usato e anche le persone e le operazioni da organizzare nelle varie situazioni».
E’ un ruolo occulto, segretissimo e non se ne comprende la ragione (l’evasione fiscale non può spiegare tutto). Non c’è (né Previti lo ha mostrato in anni di processi) un solo documento processuale che porta la sua firma: un atto di citazione, una comparsa di risposta, una memoria conclusiva, un parere giuridico, un atto di transazione; come non esiste neppure (né è stata mostrata) una fattura, una ricevuta informale, un estratto dei libri contabili di Fininvest, un qualsivoglia documento che attesti la causale dei pagamenti effettuati da Finnvest a favore di Cesare Previti.
Berlusconi poteva non sapere di essersi tenuto in casa per decenni quel mascalzone. Meglio, gettiamo una buona volta ogni sospetto o incredulità e diciamolo chiaro. Silvio Berlusconi non sapeva, non ha mai saputo né immaginato per un attimo che ceffo fosse Previti e quali i suoi metodi di lavoro. L’uomo di Arcore era così accecato dal suo candore, dall’amicizia per il suo fedele sodale, che quando ne ha la possibilità, 1994, propone addirittura quel corruttore di giudici come ministro di Giustizia. Il Paese si salva per l’ostinazione di Oscar Luigi Scalfaro che dirotta il malfattore alla Difesa. E, nonostante il segnale e la documentazione offerta dalla magistratura, nemmeno allora Silvio Berlusconi nella sua assoluta dabbenaggine si scuote. Si può dire che una volta ritornato al governo - per salvare se stesso, è vero, ma anche e soprattutto il suo complice, che è più esposto per le indagini e per le prove raccolte - assegna a se stesso la missione di gettare per aria codici, procedure, tribunali, ordinamenti, accordi internazionali al fine di evitare guai all’avvocato che credeva immacolato. Il Parlamento che Berlusconi governa con una prepotente maggioranza non lascia intoccato nulla. Cambia le prove, se minacciose. Il reato, se provato. Prova a cacciare i giudici, a eliminare lo stesso processo. Non ci riesce per l’opposizione di un’opinione pubblica vigile, per l’intervento della Corte Costituzionale che protegge le regole elementari dello Stato di diritto e il sacrosanto principio della legge uguale per tutti. Meno male, ma il respiro di sollievo non può riguardare Silvio Berlusconi. Per anni ha spaccato il Paese usando come cuneo il processo all’avvocato-barattiere che egli riteneva un "figlio di Maria". Ora qualcosa l’uomo di Arcore dovrà pur dire perché purtroppo qualcosa, questa sentenza, dice di lui. Nella sua credulità, Silvio Berlusconi ha procurato un danno a se stesso, e tant’è, ma nella cieca fiducia che ha avuto per un avvocato fraudolento egli ha arrecato danno alla politica, alle istituzioni. Forse è una buona idea che dica in pubblico che è stato preso in giro e se ne dispiace.
Pollari vorrebbe "chiarire" ma può dire la verità al processo di Milano, alla procura di Roma, al Copaco
I parlamentari della commissione d’inchiesta sarebbero alla mercè delle versioni di comodo
La Grande Spia tenta l’ultimo ricatto
Lo scontro esce dai "sotterranei"
di GIUSEPPE D’AVANZO *
ROMA - Nicolò Pollari, appena ieri lo spione più amato dalla politica italiana, si dice "pronto a raccontare i misteri d’Italia dagli anni Ottanta ad oggi, nonostante l’atmosfera di regime". Non si accontenta delle stanze chiuse della commissione di controllo sui servizi segreti (Copaco). Sono troppo protette, dice, e i commissari vincolati alla riservatezza per quel che ascoltano e accertano. Insomma, da quelle stanze lo spione non può parlare "ai cittadini", come si è messo in testa di fare.
Manco fosse un caudillo e non un funzionario dello Stato che, potentissimo agente segreto, ha lavorato nel "regime" e per "il regime". Curioso per uno spione, la segretezza è oggi un deficit per Pollari. Egli vuole che si sappia che cosa svela e insinua e manipola (è quel che solitamente gli riesce meglio). Attraverso un bizzarro "portavoce" (il senatore Sergio De Gregorio, che fa lo stesso mestiere per il generale Roberto Speciale) chiede allora la platea più visibile e sensibile, una illuminatissima commissione d’inchiesta parlamentare.
Lo spione sa che ogni iniziativa politica, se agitata nello spazio mediale e con la voce dei media, può fare a meno di autenticità e fondatezza (basta ripensare alle commissioni Telekom Srbija e Mitrokhin). Alle prese di venti deputati e venti senatori che, si possono immaginare, inesperti dei metodi e delle strategie di un’intelligence così controversa, e addirittura non consapevoli della cronologia degli avvenimenti, Pollari avrebbe l’opportunità in prima battuta di scrivere a mano libera il copione. Di graduare, secondo necessità, il potere di pressione e di condizionamento che si è assicurato nel tempo intrattenendo rapporti non convenzionali con entrambi gli schieramenti politici.
Che domande potrebbero fargli i quaranta parlamentari? Dovrebbero soltanto ascoltare la "sua" verità (a Pollari non piace avere contraddittori), le sue mezze verità e mezze menzogne e, in attesa di definire la fondatezza del suo racconto, un caos fangoso schiaccerebbe ogni possibilità di fare luce. E’ la condizione che, per il momento, sconsiglia la commissione d’inchiesta, strumento che offre molte opportunità a chi deve spiegare che cosa ha combinato e molte poche a chi deve accertarlo.
Appena l’altro giorno si diceva che il gioco sarebbe stato nelle mani degli spioni e non del Parlamento. E tuttavia chi poteva attendersi che le minacciose intenzioni di Pollari sarebbero venute allo scoperto, con tanta fretta, nell’allusiva forma del ricatto? L’iniziativa dell’amatissimo spione non è altro. E’ un chiassoso ricatto che ha il pregio, per così dire, di rendere chiara e concreta qualche circostanza, anche a chi per convenienza o spensieratezza o arroganza finora l’ha negata.
L’"agglomerato oscuro", legale e clandestino, nato nella connessione abusiva dello spionaggio militare (Sismi) con diverse branche dell’investigazione della Guardia di Finanza (soprattutto l’intelligence business) in raccordo con la Security di grandi aziende come Telecom e il sostegno di agenzie d’investigazione private che lavorano in outsourcing, si è "autonomizzato". Lavora per sé, secondo un proprio autoreferenziale interesse e non più, come nel passato, al servizio di questo o quell’utile politico, di questa o quella consorteria politica. La scandalosa deformità s’era già avvistata.
Si immaginava però che il ritorno sul "mercato della politica" dell’"agglomerato" con la sua massa critica di potenziali ricatti si sarebbe consumato, come di consueto, in quei sotterranei dove le fragili "power élite" italiane si proteggono, si rafforzano, si difendono, si accordano. L’eterogenesi dei fini ha rotto lo schema. Lo scontro Visco/Speciale ha costretto il governo di centro-sinistra a dubitare del patto di non-aggressione tacitamente sottoscritto con il network spionistico.
Il Consiglio superiore della magistratura, con il documento approvato con discrezione dal capo dello Stato, ha spinto il confine ancora più in là mettendo sotto gli occhi della società politica una minaccia per un democrazia ben regolata. Il ceto politico non ha potuto lasciar cadere, come d’abitudine, la questione e - pur nella diversità degli strumenti da usare - è stato costretto a impegnarsi a fare verità e chiarezza. Pollari, come ieri il fido Roberto Speciale, ha cominciato a vedere davanti a sé un tritacarne e la catastrofe.
Se Speciale ha pensato di salvarsi sollevando un’inchiesta giudiziaria e quindi "giudiziarizzando" il conflitto con il governo, Pollari è stato costretto a venire allo scoperto abbandonando il "sotterraneo" dove si trova più a suo agio. Imputato a Milano e indagato a Roma, è stato costretto a "politicizzare" la sua avventura e il suo destino. Sollecita così, per i canali politici che ancora gli restano, la nascita di una commissione d’inchiesta che gli permette o di far saltare il tavolo o di ridurre al silenzio i suoi critici di oggi (e magari amici di ieri).
Ora è evidente che il ricatto dello spione non può essere accettato. Deve essere accettata la sua disponibilità a testimoniare. Nicolò Pollari dica quel che sa, ma non gli sia consentito di farlo a ruota libera, senza alcuna regola, in un rapporto diretto con l’emotività dell’opinione pubblica, lontano da una pratica che sappia accertare fatti e responsabilità prima di giungere a un qualsiasi esito. Ci sono tre sedi in cui Pollari può liberare la sua ansia di verità (si fa per dire). Il Palazzo di Giustizia di Milano, dove è imputato per il sequestro di un cittadino egiziano. La procura di Roma che lo indaga per l’ufficio di disinformazione e dossieraggio di via Nazionale.
Dinanzi all’autorità giudiziaria Pollari (come chiede) può liberarsi del segreto di Stato senza alcuna autorizzazione governativa, perché la Costituzione privilegia il diritto di difesa dell’imputato rispetto al segreto di Stato. Pollari può farlo dunque da subito. Lo faccia. C’è una terza sede, politica, istituzionale. E’ il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. Chieda di essere ascoltato. Non c’è dubbio che lo ascolteranno di buon grado e con i tempi adeguati. In quel contesto, e con le opportune norme di riservatezza, le sue parole possono essere tenute nel giusto conto, analizzate, verificate.
Il Copaco ha strumenti d’indagine limitati? Non ci vuole molto per rafforzarli (se il Parlamento vuole), ma per intanto il comitato ha competenza e la memoria (si vedrà se la voglia) per discernere, nel racconto di Pollari, il grano da loglio anche con il contributo della documentazione che saprà offrire l’ammiraglio Bruno Franciforte, oggi a capo del Sismi. Sempre che Pollari non si sia portato dietro l’archivio. Addirittura dagli anni Ottanta ad oggi.
* la Repubblica, 9 luglio 2007
Un "avvertimento" di Pollari «Pronto a svelare i misteri»
L’ex capo del Sismi alza un polverone *
E adesso è arrivato il momento degli avvertimenti. Lanciati per interposto portavoce, quel Sergio De Gregorio, voltagabbana della prima ora, passato dall’Unione ai berluscones e autonominatosi difensore dell’ex direttore del Sismi, Niccolò Pollari. «Sarei felice di poter raccontare la mia verità, nell’ambito di una complessiva operazione-trasparenza, riguardo al Sismi dagli anni ’80 in poi, attraverso una commissione di inchiesta che sia in grado di liberarmi dal rispetto dei segreti cui sono vincolato» dice il generale citato da una nota di De Gregorio. «Potendo raccontare la storia di un Servizio e il ruolo della politica - dice ancora Pollari secondo quanto riferisce De Gregorio - sarei in grado, dalle rendition in poi, di aprire il capitolo dei misteri italiani, compresi il sequestro Abu Omar, la missione Unifil in Libano, le responsabilità dei massacri di bambini e civili, la mancata liberazione dei soldati israeliani nelle mani di Hezbollah e delle fazioni palestinesi, e la storia degli ultimi ostaggi italiani. Sarei felice di raccontare tutta la verità, potendo provare che il Sismi ha soltanto servito il Paese, senza violare le regole e senza rappresentare quella realtà che oggi viene vista come eversiva. In questa atmosfera da regime, sono disponibile a dire tutta la verità, difendendo nei fatti il ruolo mio e del servizio».
Insomma Pollari lancia per aria più polvere che può, sperando così di coprire se stesso e forse anche i suoi mandanti. È chiaro che il generale parla ad orecchie che sono in grado di intenderlo, parla a chi potrebbe essere chiamato direttamente in causa come "mandante" istituzionale delle schedature illegali di magistrati, giornalisti e politici.
De Gregorio spiega la contarietà sua e di Pollari all’indagine del Copaco, il Commitato parlamentare di controllo sui servizi. «Bisogna uscire dalle strette mura del Copaco - ha aggiunto invece De Gregorio -. Non si può promuovere la ricerca della verità all’interno di un organo in cui sussiste il vincolo del segreto per gli auditi e i commissari. La disponibilità di Pollari - ha concluso il presidente della Commissione Difesa del Senato - va accolta senza tentennamenti e deve servire a mettere la parola fine a questa stagione di veleni». Insomma mettiamo tutto in piazza, qualcuno prima o poi ci rimetterà le penne.
* l’Unità, Pubblicato il: 08.07.07, Modificato il: 08.07.07 alle ore 15.23
L’ANALISI
La rete di dossier a uso del Palazzo
di GIUSEPPE D’AVANZO *
LA LINEA di difesa apprestata da Pio Pompa, Nicolò Pollari e, incautamente, sposata da Silvio Berlusconi è fragile. Si dice - lo dice Pollari nel "messaggio alla nazione" ospitato dal Tg5; lo sottoscrive Pio Pompa in una dichiarazione spontanea al pubblico ministero; lo conferma Berlusconi in una nota - le informazioni raccolte nell’ufficio riservato di via Nazionale non sono altro che una collazione di notizie reperibili da chiunque nei giornali e in Internet (Pollari).
Null’altro che "materiale elaborato sulla base di notizie tratte da fonti aperte" (Pompa). "Un tipico monitoraggio delle cosiddette "fonti aperte" che non ha in sé all’evidenza, alcunché di illecito" (Berlusconi). Il sentiero è molto sdrucciolevole. È una linea di difesa destinata a sgretolarsi contro i fatti. L’archivio, contrariamente a quanto si vuol far credere, raccoglie informative di "fonti" infiltrate dal Sismi - contro la legge - negli uffici giudiziari, nelle redazioni, nelle burocrazie dello Stato, nelle Forze Armate. Altro che "fonti aperte". Dimostrarlo è alquanto agevole. Come è comodo verificare se i dossier calunniosi raccolti da Pompa e Pollari precedono (e non seguono) le notizie di stampa. Tre magistrati italiani, giudicati "pericolosi" dal governo, vincono un concorso per lavorare nell’organismo europeo antifrode (Olaf). Un dossier raccoglie le loro storie, passa al setaccio famiglie, rete di relazioni, le loro opinioni e scritti. Lo spoglio di queste informazioni diventa materia per una campagna di aggressione giornalistica che consente all’esecutivo di non nominarli nel loro incarico.
È questo il metodo messo a punto da Pollari, deciso a servire il suo leader politico del momento. Tracce di questo programma di discredito - dossier e campagna di stampa di cui l’esecutivo si avvale per proteggere se stesso o eliminare coloro che crede "nemici" - si possono individuare senza affanno nell’archivio di Pompa e Pollari. Qualche "caso" è limpido e clamoroso. Nell’ufficio riservato del Sismi in via Nazionale si raccolgono fin dall’estate del 2001 (Pollari, vicedirettore del Cesis, si prepara a diventare direttore del Sismi) notizie e "appunti" (falsi) su una sorta di "internazionale delle toghe rosse", che si riunisce segretamente e coordina le sue iniziative per delegittimare, inquisire, arrestare Silvio Berlusconi. Ne fanno parte i pubblici ministeri di Milano, un paio di procuratori spagnoli, ex-magistrati diventati parlamentari europei. Questa fanfaluca prende corpo nei media qualche mese dopo, alla fine del 2001. Il momento non è irrilevante. In novembre Cesare Previti ricusa, per la prima volta, i giudici di Milano.
Qualche settimana dopo, Lino Jannuzzi, columnist di Panorama, ripreso con gran risalto dal Giornale, svela che "la settimana scorsa in un albergo di Lugano sono stati visti Elena Paciotti, parlamentare europeo dei Democratici di sinistra; Ilda Boccassini, il pubblico ministero che sostiene l’accusa contro Silvio Berlusconi e Cesare Previti; Carla Del Ponte, la procuratrice europea che sta processando Milosevic, e Carlos Castresana, procuratore anticorruzione di Madrid". "È scontato - riferisce Jannuzzi - che i quattro di Lugano "collaborano" per trovare il modo di arrestare Berlusconi".
È un falso. Quella riunione non c’è mai stata. La Boccassini non ha mai incontrato o conosciuto Castresana; non vede la Paciotti da anni; non incontra la Del Ponte da sette mesi. La Paciotti non va a Lugano da venti anni; ha incontrato soltanto una volta, e anni fa, Carla Del Ponte; non conosce Carlo Castresana. La Del Ponte, in quella settimana, non era a Lugano, Svizzera, ma ad Arusha, Tanzania, sede del Tribunale internazionale. Castresana "non ha mai partecipato a nessuna riunione di questo genere né a Lugano né altrove, né la scorsa settimana né mai".
Tuttavia la "bufala" costruita dal Sismi, veicolata dal settimanale della Mondadori, casa editrice del presidente del Consiglio, con la collaborazione del Giornale, quotidiano del fratello del presidente del Consiglio, con un articolo firmato da Lino Jannuzzi, senatore di Forza Italia, partito del presidente del Consiglio, apre la strada a nuove richieste di ricusazione e mostra la necessità della legge sulle rogatorie che vuole eliminare le fonti di prova raccolte all’estero contro Berlusconi e Previti. Altro che "fonti aperte".
Nel lavoro segreto e illegittimo dell’intelligence militare nascono e si coltivano le muffe che avvelenano poi il dibattito pubblico. Creano il clima "giusto" per iniziative legislative che poi il governo proporrà al Parlamento e la maggioranza approverà. Naturalmente questo non vuol dire che sia stato Berlusconi a ordinare al Sismi quel "lavoro sporco". Perché escludere che fosse in buona fede? Perché escludere che Pollari confezionasse dossier di notizie fasulle in grado di dare concretezza ai fantasmi e alle paure dell’allora capo del governo? Per il momento si può dire soltanto che Berlusconi si avvantaggia del lavoro illegittimo del Sismi.
Si comprende dunque perché oggi negando ogni responsabilità per "schedature e monitoraggi" abusivi, l’ex-presidente del Consiglio difenda la correttezza di Pollari. La sua sortita appare una risposta diretta alla richiesta di una commissione parlamentare d’inchiesta avanzata dal ministro della Giustizia. Clemente Mastella - non lo ha mai negato - è un buon amico di Pollari. I maligni sostengono che, dietro la richiesta del ministro, lo staff di Silvio Berlusconi abbia intravisto un’iniziativa minacciosa di Nicolò Pollari, intenzionato a non finire da solo nel tritacarne che lo attende (l’avvocato di Pollari, che è anche consigliere personale di Mastella, si è detto subito entusiasta della commissione d’inchiesta). E’ un buon motivo per prendere la parola; rassicurare il "capo delle spie" nei guai; escludere ogni personale responsabilità; chiarire addirittura che non c’è "alcunché di illecito" di cui sentirsi responsabili.
Quali che siano le ragioni che abbiano convinto Berlusconi a farsi avanti, e nonostante il via libera di molti (da D’Alema a Di Pietro), la commissione d’inchiesta appare oggi più un’arma brandita contro il sistema politico (o meglio contro quei segmenti di sistema politico che hanno intrattenuto rapporti non convenzionali con il Sismi di Pollari), che non lo strumento necessario per accertare fatti e responsabilità. Le commissioni parlamentari d’inchiesta, da Telekom Serbjia a Mitrokhin, sono state l’occasione per seppellire la verità, inquinare le storie, lanciarsi in operazioni di discredito degli avversari politici. Con l’inevitabile protagonismo che avrebbero nei lavori della nuova commissione gli uomini e gli archivi di un Nicolò Pollari con l’acqua alla gola (imputato a Milano e indagato a Roma, rischia condanne per una decina di anni), un mare di fango, di dossier fasulli, di "appunti" indecenti sommergerebbe il Parlamento allontanandolo da ogni possibilità di fare luce.
Le "carte" (vere, false) le distribuirebbero gli spioni e la politica sarebbe soltanto prigioniera del gioco. Più lineare, coerente e protetto appare oggi uno schema di lavoro che affidi l’accertamento delle responsabilità penali alla magistratura e la verifica delle responsabilità istituzionali e politiche alla commissione di controllo sui servizi segreti (Copaco). L’una e l’altra si potrebbero avvantaggiare della collaborazione del Sismi di Bruno Franciforte che, convocato dal ministro della Difesa, è stato invitato a "mettere a sua disposizione tutti gli elementi in possesso del Sismi". È questa la strada maestra per venire a capo dei giochi storti. Magistratura. Un ristretto comitato di controllo parlamentare regolato da norme di riservatezza. La collaborazione del governo e di un Sismi rinnovato che vuole cambiare finalmente aria alle stanze.
* la Repubblica, 7 luglio 2007
Sismi, nota di Palazzo Chigi
"Totale fiducia nei magistrati"
ROMA - La presidenza del Consiglio interviene nella vicenda Sismi-Csm, esprimendo "totale fiducia nel lavoro dei magistrati". "In relazione alla vicenda Sismi-Csm, il Governo - si legge nella nota diffusa da Palazzo Chigi - esprime come sempre la sua piena e totale fiducia nel lavoro dei magistrati, auspicando che sia fatta rapidamente e in modo completo la necessaria chiarezza su quanto denunciato e ipotizzato. E’ doveroso precisare che l’indagine si riferisce a materiali raccolti in passato e acquisiti dall’autorità giudiziaria nell’ufficio di via Nazionale che non è più operativo".
"I nuovi vertici dei Servizi di intelligence sono fortemente impegnati, con la piena collaborazione delle strutture, in un’attività intensa e lineare a tutela delle istituzioni, dei cittadini e del Paese. Ogni eventuale sopruso a danni di persone, categorie o associazioni non rientra ovviamente nella corretta gestione di un compito tanto delicato e importante".
* la Repubblica, 05-07-2007
L’ANALISI. Il j’accuse dei giudici chiarisce: quelle azioni distorte
degli 007 hanno colpito le fondamenta della democrazia
Il ricatto del segreto di Stato per salvare gli "amici" al governo
di GIUSEPPE D’AVANZO *
Il Consiglio superiore della magistratura denuncia che l’intelligence militare (il Sismi) - a partire dal 2001 e intensamente fino al 2003 e saltuariamente fino al 2006 - ha spiato, anche con l’aiuto di qualche "toga sporca", quattro procure della Repubblica (Milano, Torino, Roma, Palermo), 203 giudici (47 italiani) di 12 paesi europei. Li ha spiati per sorvegliarne le iniziative; per intimidirli con operazioni di disinformazione; per screditarli con manovre "anche traumatiche". Per comprenderla meglio, la notizia va ridotta all’osso. Nel suo significato essenziale ci racconta che per cinque anni un programma illegittimo, anticostituzionale e minaccioso è stato coltivato e realizzato non da un ufficio separato o infedele o "deviato" dello spionaggio, ma dal Sismi stesso, dalla sua stessa direzione perché ogni iniziativa e risultato della "pianificazione" è stato riferito direttamente al capo delle spie, il generale Nicolò Pollari. Per dirla con una formula, l’attività abusiva del Sismi era "istituzionale".
A conferma dell’uso "separato" che impone a ogni sua funzione, il generale - oggi consigliere della presidenza del Consiglio - ha replicato alla denuncia del Csm con una lunga e solitaria apparizione al Tg5. Con il consueto disprezzo per i fatti, negando ogni responsabilità, anche quelle ammesse dal suo "braccio destro". Ha minimizzato l’attività di dossieraggio, anche quelle documentate dall’archivio sequestrato. Ha preso la parola a nome del Sismi, come se ancora lo dirigesse. Ha polemizzato, quasi si trattasse di una baruffa televisiva, con un organo di rilevanza costituzionale presieduto dal capo dello Stato. Se c’era bisogno di avere la conferma dell’esistenza di un "agglomerato" spionistico (legale/illegale) che si è autonomizzato, privatizzato intorno a interessi estranei ai compiti istituzionali e del tutto personali e autoreferenziali, Nicolò Pollari ne ha offerto ieri un saggio con il suo volto e con le sue parole: con l’irresponsabilità onnipotente di chi si sente ancora e sempre una sorta di autorità autonoma e separata.
La "sfida" del generale fa chiarezza, tutto sommato. Come chiarezza fa il documento approvato dal Csm, come sempre esaminato dal presidente della Repubblica. Il lavoro del Consiglio ha infatti il pregio di eliminare la fuffa che gli attori, Pollari in prima fila, hanno accumulato su questo affare. Lo si è voluto rappresentare con la faccia e i modi di un tale di nome Pio Pompa, diventato dal mattino alla sera, nel 2001, alto dirigente del Sismi, con un suo ufficio riservato in via Nazionale a Roma, alle dirette dipendenze del direttore del Servizio. Questo Pompa è un uomo in apparenza ridicolo, che si comporta in modo ridicolo, che dice cose ridicole. Se ne va in Parlamento e dinanzi al Copaco (la commissione di controllo dei servizi segreti) si presenta come "un compagno", uno - per dire - che si è laureato con una tesi su "Togliatti e il Mezzogiorno"; un tipo che la domenica andava in giro a diffondere l’Unità; un funzionario dello Stato e agente segreto che riconosce un solo leader degno di governare il Paese. Romano Prodi, naturalmente. Salvo poi scoprire che scriveva a Berlusconi: "Sarò, se Lei vorrà, il suo uomo fedele e leale...". Come prendere sul serio Pompa? Il fatto è che il tipo ridicolo è soltanto una maschera grottesca e oggi utile. Protegge l’autore e le responsabilità dell’impresa. Ne occulta la ragione politica e istituzionale. Il Csm se ne libera con un tratto di penna e va al cuore nero della vicenda.
Pollari, il direttore dell’intelligence militare, era informato ad ogni passo dello spionaggio contro la magistratura (lo ammette Pompa). Quindi quel Sismi si è messo al lavoro in forme del tutto illegittime rispetto alla propria missione istituzionale, che è - secondo legge - "la difesa sul piano militare dell’indipendenza e dell’integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione". Per il Sismi proteggere l’integrità dello Stato ha voluto dire difendere un governo dai contrappesi costituzionali, tutelarlo dalle opinioni dissenzienti. È nella denuncia di questa deformazione, il segnale di pericolo lanciato del Csm. "È chiaro - scrive il Consiglio - che le iniziative giudiziarie (soggette ai controlli giurisdizionali previsti dall’ordinamento) e il dibattito politico-culturale sono componenti essenziali della democrazia e nulla hanno a che vedere con aggressioni o minacce che richiedono azioni di "difesa sul piano militare"; inoltre, il compito dei Servizi è quello di vigilare sulla "indipendenza e integrità dello Stato" e non sulla stabilità del Governo contingente, qualunque ne sia il segno politico".
Nell’interpretazione delle regole praticata dal generale Pollari, si sono creati sillogismi deformi e antidemocratici. Lo Stato è il governo, qualunque siano le sue decisioni, mosse, progetti e responsabilità. Ogni opposizione al governo - sia controllo giurisdizionale o informazione o convinzione culturale e politica - diviene immediatamente, in questa dottrina azzardata, "una minaccia alla sicurezza nazionale", quindi un’eversione che giustifica ogni mezzo, ogni attività di spionaggio, finanche una "pianificazione traumatica". Per anni, si è voluto rappresentare questo sentiero stortissimo con una tautologia, a volte anche in buona fede. Si è detto, l’intelligence è l’intelligence: si sa, lavora con metodi sporchi, border line, spesso oltre i confini della legalità.
Ma il nodo della minaccia non era nel metodo. Era nel fine. Non era nell’illegalità possibile del lavoro di intelligence, ma nella legittimità di quel lavoro che trova ragioni soddisfacenti e adeguate soltanto "nella difesa dello Stato" e non può trovarle, come è accaduto al Sismi di Pollari, nella protezione di un equilibrio politico; nello scudo per un governo (quale che sia); nell’aggressione ad altre indipendenti funzioni dello Stato (la magistratura), della politica (l’opposizione), della società (la stampa) e, infine, nella creazione di un potere "autonomo", privato, extraistituzionale. È nella denuncia di questa mutazione genetica di una burocrazia dello Stato la rilevanza dell’accusa del Csm. Che non può rimanere senza esiti e riscontri. Ne potrebbe (dovrebbe) trovare subito tre.
In uno dei primi interrogatori a cui è stato sottoposto, Pio Pompa ha farfugliato dinanzi al pubblico ministero di Roma la formula del segreto di Stato. Bene, il governo potrebbe chiarire presto e in modo inequivoco che tutta l’attività svolta dall’ufficio di disinformazione e dossieraggio di via Nazionale non è coperta da segreto di Stato in quanto in quell’ufficio non si è svolta alcuna attività in difesa dell’integrità dello Stato. Il secondo immediato esito dovrebbe coinvolgere il Sismi, oggi diretto dall’ammiraglio Bruno Branciforte. Quante delle informazioni, dei dossier autentici e fasulli raccolti dagli uomini di Pollari - in base al sillogismo "Stato uguale governo"; "opposizione uguale eversione" - si sono "sedimentati" negli archivi del Servizio? Bene, ripulire gli archivi di quelle scorie avvelenate deve voler dire mettere a disposizione della magistratura le informazioni per neutralizzarle, per accertare le responsabilità di un’ombra che ha oscurato la democrazia italiana. Infine, un terzo esito. Immediato. Per il generale Pollari. Dopo la sfida lanciata dalla tv al Csm, può ancora essere consigliere del governo? Palazzo Chigi dovrebbe battere un colpo.
* la Repubblica, 5 luglio 2007
L’ex-premier sulla vicenda dei dossier illegali: «Reagirò a illazioni»
Sismi, Berlusconi: mai ordinato schedature
«Né io, né il governo da me presieduto, ha mai dato indicazioni di operare controlli o quant’altro nei confronti dei soggetti indicati» *
ROMA - Con i dossier Sismi non c’entro nulla: parola di Silvio Berlusconi. «Né io, né tantomeno il governo da me presieduto né direttamente né indirettamente ha mai dato indicazioni a chicchessia di operare schedature, monitoraggi, controlli o quant’altro nei confronti dei soggetti indicati nella documentazione sequestrata al dr. Pompa», precisa il Cavaliere in una nota, «Il Sismi e il generale Pollari, a cui non posso che rinnovare la totale ed incondizionata stima e fiducia, hanno sempre agito con assoluta correttezza e lealtà nel rispetto della legge e dei principi costituzionali».
«REAGIRÒ A ILLAZIONI» - «Fermo restando che nessuno deve essere oggetto di attività di controllo immotivato e che qualsiasi intromissione nella privacy e nella libera esplicazione delle proprie lecite attività è un grave vulnus per la vita democratica- precisa l’ex premier - si deve osservare che, da quanto è dato comprendere dalle notizie giornalistiche apparse in questi ultimi giorni, il materiale sequestrato si sostanzierebbe in ricerche effettuate su internet e sui vari giornali, con conseguente commento del ricercatore».
«MAI A CONOSCENZA» - «Quella evidenziata in questa vicenda - continua il Cavaliere - «è la tipica attività di monitoraggio delle cosiddette "fonti aperte" che non ha in sè, all’evidenza, alcunché di illecito» prosegue l’ex-premier. «Ove questa attività fosse stata prodromica ad atti od azioni conseguenti è altrettanto evidente che configurerebbe un illecito, ma per quanto è dato sapere nulla di tutto ciò è avvenuto. L’unica cosa certa è che la presidenza del Consiglio mai è stata posta a conoscenza di tale attività. Di talché qualsiasi illazione o contraria indicazione sul punto non potrà che trovare una ferma risposta con conseguenti azioni giudiziarie in tutte le sedi competenti».
FINI: «CONFERMO» - Gianfranco Fini conferma la versione di Berlusconi: «Come ex vicepremier posso confermare quanto detto da Berlusconi. A Palazzo Chigi nessuno era a conoscenza delle attività del dottor Pompa, che prima di essere definite illecite dovranno essere meglio valutate e comprese».
COMMISSIONE INCHIESTA - Intanto si profila sempre più l’ipotesi di una commissione d’inchiesta sulla faccenda. A lanciare l’idea il ministro della giustizia Clemente Mastella, che spiega: «è l’unico modo di ridare serenità al paese acclarando quello che è effettivamente successo». D’accordo con lui Antonio Di Pietro, con il quale il leader dell’Udeur di rado riesce di questi tempi a concordare su una qualsiasi cosa. D’accordo sulla commissione d’inchiesta anche il ministro D’Alema, che ha definito «inquietante» la vicenda dei dossier illegali. Il centrodestra lascia invece intendere di essere perplesso. Però il ministro della difesa, Arturo Parisi, ha già avviato la propria ricognizione: ha convocato nel suo ufficio il direttore del Sismi, Ammiraglio Bruno Branciforte, e gli ha chiesto di mettere a disposizione tuto il materiale in suo possesso.
Il segretario Ds replica al Cavaliere. Poi chiede la convocazione del Copaco
L’Udeur candida Casini come presidente di una commissione parlamentare
Dossier Sismi, Fassino a Berlusconi:
"Il premier è comunque responsabile"
ROMA - Piero Fassino attacca Silvio Berlusconi sui dossier del Sismi. All’ex premier, che si è difeso sostenendo che non sapeva nulla dell’archivio di via Nazionale creato quando era al governo, il segretario Ds risponde: "Un premier è responsabie anche se non sa".
"Berlusconi - spiega - non può pensare che quanto è successo nei Servizi quando governava lui sia imputabile a chi non stava al governo. C’è un principio di responsabilità di un capo del governo, anche di tipo oggettivo e non solo soggettivo. Un capo del governo risponde di tutto ciò che accade sotto la sua amministrazione, sia che ne sia a conoscenza sia che non ne sia a conoscenza".
Fassino chiede inoltre che sul caso Sismi si convochi immediatamente il Copaco. Serve infatti l’intervento del Comitato di controllo sui servizi segreti per fare luce sull’archivio di via Nazionale e le informazioni riservate raccolte in passato dall’intelligence su magistrati e politici. Fassino ipotizza anche di istituire una commissione di inchiesta parlamentare se non arriveranno a breve "gli adeguati chiarimenti". Commissione proposta anche da Mastella e che trova d’accordo Di Pietro e D’Alema: proprio l’Udeur candida Pier Ferdinando Casini come presidente di garanzia.
Copaco. "Emerge - osserva Fassino - un profilo certamente molto inquietante dell’attività dei servizi e serve un chiarimento che fughi molti dubbi che gravano su atti e iniziative che appaiono sempre di più essere stati finalizzati a colpire l’opposizione e a destabilizzare importanti parti dell’assetto dello Stato e del loro funzionamento". Per questo motivo è necessario intervenire facendo la dovuta chiarezza. E in Parlamento, spiega, c’è un luogo deputato a farlo: "Il Copaco, che ha per compito esattamente quello di esercitare una costante e continua verifica e azione di vigilanza del Parlamento sull’attività di un organo così delicato dello Stato". Se non bastasse l’intervento del Copaco, continua Fassino, allora "valuteremo quali altre iniziative prendere, in sede parlamentare, tra cui anche la commissione d’inchiesta".
L’Udeur candida Casini. Commissione già proposta dal ministro della Giustizia Clemente Mastella. Ma la sua richiesta è stata accolta con quelche critica, poiché è stata vista in essa la volontà di "processare" la maggioranza di allora, vale a dire il governo Berlusconi. Per sgomberare il campo da supposizioni, l’Udeur propone Pier Ferdinando Casini, a quei tempi presidente della Camera, come presidente di garanzia della commissione. "A chi teme - afferma infatti Mauro Fabris (capogruppo dell’Udeir alla Camera) - che l’Udeur voglia fare di tale iniziativa oggetto di speculazione politica contro la maggioranza di allora e l’opposizione di oggi, noi proponiamo di eleggere quale presidente di garanzia della commissione parlamentare una personalità che abbia saputo dimostrare in passato grande equilibrio negli alti incarichi a cui è stato chiamato, come l’ex presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini".
Schifani. Alla proposta di creare una commissione parlamentare non si oppone il forzista Renato Schifani che però accusa Fassino di alzare eccessivamente i toni: "Se dovesse passare questa tesi della responsabilità oggettiva, lo stesso segretario Ds sarebbe chiamato a dover rispondere di gravi responsabilità politiche sulla vicenda Unipol".
* la Repubblica, 7 luglio 2007
L’ex direttore del servizio annuncia: "Dirò la mia verità"
"Ho solo servito il Paese, nessuno spionaggio illegale"
Sismi, Pollari: "Atmosfera da regime
Parlerò dei misteri italiani" *
ROMA - "C’è un’atmosfera da regime, sarei felice di poter raccontare la mia verità, nell’ambito di una complessiva operazione-trasparenza, riguardo al Sismi dagli anni ’80 in poi, attraverso una commissione di inchiesta che sia in grado di liberarmi dal rispetto dei segreti cui sono vincolato". Il generale Nicolò Pollari, da tempo al centro di numerose polemiche, motiva così al senatore Sergio De Gregorio, presidente della Commissione Difesa del Senato, la volontà di raccontare la sua verità. Un’uscita che fa scalpore e che arriva dopo la scoperta dell’archivio segreto del Sismi.
E’ una difesa del servizio da lui diretto per anni, quella di Pollari. Che parte dal sequestro Abu Omar, prosegue con la missione Unifil in Libano, e tocca "le responsabilita’ dei massacri di bambini e civili, la mancata liberazione dei soldati israeliani nelle mani di Hezbollah e delle fazioni palestinesi, e la storia degli ultimi ostaggi italiani". La "verità" del generale è quella di un Sismi che "ha soltanto servito il Paese, senza violare le regole e senza rappresentare quella realtà che oggi viene vista come eversiva". E per ribadire la sua verità, Pollari chiede di essere ascoltato dal Copaco: "Non sono stati convocati nè il sottoscritto nè i miei legali, tantomeno alcuni testi importanti che potrebbero confermare che il Sismi non ha posto in essere alcuna attività di spionaggio illegale. E’ un processo inaudita altera parte".
* la Repubblica, 8 luglio 2007