2 Novembre ...

"Gomorra" Italica !!! CALABRIA: LAMEZIA TERME. Roberto Molinaro ha fotografato gli aguzzini e li ha denunciati per ben tre volte con tanto di nomi. Ma senza alcun esito !!!

sabato 14 ottobre 2006.
 

[..] Sono dieci anni che Molinaro combatte contro la ’ndrangheta. E da dieci anni non riesce a ottenere giustizia. I procedimenti penali aperti contro le persone che ha denunciato vengono puntualmente derubricati. Il motivo è semplice: non si tratta di estorsione «classica», entro nel tuo negozio e ti chiedo il pizzo. «In Calabria funziona in un altro modo - spiega Molinaro - si presentano dei presunti clienti, che vantano la loro appartenenza a organizzazioni mafiose. Ordinano della merce, nel mio caso materiali edili. Poi non la pagano. Se stai zitto, è tutto a posto. Se ti ribelli e pretendi il pagamento, cominciano le minacce di morte e gli attentati all’azienda».

A lui è successo di tutto: minacce personali, inseguimenti in macchina con persone armate, e l’11 settembre 2003 otto colpi di lupara calibro 12 contro il suo negozio [...]


Calabria, la battaglia di un imprenditore di Lamezia contro la ’ndrangheta

«Il mio outing sul pizzo»

Roberto Molinaro ha fotografato gli aguzzini e li ha denunciati per ben tre volte con tanto di nomi. Ma senza alcun esito

di Cinzia Gubbini (il manifesto, 13.10.2006)

Una denuncia eclatante, che lo espone a rischio di vita: «Ma era l’unico modo per farmi sentire, e per quanto riguarda la mia incolumità personale, sono preoccupato, certo. Ma sono anche cosciente di non essere più a rischio di prima». Roberto Molinaro, 42 anni, è un imprenditore di Lamezia Terme. L’altro ieri sera ha esposto un cartello di due metri e mezzo per due davanti alla vetrina del suo negozio di articoli sanitari, nel centro della città, a corso Nicotera. Sopra c’è scritto: «Toglierò questo cartello solo dopo che avrò ricevuto, come parte offesa, avviso di conclusioni di indagini in relazione alle denunce per estorsione (complete di nomi, cognomi, date di nascita e foto) effettuate in Lamezia Terme in data 2 febbraio, 7 aprile, 21 aprile e 14 settembre 2006».

Sono dieci anni che Molinaro combatte contro la ’ndrangheta. E da dieci anni non riesce a ottenere giustizia. I procedimenti penali aperti contro le persone che ha denunciato vengono puntualmente derubricati. Il motivo è semplice: non si tratta di estorsione «classica», entro nel tuo negozio e ti chiedo il pizzo. «In Calabria funziona in un altro modo - spiega Molinaro - si presentano dei presunti clienti, che vantano la loro appartenenza a organizzazioni mafiose. Ordinano della merce, nel mio caso materiali edili. Poi non la pagano. Se stai zitto, è tutto a posto. Se ti ribelli e pretendi il pagamento, cominciano le minacce di morte e gli attentati all’azienda».

A lui è successo di tutto: minacce personali, inseguimenti in macchina con persone armate, e l’11 settembre 2003 otto colpi di lupara calibro 12 contro il suo negozio. Oggi quel procedimento penale va sotto il nome di «danneggiamento», il che ha impedito all’autorità giudiziaria di concedere le intercettazioni ambientali richieste dai carabinieri. «L’udienza è fissata per il 3 novembre. Ma posso già dire come andrà a finire: assolti. Perché dentro quel fascicolo non c’è niente - spiega Molinaro - anche perché i testimoni, i miei parenti, hanno ritrattato. Bella situazione in Calabria, no? Lo hanno fatto per il mio bene, lo so. Ma io non ci sto, non mi piego. E l’azienda ormai è in fallimento, il mio fatturato è calato di due terzi». Proprio oggi si svolgerà una riunione di famiglia per decidere se chiudere il negozio.

Dopo l’attentato di tre anni fa, le minacce sono continuate. Ci sono stati altri episodi di richiesta di merce, per 80 mila euro. E poi danneggiamenti, la porta del negozio sigillata con l’attak, tentativi di scasso. Tutti episodi puntualmente denunciati, con fotografie, video che riprendono i mafiosi in azione, ma anche documenti messi pazientemente insieme dall’imprenditore. In tutto 650 pagine. «Ho indicato le generalità complete, la situazione di famiglia, allegando il certificato anagrafico, bilanci, documentazioni patrimoniali. Ho perfino elaborato quadri sinottici che indicano tutte le truffe compiute da queste persone».

E’ meticoloso Molinaro, e soprattutto un appassionato di diritto. Si era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza quando a 18 anni ha perso il padre e si è fatto carico dell’azienda di famiglia, la Socedil. «Ma ho continuato a studiare, per passione - spiega - Le mie sono denunce circostanziate, solo leggendo i documenti si possono spiccare almeno sette arresti». Invece non arriva neanche l’avviso di conclusione dell’indagine, «e allora quel cartello resterà lì».

Ieri Molinaro è stato ricevuto dai carabinieri: «Ho avuto molti attestati di solidarietà, dal Comune, da tutte le organizzazioni imprenditoriali. Ma è il sistema che non funziona. La ’ndrangheta fa bene il suo mestiere, è lo Stato che non lo fa. Singolarmente sono tutte bravissime persone - dice - ma prima di tutto si procede lentamente e poi c’è l’incapacità di capire come funzionano le cose. Continuano a rubricare reati di estorsione come appropriazione indebita, truffa, e producono disastri».

I mafiosi fanno tanto bene il loro mestiere da avere una doppia faccia: pistole di notte, di giorno abili conoscitori degli strumenti legali. «Quando ho denunciato alcuni di questi soggetti - racconta Molinaro - sono spuntate fatture e documenti falsi per tentare di mettermi in cattiva luce». Una delle persone denunciate lo ha anche querelato per calunnia. «Ha fatto benissimo - dice oggi l’imprenditore - io non pretendo di avere ragione. Ho presentato i documenti. Si concludano le indagini». O il cartello continuerà ad «abbellire» il corso di Lamezia Terme.


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