Politica

PRIMARIE O NON PRIMARIE: LA SOCIETA’ CIVILE SI INALBERA. IL GRIDO DI CALLIPO NEL DESERTO POLITICO CALABRESE.

domenica 26 giugno 2005.
 

Finiti i girotondi, già da un pezzo, si aprono le danze delle primarie. La società civile, quella disincantata dai partiti e illusa dai Moretti, dai Flores d’Arcais, dai Pancho Pardi si è dissolta nel nulla; un’uscita di scena tanto silenziosa quanto incomprensibile. Le primarie, così come concepite dai colonnelli della coalizione senza alcun riferimento a quelle collegiali, non serviranno certo a incoraggiare quel terzo settore tanto inviso a D’Alema e Rutelli. Un atto di forza chiaro e netto sarebbe stato molto più salutare, e solutorio, di un’ulteriore stretta di mano con corna celate. Quello che ci riserverà il prossimo autunno un Prodi sempre più contorsionista non si sa: molto realistico, appare oggi, un bis in idem del 1996, con un Professore sempre più ostaggio e fragile, malgrado i mugugni di Parisi e co. ; Dio allontani un tale scenario! Nel sud, ci si prepara a quest’ennesima puntata da premiato circo politico, con scetticismo. Non si illude più nessuno: dopo un’abbuffata di devastante berlusconismo, il tutto innaffiato da un buon Bossi d’annata, si passerà ai soliti risotti riscaldati di D’Alema con contorno di cicoria, amara! In tutto questo bailamme si intravede qualche incoraggiante segnale di fermento, alimentato dalla triste incompetenza della classe politica. In Calabria le associazioni, i movimenti, tutti quei gruppi di sensibilità sociale pare abbiano trovato un uomo capace di coniugare il sentimento di delusione e angoscia, così diffuso tra i calabresi, e l’azione civile. Il presidente Callipo, coriaceo imprenditore del tonno, ambasciatore del made in Calabria nel mondo, sta rinvigorendo l’orgoglio di tanti calabresi. I suoi gridi di denuncia e rabbia, contro un potere politico inetto e inadeguato a risolvere i veri problemi della regione, hanno scosso gli animi. Il presidente Callipo è stato spesso insidiato dalla criminalità organizzata, ma quello che gli brucia di più, in cuor suo, è la debole quanto ottusa reazione dello Stato al malessere che vive il popolo calabrese. Chi intende l’impiego dell’esercito nella regione come un’inaccettabile militarizzazione del territorio o è un ebete o, molto spregiudicatamente, vuole eludere il problema. Al di là dell’aspetto meramente repressivo, che non fa sicuramente la differenza nella lotta contro le mafie, si comincia finalmente a parlare di cose serie e pregnanti. I politici nicchiano e, seppure a malincuore, per ora incassano le bacchettate del presidente degli industriali locali, che non conoscono colore: non importa chi ci sia a governare; ieri l’affarista centro-destra oggi l’amebico centro-sinistra. L’ignavia e la sete di potere furoreggiano da entrambe le parti. Oggi in Calabria il nemico numero uno da battere non è tanto la mafia, quanto quel sistema politico che della mafia si è servita per nascondere evidenti sue incapacità amministrative e politiche. Infatti, a distanza di due mesi dalla roboante vittoria alle regionali, non si è perso tempo a consumare ennesime spartizioni di potere che hanno generato inutili sottosegretariati e vacue commissioni, in un’aria di inciucio generale all’insegna del... volemose bene c’è trippa pe tutti. La terra di Calabria aspetta da anni una rivoluzione culturale e sociale. Occorre creare un fronte comune nella società civile capace di arginare gli egoismi e le ingordigie dei politici; dialogare con chiunque si sente legato al territorio e, soprattutto, rafforzare l’idea di orgoglio e di appartenenza a questa terra, anche in coloro che la utilizzano, lucrandoci, come discarica per rifiuti tossici. Il veleno che scaricate oggi nelle vostre contrade, verrà ricaricato domani nel sangue dei vostri figli, domani, stroncandoli! Se si riesce attraverso parole nuove, semplici e dirette, a convincere tutti, anche coloro che vivono nell’illecito, a vedere la propria terra come il prato della propria casa questa terra rinascerà, condividendo con il resto del paese l’enorme patrimonio umano e culturale di cui dispone, ma che, rovinosamente e ingenuamente, sottovaluta.

Marco Militerno


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