Testo integrale tradotto dal latino dell’ordine impartito per iscritto da Ratzinger e Bertone*:
«LETTERA inviata dalla Congregazione per la dottrina della fede ai vescovi di tutta la Chiesa cattolica e agli altri ordinari e prelati interessati, circa I DELITTI PIU’ GRAVI riservati alla medesima Congregazione per la dottrina della fede, 18 maggio 2001
Per l’applicazione della legge ecclesiastica, che all’art. 52 della Costituzione apostolica sulla curia romana dice: “[La Congregazione per la dottrina della fede] giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, che vengano a essa segnalati e, all’occorrenza, procede a dichiarare o a infliggere le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio”, era necessario prima di tutto definire il modo di procedere circa i delitti contro la fede: questo è stato fatto con le norme che vanno sotto il titolo di Regolamento per l’esame delle dottrine, ratificate e confermate dal sommo pontefice Giovanni Paolo II, con gli articoli 28-29 approvati insieme in forma specifica.
Quasi nel medesimo tempo la Congregazione per la dottrina della fede con una Commissione costituita a tale scopo si applicava a un diligente studio dei canoni sui delitti, sia del Codice di diritto canonico sia del Codice dei canoni delle Chiese orientali, per determinare “i delitti più gravi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti”, per perfezionare anche le norme processuali speciali nel procedere “a dichiarare o a infliggere le sanzioni canoniche”, poiché l’istruzione Crimen sollicitationis finora in vigore, edita dalla Suprema sacra Congregazione del Sant’Offizio il 16 marzo 1962, doveva essere riveduta dopo la promulgazione dei nuovi codici canonici.
Dopo un attento esame dei pareri e svolte le opportune consultazioni, il lavoro della Commissione è finalmente giunto al termine; i padri della Congregazione per la dottrina della fede l’hanno esaminato più a fondo, sottoponendo al sommo pontefice le conclusioni circa la determinazione dei delitti più gravi e circa il modo di procedere nel dichiarare o nell’infliggere le sanzioni, ferma restando in ciò la competenza esclusiva della medesima Congregazione come Tribunale apostolico. Tutte queste cose sono state dal sommo pontefice approvate, confermate e promulgate con la lettera apostolica data in forma di motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela.
I delitti più gravi sia nella celebrazione dei sacramenti sia contro la morale, riservati alla Congregazione per la dottrina della fede, sono:
I delitti contro la santità dell’augustissimo sacramento e sacrificio dell’eucaristia, cioè:
1° l’asportazione o la conservazione a scopo sacrilego, o la profanazione delle specie consacrate:
2° l’attentata azione liturgica del sacrificio eucaristico o la simulazione della medesima;
3° la concelebrazione vietata del sacrificio eucaristico assieme a ministri di comunità ecclesiali, che non hanno la successione apostolica ne riconoscono la dignità sacramentale dell’ordinazione sacerdotale;
4° la consacrazione a scopo sacrilego di una materia senza l’altra nella celebrazione eucaristica, o anche di entrambe fuori della celebrazione eucaristica;
Delitti contro la santità del sacramento della penitenza, cioè:
1° l’assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo;
2° la sollecitazione, nell’atto o in occasione o con il pretesto della confessione, al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, se è finalizzata a peccare con il confessore stesso;
3° la violazione diretta del sigillo sacramentale;
Il delitto contro la morale, cioè: il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età.
Al Tribunale apostolico della Congregazione per la dottrina della fede sono riservati soltanto questi delitti, che sono sopra elencati con la propria definizione.
Ogni volta che l’ordinario o il prelato avesse notizia almeno verosimile di un delitto riservato, dopo avere svolte un’indagine preliminare, la segnali alla Congregazione per la dottrina della fede, la quale, a meno che per le particolari circostanze non avocasse a sé la causa, comanda all’ordinario o al prelato, dettando opportune norme, di procedere a ulteriori accertamenti attraverso il proprio tribunale. Contro la sentenza di primo grado, sia da parte del reo o del suo patrono sia da parte del promotore di giustizia, resta validamente e unicamente soltanto il diritto di appello al supremo Tribunale della medesima Congregazione.
Si deve notare che l’azione criminale circa i delitti riservati alla Congregazione per la dottrina della fede si estingue per prescrizione in dieci anni. La prescrizione decorre a norma del diritto universale e comune: ma in un delitto con un minore commesso da un chierico comincia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto il 18° anno di età.
Nei tribunali costituiti presso gli ordinari o i prelati possono ricoprire validamente per tali cause l’ufficio di giudice, di promotore di giustizia, di notaio e di patrono soltanto dei sacerdoti. Quando l’istanza nel tribunale in qualunque modo è conclusa, tutti gli atti della causa siano trasmessi d’ufficio quanto prima alla Congregazione per la dottrina della fede.
Tutti i tribunali della Chiesa latina e delle Chiese orientali cattoliche sono tenuti a osservare i canoni sui delitti e le pene come pure sul processo penale rispettivamente dell’uno e dell’altro Codice, assieme alle norme speciali che saranno date caso per caso dalla Congregazione per la dottrina della fede e da applicare in tutto.
Le cause di questo genere sono soggette al segreto pontificio.
Con la presente lettera, inviata per mandato del sommo pontefice a tutti i vescovi della Chiesa cattolica, ai superiori generali degli istituti religiosi clericali di diritto pontificio e delle società di vita apostolica clericali di diritto pontificio e agli altri ordinari e prelati interessati, si auspica che non solo siano evitati del tutto i delitti più gravi, ma soprattutto che, per la santità dei chierici e dei fedeli da procurarsi anche mediante necessarie sanzioni, da parte degli ordinari e dei prelati prelci sia una sollecita cura pastorale.
Roma, dalla sede della Congregazione per la dottrina della fede, 18 maggio 2001.
Joseph card. Ratzinger, prefetto.
Tarcisio Bertone, SDB, arc. em. di Vercelli, segretario»
Fonte e commenti:
IL DIALOGO, 10.04.2007.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Preti pedofili, 70 anni di abusi in Pennsylvania coperti dalla Chiesa
Un Grand giurì ha riconosciuto la colpa di 300 sacerdoti su oltre mille bambini *
Più di 300 sacerdoti sono accusati in Pennsylvania di aver commesso abusi sessuali su oltre mille bambini nel corso di settant’anni, coperti "sistematicamente" dai vertici della Chiesa cattolica. Un Gran giurì americano ha diffuso un rapporto di oltre 1.400 pagine, ritenuto il più articolato e globale pubblicato sinora sulla pedofilia nella Chiesa americana da quando il Boston Globe per la prima volta denunciò il problema in Massachusetts nel 2002, vincendo un premio Pulitzer e ispirando il film ’Spotlight’. Il dossier ha portato all’incriminazione di due preti, ma la maggioranza dei presunti responsabili è ormai morta e la gran parte dei fatti è prescritta.
L’indagine del Gran giurì è durata due anni ed è stata condotta in tutte le diocesi della Pennsylvania, fatta eccezione per due. Cita decine di testimoni e mezzo milione di pagine di informazioni della Chiesa, contenenti "accuse credibili contro oltre 300 preti predatori". Più di mille bambine e bambini che furono vittime di abusi sono identificabili, ma "il vero numero" è in realtà "nell’ordine delle migliaia", secondo il Grand giurì, perché molti bambini hanno avuto paura di denunciare o i loro dati sono andati perduti. Le vittime, afferma il dossier, sono state speso traumatizzate per la vita, finendo per abusare di droga e alcol, o per suicidarsi.
Tra i casi elencati c’è quello di un religioso che ha stuprato una bambina di 7 anni in ospedale, dopo che la piccola aveva subito una tonsillectomia. Un altro bambino bevve un succo di frutta e si svegliò il mattino dopo sanguinante dal retto, senza poter ricordare che cosa gli fosse accaduto. Un prete costrinse un bambino di 9 anni a praticargli sesso orale, poi gli lavò la bocca con l’acqua santa per "purificarlo". Un altro sacerdote abusò di cinque sorelle della stessa famiglia, tra cui una da quando aveva 18 mesi ai 12 anni. Quando una delle bambine lo disse ai genitori nel 1992, la polizia trovò nella casa del prete slip, bustine di plastica contenenti peli pubici, fiale d’urina e fotografie a sfondo sessuale di bambine. La Chiesa ignorò per anni le accuse e il sacerdote morì in attesa di processo, ha dichiarato il procuratore generale della Pennsylvania, Josh Shapiro.
"Lo schema era abuso, negazione e copertura", ha spiegato Shapiro, aggiungendo: "Come diretta conseguenza della sistematica copertura da parte delle alte autorità ecclesiastiche, quasi ogni caso di pedofilia che abbiamo rilevato è troppo datato per un processo". Sinora solo due preti sono stati incriminati per accuse che sono al di fuori della prescrizione: uno è accusato di aver eiaculato nella bocca di un bambino di sette anni e si è dichiarato colpevole, secondo la procura; l’altro ha aggredito due bambini, uno dei quali da quando aveva 8 anni per un periodo di otto anni, sino al 2010.
Il Gran giurì ha chiesto che la prescrizione per i reati di pedofilia sia cancellata, che le vittime abbiano più tempo per presentare denuncia e che sia rafforzata la legge che obbliga a denunciare gli abusi sessuali di cui si viene a conoscenza. "I preti stupravano bambine e bambini piccoli e gli uomini di Dio che erano responsabili per loro non solo non facevano nulla, ma nascondevano tutto. Per decenni", si legge nel rapporto. I religiosi anziani, al contrario, furono promossi e i preti pedofili poterono amministrare per 10, 20 e persino 40 anni dopo che i vertici erano venuti a conoscenza degli abusi e mentre la lista delle vittime si allungava sempre di più, ha detto Shapiro.
Negli Stati Uniti, sono tra 5.700 e 10mila i preti cattolici accusati di abusi sessuali, ma poche centinaia sono stati processati, dichiarati colpevoli e condannati, secondo Bishop Accountability. Da quando il problema della pedofilia nella Chiesa cattolica è diventato noto all’inizio degli anni 2000, la Chiesa americana ha speso più di 3 miliardi di dollari in patteggiamenti, secondo l’osservatorio. Questo ha documentato accordi con 5.679 presunte vittime del clero cattolico, solo un terzo delle 15.235 denunce che i vescovi hanno detto di aver ricevuto fino al 2009. Una stima ipotizza che le vittime negli Usa siano 100mila. Sotto la pressione dell’aumento di denunce nel mondo e delle continue critiche per la insufficiente risposta della Chiesa, papa Francesco nel 2013 ha promesso una nuova legge sulla pedofilia e pedopornografia. Anche in Cile la Chiesa è stata di recente travolta da accuse di vasta copertura di casi di pedofilia durante gli anni Ottanta e Novanta.
* Fonte: La Presse, Martedì 14 Agosto 2018
Pedofilia, tutta la Chiesa ha i problemi del Cile
Linea dura - Il Papa ha ammesso di aver sottovalutato il caso e ha fatto dimettere i vescovi. Ma le omertà in diocesi e nei seminari sono la norma
di Marco Marzano (Il Fatto, 20.05.2018)
La decisione dei vescovi cileni di rassegnare in blocco le dimissioni dai loro incarichi al papa è clamorosa. Segnala la consapevolezza di una responsabilità collettiva dell’episcopato cileno per i gravi crimini commessi da membri della Chiesa in quel Paese. Il gesto giunge dopo decenni di insabbiamenti ed è la conseguenza di un drastico cambiamento di linea di Francesco nel contrasto alla pedofilia clericale in Cile.
Sino al gennaio di quest’anno e cioè al suo viaggio nel Paese andino, Francesco non sembrava scontento di come andavano le cose nella chiesa cilena. Nel 2015, aveva promosso, nominandolo vescovo, Juan Barros, un “allievo” e amico del pedofilo abusatore Don Fernando Karadima. Quando Francesco lo ha nominato vescovo sul capo di Barros pendeva già l’accusa di aver assistito impassibile alle violenze che Karadima infliggeva ai minori.
Proprio durante quel viaggio, Francesco aveva reagito con fastidio alla domanda di chi gli aveva chiesto conto del suo sostegno a Barros rispondendo che della complicità di quel vescovo con i crimini di don Karadima non c’erano riscontri certi e quindi, fino a prova contraria, quelle contro di lui erano calunnie. Quelle parole parvero l’ennesima manifestazione della complicità vaticana con gli abusatori e suscitarono la reazione indignata di molta parte dell’opinione pubblica, non solo cilena.
È a quel punto che il papa fece mostra di esser pronto a cambiar linea, ammise di essersi sbagliato nel giudicare la situazione cilena, dichiarò di essere stato male informato e di voler andare finalmente a fondo della questione. Mandò un Cile un suo investigatore che acquisì nuove informazioni, poi convocò i dirigenti cileni a Roma e ottenne le loro dimissioni. Adesso gli toccherà procedere alle necessarie epurazioni, cioè al licenziamento di massa dei vescovi cileni. Se ciò non avvenisse, se il papa prendesse tempo e nel frattempo la vicenda venisse dimenticata dai media, ci troveremmo dinanzi a una sceneggiata sulla pelle delle vittime.
In una lettera indirizzata ai vescovi cileni che doveva rimanere riservata (e di cui alcuni giornali hanno pubblicato stralci) Francesco ammette che i problemi in Cile vanno ben al di là del caso Karadima-Barros, che nella chiesa cilena si sono verificati nel tempo abusi e mancanze di tutti i generi, che sono stati distrutti documenti che compromettevano alcuni preti, coperti e protetti o trasferiti precipitosamente da una parrocchia all’altra e subito incaricati di occuparsi di altri minori. Le accuse hanno riguardato anche le istituzioni formative, i seminari, colpevoli di non aver arrestato la carriera di preti che già da studenti mostravano chiari segni di un comportamento patologico nella sfera sessuale e affettiva. Il problema è “il sistema” ha concluso il papa.
Ed è verissimo. Il punto è: quale sistema? A meno di non voler credere che la chiesa cilena abbia sviluppato patologie tutte peculiari, che fosse una sorta di associazione a delinquere fuori controllo e a meno di negare che fenomeni identici a quelli descritti dal papa nella sua lettera si sono verificati ovunque nel mondo bisogna ammettere che il sistema è la chiesa stessa nella sua attuale forma organizzativa. Il problema è cioè un’organizzazione strutturata intorno alla supremazia di una casta clericale tutta maschile e celibe formata intorno ai valori della fedeltà assoluta e della disciplina di corpo all’interno di istituzioni totali e claustrofobiche come i seminari e poi investita del monopolio assoluto nella gestione del sacro, della competenza esclusiva di tutti gli aspetti cruciali della vita dell’istituzione.
Se il pontefice vuole davvero combattere fino in fondo il sistema e debellarlo, perché non prende tutti in contropiede e assume l’iniziativa di avviare una grande riflessione collettiva e pubblica, eventualmente attraverso un sinodo straordinario, sul tema della responsabilità dei funzionari e delle istituzioni cattoliche nei tantissimi casi di abusi sui minori commessi dai membri della Chiesa nella sua storia recente? E perché non invita a farne parte anche quegli studiosi che da anni sostengono che il problema degli abusi sessuali da parte del clero cattolico va affrontato mettendo in conto l’eventualità di dover smantellare la tradizionale strutturale clericale che da secoli, e senza alcuna discontinuità sino al presente, governa la Chiesa ai quattro angoli della terra? Questo sì che sarebbe l’inizio della rivoluzione.
Nuova denuncia abusi scuote Chiesa Cile
Vescovo Goic, compromesso dallo scandalo, chiede perdono
di Redazione ANSA SANTIAGO DEL CILE
20 maggio 2018
(ANSA) - SANTIAGO DEL CILE, 20 MAG - Una nuova denuncia di abusi sessuali da parte di un gruppo di sacerdoti cileni - organizzati in una ’confraternita’ di abusatori - ha scosso la Chiesa cilena e compromesso uno dei suoi vescovi più autorevoli, monsignor Alejandro Goic, appena tornato dal viaggio in Vaticano in cui tutto l’episcopato del paese sudamericano ha rassegnato le dimissioni al Pontefice. Il caso è stato sollevato da un reportage tv del programma T13. Una testimone ha raccontato di aver avuto consegnato a Goic una lista di 17 sacerdoti che hanno messo su una "confraternita", con al vertice un "nonno" e "zie" e "nipoti", al femminile, al di sotto di lui, che si dedicano ad abusi sessuali. Goic, che inizialmente aveva negato ogni addebito oggi, ha invece chiesto perdono, riconoscendo che aveva "agito senza l’adeguata agilità nell’inchiesta su Luis Rubio e altri sacerdoti". Goic - già presidente della Conferenza episcopale cilena - presiede dal 2011 il Consiglio nazionale per la prevenzione degli abusi contro i minori.
Pedofilia, dimissioni in blocco dei vescovi cileni. Sotto accusa anche cardinale vicino al Papa
Clamorosa decisione dei religiosi presenti a Roma dopo gli incontri con Francesco: "Abbiamo rimesso i nostri incarichi nelle mani del Santo Padre, affinché decida lui liberamente per ciascuno"
di PAOLO RODARI (la Repubblica, 18 maggio 2018)
CITTA’ DEL VATICANO - Una decisione senza precedenti che entra nel cuore dell’omertà dietro la quale si sono sovente trincerate le gerarchie ecclesiastiche quando qualcuno dei sacerdoti loro affidati si è macchiato del crimine di abuso sessuale su minori. I vescovi cileni hanno rimesso ieri in blocco i propri incarichi nelle mani del Papa, affinché decida lui liberamente il futuro di ognuno.
La notizia è arrivata dopo tre giorni di incontri riservati fra gli stessi presuli e Francesco dedicati agli abusi commessi in Cile e, in particolar modo, agli insabbiamenti: «Chiediamo perdono», hanno detto ieri i presuli, per il dolore causato alle vittime e «per i gravi errori e le omissioni commessi».Più di un anno fa il Vaticano aveva annunciato che sarebbero stati dimessi i vescovi reticenti sulla pedofilia. La decisione di ieri è figlia anche di quella volontà. E, insieme, della caparbietà delle vittime cilene che hanno preteso e ottenuto un incontro chiarificatore col Papa a Santa Marta.
In Cile, lo scorso gennaio, Francesco aveva mostrato di credere soltanto alla versione dei presuli. In merito alle coperture che il vescovo di Osorno, Juan Barros, aveva concesso al prete pedofilo Karadima, aveva detto alle vittime di non avere «prove». «Sono tutte calunnie», aveva poi spiegato loro. Quindi il ripensamento, con l’invio in Cile dell’ex pm della Santa Sede Charles Scicluna, e del sacerdote Jordi Bertomeu, per compiere un’approfondita investigazione che ha portato alla luce un’altra verità. Tanto che con ieri una nuova epoca sembra avere inizio: la garanzia di impunità non è concessa più a nessuno. La politica delle omissioni non appartiene a Jorge Mario Bergoglio.
Le vittime a colloquio con Francesco nei giorni scorsi hanno puntato il dito non solo contro il vescovo Juan Barros, ma anche contro altri presuli e fra questi il cardinale Juan Ignacio González Errazuriz, membro del Consiglio permanente che aiuta il Papa nella riforma della Chiesa (C9). Errázuriz non ha presentato rinuncia perché è in pensione e a Roma si è mostrato indignato, «mi diffamano, il Papa ha detto che l’ho informato bene».
Francesco, in una lettera diffusa ieri mattina e scritta ai vescovi nell’imminenza dell’incontro con loro, aveva usato parole gravissime. Aveva parlato di «mancanza di informazioni veritiere ed equilibrate» da parte degli stessi presuli. Un deficit d’informazione messo in campo non decenni fa, ma oggi. A conferma che l’omertà che ha attraversato la Chiesa ai tempi di Giovanni Paolo II è ancora viva. Non siamo più negli anni in cui scoppiarono i casi di pedofilia del capo dei Legionari di Cristo Marcial Maciel, né dell’esplodere delle coperture amplissime concesse dall’arcivescovo di Boston Bernard Law ai preti pedofili. Eppure la storia si ripete: al porporato americano Law pochi mesi fa il Vaticano ha incredibilmente concesso sepoltura in Santa Maria Maggiore. Mentre, secondo le vittime, un membro del C9, appunto Errazuriz, non è riuscito a informare a dovere il Papa sui crimini commessi nel suo Paese nonostante con ogni probabilità ne fosse a conoscenza.
Lo scandalo pedofilia
La resa dei vescovi cileni
di Alberto Melloni (la Repubblica, 19.05.2018)
L’episcopato cileno ha preso una decisione senza precedenti: l’intera conferenza dei vescovi ha consegnato ieri a papa Francesco le proprie dimissioni. Un gesto clamoroso di auto-decapitazione di una chiesa, che segna una tappa drammatica nella vicenda che ha visto denunziare i crimini dei pedofili preti e l’omertà dei vescovi.
Esplosa un quarto di secolo fa, la crisi dei pedofili in talare ha visto cadere a fatica i tentativi di minimizzare la cosa o di ridurla a casi confinabili alla procedura penale canonica. È venuta poi la stagione della “vergogna” e della “tolleranza zero”, affidata alla voce ferma e alle capacità di empatia del papa: il che ha aiutato a scoperchiare un male, anche a rischio di dare ansa a denigrazioni, che ha colpito diocesi, ordini, movimenti. Solo in un caso, nel 2010, Ratzinger si scostò da questa linea scrivendo una lettera alla chiesa di Irlanda che aveva come tema la pedofilia. Fedele alla sua teologia, Benedetto XVI aveva indicato nella presunta cedevolezza della chiesa irlandese davanti alla secolarizzazione una delle ragioni di tanto vasta e inconfessata tragedia. Un atto di accusa collettivo giustamente duro, ma che puntava l’indice contro un episcopato che non si era nominato da solo, contro una chiesa che non aveva mai domandato l’indipendenza da Roma.
Recentemente la vicenda di un vescovo cileno ha riportato in discussione non solo il comportamento di singoli religiosi, ma di un’intera chiesa nazionale. Dove le violenze sessuali perpetrate da un religioso molto amato da preti e presuli - padre Fernando Karadima - erano state denunciate all’autorità ecclesiastica, che non aveva creduto alle vittime. Per le coperture e le sordità, era stato sostituito l’arcivescovo di Santiago; e Karadima fu condannato dalla giustizia canonica all’ergastolo canonico perpetuo.
Nel frattempo l’ombra si allungava sui suoi più intimi collaboratori: di uno di questi, monsignor Juan Barros - fatto vescovo da Giovanni Paolo II e trasferito da Francesco a Osorio nel 2015 - sono state chieste le dimissioni dalle vittime del prete-santone, che hanno accusato Barros di aver saputo o di aver assistito agli stupri. Francesco, convinto della sua innocenza, ha respinto le dimissioni offertegli da Barros e ha domandato di fornirgli “le prove”. Una richiesta che aveva sconvolto i sopravvissuti, che sanno benissimo che lo stupratore scommette sempre sulla certezza che nessuno crederà alla vittima.
Bacchettato dal cardinale O’Malley, resosi conto dell’errore, Francesco ha chiesto il perdono delle vittime, ha ascoltato gli esiti di un’inchiesta guidata da monsignor Scicluna, ha convocato i vescovi del Cile per un incontro singolare, a metà fra il processo e il ritiro, al termine del quale ha posto il nodo ecclesiologico della questione in una densa lettera piena di citazioni. Non è una chiesa più “rigida” o più “severa” o più “disciplinata” quella che può evitare i delitti che hanno devastato persone e comunità: ma, sostiene Francesco, solo una “ chiesa profetica” capace di rifiutare le “spiritualità narcisiste”, di liberarsi dalla autoreferenzialità chiesastica e di cercare la compagnia dei poveri.
Le dimissioni collettive sono state la risposta dei vescovi. Un gesto mai visto. Un autodafé con il quale un episcopato intero compie sì un atto di sottomissione al vangelo così come Francesco lo ha personalmente predicato, ma in parte anche un atto di sfida: perché potrebbe postulare una riconferma altrettanto massiva, salva la sanzione di coloro che fossero platealmente compromessi coi delitti. A Francesco il compito di decidere. Anzi discernere; la cosa che un gesuita fa più spesso in vita sua; un atto mai infallibile, mai sterile.
"Residential schools" in Canada: un genocidio nascosto alla Storia
Intervista a Kevin Annett
di FLORE MURARD-YOVANOVITCH
Dal sito www.radicali.it
venerdì 09 aprile 2010
Per oltre un secolo, dalla fine dell’Ottocento alla fine del Novecento, centinaia di migliaia di bambini indigeni canadesi hanno subito terribili abusi nelle "scuole residenziali" gestite dalla chiesa cattolica e dalle varie chiese protestanti. Violenze fisiche, sessuali, elettroshock, sperimentazioni di psicofarmaci, test sulle armi biologiche, sterilizzazioni e, in molti casi, omicidi. Costretti a dimenticare la propria lingua, la famiglia, le tradizioni, la propria religione e a cristianizzarsi. Stime realistiche parlano di 50.000 bambini scomparsi.
Kevin Annett è un ex ministro della Chiesa Unita del Canada, da cui fu espulso nel 1995 per aver diffuso notizie sugli abusi e gli omicidi commessi all’interno delle "Residential Schools". Nonché sul ruolo della Chiesa Unita del Canada sul furto della terra dei nativi e sul suo ruolo nella morte dei bambini indigeni. Ha scritto il libro "Hidden from History: the Canadian Holocaust" su cui è basato, insieme a dirette testimonianze, il documentario "Unrepentant".
Per quasi vent’anni ha guidato un movimento popolare in Canada per documentare e rendere noti i crimini contro l’umanità commessi nelle scuole residenziali, sia dalla Chiesa cattolica sia da quelle protestanti. Vive e lavora con gli aborigeni e i poveri nelle periferie di Vancouver. Nel 2005 è stato adottato dalla nazione Ojibway-Anishinabe e gli è stato dato il nome di Eagle Strong Voice per il suo lavoro nell’interesse degli indigeni. Ieri e oggi Kevin Annett, insieme ai sopravissuti delle "scuole residenziali", era a Roma per un doppio appuntamento alla Camera dei Deputati, dove l’abbiamo intervistato.
Lei si è battuto anni in Canada per la verità sul genocido dei nativi americani. Perché oggi è in Italia?
Simbolicamente è il posto dove tutto è cominciato, con il decreto del Vaticano che autorizzava la conquista dei popoli non cristiani. La Chiesa cattolica ha anche costruito il "modello" delle scuole residenziali cattoliche in Canada. Siamo soprattutto qui per cercare il sostegno dell’UE ad un’indagine internazionale, per poter compiere vere e proprie investigazioni scientifiche, trovare le prove di come siano stati ammazzati questi bambini e poter dare loro una giusta sepoltura.
In Canada, ogni tentativo è stata fermato dalla chiesa, dalla polizia e dalla giustizia... persino le investigazioni forensi sono vietate. Le terre dove sono seppelliti i corpi appartengono al governo, sotto diretta tutela della Corona, e ogni persona che voglia indagare è suscettibile di essere incarcerata. La gente è stata minacciata e ha troppa paura. Abbiamo bisogno di un aiuto che venga da fuori del Canada: lo aspettiamo da anni e lo chiediamo oggi. Siamo convinti che l’Italia sia il posto giusto per cercare aiuto.
Il Paese dove lo scandalo pedofilia non è stato ancora del tutto chiarito e le responsabilità non ammesse?
Informare sul genocidio religioso canadese aiuterà certamente a svelare anche la questione della pedofilia, perché le due tragedie sono connesse; sono sempre gli stessi abusi ai danni dei bambini. Deve essere abolito questo sistema che permette, con la giustificazione della religione, che siano commessi tali crimini e rimanere impuniti. Intanto, siamo stati accolti molto calorosamente dal Partito radicale e da altri gruppi della società civile che ci hanno aperto un vero e proprio forum. Varie municipalità italiane hanno inoltre indicato un sostegno a questa indagine internazionale.
Come spiega che la violenza sui bambini sia vastamente diffusa nella Chiesa cattolica?
Il fattore religioso in questi abusi è fondamentale, ed è una lunga storia. Che comincia con la Bibbia, dove si possono trovare varie giustificazioni (il controllo degli innocenti) e che pervade la cultura europea. Ancora di recente il Papa ha ribadito che "non c’è salvazione fuori della chiesa" e che quelli fuori dalla chiesa sono "persi", "dannati". Questo senso di "superiorità dettata dalla religione" ha permesso di massacrare nel mondo millioni di persone. In seconda analisi, è un’eredità del colonialismo predatore, che pensava che persone "diverse" non avessero il diritto di vivere nelle proprie terre. L’impero ha usato e ancora oggi usa la religione per rubare e strappare gli indigeni dalle loro risorse, terre, e dalla propria identità religiosa e culturale. Quello che facciamo oggi in Iraq e in Afghanistan non è tanto diverso, perché non abbiamo mai affrontato questa questione.
Il governo canadese non ha mai riconosciuto i crimini commessi sui nativi americani?
Nel 1998 a seguito della diffusione del film "Unrepentant" e delle numerose pressioni sul governo, il Primo Ministro Steven Harper ha chiesto scusa in Parlamento per le scuole residenziali, ma ha contemporaneamente dichiarato che nessuna denuncia sarà sporta per i crimini perpetrati nelle scuole, né la Chiesa verrà mai indagata. Queste scuse troppo leggere non bastano. Inoltre, così, i bianchi s’illudono di aver trattato la questione. E non è vero.
Avete persino provato a fare riconoscere il "genocidio" alle Nazione Unite?
Sì, nel 1998 abbiamo organizzato a Vancouver il primo Tribunale indipendente sulle "residential schools" canadesi con l’IHRAAM (International Human rights Association of American Minorities) e raccolte decine di testimonianze. Ma il rapporto mandato alle Nazione Unite è stato ignorato dopo che il Canada è intervenuto per fermare ogni indagine. Allorché abusi, deportazione e sterilizzazione forzate sono, secondo la definizione della Convenzione delle Nazione Unite per i diritti umani, un vero e proprio "genocidio". Altri gruppi indigeni in Guatemala e in altri paesi collaborano per una mozione alle UN che speriamo verrà sostenuta dai Paesi europei e da tutto il mondo per riconoscere finalmente questo genocidio.
Come mai questo silenzio avvolge ancora oggi questa storia in Canada?
La società intera era ed è tutt’oggi coinvolta: il razzismo è talmente socialmente accettato che non si vede. Oggi ancora i Nativi non sono veramente visti come "esseri umani", in parte perché sono morti in massa (90%), in parte a causa della mentalità diffusa e ben radicata che questi popoli fossero "insignificanti". All’origine della fondazione del Canada e della conquista, ricordiamo che c’era il falso mito della terra vergine, vuota. Questa mentalità ha ancora un forte impatto su come la pensiamo (l’Indian Act è tuttora in vigore). Questo silenzio è anche dovuto al senso di colpa che i bianchi hanno messo da parte e mai affrontato.
Com’è la situazione dei Nativi americani oggi in Canada?
E’ drammatica. Il loro tasso di mortalità è 20 volte quello della media nazionale, per via dei numerosissimi suicidi e problemi legati alla droga, soprattutto nei giovani. Questo ha le sue radici nel trauma originario della distruzione delle famiglie, delle terre, della loro lingua, e soprattutto nei traumi psicologici connessi agli abusi e agli omicidi perpetrati nelle scuole residenziali. E’ difficile sopravvivere a un genocidio programmato dalla intera società in cui vivi e dove è ancora in corso un programma che mira alla tua "estinzione culturale". Pochi osano ancora parlarne, perché sono perseguitati e minacciati quando parlano pubblicamente. Ma quelli che vivono per strada, in condizioni terribili, hanno voglia di fare conoscere la loro storia e proprio con loro conduco personalmente un programma radiofonico settimanale. Non basta dire "scusa", bisogna cambiare questa terribile eredità e mettere fine ad uno sterminio che continua ancora oggi.
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Il mea culpa che Ratzinger non fa
di Enzo Mazzi (il manifesto, 21 marzo 2010)
Finora puntava rigidamente verso il buio, ora sembra orientarsi al contrario verso la luce. Questa svolta radicale, di centottanta gradi, della barca di Pietro annunciata dall’attesissima lettera pastorale ai fedeli d’Irlanda pubblicata ieri, non può che essere salutata con soddisfazione. Ma la genericità dei discorsi non basta.
Non sono soddisfatte soprattutto le migliaia di vittime devastate nel profondo da fatti di violenza gravissimi. Chiedevano una assunzione di responsabilità personale da parte del sommo pontefice, un mea culpa chiaro e tondo, e si ritrovano con un vero e proprio scarico di responsabilità sui suoi sottoposti.
«Non si può negare che alcuni di voi e dei vostri predecessori - dice il papa ai vescovi irlandesi - avete mancato, a volte gravemente, nell’applicare le norme del diritto canonico codificate da lungo tempo circa i crimini di abusi di ragazzi». Chiedevano modificazioni strutturali del sistema chiesa come ad esempio almeno una apertura verso il superamento dell’obbligo del celibato ecclesiastico. Nemmeno un accenno.
Chiedevano meno indottrinamento catechistico dei bambini e più Vangelo. Non un parola. Chiedevano attuazione pratica reale del Concilio e si ritrovano con l’accusa del papa al «frainteso» approccio al Concilio Vaticano II. Chiedevano meno potere della casta sacerdotale, meno assolutismo monarchico della gerarchia e più democrazia o almeno più circolarità comunitaria nella pastorale, nei riti, nella nomina dei vescovi e dei parroci, unica soluzione alla mancanza di trasparenza. E si trovano solo una frase un po’ sibillina del papa in cui tra le cause enumera anche «una tendenza nella società a favorire il clero e altre figure in autorità».
Hanno ragione le vittime ad essere insoddisfatte. Ed è al pari comprensibile l’insoddisfazione di tanti e tante cattolici a cui non basta questa virata della rotta quando è la barca stessa che sta facendo acqua da tutte le parti e che va a fuoco. Non basta l’annuncio di una «Visita Apostolica in alcune diocesi dell’Irlanda, come pure in seminari e congregazioni religiose».
E qui mi sento di esprimere un bisogno che sta emergendo dalla base della chiesa seppure ancora troppo timidamente: riprendere con fede e amore la scelta di considerare l’obbedienza non più una virtù, vincere la paura di drizzarsi in piedi di fronte al potere con tutta la forza della coscienza alimentata dalla rete di relazioni comunitarie e dal Vangelo. Uscire dal silenzio, dai mugugni sussurrati, dalle frammentazioni delle conventicole, dal condizionamento di diadi muffite: dentro/fuori, credenti/non credenti, sacro/profano, obbedienza/disobbedienza e collegare con umiltà ma anche con determinazione le tante e tante esperienze ecclesiali che maturano nell’ombra, chi più dentro e chi più fuori e chi alla frontiera. Senza esclusioni né emarginazioni. Tutto questo sarebbe l’attualizzazione della più genuina tradizione cristiana.
Il cristianesimo è nato così, dal coordinamento di piccole comunità ed esperienze eretiche, è geneticamente ribelle verso tutte le forme di alienazione e in particolare nei confronti del dominio del sacro. Dall’età di Costantino c’è stata una modificazione genetica nell’assetto istituzionale ecclesiastico. Ma una linea di fedeltà al carattere ribelle del primo cristianesimo è stata mantenuta, pur con fatica e contraddizioni, nella storia di questi due millenni fino ad oggi da movimenti, correnti di pensiero critico e comunità di base. La liberazione dal dominio del sacro non si è mai interrotta. Ed oggi occorre forse ridarle forza e visibilità.
di Enzo Mazzi (il manifesto, 20 marzo 2010)
La pedofilia del clero è un fenomeno antico, come del resto la pedofilia intra-familiare. Se oggi emerge e fa scandalo non è necessariamente perché tale fenomeno si sia aggravato ma perché le vittime e i loro genitori hanno il coraggio di denunciare gli abusi. Si conferma ancora una volta il paradigma storico che da sempre anima i movimenti dal basso, le comunità di base e questo stesso giornale: la salvezza del mondo viene dalla forza delle vittime.
È grazie a loro, alle vittime coraggiose, che finalmente si è rivelata la fallibilità, reale umana, dell’«infallibile» supremo pontefice, il quale ha dovuto scusarsi, in qualche modo e mai abbastanza, firmando una lettera che riconosce la necessità di cambiare strada. È grazie a loro che molti vescovi, maestri, padri e dottori, hanno dovuto chinare il capo, perfino dimettersi e imparare a tornare uomini fragili scendendo dal piedistallo della sacralità. È grazie a loro che la Chiesa cattolica tutta, la quale si autodefinisce «indefettibile», ha mostrato il suo volto intimo più vero, di realtà defettibile, precaria, umana, ispirata dal messaggio e dalla testimonianza di un uomo che ha detto «se il seme non muore non porta frutto».
La pedofilia è un crimine e quella dei preti lo è a un livello di gravità e pericolosità particolarmente pesante. Il «sacro», cose sacre, persone sacre, luoghi e tempi sacri, proprio in quanto realtà separata tende ad annullare la sacralità dell’esistenza normale, esclude la sacralità del tutto e quindi è implicitamente e intrinsecamente fonte di violenza. Ma se il sacro si rende responsabile di esplicite forme di violenza, come nella pedofilia dei preti, allora la violenza esplicita e quella implicita si potenziano reciprocamente. Il colpevole di turno Gli episodi di pedofilia che stanno emergendo in tutto il mondo evidenziano contraddizioni e deficienze strutturali dell’istituzione Chiesa. È fuorviante scaricare tutto e solo sul colpevole di turno. Ognuno è responsabile delle proprie azioni e ne deve rispondere verso le vittime e verso la giustizia; ma la responsabilità individuale non assolve affatto le responsabilità dell’istituzione. Vari analisti del fenomeno della pedofilia nella Chiesa e lo stesso Benedetto XVI arrivano a parlare di tolleranza zero, utilizzando acriticamente il linguaggio della destra estrema, ma si guardano bene dal cercarne le radici nella struttura istituzionale ecclesiastica. Sarebbe invece proprio lì, nella struttura del sacro che andrebbe applicata la tolleranza zero.
È nota ormai la relazione che c’è fra il sesso e il potere. Già per i greci ed i romani il fallo era simbolo di potere. Nell’antica Roma non di rado le dimensioni e la forma del pene agevolavano la carriera politica e militare. Tutto ciò che si erige sembra essere un riferimento fallico. Gli obelischi, i campanili, le torri, il bastone del comando, lo scettro regale, il pastorale, la stessa mitria vescovile, che cosa sono se non simboli fallici? Non a caso nella Chiesa il potere è riservato rigidamente a chi possiede il sesso maschile e negato in assoluto alla donna. La pedofilia è interna a questo rapporto fra sesso e potere. Chi cerca il bambino o la bambina per soddisfare l’appetito sessuale lo fa per esprimere la propria sete di dominio verso una creatura fragile. È la sete di dominio la radice più profonda della pedofilia. Per cui combattere la pedofilia senza porre la scure alla radice non dico che è inutile ma certo è insufficiente. Ed è la sete di dominio che andrebbe sradicata dalla struttura del sacro. I fedeli, perenni bambini Fa ancora parte di una pastorale «normale», che avrebbe dovuto essere superata nel dopoconcilio ma non lo è affatto, il condizionamento di coscienze infantili attraverso l’imposizione di sensi di colpa che s’insinuano nel profondo e si trascinano inconsapevolmente per tutta la vita. Per non parlare degli indottrinamenti di un certo modo di fare catechesi e di insegnare religione nelle scuole, che è ancora purtroppo largamente maggioritario. Il Compendio del Catechismo pubblicato di recente dal Vaticano, a domande e risposte preconfezionate, da cui non emerge nemmeno un minimo di senso di ricerca, di autonomia, di coscienza critica, non è esso stesso un invito all’indottrinamento? Come una madre possessiva, sembra che Madre Chiesa voglia mantenere in una perenne condizione infantile i suoi figli, tanto li ama. Se non rischiasse di essere male interpretato, verrebbe voglia di chiamare tutto questo «pedofilia strutturale» della Chiesa, nel senso appunto di amore verso gli uomini e donne perennemente bambini. E la sacralizzazione del potere ecclesiastico, la teologia e la pastorale del disprezzo verso il corpo, il sesso e il piacere, la condanna di ogni forma di rapporto fra sessi che non sia consacrato dal matrimonio, non è tutto questo dominio violento?
C’è in questo momento la tendenza a puntare sulla concessione del matrimonio ai preti rendendo il celibato una scelta facoltativa e non definitiva. Ma è il sacerdozio in sé come casta sacrale detentrice di un potere derivante direttamente da Dio da porre in discussione. È tempo che si crei un grande movimento per restituire al cristianesimo il senso della liberazione dal sacro, in quanto realtà separata, liberazione non solo dalle oppressioni economiche e politiche, ma anche psicologiche, etiche-morali, simboliche. Forse non sparirà la pedofilia ma certo verrà colpita a fondo e non solo quella dei preti.
MEMORIA FALLACE
di Vania Lucia Gaito *
[...] Lo scandalo, venuto a galla negli Stati Uniti, è solo l’inizio. Altrettanti scandali travolgono l’Australia, il Sudamerica, il Messico, il Canada, l’Alaska, la Polonia, l’Irlanda, la Spagna, l’Inghilterra, la Germania, l’Olanda e moltissimi paesi africani. Una vergogna dietro l’altra, si svelano i retroscena di sacerdoti che hanno molestato, abusato, violentato decine di bambini, alcuni piccolissimi.
Così, nel 2001, il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede dal 25 novembre 1981 fino alla sua nomina al soglio pontificio, promulgò un epistola nota come De Delictis Gravioribus o come Ad exsequandam. In essa richiamava il Crimen sollicitationis e avocava un diretto controllo, da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, sui "crimini più gravi", compresi gli abusi sui minori. Per quella lettera, il cardinale Ratzinger fu citato in giudizio dall’avvocato Daniel Shea davanti al tribunale dalla Corte distrettuale della contea di Harris (Texas), dove fu accusato di "ostruzione alla giustizia". Secondo l’accusa, infatti, il documento della Congregazione avrebbe favorito la copertura di prelati coinvolti nei casi di molestie sessuali ai danni di minori negli Stati Uniti. Nel febbraio 2005 fu emanato dalla corte un ordine di comparizione per il cardinale Joseph Ratzinger. Il 19 aprile 2005, il cardinale Ratzinger fu eletto papa e i suoi legali negli Stati Uniti si rivolsero al Dipartimento di Stato chiedendo l’immunità diplomatica per il loro assistito. L’Amministrazione Bush acconsentì e Joseph Ratzinger fu esonerato dal processo. [...]
* Per leggere l’intero scritto, clicca su: BISPENSIERO
Pedofilia, travolto il segretario di tre Papi
Troppe accuse, si dimette Magee, in Vaticano da Paolo VI a Wojtyla
di Pietro Del Re (la Repubblica, 08.03.2009)
Segretario privato di ben tre papi, tra cui Giovanni Paolo II, il vescovo irlandese John Magee è stato costretto ieri a dimettersi, travolto da un’inchiesta su presunti casi di pedofilia. Magee, vescovo dal 1987 di Cloyne, nel sud dell’Irlanda, si è trovato al centro di uno scandalo scoppiato nella sua diocesi su presunti abusi sessuali su minori da parte di preti. Negli ultimi anni, la Chiesa cattolica irlandese è stata sconvolta da diversi episodi di pedofilia ed accusata di aver coperto alcuni di questi casi. Più volte, le autorità ecclesiastiche si sarebbero limitate a spostare di parrocchia i preti accusati degli abusi dai minori. Lo scorso dicembre, proprio il vescovo Magee fu criticato dal "Comitato nazionale per la salvaguardia dei bambini" per il caso di due preti della diocesi di Cloyne accusati di violenze su minori. Nei confronti di quei religiosi non era stata adottata nessuna sanzione ecclesiastica. Solo nel 2008, ventisei diocesi irlandesi hanno sporto cinquantasei denunce per abuso, una ventina delle quali coinvolgevano preti già deceduti. Un solo prete è stato incriminato. Queste ed altre vicende hanno seriamente intaccato l’autorità morale della Chiesa cattolica irlandese.
Lo scorso 4 febbraio il vescovo Magee avrebbe chiesto direttamente al papa Benedetto XVI di nominare un amministratore apostolico per gestire la diocesi fino a quando non sarà nominato un nuovo vicario. Per ricoprire questo ruolo, il Vaticano ha scelto l’arcivescovo Dermot Clifford. «La rapidità con cui il Santo padre ha preso questa decisione indica l’importanza che la Chiesa accorda alla salvaguardia dei bambini e quanto abbia a cuore i bisogni delle vittime», ha dichiarato il cardinale Sean Brady, primate d’Irlanda. Un prelato della diocesi di Cloyne ha detto che «questa nomina consentirà al vescovo Magee di cooperare pienamente con la commissione d’inchiesta voluta dal governo irlandese per far luce sugli abusi commessi sui bambini».
John Magee è nato nel 1936 in Irlanda ed è stato segretario privato di ben tre papi: Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Nel 1992 papa Wojtyla lo nominò Maestro di cerimonie pontificie.
Irlanda
Il vescovo lascia per un’inchiesta su abusi che ha coinvolto la diocesi
Pedofilia, si dimette l’ex segretario di tre papi
Magee ha assistito da Paolo VI a Wojtyla. Trovò Luciani morto
La decisione per le critiche su come ha gestito lo scandalo che ha travolto la diocesi di Cloyne
di Mario Porqueddu (Corriere della Sera, 08.03.2009)
John Magee è nato nel 1936 in Irlanda ed è stato segretario privato di ben tre Papi: Paolo VI, Giovanni Paolo I (fu lui a trovare il cadavere del Pontefice) e Giovanni Paolo II. Nel 1982 è stato nominato Maestro di cerimonie pontificie. Attualmente è vescovo di Cloyne, nel sud dell’Irlanda
Dagli Stati Uniti all’Austria
È a Boston che si è consumato il più grosso scandalo pedofilia che ha coinvolto la Chiesa cattolica: nel 2002 fu costretto alle dimissioni il cardinale Bernard Law. Ma lo scandalo ha interessato, in modo pesante, anche la California: nel luglio del 2007 l’arcidiocesi di Los Angeles dovette stanziare 600 milioni come risarcimento per 508 vittime di preti pedofili. Dagli Usa al Brasile, dove centinaia di preti sono stati coinvolti in casi di «cattiva condotta sessuale». Infine l’Austria: nel 2004 nel seminario di Sankt Polten (poi chiuso) si sarebbero svolti festivi gay e scaricate dal Web foto pedofile
MILANO - Il vescovo irlandese John Magee si è dimesso ieri dopo essere stato travolto dalle polemiche per come aveva gestito un’inchiesta su presunti casi di pedofilia nella sua diocesi. Magee è stato segretario privato di tre pontefici, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II. Fu lui il primo a vedere il cadavere di papa Luciani. E nel 1982 fu nominato Maestro di cerimonie pontificie.
Nato nel 1936 in Irlanda, Magee fino a ieri era il vescovo di Cloyne, nel sud del Paese. Proprio nella diocesi che reggeva dal 1987 alla fine dell’anno scorso è scoppiato uno scandalo su presunti abusi sessuali nei confronti di minori. Il 19 dicembre era stato pubblicato il «rapporto Cloyne», preparato dall’organismo della Chiesa cattolica che si occupa di salvaguardia dei bambini, una struttura messa in piedi dalla Chiesa ma indipendente dalle gerarchie ecclesiastiche.
Il rapporto
Secondo quel rapporto, le pratiche di protezione dei minori a Cloyne sarebbero state «inadeguate e sotto certi aspetti dannose», e proprio per questo i bambini erano stati «messi a rischio ». Il 7 gennaio una commissione d’inchiesta dell’arcidiocesi di Dublino è stata incaricata di esaminare quello che accadeva nella diocesi retta da John Magee. Una settimana più tardi il cardinale Sean Brady, primate cattolico, aveva risposto a chi pretendeva le dimissioni del vescovo, spiegando che Magee aveva promesso «cambiamenti e progressi nella sua diocesi». Ma le polemiche non si erano fermate. In particolare, da parte dei portavoce dell’associazione «One in four» che supporta le vittime di abusi sessuali, che invocava l’intervento del governo. Pare che il 4 febbraio Magee si sia rivolto direttamente al Vaticano preannunciando l’intenzione di dimettersi e chiedendo di nominare un «amministratore apostolico» che gestisca la diocesi in vece sua.
Il commiato
«Mi sono impegnato a collaborare in tutti i modi con il lavoro della Commissione d’inchiesta - ha detto ieri sera Magee parlando ai fedeli raccolti a messa nella cattedrale di St. Colman -. Sono consapevole del fatto che dovendo dedicare tempo ed energie a questo scopo, condurre la normale attività di amministrazione della diocesi diventerebbe molto complicato ». È stato il suo commiato. Magee mantiene la carica di vescovo. Ma un comunicato diffuso ieri dalla conferenza episcopale irlandese ha già annunciato che papa Benedetto XVI ha stabilito che sia sostituito alla guida della diocesi di Cloyne dall’arcivescovo di Cashel ed Emly, Dermot Clifford. «Darò tutti i contributi necessari alla Commissione d’inchiesta» ha detto Clifford.
Le polemiche
«La decisione del Santo Padre - ha spiegato il primate Brady - è un’indicazione di quanto per la Chiesa siano importanti la tutela dei minori e il prendersi cura delle vittime». Negli ultimi anni l’autorità della Chiesa cattolica irlandese è stata toccata da diversi episodi di pedofilia e di abusi sessuali. In particolare, le gerarchie ecclesiastiche erano state accusate di aver coperto alcuni di questi casi, trasferendo altrove i preti finiti sotto accusa.
Esce un libro sulla violenza sessuale nelle diocesi americane
Atti impuri
Quegli abusi nel mondo della chiesa
Cifre realistiche indicano tra i quaranta e i sessantamila casi negli Usa
Una delle autrici del dossier ha assistito alle riunioni a porte chiuse dei vescovi
Denunce che vengono dall’interno dell’area cattolica
Non è il celibato in sé a favorire le pulsioni trasgressive
Non è solo la descrizione di una catastrofe che ha scosso i cattolici
ma la riflessione sull’istituzione e sulle vittime, in maggioranza ragazzi in età pre e post puberale
di Marco Politi (la Repubblica, 24.01.2009)
Le voci dall’inferno sono innumerevoli. «Accadde quando il sacerdote J. era chierichetto. Un giorno, dopo la messa, il prete si mise davanti a J. con il pene eretto e guidò le sue mani fino a raggiungere l’orgasmo� Quando entri in sacrestia, dopo aver servito messa, padre Bill ti dice che hai fatto un buon lavoro e tu sei felice e orgoglioso. Il tuo prete ti offre di aiutarti a sfilare la veste, scherzando. Ma appena l’ha sollevata, padre Bill la spinge sulla tua faccia con una mano mentre con l’altra si sbottona i pantaloni e si spinge dentro di te... Andai su e c’era il buon padre Donald, fumammo insieme (dell’erba) e poi mi fece delle proposte. Era la prima volta che qualcuno soddisfaceva me e mi piacque molto... Il dodicenne Julian fu abusato per tre anni da padre Scott, il quale gli aveva detto che per ricevere la cresima avrebbe dovuto partecipare a speciali sessioni di consulenza... All’età di cinque anni X cominciò ad essere prelevato da letto e portato sul divano del sacerdote (ospite dei genitori), che lo stendeva sopra di sé... I miei ricordi più terribili sono di noi due, io e padre Larry, che facciamo sesso nella mia stanza e dopo scendiamo al piano di sotto per cenare con la mia famiglia... La chiesa nella quale fui violentata era la stessa in cui i preti ascoltavano le confessioni, era la chiesa in cui tutti i figli della mia famiglia si sono sposati e alcuni nipoti battezzati, e in cui sono sepolti i miei genitori».
Il panorama è devastante. Quando papa Ratzinger è stato in America nell’aprile scorso il nuovo cardinale di Boston, Sean O’Malley, lo ha fatto incontrare con un piccolo gruppo di vittime di abusi che portavano con sé un libriccino con i nomi di altri mille abusati. Mille. Proviamo a trasporre la cifra in una diocesi come Torino, Bologna o Genova. Mille casi nascosti, insabbiati, negati e poi faticosamente portati alla luce. Ma basta già lo scandalo esploso ora a Verona, dove decine di ex allievi di un istituto per sordomuti, ormai adulti, hanno denunciato abusi sistematici da parte di esponenti del clero avvenuti nell’arco di un trentennio, per mostrare ciò che può nascondersi dietro la facciata della normalità quotidiana.
Le statistiche (come i processi) negli Stati Uniti sono impietose. Tra il 1950 e il 2004 si sono registrati undicimila casi documentati. Ma tutti i poliziotti sanno che le statistiche dei furti sono per difetto, perché riguardano solo gli episodi denunciati. Lo stesso vale per gli abusi sessuali. E così le cifre realistiche indicano in quaranta-sessantamila i casi di violenza subiti da minori da parte di predatori in tonaca. La media dei preti diocesani coinvolti è del 4,3 per cento. Certe annate di ordinazioni sacerdotali hanno prodotto tassi specialmente alti di preti-predatori. Otto per cento nel 1963, nel ’66, nel ’70, nel ’74. Addirittura 9 per cento nel 1975.
Atti impuri. La piaga dell’abuso sessuale nella Chiesa cattolica (a cura di Mary Gail Frawley-O’ Dea e Virginia Goldner, ed. Raffaello Cortina, pagg. 294, euro 20) non è solo la descrizione di una catastrofe che ha scosso i cattolici americani e portato alla bancarotta per risarcimenti più di una diocesi, ma è soprattutto un’analisi dell’istituzione in cui tutto ciò è potuto avvenire e una riflessione sugli individui colpiti, in maggioranza maschi tra gli undici e i diciassette anni nell’età pre o post-puberale, quando la psiche è maggiormente fragile. Riflessioni e denunce che vengono dall’interno stesso della Chiesa cattolica. Mary Gail Frawley-O’ Dea, una delle curatrici del dossier, è stata l’unica psicoterapeuta ammessa al vertice dei vescovi americani, quando a porte chiuse hanno discusso degli abusi sessuali. Hanno collaborato sacerdoti, religiosi, oltre ad esperti di problemi sessuali, docenti di religione e rappresentanti di altre confessioni cristiane.
Dal dossier emerge un quadro di analisi sfaccettato. Non è di orientamento omosessuale la maggioranza dei colpevoli, ma è l’«opportunità» che favorisce i rapporti con maschi dello stesso sesso. Non è il celibato in sé - come astensione da relazioni sessuali - a favorire le pulsioni all’abuso, ma una concezione del celibato come «integrità» ossessivamente ideologizzata e come «purezza» contrapposta ad una sessualità considerata peccaminosa o di inferiore. Non è tanto questione di trasgredire divieti, ma di personalità che scoppiano perché educate a idealizzare il sacerdozio e che non reggono l’urto con il quotidiano. Del tutto falso, poi, è che questi episodi siano frutto dello spirito libertino contemporaneo, poiché da diciotto secoli la Chiesa ha sancito norme e punizioni (il più delle volte rimaste teoriche) per combattere il fenomeno.
La vicenda non riguarda solo l’America, riguarda l’Italia, l’Irlanda, la Polonia, tutte le nazioni cristiane in misura variabile. L’America è solo il laboratorio di uno studio approfondito che interessa tutta la Chiesa. L’aspetto fondamentale è che le vittime sono «superstiti», carichi di ferite, segnati dall’orrore o dalla manipolazione della propria personalità. «Papa, funzionari del Vaticano e vescovi - scrive il domenicano Thomas Doyle - hanno mancato sistematicamente di accogliere le vittime come fratelli e sorelle in Cristo». Non è questione di brevi incontri dei papi con i «sopravvissuti» né di alcuni interventi, che condannano la mostruosità degli abusi. Il fatto è che finora né Giovanni Paolo II né Benedetto XVI sono arrivati a riconoscere fino in fondo le responsabilità dell’istituzione ecclesiastica e le sue manovre di occultamento. Se l’ex arcivescovo di Boston, cardinale Bernard Law, colpevole di non aver perseguito immediatamente i preti predatori, limitandosi a trasferirli di incarico, viene poi nominato (da papa Wojtyla) arciprete di una delle basiliche più venerande della cristianità, Santa Maria Maggiore, per sistemare lo scandalo dei vertici, l’esempio è assolutamente negativo.
Ancora di più pesa che la maggioranza dei vescovi non abbia saputo instaurare un rapporto umano con le vittime. Troppi vescovi, commenta il gesuita James Martin, hanno finito per anteporre alle vittime gli interessi dei preti violentatori.
Lo si coglie dalle strategie di fuga sistematicamente messe in atto dalla Chiesa allo scoppio di uno scandalo. La vittima ha enormi difficoltà a farsi sentire, i «superiori» invitano al segreto, il primo riflesso è di trasferire i colpevoli in altra parrocchia, poi si accusano i media, infine si pensa che il risarcimento economico chiuda la vicenda, magari concentrando l’attenzione sulla Chiesa «ferita».
Così rimane al centro l’istituzione e non la vittima. E invece gli abusi pongono interrogativi di fondo. E’ pronta la Chiesa a formare preti disposti a crescere con la propria comunità, ad ascoltarla, a considerarsi guide che «imparano» smettendo di autorappresentarsi in versione super-sacralizzata di «altro Cristo»? Il pastore che non è nutrito, sottolinea la pastora anglicana Anne Richardson, «divorerà la pecora».
Ansa » 2008-07-21 00:35
PAPA: INCONTRA VITTIME ABUSI SESSUALI PRETI
SIDNEY - Il Papa ha celebrato una messa con un gruppo rappresentativo di vittime di preti pedofili. Benedetto XVI "ha ascoltato le loro storie e li ha consolati assicurando la sua vicinanza spirituale". Lo comunica una nota della sala stampa vaticana. Il Papa ha celebrato la messa con le vittime di abusi a poche ore dalla sua partenza da Sidney per Roma. ’’Assicurando la sua vicinanza spirituale - spiega la nota - ha promesso di continuare a pregare per loro, per le loro famiglie e per tutte le vittime. Con questo gesto paterno - aggiunge il comunicato - il Santo Padre ha voluto dimostrare ancora una volta la sua sollecitudine nei confronti di tutti coloro che hanno sofferto per gli abusi sessuali’’.
In Australia le condanne per abusi sessuali di sacerdoti sono state 107 ma altri casi devono ancora essere giudicati. Sabato scorso Benedetto XVI durante una messa con i vescovi australiani ha espresso la sua ’’vergogna’’ per i ’’misfatti’’ compiuti dai sacerdoti anche in Australia.L’incontro con le vittime e’ avvenuto questa mattina alle ore 07:00 ora australiana nella cappella della Cathedral House dove il Papa ha alloggiato in questi giorni. Erano presenti quattro vittime: due donne e due uomini accompagnati da due assistenti e dal sacerdote che ne cura l’accompagnamento spirituale. Il Papa ha celebrato con il cardinale di Sidney George Pell, con il sostituto alla segreteria di stato mons. Fernando Filoni e con i due segretari. Al termine della messa gli ospiti hanno potuto parlare singolarmente con il Papa che ha rivolto loro ’’affettuose parole di partecipazione e di conforto’’.
L’incontro e’ terminato poco prima delle 08:00 locali e ’’tutto si e’ svolto in un clima di rispetto, di spiritualita’ e di intensa commozione’’. La nota del Vaticano spiega che ’’come gia’ avvenuto negli Stati Uniti il Papa ha desiderato incontrare alcune vittime come gesto concreto per esprimere i sentimenti da lui gia’ manifestati piu’ volte nei suoi interventi sul dramma degli abusi sessuali’’. In Australia il Papa ’’ha desiderato farlo dopo la conclusione delle giornate mondiali della gioventu’ perche’ queste erano il motivo specifico del suo viaggio’’
Preti pedofili
Un unico messaggio per le vittime: uscite dal silenzio e denunciate.
di Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Dalle vittime che sono uscite dal silenzio arriva l’appello alle vittime che vivono in silenzio: liberatevi di questo peso.
“Non abbiate paura di uscire fuori!”.
È l’appello lanciato dall’Associazione per la Mobilitazione Sociale rivolto a tutte le vittime della pedofilia. “Dobbiamo uscire dal silenzio per sconfiggere il muro di omertà attorno agli abusi” a parlare è una ex vittima, Marco Marchese, oggi presidente dell’AMS ONLUS, di cui fanno parte anche altre vittime di abusi.
L’AMS interviene proprio a seguito dell’ennesimo caso scoppiato che ha coinvolto un sacerdote: non dobbiamo emettere sentenze di colpevolezza o di assoluzione, la società, tantomeno i politici, non deve schierarsi da una parte o dall’altra, soprattutto in una fase di accertamento giudiziario. Ma è importante che le vittime sappiano che possono uscire dal silenzio anche se il pedofilo veste la tonaca, il camice o altro!
“Abbiamo il dovere di sostenere le vittime - continua Marchese - e in questi giorni ho sentito troppe persone che si sono schierate da parte di presunti pedofili pronti a giurare sulla loro innocenza. Ignoriamo troppo spesso che l’abuso si consuma in silenzio, nel buio e senza testimoni!”
Marchese continua ricordando che in molti casi, le vittime trovano la forza di parlarne solo da adulti e che quasi mai hanno il coraggio di denunciare per paura di non essere creduti!
“Sono tante le persone che ci hanno raccontato la loro esperienza. Si tratta soprattutto di persone fragili che il pedofilo riesce facilmente a soggiogare. Oggi ci siamo attrezzati anche con legali e psicologi, lavorando in sinergie con altre associazioni, perché chi ha subito un abuso ha il diritto e il dovere di denunciare e di essere risarcito”. Dal 2005 ad oggi l’AMS ha raccolto i racconti di 38 persone che hanno vissuto sulla loro pelle il tradimento da parte di chi aveva la loro fiducia, di cui 12 hanno subito abusi da parte di sacerdoti o religiosi. Marchese conclude lanciando un appello agli organi di stampa e a chiunque si trovi a parlare di questi fatti: “Non trattate queste vicende come notizie di cronaca, ma soprattutto date un unico messaggio a tutte le vittime che vivono in silenzio e cioè che possono uscire dal silenzio perché non sono sole! In ogni caso possono scrivere a emailamica@mobilitazionesociale.it ”
L’Associazione invita chiunque abbia subito abusi a chiedere aiuto e soprattutto a denunciare perché abbiamo il dovere di fermare l’orco.
Maggiori info:
Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Via Malaspina 27, Palermo
http://www.mobilitazionesociale.it
info@mobilitazionesociale.it
* Il dialogo, Mercoledì, 08 agosto 2007
* La redazione de "il dialogo" si associa a questo appello e, come già sta facendo, mette a disposizione la sua email redazione@ildialogo.org per chi volesse denunciare gli abusi subiti ma non riesce ancora a trovare il coraggio per farlo. Scriveteci.
Preti pedofili
NELL’ISOLA "MERCER" (Seattle, USA) LA POLIZIA CONTROLLA LA CONDOTTA DI UN PRETE.
(Tradotto in collaborazione da Umberto P. Lenzi e Fausto Marinetti) *
Mentre in Italia i politici fanno di tutto per condizionare giudici e magistrati, negli USA la chiesa stessa, costretta dagli eventi, cambia solfa. Finalmente ha il coraggio di mettere un numero verde per le vittime di pedofilia clericale, pubblica sul suo sito un regolamento per tutelare i minori e denunciare i preti pedofili, ecc.
Tutto il contrario di quello che succede in Italia. Non sarebbe ora che anche i prelati e le Congregazioni romane seguano l’esempio dell’arcivescovo Brunett di Seattle?
NELL’ISOLA "MERCER" (Seattle, USA) LA POLIZIA CONTROLLA LA CONDOTTA DI UN PRETE.
Il Rev.do Kemp, accusato ma non ancora condannato, lascia l’incarico.
Di Mary L. Grady
Isola Mercer Reporter (giornale)
I parrocchiani di St.a Monica, chiesa cattolica dell’Isola di Mercer, vengono a sapere alla Messa del passato fine-settimana, che il loro pastore da cinque anni, il Rev.do. Dennis Kemp, è indagato per condotta indecente con un minore. L’investigazione è portata a termine dalla polizia dell’isola Mercer il 24 luglio, a causa delle denuncie esposte ai primi di luglio da un ragazzo di 12 anni e la sua famiglia. Kemp adesso è in licenza amministrativa, pagato regolarmente, mentre l’Arcidiocesi di Seattle investiga ulteriormente. Il più alto responsabile della Chiesa cattolica di Washington Occidentale, l’Arcivescovo Alex Brunett, a turno con l’Ausiliare il Vewscovo Joe Tyson ed altri incaricati della chiesa, sabato e domenica scorsi assiste ad ogni Messa a St.a. Monica per comunicare ai fedeli queste notizie. Alla Messa vespertina di domenica, l’annuncio, letto dal Vescovo Tyson, viene accolto con sospiri d’incredulità e a suon di pianti.
L’Arcidiocesi ha aspettato ad informare il pubblico, informando, prima i parrocchiani di St.a Monica. "La reazione è confusa", dice Larry McDonald, l’amministratore della parrocchia. Da una parte si è contenti che l’Arcivescovo stesso sia venuto a darne l’annuncio. Come è da aspettarselo, c’è tristezza e dolore. Ma questa parrocchia "sa che tutto converge in Cristo Gesù e, con Lui, supereremo anche questa". Greg Magnoni dichiara: "L’Arcidiocesi di Seattle, che controlla la Chiesa cattolica del Washington Occidentale, ha ricevuto le dichiarazioni attraverso il canale che ha montato appositamente per questo tipo di lamentele". L’Arcidiocesi ha riferito le informazioni all’ufficio del Procuratore della Contea di King. Il Comandante della Polizia dell’Isola Mercer, sig.a Leslie Burns, dichiara che il prete è stato controllato nei sei mesi trascorsi per fatti di contatto fisico avvenuti con il ragazzo. Il fatto è accaduto in chiesa. E l’investigazione è stata veloce. Dopo la lamentela fatta all’inizio di luglio attraverso l’Arcidiocesi, i Procuratori della Contea di King chiamano la polizia dell’Isola Mercer il 12 luglio. E loro cominciano immediatamente ad investigare, dice Burns: "Più volte gli incaricati intervistano il ragazzo e la sua famiglia. Almeno una delle interviste viene condotta da un investigatore speciale che, in questi casi, lavora con i ragazzi". Anche Kemp viene intervistato approfonditamente dalla polizia. Il MIPD (Mercer Island Police Department) spedisce le indagini all’ufficio del Procuratore della Contea di "King", aggiunge la Burns. L’Ufficio del Procuratore, tuttavia, non inoltra accuse criminali, perchè tale comportamento non rientra nello standard della normativa di un atto criminale. "Il comportamento è ritenuto improprio, ma non arriva al punto di costituire un’offesa criminale", spiega il capo della polizia dell’Isola Mercer, Ed Holmes. Benché si ritenga che non sia successo un atto criminale, l’Arcidiocesi interviene subito a sospendere il prete dal servizio parrocchiale. Kemp lascia spontaneamente la parrocchia il giovedì 26 Luglio. Secondo Magnoni, l’Arcidiocesi farà la sua indagine per verificare se le accuse sono credibili e stabilire se Kemp ha trasgredito la legge della chiesa e può continuare ad esercitare come prete. "La chiesa ha dei criteri diversi da quelli del Procuratore", spiega. "La procedura consiste nello stabilire se una persona ha le doti per esercitare il ministero nell’Arcidiocesi". Burns dice che la polizia dell’Isola non ha registrato altre lagnanze riguardo a Kemp e non è stata informata di altri problemi riguardanti il prete in questione: "Non abbiamo nessuna indicazione che cose simili siano successe con altre famiglie qui nell’Isola di Mercer". Magnoni sostiene, che, da tempo, questo è il primo caso di "comportamento scorretto", che succede nell’Arcidiocesi. Recentemente ha portato a termine le indagini degli abusi del passato compiuti da 13 preti. "Con le attuali procedure adesso siamo in grado di intervenire subito". McDonald è d’accordo. Dichiara: "Dal punto di vista della parrocchia, l’Arcidiocesi di Seattle sta intervenendo in modo impeccabile, secondo le loro norme e quelle della Conferenza dei Vescovi cattolici. Si può essere sicuri che l’Arcidiocesi, attraverso questa procedura, non sta occultando nulla e la giustizia e la verità verranno alla luce per quanti sono coinvolti. Posso anche dire che la nostra parrocchia è molto grata ai vescovi che sono venuti alle nostre Messe Domenicali. E staranno qui, per quanto possibile, anche durante tutto il mese di agosto. Siamo riconoscenti per la loro premura e il loro rispetto".
Kemp era arrivato in parrocchia nel luglio del 2002, come successore del Rev.do. John Bowman che era stato parroco per 12 anni. Kemp era stato assegnato a St.a Monica per tre anni dopo essere stato ordinato prete nel 1973 e poi assegnato ad altre due parrocchie, è stato amministratore della scuola superiore "Kennedy" dal 1978 fino al 1994. Per il clero cattolico è normale essere assegnati a posti diversi per la loro attività. Secondo Magnoni non è stata esposta nessuna altra lagnanza contro Kemp. Cresciuto in Seattle e Burien, prima di entrare in seminario per l’università e gli studi teologici, si era licenziato alla scuola superiore O’Dea.
L’Arcidiocesi cattolica di Seattle ha un regolamento particolareggiato, pubblicato sul suo sito Web, circa le denunce e la prevenzione dell’abuso sessuale. C’è anche un telefono verde e l’indirizzo e-mail per riferire i sospetti di abuso. Espone anche i modi nei quali la chiesa tenta di proteggere sia le vittime che l’accusato. Spiega come la chiesa esamina quelli che si preparano al ministero, i metodi per tutelare e riconciliare le famiglie e le vittime ed l’impegno per assicurare il giusto e dovuto processo all’accusato. Insieme, clero, membri della comunità e polizia vigilano, affinché venga applicato il regolamento.
Le norme sono quelle "decise dalla Conferenza Episcopale Americana a Dallas nel 2002," messe a punto per rispondere alla crisi degli abusi nella chiesa degli Stati Uniti.
St.a. Monica fu fondata nel 1958 e ha più di 1.300 famiglie. La chiesa celebra Messa e altre funzioni nella palestra della scuola, perché si sta rifacendo il pavimento del santuario.
In un pezzo apparso sul "Reporter" di Dicembre 2002, Kemp faceva delle riflessioni sulle implicazioni dei crescenti scandali dell’abuso sessuale nella chiesa. Aveva scritto: "Un prete ha una tale posizione di fiducia, che è difficile capire come qualcuno possa approfittare di questo privilegio". E, mentre affermava che il numero dei preti coinvolti negli scandali era piccolo, "anche un solo caso è di troppo", scriveva.
(Tradotto in collaborazione da Umberto P. Lenzi e Fausto Marinetti)
* Il dialogo, Domenica, 05 agosto 2007 - ripresa parziale
Don Gelmini indagato dalla procura di Terni per abusi sessuali *
Don Gelmini, il fondatore della Comunità Incontro, è indagato dalla procura di Terni con l’accusa di abusi sessuali. Ad accusarlo - secondo quanto riporta La Stampa - alcuni ex ospiti delle strutture della comunità ad Amelia. L’indagine, sottolinea il quotidiano, è in corso da oltre sei mesi e i magistrati hanno ascoltato diversi testimoni con l’obiettivo di ricostruire la vicenda. Le dichiarazioni di accusa sarebbero molte e abbastanza concordanti: pagine e pagine di verbali in cui gli ex ospiti - giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con la droga, qualcuno anche scivolato nella delinquenza - ripeterebbero sempre gli stessi racconti. I pm hanno anche già sentito il diretto interessato in un «lungo e drammatico interrogatorio».
Ma sulle indagini le bocche in procura sono più che cucite. Per vari motivi, spiega il quotidiano torinese. Primo poiché «il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga..». Terzo giacché gli accusatori sono giovani che hanno avuto o hanno tutt’ora a che fare con le droghe, «insomma sono testimoni non propriamente granitici» scrive La Stampa.
* l’Unità, Pubblicato il: 03.08.07, Modificato il: 03.08.07 alle ore 9.41
IL SACERDOTE NELLA BUFERA
Abusi, don Gelmini indagato
Alcuni ragazzi della comunità contro il prete anti-droga: molestati sessualmente FRANCESCO GRIGNETTI (La Stampa, 3/8/2007 - 7:42)
TERNI. L’indagine è segretissima e non c’è da meravigliarsi: dipende dall’altisonanza del nome coinvolto. Don Gelmini, il carismatico sacerdote antidroga, il mitico «don Pierino» che compare spesso e volentieri alla televisione a discettare dei valori che una volta c’erano e che ora non ci sono più, guru di tanti uomini politici, fondatore della Comunità Incontro, è indagato per abusi sessuali.
Lo accusano diversi ex ospiti della sua comunità. Per le strutture di Amelia, al Mulino Silla, in quasi trent’anni sono passati migliaia di giovani tossicodipendenti alla ricerca di una nuova vita. Molti ce l’hanno fatta. Il metodo spesso funziona. Ma secondo quanto risulta alla procura di Terni, non è tutto oro quel che luccica. Dietro il carisma di don Pierino, ci sarebbe un lato oscuro. Un’indicibile linea d’ombra che il sacerdote avrebbe oltrepassato ai danni di alcuni tra i più deboli (psicologicamente e fisicamente) e che ora sono diventati Grandi Accusatori.
C’è imbarazzo, però, negli uffici di giustizia ternani, retti dal procuratore capo Carlo Maria Scipio, a parlare di questa storia. Di più: c’è estrema cautela. E nessuna voglia di cavalcare il caso. Innanzitutto perché è evidente che quest’inchiesta che sporca il nome di don Gelmini si porterà dietro una valanga di polemiche politiche: il sacerdote è un eroe per il centrodestra, un’icona, un punto di riferimento per Berlusconi, Casini, Fini e tanti altri. Secondo, perché si tocca un mostro sacro per tante famiglie italiane, un campione della lotta alla droga, uno che viene addirittura osannato da chi è stato beneficiato. Non soltanto in Italia, peraltro. Il suo metodo comunitario è stato esportato in mezzo mondo. D’altra parte la piaga della droga colpisce dappertutto. E il suo metodo, appunto, funziona.
Terzo elemento di prudenza, che non sfugge alla valutazione dei pm: chi accusa don Pierino sono giovani che hanno avuto o hanno tuttora a che fare con le droghe, insomma sono testimoni non propriamente granitici, qualcuno è anche scivolato nella delinquenza. C’è chi si trova in carcere per piccoli reati e il suo racconto è stato verbalizzato in un parlatorio. Brutto segno per un eventuale dibattimento. E ci si interroga. Magari ci potrebbero essere motivi di risentimento. Transfer psicologici da ben ponderare. Passioni che si sono trasformate in odio. Reazioni inconsulte contro un prete che pretendere il rispetto delle sue regole.
E’ un fatto, però, che l’indagine penale è in corso da diversi mesi. E finora non è stata archiviata. Anzi. Sono oltre sei mesi che si ascoltano testimoni, si ricostruiscono vicende piccole e grandi, si cercano riscontri. E’ stato sentito anche l’indagato. Don Pierino, ottant’anni suonati, uno che nella sua vita ne ha viste tante, e ultimamente si sta spendendo per i bambini diseredati del Terzo Mondo, in Brasile o in Thailandia, s’è dovuto trovare un avvocato e con l’assistenza del legale ha subito a Terni un lungo, drammatico interrogatorio. Ora, che sia un sacerdote di polso, dal carattere fumino, e dalla battuta pronta, è noto anche al grande pubblico. Figurarsi la sua reazione quando gli sono stati contestati questi e quei racconti, certe accuse infamanti, questioni pruriginose, sesso estorto. Ma tant’è.
Sembra che le dichiarazioni di accusa siano molte e abbastanza concordanti. I racconti, alla fin fine, sono sempre gli stessi. Ruotano attorno a una comunità chiusa dove c’è una figura di enorme carisma che non si limiterebbe a prendersi cura delle anime. Così sarebbe successo in alcuni casi, almeno, a giudicare dai verbali che si sono accumulati nei fascicoli della procura. Su questo aspetto segreto della vita comunitaria al Mulino Silla sono stati interrogati anche molti volontari che bazzicano la comunità, e collaboratori di don Pierino, e sacerdoti, e diversi ex ospiti. Ma su questo capitolo il segreto istruttorio è ferreo e non se ne sa nulla.
Preti pedofili
Fisichella scrive, Marinetti risponde
di Fausto Marinetti
Marinetti aveva inviato p. c. a Mons. Fisichella la lettera aperta a don Di Noto e Monsignore gli risponde: *
Caro Marinetti,
ho ricevuto la Sua lettera e La ringrazio. Mi dice che mi riguarda!L’ho letta con attenzione e per quanto mi riguarda non ho nulla da rimproverarmi. Temo che il Suo giudizio e la Sua lettura siano parziali e non sempre conformi alla realtà. Vorrei capire quali elementi possiede per affermare che nelle nostre strutture si fornisce ai seminaristi una cultura sessuofobica! Non riesco a seguirLa su questo cammino. Sembra che per Lei sia oro colato quanto provenga da una denuncia e falsità e tentativo di insabbiare se è fatto dalla Chiesa, dai Vescovi e dai Sacerdoti.
Mi spiace, ma non è così come le Iene o i reportage a cui fa riferimento. Da parte mia, non mi ritraggo ma non voglio neppure essere utilizzato strumentalmente per aggredire la Chiesa e le migliaia di Sacerdoti (e Vescovi) che ogni giorno con fatica e coerenza vivono la loro vocazione a sevizio di tutti!
Con la stessa schiettezza che Lei ha usato, ma con tono differente mi sono sentito di risponderLe.
Suo
† Rino Fisichella
La risposta di Marinetti
24.7.2007
Caro Mons. Fisichella,
Le chiedo lo sforzo di non dare per scontato che ogni critica è una "AGGRESSIONE". Non tutti riescono a battervi le mani, sempre e comunque, come certi "giornali di corte" e certi movimenti educati al servilismo e all’adulazione. A volte, quelli che riteniamo "i nostri nemici" sono assetati di giustizia e ci dicono la verità più degli ossequienti. "Salutem ex inimicis nostris"? Lei mi invita a nozze: "Vorrei capire quali elementi possiede per affermare che nelle nostre strutture si fornisce ai seminaristi una cultura sessuofobica!".
Ha ragione: non possiedo "elementi" teorici, nozioni astratte, "sentito dire" e quant’altro, ma l’esperienza sulla mia pelle, voragini nella mia psiche: sono stato in seminario dal 1953 al 1968. Quindi, produco fatti, esperienze, comportamenti, situazioni, insegnamenti. Porto in me le stigmate di quella cultura: l’incapacità di "accogliere" il mondo femminile "come altro da me"; l’ideologia del sacrificio (come se Dio fosse un contabile); "fare il bene" agli altri per sentirsi buoni; la vita è una "valle di lacrime"; ecc.
Entro in seminario nel 1953, anno in cui i religiosi, riuniti in congresso internazionale, discutono sulla "funzione educativa del pallone nei seminari", non un cenno all’educazione sessuale. Altri tempi, nei quali l’unica presenza femminile ammessa in seminario è la Vergine Maria. Segregazione assoluta, per quattro anni non torno in famiglia. A un undicenne non resta che votarsi a una beata incoscienza, tra gioco, studio e abbondanti pratiche di pietà. Il termine più "familiare": peccato! Onnipresente, più di Dio. Le virtù per eccellenza: obbedienza cieca, rinnegare se stessi, mortificazione dei sensi. Altro che fuga mundi, cancellazione del mondo! Si esalta la santa purità, inculcandoci che il corpo è occasione di peccato. Ogni fine mese il direttore fa il "rendiconto" delle nostre malefatte: bere fuori pasto, andare al gabinetto senza permesso (sfuggendo al controllo), troppa passione per il gioco, troppa amicizia sospetta, ecc. La colpa meritevole dell’inferno: l’amicizia particolare. Non capisco, ma gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. I colpevoli vengono svergognati: "Mele marce, traditori della vocazione, peggio di Giuda". Un dubbio: un ragazzino della mia età come può avere tanta forza da colpire il Cristo in persona? Per prevenire il contagio, l’isolamento del colpevole è immediato, l’espulsione celebrata come una cacciata dal paradiso.
Un giorno sparisce anche il sacerdote-assistente, che "dovevamo" chiamare "padre". Ogni sera, ispezionando la camerata, con gesto fulmineo ci strappa di dosso le lenzuola per verificare che cosa succede sotto di esse. Poi arriva l’ordine di dormire con le braccia sopra le coperte. Prediche e conferenze insistono ossessivamente sulla "bella virtù". Per essa preghiamo forsennatamente. Dall’alto della pala dell’altare una "donna vestita di luce" è la nostra donna ideale: incorporea, asessuata, un fantasma. Ogni sera, con la nostalgia, una domanda: "Ma la mia mamma dove è andata a finire?". Al suo posto il direttore spirituale, un vecchietto di 70 anni, buono come il pane, ma incompetente per aiutarci a gestire l’insorgere delle prime pulsioni. Ogni mattina, al suo confessionale, una fila di clienti-bambini per saldare, con un Dio-giustiziere, il conto di una notte inquieta. Il buon padre non sa dire altro che: "Prega, prega! Con la preghiera tutto va a posto". Mi sembra di non essere preso sul serio. Ma, sotto l’imperversare della minaccia dei castighi divini per il delitto di masturbazione, comincio ad avere paura del mio corpo: "Dio me lo avrà dato per punirmi? Cosa gli ho fatto di male?".
Gli zelanti sono quelli che fanno la doccia più in fretta, non indugiano nei gabinetti, spiano i compagni che si appartano e li denunciano. Ci viene insegnato, che la purezza consiste nel fingere di non avere un corpo, ignorare la sua crescita, finalità, movimenti. Non sono in grado di capire, ma, con il tempo, mi renderò conto che questo clima produce turbe e danni psicologici irreparabili. Sul conto di chi saranno messi? Chi si preoccuperà di ripararli? Io non so cosa sia lo stupro del corpo, ma quello dell’anima sì.
A forza di parlare di "peccato impuro" non si ingenera la sua ossessione? Educazione sessuale? Nel paradiso terrestre del seminario il sesso non deve esistere e, se esiste, è solo in confessionale per chiedere perdono a Dio di averci dato un corpo, che sarebbe meglio non avere. I seminaristi più sfrontati osano bisbigliare: "E’ vero che i bambini nascono dal petto delle donne?".
Il bambino e la donna sono presenze così insignificanti (o pericolose?) per una formazione umana integrale? Potrà mai Dio vergognarsi di quello che ha fatto? Se un ragazzo fa indigestione di spiritualità disincarnata, come si fa a farne un cristiano senza prima farne un uomo? Può essere condannato ad una specie di anoressia del cuore? A furia di "fare" il cristiano, abbiamo perso di vista l’uomo o abbiamo preteso di fare il cristiano alle spese dell’uomo? Se per 15-20 anni un giovane è tagliato fuori dal suo habitat naturale, la famiglia, è come una pianta coltivata in serra. Appena la si espone è soggetta a tutte le intemperie. Se un uomo passa dalla cassaforte del seminario a quella della canonica; se gli si impone una cintura di castità con il terrore dell’inferno e l’ossessione del peccato mortale, potrà mai venirne fuori un uomo capace di condividere la sorte dei fratelli, che pur si dibattono con la "lussuria degli occhi, della carne, del mondo"? Può il seminario sostituire la famiglia? O forse solo una comunità di padri e madri di famiglia sarebbe in grado di educare dei giovani candidati al ministero, come avveniva all’inizio del cristianesimo ?
Ci imbottiscono di vite di santi, che non hanno fatto altro che castigare il loro corpo con digiuni e cilici. Ignoranza, paura, sacro terrore faranno il resto. Un collega mi confiderà: "A furia di parlare contro il sesso mi hanno talmente condizionato, che, quando vedevo stesi al sole degli indumenti intimi femminili, li rubavo e li indossavo per eccitarmi. Eppure m’hanno convinto che quelle "cose" erano sfoghi di gioventù e m’hanno fatto prete lo stesso. Giro da una diocesi all’altra fin che trovo un vescovo, il quale mi manda dal suo medico di fiducia, che mi prescrive un farmaco. Il farmacista, mio conoscente, mi chiede: "Per chi è?". "Per me". "Sai che serve per la sterilizzazione chimica?".
Cose d’altri tempi? Ho degli amici appena usciti dal seminario e mi confermano che sono cambiate le forme, è rimasta intatta la sostanza. Si dice: "I seminaristi d’oggi la sanno lunga, hanno già fatto le loro esperienze!". Ma se sono esperienze negative, come potrà il candidato fare una scelta serena? A 25/30 anni uno può decidere per tutto il resto della sua vita, quando non sa niente di "crisi di paternità", di complementarietà uomo/donna, non ha ancora sentito nella sua carne i morsi della solitudine, non ha fatto esperienza dell’esigenza di perpetuarsi come specie? Come fa a rinunciare a ciò che non conosce, a ciò che è stato sublimato, inculcandogli che "il prete rinuncia ad un amore per amare tutti"? E poi, quando si ritrova in parrocchia, solo, la sera, s’avvede che "amare tutti con cuore indiviso", può essere una scusa per non amare nessuno? Se uno viene abituato fin da piccolo ad amare nell’intenzione, a fare atti di amore spirituale, non sarà un alienato per sempre? O l’amore è concreto, come quello della mamma, che è pane e latte, bacio e carezza, o che amore sarà mai? In seminario non c’è, tutt’oggi, la presunzione di far scalare ai neofiti la cima della "santa purità" senza fornire loro l’attrezzatura indispensabile per le alte quote? Che cosa può fare un prete che sui 40-50 anni s’accorge di non essere in grado di portare il "giogo" della castità? Se il prete giovane decide di lasciare non può sposarsi in chiesa, non può insegnare religione, deve allontanarsi dalla parrocchia, ecc. Diritti umani, valore supremo della persona? Forse il Cristo direbbe alla sua Chiesa che è stata lei a tradire l’uomo-prete? Dove sono i preti che denunciano i loro superiori di violenza psicologica, di intimidazione spirituale ed economica? "Se non stai alle nostre regole ti tagliamo i viveri...". Allora uno che fa? Si arrangia. Uno se la fa con le suore, con l’amante, oppure, oppure... (che tragedia!) con dei bambini. E che dire del superiore che invita il "prete bollente" ad andare a donne di nascosto?
E’ forse cambiata la cultura clericale, che vede la sessualità con gli occhiali neri dei pagani gnostici e manichei? Lei sa meglio di me che i cristiani della prima ora considerano il matrimonio un male necessario. Per S. Ambrogio la donna è tentazione, per S. Gerolamo il marito che ama troppo la moglie commette adulterio. Quanti coniugi sono stati ammessi alla gloria del Bernini per aver esercitato in grado eroico le virtù proprie del matrimonio? Ma quali sono? La rinuncia, il sacrificio, la negazione del piacere? Ha mai meditato sul testo della teologa e madre C. Jacobelli, Risus Pascalis - Il fondamento teologico del piacere sessuale?
Basta forse ammettere tra i docenti una zitella, inviare i seminaristi in vacanza o a fare apostolato domenicale? Un amico seminarista mi racconta: "Di ritorno dalle vacanze, 2005, corro dal padre spirituale. "Padre, ho provato simpatia per una ragazza". "E’ una tentazione, il maligno in persona, fuggi, fuggi da lei. Prometti di non vederla mai più". Trasformare la donna da sostegno, compagna dell’uomo (per "ordine di Dio") in un pericolo, in una tentazione, in una rivale di Dio è proprio secondo il suo cuore? Non è come cancellare metà della nostra stessa umanità? I preti pedofili avranno la loro responsabilità personale, ma non saranno anche frutto di questa cultura misogina e manichea? Un’amica, saggia e attempata, mi racconta: "Il prete in predica ha inveito talmente contro il sesso, che l’ho aspettato all’uscita e gli ho spiattellato in faccia: "Scusi, padre: si ricordi che anche lei è nato da un amplesso coniugale, non dagli angeli!".
Non mancheranno i preti osservanti del celibato (si parla, forse, del 6/10 %). Ma si tratta di regola o di eccezione? Si è giunti a tale conquista mediante o nonostante il seminario? Sono stato nei monasteri buddisti in Cambogia, Sri Lanka, Tailandia e ho studiato la loro iniziazione alla vita celibataria. C’è da invidiare tanta serenità, che è il risultato di un metodo di auto-dominio con pratiche ascetiche e il controllo del pensiero attraverso quello della respirazione.
Apprezzo troppo il celibato volontario per vederlo svilito ad una imposizione. Può essere mistificante sostenere che il celibato volontario non risolverebbe il problema, perché la pedofilia è una piaga, di cui non sono immuni nemmeno i padri di famiglia. Ma questi, almeno, non si dicono "rappresentanti di Dio"! Eliminiamo le anomalie educative; facciamo uomini concreti, calati nella realtà e così si potrà dire che non è colpa dell’istituzione. La pedofilia dei preti non è che un sintomo di un male sotterraneo. La gerarchia continuerà a colpire gli effetti, ignorando le radici del male? Non si addomestica il cuore, mettendolo in quarantena.
La Commissione dei vescovi americani non ha riconosciuto che l’educazione del seminario può inclinare all’omosessualità, quando non la favorisce? Non c’è terreno migliore di quello esclusivamente maschile per innescare curiosità morbose, ricercare il "surrogato" in mancanza del "prodotto originale". L’unico e insostituibile ambiente educativo è quello familiare e ogni altro rischia di essere contro natura (Cf Carta dellONU, 1989). Di fatto i seminari minori negli Usa, Canadà, Irlanda, Messico, ecc. sono stati chiusi. Per caso o proprio perché finalmente si ammette che non funzionano e, spesso, si innescano varie forme di omosessualità? Un’amica psicologa spiega: "In quei contesti si "ingenera" una omosessualità "situazionale", legata cioè non ad una scelta omosessuale di fondo, ma all’impossibilità di accedere all’oggetto sessuale femminile, per cui lo sfogo della libido si riversa su un altro oggetto. Non potendo riversarsi su una donna, la pulsione sessuale viene dirottata su altri uomini, che sono gli unici oggetti sessuali disponibili. Per coloro che hanno un’inclinazione alla omosessualità, il seminario diventa l’ambiente "ideale" per esprimerla, con tutte le ovvie ripercussioni su quanti non hanno questo orientamento di fondo".
Di fronte all’ "11 settembre della Chiesa americana" si parla di innominabile tradimento di Cristo. Ma l’unico e solo "colpevole" è il prete pedofilo? Pedofili si nasce o si diventa? Se si diventa, che cosa vi ha contribuito? Non sarebbe stato opportuno convocare in Vaticano gli "indegni", per sentire la loro versione e offrire al mondo le loro scuse? Prendersela con gli effetti non elimina le cause. Chi più e meglio di loro ci potrebbe dire che cosa ha fatto difetto nella loro educazione psico-affettiva, a che cosa attribuire i buchi neri della formazione? E cosa è successo nei primi anni del ministero? Che cosa i cristiani avrebbero potuto e dovuto fare per dare al prete non solo offerte ma anche sostegno umano?
Forse il papa potrebbe convocare anche le vittime in piazza San Pietro e chiedere loro perdono insieme ai cardinali? Non creda che ce l’abbia con Tizio o Caio, che passano, ma con il sistema, che non passa e continua a immolare le sue/nostre vittime. Imparassimo ad ascoltarle, almeno!
Distinti saluti,
Fausto Marinetti
PS. Perché non ripassiamo il n° 3 di Concilium del 2004? Non sono degli "anticlericali", ma teologi/ghe, ricercatori seri che parlano, non a caso, di pedofilia clericale come di tradimento strutturale della fiducia.
* Il dialogo, Mercoledì, 25 luglio 2007
Preti pedofili
Lettera aperta a Mons. Rino Fisichella
di Fausto Marinetti *
Caro Mons. Fisichella,
anche noi, le vittime dei preti pedofili, abbiamo letto la tua intervista: "Atti gravissimi, una grande amarezza. Ma la Chiesa sa riconoscere gli sbagli" (Corriere della sera, 16.7.2007). Quello che hai detto è quello che hai nel cuore o si tratta di una "difesa d’ufficio"?
1. Affermi, che "una seria presa di coscienza" consiste nel "buttarsi dietro le spalle questa dolorosa vicenda sapendo riconoscere il male che c’è stato da una parte, ma al tempo stesso il grande bene fatto quotidianamente". Metti sulla bilancia da una parte le nostre tragedie (i suicidi, gli impazziti, i disperati, ecc.) e dall’altra "il grande bene fatto quotidianamente". Secondo te, da che parte pende? E secondo quel Cristo che citi più avanti: "Chi scandalizza un bambino... meglio si butti nel mare"? Queste parole non valgono anche per te e soprattutto per i tuoi confratelli nell’episcopato che hanno collaborato con gli stupratori del nostro corpo e della nostra anima? E poi, hai forse dimenticato quel: "Non sappia la destra quello che fa la sinistra"? Se ami davvero la verità, perché negli spot dell’8 per mille non ci infili qualche prete pedofilo a chiedere perdono per la strage degli innocenti? "Buttarsi dietro alla spalle questa dolorosa vicenda..."? Siamo noi, non voi, che dovremmo sbarazzarcene. E, alle volte, non ce la facciamo. Come una paralisi dell’anima per lo shok subito. E, se anche riuscissimo, sarebbe come buttare via noi stesse, vittime immolate, perché noi non siamo una "dolorosa vicenda", di cui disfarsi, ma siamo la vostra tragedia, il vostro Calvario. Volete disfarvi di noi come di zavorra che appesantisce la barca di Pietro e offusca la vostra immagine? La zavorra è il vostro crimine, noi siamo leggeri come gli angeli... Come è circospetto il tuo uso delle parole! All’inizio parli di "vicenda dolorosa"; poi attraversi "gli sbagli dei propri uomini", arrivi agli "errori di alcuni", agli "episodi così gravi" per sbarcare sul terreno degli "atti esecrabili" e del "male commesso". Nooo! Noi non siamo né una vicenda, né degli sbagli, né errori di alcuni, né episodi, né atti esecrabili: noi siamo il vostro crimine. Ogni altra parola ("peccato" compreso) è fuori contesto, tradisce i fatti, ci uccide una seconda volta.
2. "...la Chiesa, ancora una volta, è stata capace di riconoscere gli sbagli dei propri uomini". Dovremmo battere le mani, applaudire la scaltrezza nell’occultare i rei (almeno 200 fuggitivi), smistarli da una parrocchia all’altra, diffondendo l’infezione? Parli degli "sbagli dei propri uomini", quindi non dell’istituzione. Ma non si trattava di una prassi dettata da Roma? Non venivano dall’alto le direttive di coprire, non fare scandalo, tenere tutto sotto chiave? Almeno il card. Law l’ha ammesso: "Noi sapevamo che era un peccato, non un delitto". Non è forse questo che fa la differenza? Peccato, è una categoria ecclesiale, crimine è una categoria del codice penale. Se si vuol fare prevalere la chiesa (con i suoi privilegi, le sue caste, ecc.) sulla società anche in materia penale, non ti sembra un’ingerenza, un disastro che produce, appunto, tragedie? Se un prete commette un furto, un omicidio, cosa c’entra la legge canonica? Il delitto è delitto sia che venga commesso da un laico come da un prete, vero? Visto che ci tieni ad esprimere la tua solidarietà con le vittime, perché alla fine della trasmissione "Annozero" non hai abbracciato Marco Marchese, chiedendo perdono, in lui, a tutte le vostre vittime?
3. Insisti: "l’errore di alcuni", "una piccola minoranza nel clero". Sono "alcuni" i più di 5.000 preti pedofili solo negli Stati Uniti? E i 1.700 in Brasile? Bada bene: le cifre parlano di quelli denunciati o già condannati. E tutti gli altri che l’hanno fatta franca? E quelli che sono scappati all’estero con l’appoggio dei loro prelati? Perché non aprire uno sportello nazionale (gestito da laici, non da don Di Noto) per fare venire a galla tutto il sommerso della "parrocchia italiana" del papa? Se ci amate, come dite; se vi sta a cuore il nostro bene e quello della Chiesa, perché non promuovete degli spot che esortino le vittime alla denuncia del prete, che "non avrebbe dovuto essere ordinato prete", dici tu; "del vescovo che non avrebbe dovuto diventare vescovo", diciamo noi? Non puoi indurci a pensare che avete paura della verità.
4. "Si tratta di atti esecrabili che vengono registrati, e in modo anche più frequente, anche dentro altre categorie sociali". Intendi giustificare l’ingiustificabile? Le altre categorie sociali non hanno fatto nessuna promessa di celibato; non si presentano alle loro "prede" come "rappresentanti di Dio". Capisci che per noi il prete è "tutto", è più del cielo che della terra? Come avremmo potuto immaginare che avrebbe abusato dell’aureola di "uomo di Dio", di quel potere sacro che voi gli avete dato, convincendolo di "agire in nome di Dio", di essere le sue mani? (catechismo: 1548, 1581). Noi non siamo stati "colpiti", ma distrutti, assassinati nello spirito oltre che nel corpo. Messi in croce, quindi, due volte.
"... c’è da applaudire la Chiesa americana per il coraggio che ha avuto di voltare pagina...". Dovremmo battere le mani a chi si è fatto complice, mettendoci in croce? Quanto tempo c’è voluto prima che arrivasse il coraggio di voltare pagina? E a che prezzo? Già nel 1968 i vescovi americani ordinano una ricerca sul fenomeno; nel 1976 Sipe e Bartemeier li mettono in stato di allerta: il 6% dei preti è pedofilo; nel 1984 viene offerto loro un "Manuale" con le "istruzioni per l’uso": il ciclone è preannunciato, ma i vescovi fanno orecchie da mercante. Non solo: si fanno complici, piazzando i preti pedofili qua e là di modo che, per esempio, p. James Porter riesce a stuprarne 200. Il vero coraggio sarebbe mettere in pratica le direttive della "Commissione ordinata dai vescovi americani" (2004) per la quale il seminario è un apartheid affettivo, che blocca lo sviluppo emozionale "normale" e, in quanto ambiente di soli maschi, può inclinare alla omosessualità . Senti, in sintesi, cosa si afferma: "I responsabili non hanno capito l’evidente natura del problema, considerando le accuse come fatti sporadici e isolati.
Il timore dello scandalo li ha indotti a ricorrere alla segretezza e all’occultamento (Un vescovo, richiamato dal suo prete per aver giurato il falso in tribunale, risponde: "Io mento solo quando devo mentire". La minaccia del processo ha indotto alcuni a trascurare il loro dovere pastorale e a adottare verso le vittime un atteggiamento contrario e indegno per la Chiesa. Altri non hanno capito pienamente l’ampiezza e la gravità del danno sofferto dalle vittime. Hanno riposto troppa fiducia negli psichiatri, psicologi e avvocati. Alcuni hanno messo gli interessi dei colpevoli al di sopra di quelli delle vittime e troppo spesso hanno rifiutato di ascoltarle. Il codice e i procedimenti canonici hanno reso troppo difficile destituire il prete pedofilo dal ministero e i vescovi non hanno fatto abbastanza ricorso a ciò che la legge canonica li autorizza a fare per proteggere i minorenni. Il risultato è che, ai preti pedofili è stato concesso, con allarmante frequenza, di restare dove avevano commesso l’abuso o di essere trasferiti, divenendo per i bambini un’ulteriore prevedibile minaccia, che si è materializzata con altri abusi".
"... la Chiesa degli Stati Uniti... è riuscita a ritrovare un rapporto di fiducia con il suo popolo". Perché non lo chiedi ai vari gruppi laicali nati dallo scandalo, che si sono stancati di essere trattati come sudditi, meri elementi decorativi di una Chiesa clericale, di essere munti per pagare le malefatte dei preti pedofili? Interpella SNAP, Call to action, Voice of the faithfull, ecc.
Se vuoi entrare nel cuore e nell’anima della vittima, perché non ne prendi in casa qualcuna? Se ogni vescovo ne ospitasse almeno una in casa sua, questo sì sarebbe un vero atto di coraggio. E il papa, quanti ne potrebbe ospitare in Vaticano? E le congregazioni femminili quante case romane trasformate in albergo potrebbero mettere a disposizione?
E, per finire, dichiari: "la Chiesa, in generale, non ha nulla di cui vergognarsi". Quindi "gli sbagli", "gli atti esecrabili", il male non è esistito? Non è evidente che il non riconoscere il delitto, non fa che perpetuarlo? Il papa stesso non ha parlato di "sporcizia", di "crimini enormi"? Non c’è da vergognarsi di queste "cose"?
Vogliamo sapere da un teologo come te: ma quando ci ritroveremo in paradiso, tutti insieme, quale sarà il posto assegnato ai preti e vescovi pedofili? Cosa proveremo noi, le vittime, accanto ai nostri carnefici? Prega con noi: "Padreterno, tu che sei un vero padre, non infliggerci altro dolore! Almeno tu, non metterci in croce un’altra volta... E’ vero che farai per loro una sezione separata, magari blindata, affinché non nuocciano più? E a chi li ha coperti, occultati, sottratti all’autorità giudiziaria, quale angolino riserverai?". Non vogliamo accomiatarci senza produrre delle proposte positive:
a - un telefono verde in ogni diocesi riservato alle vittime dei preti. Ma, chiaro, sia gestito dai laici, perché i bimbi, ormai, hanno paura delle vesti nere.
b - i delitti di pedofilia non siano soggetti a prescrizione
c - siano riconsegnati alla giustizia i preti pedofili fuggitivi dai loro paesi
d - si chiudano tutti i seminari e i preti siano solo uomini maturi, educati dalla comunità, scelti dalla gente, come si faceva all’inizio
e - siano rivedute e corrette le norme canoniche con la consulenza delle vittime
f - i preti pedofili siano affidati alla polizia come si fa per qualsiasi reato previsto dal codice penale per ogni cittadino.
Ma Voi, preti e prelati, siete proprio disposti a dare la vita per noi come farebbe ogni padre, ogni madre per suo figlio/a?
Ci firmiamo, Le Tue/Vostre vittime (Fausto (Alberto) Marinetti, ci ha solo imprestato la penna
iscritto all’album dei giornalisti, Milano, N°. 60127)
Postilla 1. Una proposta per la Chiesa, se saprà uscire purificata dal Giordano del nostro sangue e delle nostre lacrime: fino a quando chierici e laici non saranno fratelli alla pari; fino a quando non si realizzerà la conversione dei"buoni a tutti i costi"; fino a quando i ministri non scenderanno dal piedestallo per servire i fratelli e il popolo di Dio non avrà diritto alla libertà di coscienza, di parola, di pensiero, di cultura, vano sarà stato il nostro Calvario. Il cardinale Ratzinger lo esprimeva con parole sacrosante: "Abbiamo molto da imparare: siamo troppo interessati a noi stessi, alle questioni strutturali, al celibato, all’ordinazione delle donne, ai concili pastorali, ai diritti di questi concili e dei sinodi. Lavoriamo sempre sui nostri problemi interni e non ci rendiamo conto che il mondo ha bisogno di risposte, e noi rimaniamo coi nostri problemi". La conversione non è appannaggio né degli accusatori né dei difensori della Chiesa, ma di chi si lascia invadere dallo Spirito, che soffia sempre dove vuole. Non senti che "soffia" forte anche attraverso di noi, le vittime?
Postilla 2. Se ti sta a cuore la nostra difesa, perché non dedichi i tuoi ultimi anni alle nostre cure, magari fondando una casa di accoglienza per le vittime della pedofilia clericale in uno dei vostri 24.000 immobili romani?
* Il Dialogo, Venerdì, 20 luglio 2007
L’inchiesta, prima parte:
250mila quelli censiti, ne vengono
chiusi a centinaia ma risorgono in continuazione
Pedofilia, ecco la Rete degli orchi
Su Internet i siti dell’orrore
di PAOLO BERIZZI *
MILANO - Per entrare nella stanza dell’orco non bisogna nemmeno bussare. Si saltano le presentazioni. Nessuna maschera o identità posticcia. Al massimo: un nickname a scadenza. In molti casi neanche quello. Entri e fai i tuoi porci comodi, e anche ottimi affari. Indisturbato. Impunito. Senza pagare un centesimo. Anche se con Internet non sei un drago. Bastano un minimo di dimestichezza telematica e un paio di dritte giuste per accedere gratuitamente alla galleria degli orrori della pedofilia on line. Lì si può mettere in piedi, in quattro e quattr’otto, un mercato nostrano, redditizio. Scarichi, gratis, foto vietatissime, e le rivendi.
Spiega un italiano che si firma Eric e che conosco su un forum cileno: "Crei un free book a costo zero, lo immetti sul web, attivi le modalità di pagamento attraverso il solito sistema di carte di credito, e il gioco è fatto". In un giorno puoi mettere in cascina anche 10 mila contatti. Che sono un bel po’ di soldi. Su 10 mila visitatori il 10 per cento (1000 utenti) acquista; un book di 10 foto viene sugli 80 euro (70 $); in ventiquattro ore i più furbi riescono a tirare su anche 80mila euro. Si chiamano pedosciacalli. Sono i nuovi raider della pedofilia telematica. Scaricano gratis e rivendono. Una figura di pedofilo autarchico, furbetto. Il business prima del piacere sessuale. O assieme. Sono loro, oggi, il vero incubo delle polizie postali di tutto il mondo.
Per un po’ di giorni abbiamo navigato nel mare grande della pedopornografia: per capire quanto fosse diffuso, e quanto fosse facile entrarci. Troppo, in entrambi i casi. Abbiamo conosciuto i pedosciacalli e i pedofili delle chat, quelli che si scambiano materiale non a fini di lucro ma solo per piacere. E i pedofili culturali, certo, la versione sofisticata, solo apparentemente platonica, dell’orco. E poi i pedofili sfacciati, quelli che si mostrano in viso e ti invitano a entrare nella loro "grande famiglia". Quella dove l’amore "non ha barriere", e "i nostri angeli e le nostre ninfe meritano solo dolci carezze". Entrando in queste "grandi famiglie" - sono 256.302 i siti web monitorati dal 2001 a oggi dalla polizia postale, 155 quelli chiusi in Italia, 10.376 quelli segnalati all’estero - abbiamo visto foto e video di bambini e bambine di ogni età. Nudi, seminudi, qualcuno cosciente, la maggior parte no, tutti abusati, ridotti a pupazzi con lo sguardo vitreo dai loro aguzzini. È stato un viaggio nell’orrore, in un nero mercato che prevede anche la morte. I pedofili immettono nel circuito telematico immagini delle loro prede da morte dandole in pasto - a pagamento, fino a 20 mila euro in Europa, molto meno se riesci a scovarle sugli ormai diffusissimi e più economici portali mediorientali, soprattutto iraniani e iracheni o africani - ai maniaci del pedosnuff (snuff, morire). Oppure le fissano sul digitale quando devono ancora nascere.
Quando sono feti di sette-otto mesi. "La merce più rara e più ambita della pedofilia estrema, assieme ai bambini sfigurati vittime di incidenti stradali, oggi sono le ecografie neonatali - spiega don Fortunato Di Noto, dell’associazione Meter impegnata da anni nella lotta alla pedofilia - . Gli "infantofili", e cioè gli amanti del genere da 0 a 4 anni, una tipologia in continua crescita, se le contendono a caro prezzo: anche 10 mila euro se l’immagine è nitida. E il commercio sul web è sempre più fiorente". Alcune ecografie provengono dagli ospedali e dagli studi medici del Sud Italia, da Napoli, da Palermo, o dai paesini sonnacchiosi dell’entroterra dove tutto accade e nessuno sa. Non sanno i medici, non sanno le ostetriche, non sanno i genitori. Chi sa benissimo ciò che sta facendo sono i cyber utenti. Una tribù che ogni giorno a tutte le ore si scambia materiale, esperienze, curiosità, indirizzi web, consigli, sulla loro ossessione.
Sono un esercito gigantesco i pedofili virtuali. Alex, americano del New Jersey, barba e capelli stile Bee Gees, non si fa problemi a mostrarsi in viso, sbracato in poltrona, o nel letto, in compagnia delle sue lolite. Nel suo portale - del quale omettiamo volutamente l’indirizzo ma che è in assoluto uno dei più frequentati e forniti - Alex espone i prodotti della ditta. Si va dai neonati alle bambine di sette-otto anni. Ci sono foto da voltastomaco. Decine di porn lover page e in mezzo lui, in canottiera, orgoglioso, che tiene in braccio una bambina con addosso solo il pannolino. Mi informa che questo mese c’è un’offerta speciale: "79 $ per tutta la settimana". In pratica: paghi e per sette giorni hai accesso alle immagini. Ma decine di foto sono scaricabili senza pagare. Crearsi un quaderno personale è un attimo. Rivenderlo, pure. Una delle cose più impressionanti di questo mercato è la facilità con cui da consumatore puoi diventare produttore. Per dire: ci sono navigatori italiani che hanno spremuto il sito di Alex e ne hanno fatto un pozzo di approvvigionamento per i loro business. Non daremo il nome di questi e altri siti e chat e forum - l’iniziale e basta - per evidenti ragioni. Se ne occuperà la polizia postale. Gli adolescenti sono già bombardati dai pedofili via telefonino: una pioggia di messaggi per invogliarli a spogliarsi, a inviare foto in cambio di ricariche telefoniche e piccole regalie. Un adescamento sempre più diffuso, che ha per obiettivo finale l’incontro.
I primi connazionali con cui entriamo in contatto li incrociamo sul forum "K...". Una chat di boylover e girlover dove si danno appuntamento pedofili di tutto il mondo. Non ci sono foto, su "K"; solo messaggi. Dopo essere stati esaminati e accettati accediamo alla room chiamata the lounge. Michele-Ita e Salvatore-Ita: ci si firma così, con nome - vero o falso che sia - e sigla della nazione di provenienza. Michele mi dà il benvenuto in inglese: "Ciao, sono felice di conoscere una persona come me libera da pregiudizi. Questo - aggiunge con soddisfazione - è l’unico forum dove si può conversare liberamente e condividere in allegria la passione per i bambini e le bambine". Provo a rivolgere a Michele qualche domanda vagamente personale. E’ evasivo. Mi dice solo: "Ho 48 anni e adoro i bambini tra i 10 e i 14 anni". I pedofili (a eccezione dei "culturali") non amano parlare troppo di sé. Di solito vanno subito al sodo. Si concentrano sulla preda. Sulle fotografie, sui video. Scambiano dritte sui siti dove poter reperire materiale. Salvatore-Ita snocciola un indirizzo buono fatto di molti numeri: "Vai su "2..." e troverai roba interessante". Clicco. Si schiude l’home page di uno dei portali più grossi e hard nel panorama della pedofilia virtuale. Sequenze interminabili di neonati e bambini ritratti in pose oscene. Mi accolgono in modo ospitale: "Benvenuto nella "sick...", il paradiso della depravazione infantile". Scene di sesso tra adulti e bambini, o solo tra bambini. Sono minori di varie nazionalità. A occhio, soprattutto Europa dell’Est, Asia, Africa. Secondo i dati raccolti dall’associazione Meter e incrociati coi colleghi di altre nazioni, i bambini coinvolti nel mercato pedopornografico sono oltre 2 milioni: il 78% femmine, il 22% maschi. Per il 70% sono di razza bianca, per il 20 di provenienza asiatica e africana, e per il 10 di origine araba e mediorientale. (Continua)
(la Repubblica, 16 luglio 2007)
II PARTE
Un giro di affari spaventoso.
Su Internet si presentano come "grandi famiglie"
Pedofilia, olocausto bianco
due milioni le vittime in Rete
di PAOLO BERIZZI *
MILANO - L’archivio di free photo su "2...." è corposo. Basta cliccarci sopra e le puoi scaricare. La prima e anche l’ultima cosa che pensi è: possibile che nessuno riesca a bloccare quella sequenza di immagini? Domenico Vulpiani è il direttore capo della polizia postale: "I siti a pagamento, che in effetti contengono anche delle foto e dei video scaricabili gratuitamente, in realtà offrono sempre lo stesso materiale: sono come un film porno, le immagini sono sempre quelle. Ai veri pedofili oggi interessa roba nuova, produzione domestica, casalinga, non i posati, pure hard e molto spinti, dei pay site. Il materiale se lo scambiano nelle chat. Tra una discussione e l’altra. Anche se apparentemente innocuo, il terreno più infetto e pericoloso oggi sono proprio le chat". Lolita, Fiordaliso, Ninfe. Nomi da retorica pedopornografica. Parole chiave con cui accedere alle decine di forum dell’orgoglio pedofilo. E alle loro bacheche. Sempre su "2...": "Mi intriga molto la sezione dei ragazzini", scrive un tedesco che si firma Hans B. Eric, dalla Francia, ringrazia: "Complimenti per l’ottimo lavoro. Questo è in assoluto il sito che preferisco". Hans B lo ritrovo un paio di giorni dopo chattando su "C...", una chat creata dal cileno Alain (vive a Santiago, fa l’insegnante, film preferiti Fucking Amal e Lolita). "Vieni a trovarmi su "f..." e su "l...". Poi mi dici cosa ne pensi, a proposito di amore libero e senza più barriere. Ok?". Aggiunge: "Ho molto materiale da offrirti, tu ne hai? Potremmo scambiare qualche video, cose con piccoli angeli di due o tre anni... ".
"La centrale mondiale della pedopornografia oggi è San Pietroburgo - continua don Di Noto - La maggior parte dei bambini e anche la produzione di video e fotografie provengono da là. Gli italiani quei siti li divorano, ne creano di loro ma su server stranieri. Perché sui server italiani c’è un controllo capillare e ormai serratissimo, divulgare materiale è rischioso". Usa, Russia, Iran, Iraq, Israele, Sudafrica, Nigeria: la mappa dell’"olocausto bianco", come lo chiamano le decine di organizzazioni che combattono la pedofilia in tutto il mondo, è in continuo e sfuggente movimento.
Su 158 milioni di minori sfruttati ogni anno in tutto il pianeta, si calcola siano almeno 2 milioni quelli coinvolti nel mercato pedopornografico. Una tratta da 1 milione e 200 mila piccoli schiavi ogni anno. I loro corpi ingrassano gli affari dei pedosciacalli. Le persone arrestate per pedofilia on line dalla polizia postale, dal 2001 a oggi, sono state 187; 3.346 le perquisizioni, 3.655 i soggetti denunciati in stato di libertà. "Stiamo mettendo a punto una black list. In pratica vieteremo l’accesso a tutti i siti pedopornografici con i provider italiani - spiega Marcello La Bella, direttore della polizia postale di Catania - Almeno con quelli... Perché con i provider stranieri uno può accedervi comunque". Per questo la maggior parte dei nostri pedofili on line si sposta, almeno virtualmente, in Olanda e in Belgio e nel Lichtenstein (patria dei pedofili culturali). Per la serie: fatta la legge, trovato l’inganno.
L’americano Alex è un pedofilo sfacciato. Sa di rischiare la galera, anzi, come informa nel suo sito, al fresco ci è già stato. Ma tant’è, "amo i bambini e amo passare il tempo in loro compagnia. Questo sito è una grande famiglia dove chiunque può accedere". Altri, più subdoli di Alex, autosdoganandosi e rivendicando il loro diritto ad "amare i minori", si nascondono dietro il fragile paravento della pedofilia culturale. Teorizzano. Filosofeggiano sui portali dove è tutto un inno all’orgoglio pedofilo. Si ammantano di una patina culturale, tirano in ballo il Simposio di Platone. Poi abbandonano i sofismi e si fiondano nella vetrina-labirinto dove sono esposte le loro vittime: e lì comprano "piccole creature" con cui divertirsi. Una delle principali porte di accesso italiane alla pedofilia culturale è il sito "J...". Sull’home page campeggia il ritratto di un adolescente con la folta chioma pettinata a caschetto. Sopra c’è scritto: ""J" è stato creato apposta per quanti scoprono di potersi innamorare di bambini o giovani. Di questi tempi - si legge - non è cosa facile scoprire questa parte di sé. Qui si può parlare di questi sentimenti in un’atmosfera confidenziale. Potrai ascoltare come altre persone vivono questa condizione e ti sarà possibile fare la tua scelta. Ricordati che non sei solo!". E poi: "Ti aiuteremo a vivere questo amore in un modo responsabile e rispettoso delle leggi".
Sono discussioni che vorrebbero apparire igieniche, quelle dei pedofili culturali. Chattando nei loro forum si possono tracciare dei profili umani. Uomini dai 30 ai 60 anni, cultura medio-alta, affetti da un apparente sdoppiamento della personalità. Pedofili sì, ma in senso buono, è la loro tesi. Che poi non si capisce come sia possibile. Il confine è molto, troppo labile. Scrive Carlo M, 46 anni, divorziato: "L’unica forma di amore puro e innocente puoi provarla per un bambino. Non credo più alle storie con gente adulta, uomo o donna che sia. Tradiscono, mentono. Non hanno la purezza e la sincerità dei nostri splendidi angeli". Gli diamo corda, e così anche a Eugenio che si fa chiamare Gene. Scrive: "Lo studio come lo sport sono ambiti dove il bambino o l’adolescente può e deve trovare libero sfogo. A noi tocca il compito di incanalare quello sfogo in una crescita formativa". Può sembrare una frase innocente, ma a leggere tra le righe mette i brividi. Né conforta la tesi di Domenico Vulpiani: "In realtà al vero pedofilo della pedofilia culturale non importa nulla. Non gli servono le parole ma le immagini".
Vado per l’ultima volta nella child room di "2...", e subito in quella, violentissima, di "P...". Un link mi trascina nell’archivio "Lolita...". E’ un pugno al ventre. Mi inviano una cartolina dal Canada. Non avrei mai voluto riceverla. Mi assale un conato di vomito. Esco dalla stanza dell’orco con il desiderio di non entrarci più.
(Fine)
L’inchiesta, prima parte:
250mila quelli censiti, ne vengono
chiusi a centinaia ma risorgono in continuazione
Pedofilia, ecco la Rete degli orchi
Su Internet i siti dell’orrore
di PAOLO BERIZZI *
MILANO - Per entrare nella stanza dell’orco non bisogna nemmeno bussare. Si saltano le presentazioni. Nessuna maschera o identità posticcia. Al massimo: un nickname a scadenza. In molti casi neanche quello. Entri e fai i tuoi porci comodi, e anche ottimi affari. Indisturbato. Impunito. Senza pagare un centesimo. Anche se con Internet non sei un drago. Bastano un minimo di dimestichezza telematica e un paio di dritte giuste per accedere gratuitamente alla galleria degli orrori della pedofilia on line. Lì si può mettere in piedi, in quattro e quattr’otto, un mercato nostrano, redditizio. Scarichi, gratis, foto vietatissime, e le rivendi.
Spiega un italiano che si firma Eric e che conosco su un forum cileno: "Crei un free book a costo zero, lo immetti sul web, attivi le modalità di pagamento attraverso il solito sistema di carte di credito, e il gioco è fatto". In un giorno puoi mettere in cascina anche 10 mila contatti. Che sono un bel po’ di soldi. Su 10 mila visitatori il 10 per cento (1000 utenti) acquista; un book di 10 foto viene sugli 80 euro (70 $); in ventiquattro ore i più furbi riescono a tirare su anche 80mila euro. Si chiamano pedosciacalli. Sono i nuovi raider della pedofilia telematica. Scaricano gratis e rivendono. Una figura di pedofilo autarchico, furbetto. Il business prima del piacere sessuale. O assieme. Sono loro, oggi, il vero incubo delle polizie postali di tutto il mondo.
Per un po’ di giorni abbiamo navigato nel mare grande della pedopornografia: per capire quanto fosse diffuso, e quanto fosse facile entrarci. Troppo, in entrambi i casi. Abbiamo conosciuto i pedosciacalli e i pedofili delle chat, quelli che si scambiano materiale non a fini di lucro ma solo per piacere. E i pedofili culturali, certo, la versione sofisticata, solo apparentemente platonica, dell’orco. E poi i pedofili sfacciati, quelli che si mostrano in viso e ti invitano a entrare nella loro "grande famiglia". Quella dove l’amore "non ha barriere", e "i nostri angeli e le nostre ninfe meritano solo dolci carezze". Entrando in queste "grandi famiglie" - sono 256.302 i siti web monitorati dal 2001 a oggi dalla polizia postale, 155 quelli chiusi in Italia, 10.376 quelli segnalati all’estero - abbiamo visto foto e video di bambini e bambine di ogni età. Nudi, seminudi, qualcuno cosciente, la maggior parte no, tutti abusati, ridotti a pupazzi con lo sguardo vitreo dai loro aguzzini. È stato un viaggio nell’orrore, in un nero mercato che prevede anche la morte. I pedofili immettono nel circuito telematico immagini delle loro prede da morte dandole in pasto - a pagamento, fino a 20 mila euro in Europa, molto meno se riesci a scovarle sugli ormai diffusissimi e più economici portali mediorientali, soprattutto iraniani e iracheni o africani - ai maniaci del pedosnuff (snuff, morire). Oppure le fissano sul digitale quando devono ancora nascere.
Quando sono feti di sette-otto mesi. "La merce più rara e più ambita della pedofilia estrema, assieme ai bambini sfigurati vittime di incidenti stradali, oggi sono le ecografie neonatali - spiega don Fortunato Di Noto, dell’associazione Meter impegnata da anni nella lotta alla pedofilia - . Gli "infantofili", e cioè gli amanti del genere da 0 a 4 anni, una tipologia in continua crescita, se le contendono a caro prezzo: anche 10 mila euro se l’immagine è nitida. E il commercio sul web è sempre più fiorente". Alcune ecografie provengono dagli ospedali e dagli studi medici del Sud Italia, da Napoli, da Palermo, o dai paesini sonnacchiosi dell’entroterra dove tutto accade e nessuno sa. Non sanno i medici, non sanno le ostetriche, non sanno i genitori. Chi sa benissimo ciò che sta facendo sono i cyber utenti. Una tribù che ogni giorno a tutte le ore si scambia materiale, esperienze, curiosità, indirizzi web, consigli, sulla loro ossessione.
Sono un esercito gigantesco i pedofili virtuali. Alex, americano del New Jersey, barba e capelli stile Bee Gees, non si fa problemi a mostrarsi in viso, sbracato in poltrona, o nel letto, in compagnia delle sue lolite. Nel suo portale - del quale omettiamo volutamente l’indirizzo ma che è in assoluto uno dei più frequentati e forniti - Alex espone i prodotti della ditta. Si va dai neonati alle bambine di sette-otto anni. Ci sono foto da voltastomaco. Decine di porn lover page e in mezzo lui, in canottiera, orgoglioso, che tiene in braccio una bambina con addosso solo il pannolino. Mi informa che questo mese c’è un’offerta speciale: "79 $ per tutta la settimana". In pratica: paghi e per sette giorni hai accesso alle immagini. Ma decine di foto sono scaricabili senza pagare. Crearsi un quaderno personale è un attimo. Rivenderlo, pure. Una delle cose più impressionanti di questo mercato è la facilità con cui da consumatore puoi diventare produttore. Per dire: ci sono navigatori italiani che hanno spremuto il sito di Alex e ne hanno fatto un pozzo di approvvigionamento per i loro business. Non daremo il nome di questi e altri siti e chat e forum - l’iniziale e basta - per evidenti ragioni. Se ne occuperà la polizia postale. Gli adolescenti sono già bombardati dai pedofili via telefonino: una pioggia di messaggi per invogliarli a spogliarsi, a inviare foto in cambio di ricariche telefoniche e piccole regalie. Un adescamento sempre più diffuso, che ha per obiettivo finale l’incontro.
I primi connazionali con cui entriamo in contatto li incrociamo sul forum "K...". Una chat di boylover e girlover dove si danno appuntamento pedofili di tutto il mondo. Non ci sono foto, su "K"; solo messaggi. Dopo essere stati esaminati e accettati accediamo alla room chiamata the lounge. Michele-Ita e Salvatore-Ita: ci si firma così, con nome - vero o falso che sia - e sigla della nazione di provenienza. Michele mi dà il benvenuto in inglese: "Ciao, sono felice di conoscere una persona come me libera da pregiudizi. Questo - aggiunge con soddisfazione - è l’unico forum dove si può conversare liberamente e condividere in allegria la passione per i bambini e le bambine". Provo a rivolgere a Michele qualche domanda vagamente personale. E’ evasivo. Mi dice solo: "Ho 48 anni e adoro i bambini tra i 10 e i 14 anni". I pedofili (a eccezione dei "culturali") non amano parlare troppo di sé. Di solito vanno subito al sodo. Si concentrano sulla preda. Sulle fotografie, sui video. Scambiano dritte sui siti dove poter reperire materiale. Salvatore-Ita snocciola un indirizzo buono fatto di molti numeri: "Vai su "2..." e troverai roba interessante". Clicco. Si schiude l’home page di uno dei portali più grossi e hard nel panorama della pedofilia virtuale. Sequenze interminabili di neonati e bambini ritratti in pose oscene. Mi accolgono in modo ospitale: "Benvenuto nella "sick...", il paradiso della depravazione infantile". Scene di sesso tra adulti e bambini, o solo tra bambini. Sono minori di varie nazionalità. A occhio, soprattutto Europa dell’Est, Asia, Africa. Secondo i dati raccolti dall’associazione Meter e incrociati coi colleghi di altre nazioni, i bambini coinvolti nel mercato pedopornografico sono oltre 2 milioni: il 78% femmine, il 22% maschi. Per il 70% sono di razza bianca, per il 20 di provenienza asiatica e africana, e per il 10 di origine araba e mediorientale. (Continua)
(la Repubblica, 16 luglio 2007)
II PARTE
Un giro di affari spaventoso.
Su Internet si presentano come "grandi famiglie"
Pedofilia, olocausto bianco
due milioni le vittime in Rete
di PAOLO BERIZZI *
MILANO - L’archivio di free photo su "2...." è corposo. Basta cliccarci sopra e le puoi scaricare. La prima e anche l’ultima cosa che pensi è: possibile che nessuno riesca a bloccare quella sequenza di immagini? Domenico Vulpiani è il direttore capo della polizia postale: "I siti a pagamento, che in effetti contengono anche delle foto e dei video scaricabili gratuitamente, in realtà offrono sempre lo stesso materiale: sono come un film porno, le immagini sono sempre quelle. Ai veri pedofili oggi interessa roba nuova, produzione domestica, casalinga, non i posati, pure hard e molto spinti, dei pay site. Il materiale se lo scambiano nelle chat. Tra una discussione e l’altra. Anche se apparentemente innocuo, il terreno più infetto e pericoloso oggi sono proprio le chat". Lolita, Fiordaliso, Ninfe. Nomi da retorica pedopornografica. Parole chiave con cui accedere alle decine di forum dell’orgoglio pedofilo. E alle loro bacheche. Sempre su "2...": "Mi intriga molto la sezione dei ragazzini", scrive un tedesco che si firma Hans B. Eric, dalla Francia, ringrazia: "Complimenti per l’ottimo lavoro. Questo è in assoluto il sito che preferisco". Hans B lo ritrovo un paio di giorni dopo chattando su "C...", una chat creata dal cileno Alain (vive a Santiago, fa l’insegnante, film preferiti Fucking Amal e Lolita). "Vieni a trovarmi su "f..." e su "l...". Poi mi dici cosa ne pensi, a proposito di amore libero e senza più barriere. Ok?". Aggiunge: "Ho molto materiale da offrirti, tu ne hai? Potremmo scambiare qualche video, cose con piccoli angeli di due o tre anni... ".
"La centrale mondiale della pedopornografia oggi è San Pietroburgo - continua don Di Noto - La maggior parte dei bambini e anche la produzione di video e fotografie provengono da là. Gli italiani quei siti li divorano, ne creano di loro ma su server stranieri. Perché sui server italiani c’è un controllo capillare e ormai serratissimo, divulgare materiale è rischioso". Usa, Russia, Iran, Iraq, Israele, Sudafrica, Nigeria: la mappa dell’"olocausto bianco", come lo chiamano le decine di organizzazioni che combattono la pedofilia in tutto il mondo, è in continuo e sfuggente movimento.
Su 158 milioni di minori sfruttati ogni anno in tutto il pianeta, si calcola siano almeno 2 milioni quelli coinvolti nel mercato pedopornografico. Una tratta da 1 milione e 200 mila piccoli schiavi ogni anno. I loro corpi ingrassano gli affari dei pedosciacalli. Le persone arrestate per pedofilia on line dalla polizia postale, dal 2001 a oggi, sono state 187; 3.346 le perquisizioni, 3.655 i soggetti denunciati in stato di libertà. "Stiamo mettendo a punto una black list. In pratica vieteremo l’accesso a tutti i siti pedopornografici con i provider italiani - spiega Marcello La Bella, direttore della polizia postale di Catania - Almeno con quelli... Perché con i provider stranieri uno può accedervi comunque". Per questo la maggior parte dei nostri pedofili on line si sposta, almeno virtualmente, in Olanda e in Belgio e nel Lichtenstein (patria dei pedofili culturali). Per la serie: fatta la legge, trovato l’inganno.
L’americano Alex è un pedofilo sfacciato. Sa di rischiare la galera, anzi, come informa nel suo sito, al fresco ci è già stato. Ma tant’è, "amo i bambini e amo passare il tempo in loro compagnia. Questo sito è una grande famiglia dove chiunque può accedere". Altri, più subdoli di Alex, autosdoganandosi e rivendicando il loro diritto ad "amare i minori", si nascondono dietro il fragile paravento della pedofilia culturale. Teorizzano. Filosofeggiano sui portali dove è tutto un inno all’orgoglio pedofilo. Si ammantano di una patina culturale, tirano in ballo il Simposio di Platone. Poi abbandonano i sofismi e si fiondano nella vetrina-labirinto dove sono esposte le loro vittime: e lì comprano "piccole creature" con cui divertirsi. Una delle principali porte di accesso italiane alla pedofilia culturale è il sito "J...". Sull’home page campeggia il ritratto di un adolescente con la folta chioma pettinata a caschetto. Sopra c’è scritto: ""J" è stato creato apposta per quanti scoprono di potersi innamorare di bambini o giovani. Di questi tempi - si legge - non è cosa facile scoprire questa parte di sé. Qui si può parlare di questi sentimenti in un’atmosfera confidenziale. Potrai ascoltare come altre persone vivono questa condizione e ti sarà possibile fare la tua scelta. Ricordati che non sei solo!". E poi: "Ti aiuteremo a vivere questo amore in un modo responsabile e rispettoso delle leggi".
Sono discussioni che vorrebbero apparire igieniche, quelle dei pedofili culturali. Chattando nei loro forum si possono tracciare dei profili umani. Uomini dai 30 ai 60 anni, cultura medio-alta, affetti da un apparente sdoppiamento della personalità. Pedofili sì, ma in senso buono, è la loro tesi. Che poi non si capisce come sia possibile. Il confine è molto, troppo labile. Scrive Carlo M, 46 anni, divorziato: "L’unica forma di amore puro e innocente puoi provarla per un bambino. Non credo più alle storie con gente adulta, uomo o donna che sia. Tradiscono, mentono. Non hanno la purezza e la sincerità dei nostri splendidi angeli". Gli diamo corda, e così anche a Eugenio che si fa chiamare Gene. Scrive: "Lo studio come lo sport sono ambiti dove il bambino o l’adolescente può e deve trovare libero sfogo. A noi tocca il compito di incanalare quello sfogo in una crescita formativa". Può sembrare una frase innocente, ma a leggere tra le righe mette i brividi. Né conforta la tesi di Domenico Vulpiani: "In realtà al vero pedofilo della pedofilia culturale non importa nulla. Non gli servono le parole ma le immagini".
Vado per l’ultima volta nella child room di "2...", e subito in quella, violentissima, di "P...". Un link mi trascina nell’archivio "Lolita...". E’ un pugno al ventre. Mi inviano una cartolina dal Canada. Non avrei mai voluto riceverla. Mi assale un conato di vomito. Esco dalla stanza dell’orco con il desiderio di non entrarci più.
(Fine)
Preti pedofili, la chiesa di Los Angeles
pagherà 660 milioni di indennizzi
LOS ANGELES - L’Arcidiocesi cattolica di Los Angeles pagherà un indennizzo record di 660 milioni di dollari, più di un milione a testa, a circa 500 vittime di abusi sessuali commessi da preti pedofili a partire dagli anni Quaranta. L’accordo è stato raggiunto solo poco prima dell’inizio del processo fissato per domani.
L’indennizzo è il più dispendioso negli ultimi anni per la Chiesa cattolica americana, bersagliata da richieste per numerosi casi di abusi sessuali commessi da preti nei confronti di minori.
* la Repubblica, 15-07-2007
Preti pedofili
Roma. Prete pedofilo recidivo condannato a 4 anni e 2 mesi.
E il cardinal vicario di Roma ed ex presidente della CEI Ruini dov’era? E mons. Fisichella non ha nulla da dichiarare? *
Dieci anni fa era già stato in prigione per lo stesso reato Roma: prete condannato per pedofilia A.D. 58 anni sacerdote e insegnante alla scuola Media Salvo D’acquisto dovrà scontare 4 anni e due mesi di carcere
ROMA - Sacerdote, insegnate e anche pedofilo, secondo la magistratura. E’ stato condannato, in rito abbreviato, dal gup Claudio Mattioli, a 4 anni e due mesi, un sacerdote accusato di aver abusato di due ragazzini. Il prete, A.D., di 58 anni, di origine siciliana, officiava nella diocesi dedicata alla Madonna di Czestokova, alla Rustica, e insegnava religione alla scuola media di Roma «Salvo D’Acquisto». L’uomo, che per i fatti oggetto del procedimento era anche finito in manette, è da tempo agli arresti domiciliari in un convento di Benedettini Silvestrini a Bassano Romano. Il capo d’imputazione per A.D. è: atti sessuali con minori, aggravati dal fatto che le vittime erano a lui affidate «per ragioni di educazione e di vigilanza». Il giudice ha imposto anche una provvisionale di 15mila euro di rimborso alle vittime.
GIA’ CONDANNATOPER LO STESSO REATO - In passato era già stato condannato dieci anni fa per una storia molto simile ma, scontata la pena, era tornato alla sua attività a scuola e all’oratorio. Arrestato nell’estate scorsa, il religioso, inizialmente, aveva negato tutto, ma in seguito aveva confessato, almeno in parte, cercando però di sminuire la gravità delle violenze. La prima denuncia a carico di A.D. venne presentata dai genitori di un dodicenne con gravi problemi psichici, un ragazzo "affetto da un disturbo del comportamento nell*ambito dell*organizzazione cognitiva borderline". Il giovane, che frequentava l*oratorio della Rustica, raccontò di essere stato palpeggiato e molestato dal sacerdote e, qualche giorno dopo, alcuni amichetti della stessa età gli raccontarono di aver subìto lo stesso tipo di violenze. In seguito si accertò un secondo caso, avvenuto, stavolta, durante un campo scuola nell*isola di Ventotene. A.D. aveva sorpreso un gruppo di ragazzi che scherzavano e si misuravano gli organi genitali. Il religioso avrebbe approfittato della circostanza per rivolgere pesanti avances a un altro adolescente, anche lui di 12 anni.
05 luglio 2007
Fonte: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/07_Luglio/05/prete_pedofilo.shtml
* Il Dialogo, Venerdì, 06 luglio 2007
Preti pedofili
USA/ Abusi sessuali, 5 anni al prete che si dichiara colpevole
Il reverendo McCormack ottiene sconto di pena *
di Ap- Apcom
New York, 2 lug. (Ap- Apcom) - Cinque anni di carcere per il reverendo Daniel McCormack, il prete della chiesa cattolica di Sant’Agata a Chicago incriminato nel gennaio del 2006 per abusi sessuali nei confronti di cinque ragazzini di età compresa tra 8 e 12 anni. McCormack ha ammesso la sua colpevolezza, ottenendo così uno sconto di pena. La dichiarazione di colpevolezza ha anche posto fine al processo, senza che le vittime abbiano dovuto testimoniare in aula.
Gli episodi per i quali McCormack andrà in pigione risalgono al 2001; ma non sarebbero i soli. All’epoca, era anche insegnante di algebra e allenatore di basket nella scuola di Nostra Signora del Westside: i bambini dei quali ha abusato erano suoi allievi, o loro amici.
Dopo l’emergere del caso, nel settembre del 2005, l’Arcidiocesi di Chicago non aveva preso alcun provvedimento nei confronti del prete, sospeso solo dopo l’incriminazione formale. Adesso, annnuncia il cardinale Francis George, McCormack dovrà rinunciare ai voti: la procedura è già stata istruita, perchè "l’abuso sessuale sui bambini è un peccato e un crimine".
* Il Dialogo, Mercoledì, 04 luglio 2007
Preti pedofili
Convegno su chiesa e pedofilia: tutto quello che Santoro non ha detto ad "anno zero"
di Agenzia ADISTA n. 49 del 7-7-2007 *
33961. ROMA-ADISTA. È una sorta di contro-Annozero il convegno organizzato lo scorso 22 giugno dalla Rosa nel Pugno su “La repressione sessuale: una politica che genera violenza”. Ed infatti il deputato radicale Maurizio Turco apre i lavori con un durissimo attacco alla puntata della trasmissione di Michele Santoro andata in onda il 31 maggio (vedi Adista n. 43/07): “Santoro ha sacrificato la verità sull’altare dell’audience - ha dichiarato Turco -. Pur di andare in onda ha accettato di concordare la trasmissione con Fisichella. Senza questo accordo la trasmissione non avrebbe ricevuto l’autorizzazione perché il Vaticano l’avrebbe impedito ed è per questo che il conduttore ripeteva continuamente che si trattava di ‘casi personali’. Bisognava accreditare i vertici della gerarchia come estranei alla vicenda, assolvendo l’istituzione nel suo complesso in quanto non responsabile del comportamento dei suoi singoli membri. È esattamente il contrario di ciò che si è fatto negli Stati Uniti”. Lo stesso Fisichella - ha rivelato il deputato radicale - ha posto il veto sull’invito in studio di Daniel Shea, l’avvocato di alcune vittime di preti pedofili che negli Usa ha tentato di trascinare in tribunale anche Joseph Ratzinger. L’accusa era quella di aver “ostacolato la giustizia” attraverso la lettera del 2001 con la quale l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede imponeva il “segreto pontificio” sui casi di pedofilia nel clero cattolico. Ma dopo la sua elezione al soglio pontificio, Ratzinger è stato ‘stralciato’ dal processo grazie all’immunità di cui gode in quanto “capo di Stato”.
Daniel Shea - che prima di diventare avvocato ha frequentato il seminario di Lovanio ed è un omosessuale dichiarato - è stato quindi invitato a partecipare al convegno della Rosa nel Pugno, in cui sono intervenuti, fra gli altri, anche Marco Marchese dell’“Associazione per la mobilitazione sociale”, Fausto Marinetti, Paolo Falcone ed Umberto Lenzi, del movimento dei preti sposati, Massimiliano Frassi, dell’“Associazione Prometeo onlus”, e Marco Pannella.
L’incontro è stato aperto dalla proiezione, in anteprima italiana, del film The Hand of God del regista italoamericano Joe Cutrera, presente al convegno insieme al fratello Paul, vittima di abusi. “Lo avevamo offerto gratuitamente a Santoro - ha dichiarato Turco all’agenzia Dire - che ha invece preferito pagare per il documentario della Bbc. Siamo certi che la Rai continuerà a sottrarre alla conoscenza pubblica i fatti mentre noi chiediamo che i fatti siano resi noti perché l’opinione pubblica li possa giudicare”. “La storia di Paul Cutrera è la mia storia - ha commentato Marco Marchese -; è la storia di tutte le vittime di abusi da parte di membri del clero. La Chiesa si dice ‘non responsabile’ di questi fatti, ma la responsabilità della Chiesa è oggettiva. Nel documento della Congregazione per i vescovi ‘Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi Apostolorum successores’ si legge che ‘la chiamata agli ordini è responsabilità personale del vescovo e del superiore maggiore’ i quali ‘hanno il dovere di accertarne la maturità affettiva’. Quindi se ci sono dei pedofili che sono diventati preti la responsabilità è di qualcuno, qualcuno che non sa discernere, e che non dovrebbe guidare nessun ‘gregge di Dio’”.
Secondo Fausto Marinetti - ex cappuccino, già missionario in Brasile - occorre “tentare di scoprire la cause a monte di tali atrocità. È troppo facile puntare il dito contro i preti pedofili. Alla base di tutto c’è l’educazione impartita nei seminari, ambienti artefatti ed asettici nei quali si impone una visione cupa della corporeità e della sessualità”. “Anch’io sono stato abusato - ha detto Marinetti, visibilmente commosso - sono stato abusato nell’anima! L’unica donna ammessa in seminario è la vergine Maria. La figura femminile diventa una sorta di fantasma, una figura disincarnata. Ricordo quando a 13 anni andavo a cercare sulle riviste dell’epoca i volti di donna per scorgere una figura materna”. Tutto ciò compromette in maniera profonda un sano sviluppo della maturità affettiva e sessuale dei seminaristi: “L’ambiente naturale di crescita è la famiglia”. In seminario, invece, l’impostazione repressiva esclude qualsiasi “educazione al controllo delle pulsioni e dei sentimenti”. Ed ecco quali sono i risultati. (emilio carnevali)
Articolo tratto da
ADISTA
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* Il Dialogo, Lunedì, 02 luglio 2007
Gli ex parrocchiani che subirono gli abusi scrivono ad Antonelli
Le vittime di don Cantini: "Per lui un processo penale" *
di Maria Cristina Carrutù
Un processo penale giudiziario. Le vittime di don Lelio Cantini, il prete accusato di violenza sessuale a plagio da suoi ex parrocchiani della Regina della pace, non si rassegnano. E, «fortemente incoraggiati» dall’intervento di monsignor Rino Fisichella alla trasmissione «Annozero» del 31 maggio scorso, hanno scritto all’arcivescovo Ennio Antonelli. Per chiedere alla Curia fiorentina quello che avevano già chiesto, finora inutilmente: e cioè, un processo penale giudiziario contro don Cantini, a norma del diritto canonico. Con ascolto dei testimoni e delle vittime, e un giudizio finale collegiale, laddove, nel processo penale amministrativo, è l’arcivescovo a prendere personalmente provvedimenti. Nel caso di don Cantini Antonelli ha sospeso il prete dalla celebrazione dei sacramenti e della messa in pubblico per cinque anni, ma le vittime hanno sempre ritenuto che per i crimini ammessi dall’ex parroco fosse una pena del tutto insufficiente.
E così, in una lettera firmata da ben diciotto di loro e inviata il 7 giugno scorso, per conoscenza, anche alla Congregazione per la dottrina della fede, ad Antonelli le vittime danno questa volta un mese di tempo per rispondere, trascorso il quale, annunciano, richiederanno il diretto intervento della Congregazione, alto organismo della Santa Sede.
Fisichella, si legge nella lettera, «ha pubblicamente e privatamente ringraziato tutti noi del coraggio e della determinazione finora mostrate, esprimendo chiaramente e inequivocabilmente la necessità di istruire un processo canonico giudiziario» per «far luce e chiarezza su tutti gli aspetti delle vicende legate a don Cantini». Comprese, ricordano le vittime, «le eventuali reiterazioni in epoca recente dei reati», che così non sarebbero soggetti a prescrizione. Fra i reati attribuiti a don Cantini, ricordano, c’è oltretutto l’assoluzione del complice istigato a commettere peccato, che comporta la scomunica immediata latae sententiae riservata alla Santa Sede. E se è vero che in presenza di prove certe, come in questo caso, e dell’ammissione del colpevole, si può ricorrere al processo amministrativo, su reati come la pedofilia e l’assoluzione del complice, considerati «gravissimi» dal diritto canonico, a giudicare non deve essere una Curia locale ma direttamente la Congregazione per la dottrina della fede. Lo ricorda Paolo Moneta, uno dei massimi esperti di diritto canonico: sebbene quanto prefigurato da Fisichella «non rientri nelle procedure normali», dice, «la Congregazione può disporre che, per fare maggiore giustizia su reati gravissimi, una procedura giudiziaria si possa riaprire», e un decreto amministrativo già emesso da un vescovo «revocare».
* Il Dialogo, Mercoledì, 20 giugno 2007
Preti pedofili
1000 abusi segnalati,
Dieci i processi,
secondo Panorama
(ANSA) - ROMA, 31 MAG - Dal 2001 sono giunte alla Congregazione per la dottrina della fede un migliaio di segnalazioni su presunti abusi sessuali compiuti dal clero.Lo dice un’inchiesta su Chiesa e pedofilia pubblicata su ’Panorama’ di domani, secondo cui i processi avviati in questi sei anni sono solo poco piu’ di una decina. ’Panorama’ evidenzia il totale riserbo sui processi e sulle sentenze e pubblica la lettera riservata che l’allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio Ratzinger invio’ a tutti gli episcopati del mondo.
http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/mondo/news/2007-05-31_13147013.html
Preti pedofili
1000 abusi segnalati,
Dieci i processi,
secondo Panorama
(ANSA) - ROMA, 31 MAG - Dal 2001 sono giunte alla Congregazione per la dottrina della fede un migliaio di segnalazioni su presunti abusi sessuali compiuti dal clero.Lo dice un’inchiesta su Chiesa e pedofilia pubblicata su ’Panorama’ di domani, secondo cui i processi avviati in questi sei anni sono solo poco piu’ di una decina. ’Panorama’ evidenzia il totale riserbo sui processi e sulle sentenze e pubblica la lettera riservata che l’allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio Ratzinger invio’ a tutti gli episcopati del mondo.
http://www.ansa.it/site/notizie/awnplus/mondo/news/2007-05-31_13147013.html
Riflessione
Pedofilia e clericalismo: una cosa rimanda all’altra...
di P.C. *
Nelle reazioni indignate, convulse, emotive e partigiane seguite al Documentario della BBC sulla pedofilia del clero, emerge chiaramente che la maggioranza pare non accorgersi di quale sia il vero problema nella Chiesa.
Il vero problema non è tanto la pedofilia di diversi preti poiché questo terribile male è diffuso pure in altri ambiti e in realtà molto distanti da quelle clericali.
Il vero problema è l’atteggiamento prevalente negli alti chierici davanti a questo crimine. Questo atteggiamento rivela diverse cose. Le elenchiamo.
1) Prima di tutto rivela che nella Chiesa esistono zone protette. Un laico che abusa sessualmente viene sottoposto alla giustizia umana. Un chierico, viceversa, viene protetto dalla giustizia umana. Ad un laico che commette omicidio il confessore impone di costituirsi alla polizia. Ad un chierico che uccide nell’anima un bambino il confessore applica un statuto speciale che non gli impone altrettanto e lo protegge dalla polizia. Il chierico-pedofilo così potrebbe continuare indisturbato a produrre vittime che per tutta la vita si porteranno dentro profonde ferite. Chi ha queste ferite deve perdonare e non pensarci su. Dimenticare non è mai stata la vera terapia per chi subisce questi schok. L’invito a dimenticare indica con quale leggerezza si affrontano questi problemi, indica che - IN REALTA’ - le vittime non sono assolutamente tutelate e prese in seria considerazione.
2) Esistono dunque due realtà nella Chiesa: i chierici (protetti dal giudizio e dalla riparazione perfino se fanno cose criminali) e i laici (esposti al giudizio e alla riparazione perfino per le minime venialità). Questo rivela una perfetta mentalità farisaica: il pio fariseo scusa se stesso per le travi che ha nell’occhio ma filtra il moscerino che vede negli altri!
3) Questa disparità di trattamento dimostra che se agli occhi di Dio e del Vangelo tutti sono uguali, agli occhi clericali assolutamente no: esiste un ambito privilegiato e un ambito che può tranquillamente essere sfruttato; esiste chi sta "in alto" e chi sta inesorabilmente in basso, esiste chi giudica e non deve essere giudicato e chi deve solo ascoltare giudizi e non permettersi di giudicare!! La "Chiesa docente" degli alti chierici non imparerà mai dalla "Chiesa discente" degli umili sfruttati.
4) Inutile dire che questa bipartizione, all’interno della Chiesa di Dio, è un semplice segno di un male profondo, il CLERICALISMO, che, nonostante presenti i chierici come uomini che compiono un "servizio", in realtà spesso permette ad alcuni di loro - spesso i più elevati in grado - di essere dei despoti per i poveri cristiani. E’ naturale, quindi, che tra tutelare il prete pedofilo e la vittima, questo sistema preferisca decisamente coprire il prete!
5) Più i laici sono zittiti, più i gerarchi ecclesiastici si impongono. Più gli ecclesiastici si impongono più la Chiesa da luogo di dialogo, di confronto e di crescita, diviene come un corpo in preda ad una metastasi spirituale e a varie malattie psicologiche. Da luogo di "verità" la Chiesa viene stravolta divenendo "Cosa nostra"!!! Evidentemente in questa situazione i laici di fatto sono considerati inutili (tranne quando versano l’8 per mille).
LA VERA RISPOSTA ALLA PEDOFILIA NON E’ MORALIZZARE IL CLERO O IMPEDIRE AI GAY IL SACERDOZIO. QUESTO E’ FUMO NEGLI OCCHI, E’ PURA APPARENZA!!!
LA VERA RISPOSTA E’ CAMBIARE QUESTO SISTEMA E QUESTA MENTALITA’ DI CASTE, PER RENDERLO A SERVIZIO DELLA VERITA’ E NON DELLA COPERTURA E DELL’APPARENZA. IL DIO DEI CRISTIANI E’ UN DIO DI TRASPARENZA E DI VERITA’, NON DI PRIVILEGIO E DI MENZOGNA. QUEST’ULTIMO "dio" E’ SEMMAI IL DEMONIO AL QUALE SERVONO I FARISEI DEL VANGELO E CHI SI RENDE SIMILE A LORO.
CHI AVRA’ MAI IL CORAGGIO DI CAMBIARE IN PROFONDITA’? CHI SE NE RENDERA’ CONTO E INIZIERA’? SONO GRANDI DOMANDE ALLE QUALI - AL MOMENTO - NESSUNO FORSE PUO’ RISPONDERE.
* IL DIALOGO, Domenica, 20 maggio 2007
Preti pedofili
Crimini sessuali e Vaticano (documentario italiano)
Video che smaschera le gerarchie ecclesiastiche per avere coperto i preti pedofili ... *
Un video della BBC (con sottotitoli in italiano) che ognuno dovrebbe vedere per capire come le gerarchie ecclestiastiche della chiesa cattolica romana coprono i preti pedofili.
Testimonianze dirette di pesone violentate da preti. Le prove che Ratzinger, quando era cardinale, sapeva dei crimini commessi da molti preti sui bambini in America ma comandò che i fatti fossero tenuti segreti. Un video veramente scioccante, che deve essere fatto conoscere anche ai Cattolici Romani.
http://video.google.it/videoplay?docid=3237027119714361315
*IL DIALOGO, Lunedì, 14 maggio 2007
Riflessione
SINITE PARVULOS VENIRE AD ME=CRIMEN SOLLICITATIONIS era il 1962 *
di Doriana Goracci
Sinite parvulos venire ad me.
Vangelo di Matteo cap.XIX v. 14
http://video.google.com/videoplay?docid=3237027119714361315&pr=goog-sl
Hanno preso alla lettera queste parole. Non solo gli sventurati ecclesiastici malati di pedofilia ma coloro che hanno acconsentito, coperto, secretato, quelli che fanno scuola di morale cristiana.
Usano il silenzio degli infami, il silenzio mafioso, l’omertà che terrorizza, che blocca le azioni, la parola che viene detta e subito contestata, fatta ringhiottire, che si strozza in gola come la speranza,come una caramella di fiele.
Tutto questo e ancora di più, appare in questo video che già la Bbc ha fatto vedere agli altri, i non italiani.Dal 29 settembre 2006 . E’ una pluri intervista, condotta dai violentati ai violentatori e a qualcuno che non ci è stato, che non alberga più nella casa del pastore, costi quel che costi.E’ arrivato da noi, in internet , tradotto con i sottotitoli, dura quasi 40 minuti. La Rai non vuole spendere i suoi soldi per acquistarlo, Santoro impone la sua professionalità di giornalista che denuncia.
Che si veda e subito.
Che si dica, senza menzogne.
Come le violenze in famiglia, si sa che ci sono sempre state.
Come la violenza della Chiesa, si sa che è sempre esistita.
E oggi, ancora oggi tuonano, minacciano, scomunicano, ignorano, abusano. Proteggono e accolgono in Italia, nel loro regno che è anche la nostra terra, la nostra Roma del cupolone, questi soggetti che nessuno curerà, nè con psicoterapia, nè con il carcere. Si dicono servi di Dio, questi oppressori, questi censori.
Tuonano dall’alto della loro immonda innocenza, fulminano donne e uomini, si infilano come gas venefici nell’esistenza di chi conosce solo poche stagioni.
Abusano di chi è povero, di chi è umile, debole.
E non pagano neanche le prestazioni. Pagherà per la vita chi la violenza l’ha subita. E tutti dico tutte e tutti subiamo da sempre questi sermoni, queste oscenità che non hanno più calendario nè giorni festivi, imperversano come una pioggia acida. Hanno anche l’impudente tracotanza di appellarsi alla sacra famiglia unita, e lui il papa, come nelle immonde storiografie dei secoli passati dove almeno i precedenti pontefici non si facevano ritegno di manifestarsi nella loro bassa violenza, immerge tutto nel silenzio del diritto canonico che non conosce: le donne gli uomini l’amore.La morte della vita, della libertà.Era il 2001 e lo raccomandò l’allora cardinale questo documento del Santo Ufficio.
Si fa scudo la gerarchia cattolica delle parole dure e dolcissime che disse un Grande Ribelle, muovono guerra e chiamano vendetta, accolgono gli oppressori pari loro, già noi habemus papam, mai partecipata questa gioia, sappiamo che morto uno di papa se ne fa un altro.
La pace di lor signori è diventata l’incubo di troppi.
La preghiera la faccio io: cominciamo a denunciarli noi.
Doriana Goracci
* IL DIALOGO, Lunedì, 21 maggio 2007
Don Marco Dessì, ha scelto il rito abbreviato e ha avuto una riduzione di un terzo Dovrà risarcire le sue vittime con 100 mila euro ciascuno
Parma, 12 anni al missionario pedofilo
Abusava dei bambini in Nicaragua *
PARMA - Dodici anni di reclusione con rito abbreviato per don Marco Dessì, il missionario sardo accusato di abusi sessuali nei confronti di minori e detenzione di materiale pedopornografico.
Il Gup del Tribunale di Parma Roberto Spanò ha riconosciuto il sacerdote colpevole di tutte le accuse che sono state mosse dalla procura parmigiana. La sentenza tiene conto dello sconto di pena di un terzo previsto dal rito abbreviato con il quale il missionario di 59 anni è stato giudicato.
La Pm Lucia Russo, che ha coordinato le indagini dei carabinieri del comando Provinciale di Parma e ha sostenuto in aule le accuse, aveva chiesto una condanna a 16 anni di reclusione. Le motivazioni saranno depositate entro quindici giorni. Alla lettura del dispositivo, Dessì, presente in aula, non ha avuto alcun tipo di reazione.
Ai tre ex ragazzi del coro del Gestsemani, vittime degli abusi perpetrati dal sacerdote e oggi tutti maggiorenni, il Gup ha riconosciuto una provvisionale "immediatamente esigibile" di 100 mila euro ciascuno.
I ragazzi si erano costituiti parti civili attraverso l’avvocato reggiano Marco Scarpati, che rappresentava in giudizio anche le associazioni ’Rock no war’ di Modena, ’Solidando’ di Cagliari e il Comune di Correggio (Reggio Emilia). Le due associazioni di volontariato per anni avevano aiutato don Dessì nella raccolta dei fondi da destinare alla missione ’Betania’, creata dal sacerdote a Chinandega una poverissima città del Nicaragua. Il sacerdote venne arrestato alla fine del 2006 al rientro in patria a Cagliari per farsi curare da una grave malattia.
Proprio dalle denunce raccolte in Nicaragua dai volontari italiani sono partite le indagini della procura parmigiana. Le violenze sessuali contestate al sacerdote (da mesi sospeso a divinis dal Vaticano) si riferiscono a ad abusi commessi a metà degli anni ’90 su piccoli componenti del coro fondato da Dessi’.
Quella per il sacerdote è "una pena severa che deve essere accolta con rispettò", ha detto la Pm Russo. L’avvocato Romano Corsi, che assiste Dessì assieme al collega cagliaritano Pierluigi Concas, ha già annunciato che la difesa ricorrerà in appello appena preso visione delle motivazioni della sentenza.
Prima di essere ricondotto in carcere, Dessì, come ieri sera, ha ricevuto il saluto e l’incoraggiamento di alcuni amici e sostenitori. "Abbi fede, Marco", hanno gridato al sacerdote mentre questi montava sul cellulare che lo avrebbe ricondotto nel carcere di via Burla.
* la Repubblica, 23 maggio 2007
Preti Pedofili
“Un armadio pericoloso”
di MARY GAIL FRAWLEY-O’DEA (Traduzione di Stefania Salomone)
Una psicologa sostiene che l’insistere della Chiesa Cattolica sui preti omosessuali - l’omosessualità è un segreto di cui vergognarsi - ha contribuito allo scandalo degli abusi sessuali *
11 marzo 2007
La posizione della Chiesa Cattolica sull’omosessualità si colloca tra gli altri aspetti della morale cattolica sulla sessualità, che è disattesa in genere sia dai laici che da molti preti. Nondimeno, l’ipocrisia di una chiesa che condanna l’omosessualità mentre può annoverare molti casi di preti omosessuali al suo interno, che amministrano i sacramenti è, tra altri fattori, direttamente implicata nello scandalo sugli abusi sessuali. La sottaciuta evidenza che il presbiterato è molto più omosessuale di quanto non si creda è confermata dall’obbligo imposto ai preti di non parlare apertamente del proprio orientamento sessuale, ma di predicare il peccato della omosessualità praticata. Messaggi contrastanti, segreti sessuali e realtà negate abbondano nell’ambito clericale nel quale la chiesa istituzionale appare l’incontrastata “Regina di Cuori”. La segretezza e la copertura degli abusi sessuali su minori diventa così una componente quasi inevitabile di questo reame folle, che induce alla follia. Ricerche recenti confermano che il 28-56% dei preti americani sia omosessuale. Molti uomini gay psicologicamente sani sono attratti dal presbiterato così come lo sono molti adulti eterosessuali. Essi amano Dio, desiderano perseguire un regime di vita di profonda spiritualità e sono preparati a vivere i valori evangelici in una comunità di fedeli. E’ probabile che gli uomini gay siano stati attratti dal presbiterato in maniera sproporzionata rispetto alla loro presenza nella società in genere. Fino a tempi recenti, e in alcuni casi nel nascondimento, ragazzi cattolici che si sono riconosciuti omosessuali, hanno trovato ostilità dalle famiglie, dagli amici e dalla chiesa. Vittime di insegnamenti che stabilivano che il loro agire omosessuale fosse intrinsecamente sbagliato e fosse peccato mortale, i gay cattolici affrontano dolorosi conflitti tra la propria identità e le proprie relazioni sociali. Abbracciare il presbiterato è una decisione che, fino a non molti anni fa, provocava una forma di orgoglio da parte delle famiglie, rendendo il seminarista o il prete figura grandemente stimata dalla comunità.
E’ anche logico ipotizzare che uomini omosessuali fossero attratti da un ambiente esclusivamente maschile quale rimane il presbiterato. Inoltre, quando i ragazzi entrano in seminario molto giovani, l’esplosione delle proprie pulsioni sessuali adolescenziali prevedeva praticamente una unica direzione verso cui indirizzarsi. Circondati da uomini o ragazzi, in un ambiente che vede la donna come un pericolo, eccetto per figure materne idealizzate o per la Vergine Maria, un seminarista adolescente ha ben poche scelte. Potrebbe essere attratto dalla propria madre o dalle persone che lo circondano, che per lo più sono gay. Ci troviamo così di fronte al paradosso di una organizzazione che insegna che l’omosessualità è un grave disordine e che poi costruisce un ambiente che promuove desideri omosessuali.
Molti uomini gay, cresciuti in quella che fino a pochi anni fa poteva definirsi una società omofobica, hanno vissuto la loro vita in un armadio nel quale hanno talvolta ignorato chi veramente fossero, nascondendolo perfino a se stessi. La teologia anti-omosessuale della chiesa cattolica, applicata nell’ambiente misogino del seminario ha portato a stimolare desideri sessuali proibiti o derisi, spesso costruendo intorno al giovane prete omosessuale un loculo soffocante. Qui, l’odio per se stessi che tormenta molti uomini omosessuali è stato ingigantito nel caso dei preti omosessuali, alcuni dei quali hanno tentato di affrontare la cosa nascondendo strenuamente il proprio orientamento sessuale, divenendo perfino intolleranti verso altri omosessuali. Rifiuto e dissociazione su vasta scala incoraggia a sottacere altri segreti sessuali come gli abusi sessuali sui bambini.
Da questa ipocrisia non può nascere, io credo, nessun sano beneficio né psicologico né spirituale. Sicuramente il papa, i cardinali, i vescovi o i preti che, guardandosi allo specchio, vedano un uomo omosessuale, hanno difficoltà a guardare in faccia un confratello che compie abusi e a dare un nome a ciò che vedono. Piuttosto, chiudono gli occhi di fronte al male, dato che tale umanità è stata etichettata come incline al male. Potrebbero addirittura incolpare o ignorare le vittime di abusi sessuali, prendendo inconsciamente le distanze dal proprio essere vittima della Chiesa e della società. Vengono costruiti quindi armadi dentro gli armadi, stipando mucchi di bugie; la verità diventa introvabile è ancor di più indicibile. Mary Gail Frawley-O’Dea è una psicologa specializzata in abusi sessuali e opera nel centro di Charlotte, North Carolina.
Mandare eventuali commenti a magazine@globe.com.
* IL DIALOGO, Martedì, 24 aprile 2007
La pedofilia dei funzionari di dio
di Enzo Mazzi (il manifesto, 18.04.2007)
E’ dolorosa e penosa questa vicenda di pedofilia, di violenze psicologiche, di ricatti morali, nella parrocchia fiorentina «Regina della pace».
La pedofilia del clero è un fenomeno antico, come del resto la pedofilia intra-familiare. Se oggi emerge e fa scandalo non è perché tale fenomeno si sia aggravato ma perché le vittime e i loro genitori hanno il coraggio di denunciare gli abusi e perché il potere del clero è meno assoluto e è bilanciato da altri poteri fra cui quelli della stampa e della magistratura.
La pedofilia è un crimine e quella dei preti lo è a un livello di gravità e pericolosità particolarmente pesante. Il «sacro», cose sacre, persone sacre, luoghi e tempi sacri, proprio in quanto realtà separata tende a annullare la sacralità dell’esistenza normale, esclude la sacralità del creato e quindi è implicitamente e intrinsecamente fonte di violenza. Ma se il sacro si rende responsabile di esplicite forme di violenza, come nella pedofilia dei preti, allora la violenza esplicita e quella implicita, strutturale, si potenziano reciprocamente.
I preti pedofili sono per lo più il frutto di una educazione e di una condizione di vita repressiva e autoritaria che ha impedito lo sviluppo equilibrato della loro personalità e li mantiene in condizione di nevrosi di vario tipo. La psicoanalisi ha consentito di studiare sistematicamente un tale fenomeno che fino a qualche decina di anni fa era affidato al fiuto della saggezza popolare, consegnato a motti, fiabe, racconti, o alla riflessione di filosofi e romanzieri. Oggi esistono studi di rilievo come quello ponderoso del teologo e psicanalista tedesco Eugen Drewermann «Funzionari di Dio» (Raetia, Bolzano, 1995).
Gli episodi di pedofilia emersi nella chiesa fiorentina, come in molte altre chiese locali nel mondo, evidenziano contraddizioni e deficienze strutturali dell’istituzione chiesa. E’ ingiusto e immorale scaricare tutto sul colpevole di turno. Ognuno è responsabile delle proprie azioni e ne deve rispondere verso le vittime e verso la giustizia; ma la responsabilità individuale non assolve affatto le responsabilità dell’istituzione.
Fa parte di una pastorale «normale», che dovrebbe essere superata nel dopoconcilio ma non lo è affatto, il condizionamento violento di coscienze infantili attraverso l’imposizione di sensi di colpa che s’insinuano nel profondo e si trascinano inconsapevolmente per tutta la vita. Per non parlare degli indottrinamenti di un certo modo di fare catechesi e di insegnare religione nelle scuole, che è ancora purtroppo largamente maggioritario. Ma il Compendio del catechismo pubblicato di recente dal Vaticano, a domande e risposte preconfezionate, da cui non emerge nemmeno un minimo di senso di ricerca, di autonomia, di coscienza critica, non è esso stesso un invito all’indottrinamento? Come una madre possessiva, sembra che Madre Chiesa voglia mantenere in una perenne condizione infantile i suoi figli, tanto li ama. Se non rischiasse di essere male interpretato, verrebbe voglia di chiamare tutto questo «pedofilia strutturale» della chiesa, nel senso appunto di amore verso gli uomini e donne perennemente bambini. E la sacralizzazione del potere ecclesiastico, la teologia e la pastorale del disprezzo verso il corpo, il sesso, il piacere, la condanna di ogni forma di rapporto fra sessi che non sia consacrato dal matrimonio, non è tutto questo violenza?
C’è inoltre il silenzio dei vertici ecclesiastici. Che è assordante. Grida la mancanza di comunione, di comunicazione, di collegialità che c’è nella chiesa. E’ un silenzio che denuncia l’imbarazzo e la solitudine delle gerarchie. Solo pochi giorni fa (domenica scorsa) il vescovo di Firenze ha rotto quel silenzio con una dichiarazione ai giornali. Ma con grande ritardo e in maniera reticente, come dichiarano le vittime, e inoltre senza un minimo di autocritica. I vescovi, non tutti ma molti, sono ancora, nonostante il Concilio, monarchi che decidono quasi sempre tutto da soli, con la scusa che il loro potere deriva direttamente da Dio. E quando si trovano di fronte a situazioni imbarazzanti come questo scandalo di pedofilia nella chiesa fiorentina, sono incapaci di muoversi, di parlare, di prendere decisioni sagge. Non denuncia proprio questo, seppur con altre parole, monsignor Alessandro Plotti, vescovo di Pisa, già presidente dei vescovi toscani, nell’intervista pubblicata su Repubblica giovedì scorso?
E’ tempo che si crei un grande movimento per restituire al cristianesimo il senso della liberazione dal sacro, in quanto realtà separata, liberazione non solo dalle oppressioni economiche e politiche, ma anche psicologiche, etico-morali, simboliche. Forse non sparirà la pedofilia ma certo verrà colpita a fondo e non solo quella dei preti.
Ancora un caso di pedofilia nel clero italiano. Ancora il silenzio di una curia *
da Adista
33843. FIRENZE-ADISTA. Sono passati più di trent’anni dai primi abusi. Ma solo ora qualcosa è cominciato a filtrare dal muro di silenzio che ha circondato per decenni la parrocchia "Regina della pace", nella periferia di Firenze. Le accuse rivolte all’ex parroco don Lelio Cantini sono pesantissime: secondo i memoriali presentati dalle vittime alla Curia di Firenze, don Cantini - a partire dal 1975 - avrebbe abusato di ragazzine dai 12 ai 17 anni, avrebbe richiesto alle famiglie denaro ed altri beni, ed avrebbe plagiato giovani ragazzi costringendoli ad entrare in seminario sotto la minaccia di cacciarli "per sempre dalla parrocchia". I racconti delle vittime fanno riferimento anche alla figura di una donna, la "perpetua" del parroco (Rosanna S.), descritta come una sorta di "veggente" che in base alle apparizioni di Gesù indicava a don Cantini gli "eletti" per la "nascita della nuova chiesa dello spirito".
Sempre secondo queste testimonianze, il prete giustificava la richiesta di rapporti sessuali spiegando alle ragazzine che si trattava di una forma di "adesione totale a Dio" e intimando loro il silenzio assoluto pena "il castigo divino". Un silenzio che si è protratto fino al 2004, quando un gruppo di ex ragazzi della parrocchia ha inviato alla Curia di Firenze una lettera con allegati una serie di memoriali sui fatti di quegli anni. Alla lettera sono seguiti alcuni incontri con il cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo di Firenze dall’’83 al 2001, con l’attuale arcivescovo Ennio Antonelli, e con l’ausialiare Claudio Maniago (che proprio nella parrocchia "Regina della Pace" ha maturato la sua vocazione, tanto da celebrare insieme a don Cantini, l’8 settembre del 2003, il secondo anniversario della sua nomina a vescovo). L’unico risultato è stato però, nel settembre del 2005, il trasferimento "per motivi di salute" di don Cantini in un’altra parrocchia della diocesi. A questo punto, gli ex ragazzi della "Regina della Pace" hanno deciso di rivolgersi direttamente al papa con una lettera datata 20 marzo 2006.
A rispondere è stato l’allora presidente della Cei, il card. Camillo Ruini, il quale si è augurato che l’allontanamento di don Cantini dalla diocesi - avvenuto il 31 marzo 2006 - potesse infondere "serenità nei fedeli coinvolti a vario titolo nei fatti". Don Contini si è così trasferito a Viareggio insieme alla sua "perpetua" senza che nei suoi confronti fosse avviato alcun processo canonico. Ma al papa, pochi mesi dopo, si è rivolto anche un gruppo di sacerdoti della diocesi fiorentina: "Non vogliamo sentirci domani chiedere conto di un colpevole silenzio", hanno scritto i sacerdoti denunciando che "a quasi due anni" di distanza dalle prime testimonianze degli abusi non erano ancora arrivate da parte dei vertici della Chiesa fiorentina né "una decisa presa di distanza" dagli accusati, né "una scusa ufficiale", né "un atto riparatore e credibile".
Solo il 17 gennaio del 2007 l’arcivescovo Antonelli ha comunicato agli ex ragazzi della "Regina della pace" alcuni provvedimenti decisi nei confronti di don Cantini, quali il divieto per cinque anni di confessare, di celebrare la messa in pubblico, di assumere incarichi ecclesiastici oltre all’obbligo, per un anno, di fare ogni giorno un’offerta caritativa e recitare il Salmo 51 o le litanie della Madonna. Lo stesso Antonelli, dopo che il quotidiano la Repubblica nei giorni scorsi ha acceso i riflettori sul caso, si è però rifiutato di rilasciare alcun commento sulla vicenda. Ha parlato invece l’ex arcivescovo Piovanelli, che in un’intervista all’Unità (10/4) ha ammesso di aver ricevuto una rivelazione di abusi anche prima della denuncia collettiva del 2004: "Quando io ho avuto a che fare, non con questa storia, ma con un solo fatto, sembrava che ci fosse solo quello, quindi dopo aver parlato con la vittima e dopo aver parlato con il sacerdote, fatta la giusta reprensione, sembrava che ci si doveva fermare lì, perché pareva un solo errore". Alle reiterate domande del giornalista se "una reprensione" poteva essere considerata un provvedimento sufficiente per un abuso sessuale, Piovanelli ha risposto: "Allora sì, perché c’era un fatto solo".
Intanto la Procura di Firenze ha aperto un procedimento penale per abusi sessuali pluriaggravati e continuati. "Ancora non si può dire se gli abusi denunciati siano prescritti o no - ha dichiarato il procuratore Ubaldo Nannucci -. Bisogna vedere fino a quando si sono protratti quei comportamenti. L’unico dato di fatto, per ora, è che questo sacerdote è stato rimosso nel 2005".
Sul caso di don Cantini è intervenuto anche Enzo Mazzi, animatore della Comunità di Base dell’Isolotto, a Firenze: "Gli episodi di pedofilia emersi nella Chiesa fiorentina - afferma Mazzi - come in molte altre Chiese locali nel mondo, evidenziano contraddizioni e deficienze strutturali dell’istituzione Chiesa. È ingiusto e immorale scaricare tutto sul colpevole di turno. Ognuno è responsabile delle proprie azioni e ne deve rispondere verso le vittime e verso la giustizia. Ma la responsabilità individuale non assolve affatto le responsabilità dell’istituzione". Secondo Enzo Mazzi, infatti, "fa parte di una pastorale ’normale’, che dovrebbe essere superata nel dopo-Concilio ma non lo è affatto, il condizionamento violento di coscienze infantili attraverso l’imposizione di sensi di colpa che s’insinuano nel profondo e si trascinano inconsapevolmente per tutta la vita". "Come chiamare tutto questo se non ’pedofilia strutturale’ della Chiesa? E la sacralizzazione del potere ecclesiastico, la teologia e la pastorale del disprezzo verso il corpo, il sesso, il piacere, la condanna di ogni forma di rapporto fra sessi che non sia consacrato dal matrimonio, non è tutto questo violenza?".
Fonte: IL DIALOGO, 17.04.2007
Io sono stato abusato da un prete ma non ero bambino ero un ragazzo di 17 anni fuori casa e tossico, il prete che abusò di me usava tecniche psicologiche di convincimento e seduzione simili a quelle di altri preti come ho avuto modo di leggere su internet e anche su questo blog per altri casi di preti carismatici figli di buona donna talmente potenti che erano ricevuti da capi di stato e dal Papa in persona come appunto il prete che abusò di me. Non abusò solo di me ma anche di altri, tantissimi ragazzi a lui affidati dalle famiglie e dalle istituzioni . Costui è un prete potentissimo pupillo della destra politica amico intimo dell’on Gaspari e pare anche di Berlusconi . Ho deciso di svuotare il sacco anch’io giacchè ho saputo che viene chiesto ora a tamburo battente dai preti stessi che i preti pedofili devono finirla di pararsi dietro la tonaca e usare il loro potere per scoparsi ragazzini o orfani o tossici e uscire dalla Chiesa , Benissimo. Colgo questa occasione . Chiedo agli altri ex tossici della Comunità incontro che hanno avuto rapporti sessuali non graditi con il tale prete di fare come faccio io. Sì anche se abbiamo ricevuto del bene perchè non era giusto che fossimo il capriccio sessuale di un prete infoiato: Ho mandato questa e-mail alla segreteria di Don Pierino Gelmini sperando che mi risponda. Ecco il testo:
Dopo padre Marcial Maciel fondatore dei Legionari di Cristo e don Lelio Contini parroco di Regina della Pace entrambi preti leader carismatici ora ultraottantenni allontanati dopo lunghe indagini e omertà colpevoli dal Vaticano e condannati a non esercitare più il loro ministero a causa degli abusi sessuali perpetrati anche 30 anni fa a danno di giovani seminaristi, discepoli o semplicemente devoti, è giunto il momento anche per Don Pierino Gelmini detto il DON che abusava di alcuni ragazzi- preferibilmente i suoi autisti.- lì nella Comunità incontro ad Amelia o in altre sue comunità ( Monte Antunni esempio) di rendere conto delle sue male fatte . Giusto no? Noi allora eravamo giunti in comunità in condizioni pietose eravamo facilmente manipolabili e psicologicamente fragili durante il programma di recupero per questo indotti a commettere atti sessuali schifosi con il Don nella famosa stanza detta del Cardinale ad Amelia a volte anche in macchina durante i suoi tour abbiamo ceduto a soddisfare le sue voglie. Come giustifica ora il Don di quanto ci ha fatto? Attendiamo la sua giustificazione e scuse , scuse e mea culpa. ( Se il reato è finito in prescrizione, non la responsabilità morale ) Massimo I
V’interessa sapere come si monta un presunto scandalo sessuale che coinvolga la Chiesa, una di quelle storiacce di pedofilia che mandano in brodo di giuggiole Michele Santoro? Seguitemi, e ve lo spiego. Il 25 marzo intervisto su questo giornale Bruno Zanin, l’attore che interpretò Titta Biondi nell’Amarcord di Federico Fellini. Una persona seria, mite, con una storia personale sconvolgente. Lontano 400 chilometri da casa, in un seminario del Piemonte dove i suoi, contadini veneti poverissimi, l’avevano mandato a frequentare la terza media, fu violentato da un prete, un missionario di ritorno dal Sudamerica per un periodo di convalescenza. Una storia vera - questa - drammaticamente vera: di recente ho rintracciato il nome del sacerdote pedofilo, che era stato a sua volta stuprato da bambino. S’è suicidato nel 1989 in Venezuela, forse schiacciato dal peso dei suoi peccati. Una morte in qualche modo evangelica: «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare» (Marco 9, 42). Se l’era messa da solo, la macina. L’ho comunicato io a Zanin, che ha dimostrato una compostezza esemplare, «forse perché per me quel tale prete era già morto, l’ho ucciso dentro di me migliaia di volte e altrettante volte ho provato una gran pena per lui, sempre in bilico, sempre combattuto...».
L’intervista con l’ex attore era stata linkata in parecchi siti Internet, insomma ha fatto il giro del mondo. E così mi è giunta da Regina, città del Canada, 180.000 abitanti, una mail firmata con tanto di nome e cognome. Me l’ha scritta un signore che, dopo aver letto Il Giornale in Rete, aveva chiesto a una cugina di spedirgli dall’Italia il libro autobiografico di Zanin, Nessuno dovrà saperlo. «Sono italo-canadese (mezzo veronese, un quarto udinese, un quarto padovano)», si presentava, «mi scuso per italiano così scolastico, ma io sono nato qui e a parte tre anni studente in teologia a Roma (Collegio Capranica) faccio mio meglio per praticare la buona lingua di Dante». Dopodiché mi spiegava che avrebbe «comprato all’istante un fucile per andare a Roma in Vaticano e uccidere un alto prelato che anche a me ha rovinato la vita come a Bruno Zanin». Ed entrava nei dettagli: «L’altissimo uomo della Curia vaticana mi ha abusato per tre anni come se io fossi una sua creatura di piacere e basta. Ero il più bravo e diligente studente di latino, greco, teologia, esegesi e a 15 anni appena arrivato da seminario di Toronto quel prete che era semplicemente vicedirettore mi ha sedotto e portato ad esaudire ipso facto ogni piccolo capriccio e fantasia sessuale che gli passava per la testa. Oggi sono in cura coatta psichiatrica perché maniaco sessuale-predatore con tendenze verso adolescenti maschi». Da pelle d’oca.
Senonché più avanti nel racconto gli erano sfuggite (sfuggite?) le iniziali di questo cardinale che «se la spassa agli alti vertici della politica vaticana, certamente del mio malessere, del mio naufragare io credo non gli frega niente». Mi sono messo a indagare e, con mia grande sorpresa, ho scoperto che uno solo, fra i 183 cardinali del Sacro collegio, ha quelle iniziali. Anche invertendo l’ordine di nome e cognome, non c’era possibilità di equivoco. La circostanza mi ha arrecato un qualche turbamento: si tratta di uno dei più stretti collaboratori di Papa Ratzinger. Ma c’è voluto poco per accorgermi che la biografia di questo cardinale era assolutamente incompatibile con una sua presenza all’Almo Collegio Capranica negli anni in questione.
L’ho fatto presente al mio corrispondente canadese, chiedendogli ragione di questa clamorosa discrepanza. Mi ha subito risposto: «Sono qui a correggere un errore di trascrissione di data, non era 63/67 ma il 73/76, sono lievemente dislessico. Ed è esatto il nome del prelato, era mio professore (...) All’Almo Collegio aveva una sua stanza messa a disposizione dal Cardinale Protettore perché faceva anche a lui da collaboratore-segretario (...) Perché Dio vede e tollera queste abberazioni?». Non che il cambio di date mutasse qualcosa: nel curriculum del cardinale non v’era traccia di questo incarico. Pur perplesso per la disinvolta correzione di tiro (ma come, dici che ti violentava e non ti ricordi in che anno?), gli ho risposto: «Cercherò di saperne di più. Magari è questo che Dio, il quale vede ma non tollera, s’aspetta da un giornalista».
Non l’avessi mai fatto! «Lei crede forse che sono milantatore?», ha replicato stizzito l’italo-canadese. Evidentemente s’aspettava che prendessi per oro colato il suo racconto, e magari che glielo pubblicassi incorniciato in prima pagina, sotto la testatina «La storia», come usa oggidì nei giornali. Mi ha intimato: «Guardi qui sotto, ne avrà conferma, la regola è non dare scandalo, non farsi scoprire, non rendere pubblico il proprio privato». Conferma? Seguiva il link di un sito Web avente per suffisso «tk», che sta per Tokelau, arcipelago corallino di 1.500 abitanti in mezzo al Pacifico, nella Polinesia, vicino alle isole Samoa. Accidenti, o tutti i preti sporcaccioni del mondo si sono rifugiati lì, beati loro, oppure la fantasia del diavolo davvero non ha confini, mi sono detto.
Ho cliccato sull’indirizzo con comprensibile riluttanza. Mi sono uscite in rapida sequenza tre finestre di Explorer con annunci senza capo né coda, il primo dei quali era: «Laudetur Iesus Christus... et Prudentia. Venerabilis è moderato... is moderated... est modéré» e l’ultimo: «La Fraternità sacerdotale Venerabilis non condivide la cultura gay attuale diffusa dai tanti gruppi gay e dai mass-media ostili alla Chiesa Cattolica Romana. La Fraternità Venerabilis sarà sempre PER e CON la Chiesa Cattolica Romana e dalla parte del Vicario di Cristo in Terra, Sua Santità Benedetto XVI. Diciamo NO alla strumentalizzazione e alla ricuperazione dei sacerdoti gay dal lobbying gay e dalle logge massoniche». Roba da legge 180. Vi risparmio la descrizione dell’immondizia che ho trovato dentro il sito. Ce n’era per l’intera gerarchia vaticana, fino all’ultimo dei cerimonieri pontifici, e con tanto di foto. Niente male per un sito moderato, moderated, modéré.
Nella home page faceva bella mostra una foto del Pontefice con l’esortazione «Orate pro eo!». L’orologio scandiva l’ora di «Vatican City» e sotto c’era persino la bandiera giallobianca, sormontata dalle chiavi di Pietro, che garriva al vento. Il tutto per la gioia di Eoliano, «sacerdote molto dotato» che cercava «seminaristi estimmatotori esperti», di Mik che si accontentava di «prete o sacerdote maturo in Calabria» (evidentemente pensa che si tratti di due figure diverse: le vuol provare proprio tutte) e altri squinternati del genere.
Per concludere, martedì scorso ne ho finalmente saputo di più sull’illustre porporato che avrebbe traviato seminaristi in anni lontani: mai avuto niente a che fare con l’Almo Collegio Capranica. Il quale nel 2007 può dunque celebrare in serenità il 550° di fondazione preservando intatta la propria reputazione. Nell’albo d’oro del Capranica, dove studiarono Benedetto XV e Pio XII, il nome del cardinale ingiustamente diffamato non figura né come allievo, né come insegnante, né come convittore, né come collaboratore-segretario. Accertato senz’ombra di dubbio.
Per cui il «maniaco sessuale-predatore» sarà anche dislessico, ma le bugie riesce a scriverle benone. Se impara anche a raccontarle davanti a una telecamera, una comparsata ad Annozero non gliela negheranno di sicuro.
di Stefano Lorenzetto, Da «il Giornale», 23 giugno 2007
....mha’....io in comunita’ da loro ci son stato pe rtre anni; io non sono stato "molestato" ma queste cose , queste voci giravano tra di noi gia’ dal 1984 al 1987 che e’ il periodo in cui io sono stato loro "ospite"......ed anch’io avevo avuto l’impressione che Gelmini fosse un po’ interessato eccessivamente da alcune persone.......oggi non mi scandalizza la cosa (...l’attrazione fisica verso qualcuno/a e’ solo soggettiva, e di certo non e’ un peccato...approfitarsi di chi e’ debole invece e’ una schifezza, direi....) e non mi sorprenderebbe comunque che ci fosse qualcosa di vero......me lo ricordo bene, sapete? un piccolo uomo cosi’ tronfio e pieno di se’ stesso e cosi’ abile da crearsi un mini-culto della personalita’ (...la sua...) su misura; oggi ho visitato il loro sito e leggendo la biografia di Gelmini mi veniva da ridere.....sembra che nel 1990 si sia offerto volontario per un fantomatico vaccino contro l’AIDS.....peccato che gia’ nel 1986 sbandierava nei suoi discorsi di esserselo gia’ fatto inoculare....’azz! ma allora funzionava veramente!!!!...miracolo-miracolo!....e poi guando nel tetro inverno milanese si e’ trasformato in un barbone per una settimana? questa non la sapevate? ...che neppure la scabbia si e’ beccata..... che squallore..............
..se ne potrebbero descrivere altre di "perle" ma non serve poi a molto..... ....un mancato e meschino papa che deve fare i conti con la sua natura di piccolo essere umano represso.... non mi fa’ pena.....e poi la solidarieta’ che riceve da politici che di giorno ci rompono i coglioni con i loro moralismi e di notte vanno a coca e a donne e’ la cosa che poi piu’ dovrebbe far riflettere sulla "caratura" dello squallido vecchietto......ma sempre pericoloso!!! saluti,
Lettera a Bruno Zanin, una vittima della pedofilia clericale
di Fausto Marinetti *
Caro Bruno Zanin,
grazie per il coraggio di riconoscere di essere un uomo. Non hai paura di te. E neppure "al figlio dell’uomo" fai paura, perché lui, ama ogni figlio d’uomo, qualunque cosa abbia fatto.
Tu non ti riempi la bocca di belle parole come facciamo "noi", uomini di chiesa. Sei quello che sei: "Sì, sì, no, no". Fai parte di quella stirpe, che il Cristo cercava allora come oggi: i pubblicani e le meretrici. E lui ha il coraggio di metterli in prima fila, scandalizzando gli osservanti della legge, i benpensanti, compresi coloro che dicono di "amare la chiesa, perché amano Cristo" (attenzione alla cripto-ipocrisia!). Quelli che antepongono la diplomazia al vangelo, quelli che predicano bene e razzolano male, quelli che impongono agli altri dei pesi che loro non muovono con un dito.
Il tuo coraggio ha dato frutto: altre vittime si sono fatte avanti a raccontare il loro trauma. E’ la riprova della mia ipotesi: se tutte le diocesi mettessero a disposizione un telefono verde, quante altre vittime verrebbero alla luce? Quello che noi vediamo è solo il top dell’iceberg... la "sporcizia" è sotto sotto, ma basta stuzzicarla e viene a galla.
Alcuni hanno rivelato nomi eccellenti, ma sono ancora in "coma emotivo", impigliati nella ragnatela della paura, del tradimento, dell’orrore che li paralizza.
Confessano di non aver neppure la forza di denunciare. Non ne vogliono sapere di andare in tribunale, sarebbe rivivere il Calvario, che stanno tentando di cancellare dalla loro carne. E poi ci sono monsignori intoccabili, una sorta di casta, perché, a volte, si servono delle "opere buone" per coprire i loro delitti. Il brutto è che non sono capaci di gettare la maschera come, invece, fai tu. Ma se è gente che fa professione di fede e di carità; se è gente votata al vangelo, come fa a servire Dio e stuprare i suoi figli? E si fanno chiamare "padri"...
Vedi? Io vengo dal di dentro e conosco certi meccanismi o strategie clericali. Credo che uno dei fattori ai quali imputare questa contraddizione, sia la "troppa verità", che li porta all’arroganza della verità (quella che in passato ha fatto le "sante" crociate, bruciato streghe, condannato Galilei, collaborato con la "conquista" e con la shoà, ecc.). Quanta saggezza nelle parole di Paolo: "Chi sta in piedi non si esalti troppo, perché anche lui può cadere...".
Oh se tutti i Fisichella avessero un po’ di spazio dentro di sé (oltre che per la teologia e il catechismo) per accogliere le vittime! Forse è per la troppa verità di cui sono sazi; forse è per la troppa dottrina, che hanno bisogno di nascondersi dietro agli "operai del bene", che, per fortuna, ci sono ancora tra le loro fila, e spesso tollerati quando non ostacolati, contrariati, ecc.? Tu sai che io sono stato dieci anni con uno perseguitato da loro: Don Zeno, il quale non gliele mandava a dire e, con il suo esempio ha criticato e messo in evidenza certa cultura cattolica che non ha niente a che fare con il vangelo. Non si tratta di virgole, ma di vedere la dignità umana secondo gli occhi e il cuore di Dio. Ti faccio qualche esempio:
1 - La cultura clericale non ha sempre trattato il figlio della ragazza-madre come "figlio del peccato"? E lui ironizzava: "Mai sentito dire che il diavolo abbia fatto dei figli!". Quando veniva accolta in comunità una gestante, ci insegnava che era come un ostensorio della vita e, quindi, dovevamo rispettarla, onorarla e anche venerarla come si venera l’eucarestia.
2 - Nel 1943 all’ombra del Santuario di Pompei trova un istituto con la scritta "Casa dei figli dei carcerati". E lui va in bestia: "Questi bambini non sono i figli dei carcerati, ma i gioielli di Dio Padre, carne battezzata, senza macchia d’origine" (27.2.1943). E quando la comunità verrà sciolta dal braccio secolare, con il beneplacito della S. Sede, circa 700 "figli" sono strappati alle madri e riportati negli istituti, scoppiando dal dolore, dirà: "C’è da meravigliarsi che il clero abbia accettato collegi e orfanotrofi? Un flagello! A Pompei hanno fatto perfino la Casa dei figli dei carcerati. Una scritta a caratteri cubitali. Tu, prete, hai il coraggio di chiamare così coloro, che Dio ha scelto, perché rifiutati dagli uomini? Disprezzati dal mondo è un conto, ma anche dalla Chiesa non è troppo? É lecito commettere di questi guai? Siamo come il sacerdote e il levita della parabola del samaritano. Il Calvario è la storia di Dio nell’umanità e Cristo continua a dire alla Chiesa: Donna, ecco tuo figlio. E alle vittime: Figli, ecco vostra madre".
3- Di fronte a un’Italia alla fame, nel dopoguerra, scrive a Pio XII: "In rerum natura non si sono mai visti i babbi e le mamme benestanti e i figli poveri, affamati, ignudi, senza casa. Si è visto e si vede spesso l’inverso. Noi ecclesiastici, padri per divina elezione, di fronte ai figli siamo quindi contro natura, in peccato, dal quale hanno diritto di difendersi. Vuol cambiare rotta? Io ci sto e chissà quanti ci stanno..." (25.5.1953).
Ma Fisichella crede proprio che basta mascherarsi con le opere buone di madre Teresa per cancellare le migliaia di vittime della pedofilia clericale? Altro che insistere nel dire che si tratta di "casi isolati", di responsabilità personale di alcuni preti che "non dovevano diventare preti"! E quella dei vescovi che li hanno smistati qua e là? E la copertura...
La tua confessione "coram populo" ci invita tutti a gettare la maschera, a riconoscerci semplicemente uomini, a non ritenerci migliori degli altri, perché il nostro vanto è proprio quello di essere della stessa pasta di Adamo, creature fragili e perfettibili. Chi non ha bisogno di farsi perdonare qualche cosa? Perché i prelati non dovrebbero ammetterlo? Per salvare l’immagine? Che cosa è questa benedetta immagine se non, appunto, un’immagine?
Fisichella ha perso un’occasione unica durante la trasmissione di Annozero? Se invece di arrampicarsi sui vetri per difendere a tutti i costi la chiesa, (Cristo non ha bisogno di crociati, vecchi o nuovi), si fosse inginocchiato davanti alla donna stuprata per anni da don Contini, che cosa sarebbe successo? Un’occasione d’oro mancata. Mancanza di coraggio o di fede?
Certo, meglio la diplomazia, l’arte di non perdere la faccia, "l’istituzione va salvata ad ogni costo"! Ma Cristo, altro che faccia...!, non ha perso tutto quanto quando è andato ad "abitare" sul Calvario? Se è vero che vi sta a cuore l’istituzione, perché non prevenire tanto male, tanta aberrazione coltivata nei seminari, tanta cultura sessuofobica, che non vi fa vedere la corporeità, i figli, le donne, ecc. con gli occhi di Dio?
Perché non si ha questo santo coraggio? Perché siamo diventati ecclesio-latri, abbiamo messo la chiesa al posto di Dio? Ma dove esiste nel vangelo il "culto" alla chiesa, al papa, ai principi della Chiesa?
E quanti disastri continua a fare l’idolatria del prete? Cosa non si fa per fargli credere di essere "altro" dal popolo, un diverso, un eletto, un predestinato? Non si è forse elaborata una "dottrina" per metterlo sul piedestallo di Dio stesso?
La teologia distingue tra il sacerdozio di "uomini speciali" e il "sacerdozio comune dei fedeli". Al sacerdote sono affidati poteri essenziali per la salvezza: celebrare l’eucarestia e perdonare in nome di Dio. Il concilio di Trento dichiara: "Se uno dice che nel Nuovo Testamento non c’è traccia visibile del sacerdozio e del potere di consacrare il corpo e il sangue di Cristo e di rimettere i peccati, sia anatema" (n°. 961). Il celibato obbligatorio rinforza la mistica del prete, che lo pone al di sopra dei laici. Quando viene ordinato si unisce a Cristo in tale maniera che è sostanzialmente diverso dagli altri (catechismo, 1581), perché "possiede l’autorità di agire con il potere e nella persona di Cristo stesso" (1548). Viene messo sul pulpito, accanto a Dio, di cui gode onori e privilegi. Il curato d’Ars dice: "Che cosa è un prete? Un uomo che sta al posto di Dio, investito di tutti i suoi poteri. Quando perdona non dice "Dio ti perdoni", ma "Io ti perdono". Se incontrassi un prete e un angelo, prima saluterei il prete poi l’angelo. Questi è amico di Dio, il prete sta al suo posto". S. Teresa baciava dove passava un prete. "Il sacerdote agisce in persona Christi e questo culmina quando consacra il pane e il vino" (Giovanni Paolo II, giovedì santo 2004). La divisione tra preti e laici è di origine divina (can. 207). Ma l’aureola anzitempo gioca brutti scherzi: ti illude di essere costituito in grazia, immune dal peccato, specie da quello banale e volgare del sesso, che spetta ai comuni mortali. Il passaggio dal potere al privilegio, dall’elite alla casta è breve. E così va a finire che il clericalismo distorce, distrugge, avvelena la missione della Chiesa. Se non è la causa di molti problemi, certo li causa per conservare privilegi, potere, prestigio, immagine. Quindi non è ammessa nessuna debolezza, lo scandalo va soppresso, le vittime messe a tacere. Corruzione e abuso inevitabili (cf "Sex, priests & secret codes, R. Sipe, T. Doyle, P. Wall, Los Angeles, 2006).
Se si fa credere al prete di essere "come Dio", è chiaro che questo influisce e condiziona la sua psiche al punto di considerarsi al di sopra della legge umana e inconsciamente si permette delle libertà, che non sono concesse ai comuni mortali.
Non ce n’è abbastanza per riflettere e decidere di cambiare rotta?
* Il dialogo, Sabato, 04 agosto 2007
*Ringraziamo Fausto Marinetti per averci inviato questa sua lettera a Bruno Zanin, una vittima della pedofilia clericale che ha raccontato la sua storia in un libro che fa tremare: "Nessuno dovrà saperlo" dove con raro coraggio ammette, come conseguenza, di essere diventato omosessuale, non pedofilo. Per lui, come per tanti altre vittime della pedofilia dei preti, nessuno muove un dito, neppure le scuse come avviene in America dove le vittime hanno diritto alle pubbliche scuse del vescovo, possono "raccontare" in chiesa il "fattaccio" o scriverlo sul giornale della diocesi. Possono anche giungere ad erigere nella piazza di Davenport, davanti alla casa del vescovo, una macina da mulino con le parole di Cristo: "Chi scandalizza un bambino sarebbe meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi nel mare".
Verrà il giorno in cui in piazza S. Pietro, al posto della fontana, si metterà una gigantesca macina da mulino a perpetua memoria delle vittime dei preti?
Il nunzio assente alla cerimonia per la Shoah
E’ polemica tra Israele e il Vaticano
Mons. Franco non sarà alla commemorazione. Protesta per una foto di Pio XII sotto la quale è scritto che fu personalità controversa in relazione al genocidio. Gelida la Livni: "Ciascuno segue la sua coscienza" *
L’ambasciatore della Santa Sede a Gerusalemme contesta la decisione di esporre
la foto di papa Pacelli con una didascalia che ne condanna la "posizione ambigua"
Protesta del nunzio apostolico in Israele
contro biasimo verso Pio XII sulla Shoah
Il ministro degli Esteri Livni: "Ciascuno si comporti secondo la propria coscienza" *
CITTA’ DEL VATICANO - Il nunzio apostolico in Israele, monsignor Antonio Franco, non parteciperà all’annuale cerimonia di commemorazione della Shoah, alla quale presenzia tutto il corpo diplomatico, che si terrà la settimana prossima allo Yad Vashem (il museo dell’Olocausto a Gerusalemme, ndr), per protestare contro la decisione di esporre una foto di Pio XII nel memoriale della Shoah, con una didascalia che condanna la posizione del Pontefice, ritenuta ambigua, sullo sterminio degli ebrei.
"Ho scritto - spiega il nunzio - una lettera al direttorato dello Yad Vashem spiegando che già l’anno scorso avevamo fatto presente la nostra difficoltà. Nella risposta alla mia lettera che vedo oggi su alcuni giornali israeliani si dice che non si può cambiare la verità storica. I fatti non si possono cambiare ma di questi si è data un’interpretazione contraria anche a molte altre verità storiche e soprattutto a tutta un’altra storiografia che interpreta in altro modo".
"Mi fa male andare allo Yad Vashem e vedere Pio XII così presentato e questo ho fatto presente nella lettera - ha detto ancora monsignor Franco - Certamente il Papa non può essere messo in mezzo a uomini che dovrebbero vergognarsi per quanto compiuto contro gli ebrei. Pio XII non dovrebbe vergognarsi per tutto quello che ha fatto per la salvezza degli ebrei, messo in risalto da fonti storiche".
"La cerimonia allo Yad Vashem ha il fine di onorare la memoria delle vittime della Shoah - ha commentato il ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni - l’evento più traumatico nella storia del popolo ebreo e tra i più traumatici nella storia dell’Umanità. Per quanto riguarda la partecipazione alla cerimonia, ciascuno si comporti secondo ciò che gli dice la sua coscienza".
* la Repubblica, 12 aprile 2007
INTERVISTA Ha ragione il Papa: solo eros e agape rendono possibile la conoscenza, anzi fanno dell’altro una persona. Parla il filosofo Marion
Senza amore non si pensa
«Da Galileo in poi, gli affetti appaiono secondari in filosofia rispetto alla ragione. Invece non sono soltanto passioni dell’animo, bensì costituenti originari dell’ego»
Da Parigi Daniele Zappalà (Avvenire, 05.05.2007)
«
L’amore è molto più che una passione o un affetto. In un certo senso, è molto più di una conoscenza. È ciò che rende possibile la stessa conoscenza». Lo sostiene è il filosofo francese Jean-Luc Marion, successore di Emmanuel Lévinas alla Sorbona e di Paul Ricoeur all’Università di Chicago. Il Fenomeno Erotico, appena tradotto in Italia per Cantagalli (pp. 288, euro 18,50), ha già suscitato forti reazioni in Francia.
Professore, lei denuncia l’indifferenza della filosofia moderna verso l’amore. Come la spiega?
«Dall’epoca di Galileo in poi, gli affetti appaiono secondari in filosofia rispetto al pensiero teoretico, la cui analisi si basa sulla conoscenza e la rappresentazione. Soprattutto, si comincia a parlare di odio, amore e dei diversi affetti solo sulla base di un ego già costituito. L’amore, in altri termini, è visto come una passione dell’animo e non come un costituente originario dell’ego. Ciò che cerco di mostrare, invece, è che l’amore e l’odio precedono lo stesso ego e giungono in vista della sua costituzione».
Può farci qualche esempio?
«L’ego si esprime, per così dire, sotto forma di figure o stadi amorosi. Innanzitutto, la situazione di voler essere amati. Poi, voler amare a condizione di essere amati. In seguito, prendere la decisione di amare senza essere amati».
Il pensiero contemporaneo è attraversato dal tema dell’angoscia verso la complessità delle relazioni sociali. Esistono oggi maggiori ostacoli al desiderio di amare?
«Questa cosiddetta angoscia, soprattutto rispetto alle relazioni sociali, diventa comprensibile a mio avviso come una manifestazione dell’amore. L’angoscia non esisterebbe se il nostro rapporto col mondo fosse esclusivamente d’interesse, di conoscenza e di rappresentazione. Questo rapporto col mondo è in realtà fin dall’inizio permeato dall’amore, erotizzato in senso lato. Ciò è vero, del resto, anche per la stessa attività filosofica. Fin dall’origine, la filosofia è amor e della saggezza e non saggezza. Prima della conoscenza, esiste l’amore della conoscenza».
Comunemente, l’amore è immaginato come una pura emozione slegata da solidi appigli razionali. Che ne pensa?
«In un certo senso, l’amore è una forma di conoscenza. È solo amandola o odiandola che posso avere davvero accesso a una persona. La pura emozione, il puro piacere, il puro odio diventano significativi all’interno di questo processo di accesso all’altro o a se stessi. A mio avviso, è decisivo comprendere che esiste sempre un itinerario fra due soggetti, un itinerario che obbedisce a una propria logica».
Una logica che include il dono...
«Questo legame fra amore e dono appare in una situazione: quando l’individuo comprende chiaramente che è impossibile amare solo a condizione che l’altro ami. Una forma, o se vogliamo uno stadio, molto comune di amore consiste nell’esser pronti ad amare a condizione che l’altro ci ami. Ma questa reciprocità in realtà rende impossibile l’amore, riducendolo come a una forma di contratto. Un contratto, soprattutto, che non può essere rispettato. Se per amare attendo che l’altro mi ami, dovrò attendere molto a lungo e, in ogni caso, amerò molto poco. Per amare, occorre in realtà far sempre il primo passo. Se l’amore è visto come uno scambio e non come un dono, esso non supererà mai un certo stadio di maturazione e rischierà sempre di precipitare».
Amare significa anche veder emergere l’altro come persona?
«Direi che l’altro diventa persona all’interno di un processo d’amore. Nella vita di tutti i giorni, in genere non incontriamo gli altri in qualità di persone, ma in una funzione sociale che altri potrebbero ricoprire al loro posto. Siamo una persona se amiamo o siamo amati. In caso contrario, rischiamo di restare esseri umani in un senso più spersonalizzato». Internet e le comunicazioni a distanza creano talora l’impressione di forme di passione interpersonale, di «amore», senza mediazione del volto. Ciò è davvero possibile? «Solo il linguaggio, compreso quello del volto, può creare una situazione di amore. Una relazione sessuale senza la parola non è erotica. Mentre una relazione non sessuale con la parola può spesso divenire erotica in senso lato. Anche il volto parla, è essenzialmente una parola o un principio di parola».
In che senso l’amore umano può divenire trascendente?
«L’amore fra esseri umani è trascendente perché trascende l’individualità di chi ama in direzione di chi è amato. Da un punto di vista cristiano, i comandamenti dell’amore verso Dio e verso il prossimo corrispondono a un unico imperativo. Per questo, le regole dell’amore di Dio e dell’amore dell’altro possono essere confrontate».
Che impressione le ha lasciato la prima enciclica di Papa Benedetto XVI dedicata all’amore?
«Trovo molto positivo che l’insegnamento del Magistero si concentri sul centro della rivelazione cristiana. È strano, in proposito, che quest’enciclica sia apparsa a qualcuno come un’originalità. Trovo che la distinzione fra eros e agape sia molto utile, soprattutto per ritrovare l’origine comune e l’unità dell’amore. Tale distinzione non dovrebbe invece mai lasciar pensare che esistono due tipi di amore e credo si tratti di uno dei punti più forti dell’enciclica. Trovo perfettamente giusto e come un’innovazione il fatto di ricordare questa verità della filosofia e, credo, anche della teologia spirituale. L’amore ha una propria razionalità, unica ed universale. Una razionalità che non esige la ricerca della reciprocità».