DDL 1825

Intervista all’on. Paolo Romani sulla riforma Gentiloni - a cura di Salvatore Viglia

mercoledì 31 gennaio 2007.
 

Intervista all’on. Paolo Romani sulla riforma Gentiloni

Membro della IX Commisione Trasporti, Poste e telecomunicazioni; Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

Le note di Gaparri e Landolfi della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

Il ministro Gentiloni ha fatto la sua proposta di riforma per la Rai focalizzata sulle quote pubblicitarie e sul digitale terrestre, ma si può parlare di riforma della rai?

Lui non ha fatto la riforma Rai infatti. Il DDL Gentiloni n. 1825, sposta la data del digitale terrestre al 2012 e poi fa in modo che ogni gruppo non possa avere, in buona sintesi, più del 45% delle risorse pubblicitarie dimenticando che la televisione è fatta di pubblicità ma è fatta anche di canone e di abbonamenti alla Pay Tv e il mercato tutto insieme. Tanto è vero che nella legge Gasparri, c’era questo famoso SIC, Sistema Integrato delle Comunicazioni che comprendeva tutti i ricavi del settore.

E’ ovvio che se uno dice che il mercato delle 500 gialle è in appannaggio tutto della famiglia Brambilla, e chiude il mercato ad un piccolo episodio, è ovvio che, di quel mercato, la famiglia Brambilla, detiene il 100%. Ma il mercato dell’automobile è fatto di tanti altri marchi e tipi. Così dicendo, nel caso della riforma, si adopera una operazione riduttiva per colpa solamente di Mediaste.

Sul servizio pubblico, il ministro Gentiloni ha dichiarato che presenterà un nuovo disegno di legge che non quello attualmente in discussione. Noi, in proposito, abbiamo chiesto che le due cose venissero discusse insieme, cosa non ottenuta.

L’on. Folena, addirittura, non si accontenta, parla di riduzione al 40% delle quote pubblicitarie.

Chiaro. Adesso c’è una rincorsa a chi è più accanito nel colpire.

Tenga conto che Mediaste, oggi, su quel mercato ristretto che è un mercato inesistente, solo quello della pubblicità Mediaste, viaggia al 65% quindi vuol dire 45 0 40%. Togliere un 25-30% dei ricavi, vuol dire mandare al fallimento un’azienda che ha 5000 dipendenti, 50.000 persone di indotto in grado di poter competere sul mercato internazionale come grande azienda di comunicazioni.

Lei è stato chiarissimo, ha chiosato: «questa è una chiara volontà di punire alcune aziende» senza nominarle, oltre quelle di Berlusconi, quali altre?

In questo caso, solo Berlusconi perché la rai, col canone, avendo i due terzi dei ricavi basati sul canone, di quel 92% che dice Gentiloni essere di pertinenza dei due grandi gruppi, uno pubblico ed uno privato delle pubblicità, e Mediaste ne ha il 65, ovviamente la rai ne possiede la differenza che è ben inferiore al 40%. Hanno inventato un numero che è fatto apposta per colpire solo Mediaset.

Questa sarebbe la prova dell’accanimento ai danni di Berlusconi?

Una delle prove.

Il Presidente dell’Antitrast, Catricalà, ha dichiarato che: «non si può stabilire il tetto pubblicitario poiché si limita il fatturato e quindi la crescita di una azienda».

L’Antitrast ha sottolineato che, mettere un tetto alla pubblicità in un certo mercato ristretto come quello immaginato dalla legge Gentiloni, non ha nessun senso.

In questo modo si va solo a penalizzare l’azienda che ha superato il tetto e non si creano, davvero, altri protagonisti nel mercato stesso.

Aveva molto più senso, come ha ribadito l’Autorità Antitrast, rinnovare, eventualmente, la base di calcolo che era quella individuata da Meccanico che parlava di pubblicità, canone, abbonamenti della pay tv ecc. ecc.

Il tentativo di questo disegno di legge, come ha affermato questa mattina Catricalà, è il restringimento di un mercato per individuare una posizione dominante a tutti i costi. Guarda caso, quella di Mediaset.

Cosa proponete voi in opposizione?

Noi non proponiamo nulla. Abbiamo fatto una legge due anni fa che è la legge Gasparri di cui sono stato il relatore.

Ci sembra che abbia dato la possibilità al paese di andare verso il digitale, di trasferire finalmente le spese e le risorse non tanto sull’acquisto delle frequenze degli impianti, bensì sulla produzione dei contenuti perché la televisione digitale consente di moltiplicare le possibilità di trasmissione.

Finalmente, quindi, viene meno il problema di avere il canale in quanto chi li possiede, li può modificare o mettere a disposizione.

Poi esiste una legge che obbliga tutti i proprietari di canali a dare almeno il 40% dei canali digitali ad altri. La ratio della legge è quella di consentire, almeno sino a quando non la cambieranno, a chi vuole fare televisione, di incentivare i contenuti.

Si tenga conto che il digitale, il satellite Sky, ha 138 canali e se vuole un numero infinito di canali, può.

La concorrenza del digitale o dell’analogico terrestre, col satellitare, nasce già con un certo sfavore perché le potenzialità tecniche del satellite sono molto più grandi e quindi, in questo caso, guarda un po’, si va a colpire ancora di più chi oggi sembra essere più debole.

Sappiamo che non si augura che la riforma Gentiloni venga approvata, ma, secondo lei, verrà approvata?

So che loro hanno intenzione di portare in aula, in una data compresa tra aprile e maggio. Il provvedimento Gentiloni, a mio avviso, avendo i numeri alla camera, prima dell’estate, loro potrebbero approvarlo.

Onorevole Gaparri, la proposta del ministro Gentiloni è un attacco alle aziende di Berlusconi?

La legge, è una legge vendetta che non credo sarà approvata. L’Autorità Antitrust, con le parole di Catricalà, ha messo un margine su questa legge vendetta che è contraria ad ogni logica inerente le norme europee nonché a logiche di libertà di mercato nei riguardi di quello che deve essere un moderno sviluppo del settore.

L’opposizione sostiene la sua legge, denominata legge Gasparri, strenuamente

E’ una legge che apre la strada al digitale, al pluralismo senza uccidere aziende italiane.

Ma se è vero che la maggioranza ce l’ha con Berlusconi, quando mai potranno sperare di arrivare ad un dialogo con l’opposizione?

Non credo che ci siano grandi spazi di dialogo. Vedremo se si renderanno conto quando anche l’Europa e l’Antitrast daranno loro torto.

Onorevole Landolfi cosa pensa del DDL di riforma della Rai del ministro Gentiloni?

Il DDL è stato criticato non solo dall’opposizione come sarebbe stato immaginabile, ma anche dall’Autorità Antitrust che ne ha evidenziato i limiti. Mi riferisco soprattutto ad un dato fondamentale di quel provvedimento, cioè il tetto della raccolta pubblicitaria. E’ un elemento che fa, di questo disegno di legge, un disegno di legge punitivo volto a penalizzare uno solo degli attori e dei protagonisti del mercato radiotelevisivo.

Ci troviamo di fronte ad un provvedimento che andrebbe, per serietà, revocato, accorpato, al massimo, a quello in cantiere che prevede la riforma della Rai per poterne discutere serenamente con l’opposizione.

Salvatore Viglia


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