Editoriale

Aspettando Godot. Il punto prospettico di Mimmo Ciaramella Barberio sull’estate corrente e la risposta all’emergenza sociale

martedì 28 giugno 2005.
 

Tra indagini per reati estorsivi e frati dal pulpito arringanti il peccato (cattolico-vaticano) punito da Dio e sanzionato dalla legge dello Stato, naturalmente italiano, si apre una nuova stagione sangiovannese all’insegna di non si sa bene che cosa. Magari si aspetta con avida curiosità il programma di Estate florense, promosso dall’amministrazione comunale e fucina negli ultimi anni d’alta elaborazione culturale all’insegna dei Ricchi e Poveri o delle partite del cuore tra vecchie glorie della Silana (a proposito che brutta fine!), magari si aspetta il piccolo scandalo fatto di corna onore e, speriamo proprio di no, sangue, magari temperature accettabili, magari, magari, magari. Ma se molti aspettano, nella speranza vana, sogni gloriosi di provincia, tutto resta com’è, anzi, peggio, tutto sembra andare indietro, tutto sembra essere risucchiato in una perversa spirale. E non sono previsioni apocalittiche fatte per il solo gusto di parlare o dir male, non è l’insana voglia di tirar fango sul candido e piccolo borgo natio, non è sputare nel piatto dove si è mangiato. È la realtà, nuda dura e cruda. La realtà dell’emergenza sociale. Emergenza dalle tante sfaccettature: disoccupazione endemica, disabilità mentale, criminalità, droghe, moria intellettuale. A chi è costretto a vivere di stenti e sussidi ripiegando sulle promesse di piccoli politicanti locali, bisogna far intendere realmente che a lungo queste stesse odiose promesse non reggeranno. Ai sacri pronunciamenti che magari tra un po’ di tempo qualche assessore regionale accompagnato dal sindaco verrà a concedere, rassicurando su altri sei mesi garantiti di stipendio, bisogna sostituire un confronto serio e sereno che coinvolga tutti, fatto di responsabilità, impegno e programmazione. A questi nostri fratelli spauriti e spersi, pieni di angosce e paranoie, afflitti in interminabili giri, nervosi caffè, lunghe sigarette o più pudicamente rintanati in casa, bisogna porgere una mano, bisogna interrogarsi e capire seriamente perché il nostro Cim (Centro igiene mentale) ha in cura più di tremila persone. All’apatia per tutto e all’interesse per nulla, padroni nelle vite di ragazzi sempre più difficili, bisogna sforzarsi di rispondere. All’idea che cultura è sinonimo di Gioacchino e a sua volta Gioacchino è sinonimo di Centro studi, o peggio che teatro è sinonimo di commedia dialettale e commedia dialettale è sinonimo di Salvatore Audia, bisogna sostituire quella che cerca, vuole, propone nuove e originali forme d’espressione nella consapevolezza della propria storia e del proprio retroterra esistenziale. I soggetti chiamati a dar le risposte qui sommariamente esposte non sono difficili da individuare. La nuova classe politica uscita dalle ultime tornate elettorali, vero cruccio e passione, la chiesa soggetto sociale fra i più importanti ma oggi sempre più latitante e affannata a far entrare le proprie regole nelle camere da letto dimenticando tutto quello che avviene fuori da quelle stesse camere, la società civile delle tante associazioni (più di quaranta) ma dalle poche concretezze, la scuola agenzia educativa isolata, per incapacità o impotenza, da tutto quello che le sta attorno, i singoli uomini e le singole donne.

Domenico Barberio


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