Occidente, sei terrorista anche tu...

LA SCELTA DELL’UMANITA’ E DELLA CONVIVENZA. Una riflessione del poeta arabo ADONIS

domenica 27 agosto 2006.
 


Occidente, sei terrorista anche tu...

di ADONIS*

Non identifico gli ebrei con il sistema politico israeliano, cosi’ come non identifico gli arabi con i loro sistemi politici. Parlo pertanto del sistema israeliano, non degli ebrei, e del sistema arabo e non degli arabi.

Dico cio’ poiche’ sono consapevole del fatto che guardare ad un sistema indipendentemente dal popolo che rappresenta, richiede una discussione molto articolata.

Per il Libano questa guerra ha molti significati, e sono diversi da quelli che assumono per gli altri sistemi arabi. Questa guerra e’ stata dichiarata per la necessita’ di combattere il terrorismo, rappresentato, in questo caso da Hezbollah.

Ne e’ risultato un conflitto contro il Libano e non contro quel partito. Hanno distrutto gli aeroporti, i porti, le strade, i ponti, migliaia di palazzi e molte infrastrutture agricole, turistiche e industriali libanesi. Ha anche causato l’esodo di un milione di cittadini, la morte, la dispersione e la mutilazione di centinaia di persone.

Senonche’ questa distruzione materiale del Libano non ha prodotto, come si credeva, la dispersione nel senso letterale e politico del partito, e quindi il frazionamento e il moltiplicarsi di conflitti interni anticipatori di una nuova guerra civile. Tutto al contrario, l’unita’ e la solidarieta’ tra i libanesi e’ cresciuta come pure la consapevolezza che il sistema israeliano e’ disumano, indifferente nei confronti degli esseri umani e dei loro diritti, ed e’ anche insensibile verso tutto cio’ che e’ civilta’. Si e’ pertanto accresciuto l’odio e l’ostilita’ contro questo sistema. Un solido e forte ostacolo si e’ venuto a creare tra questo e l’idea della pace, spiace molto ma il sistema israeliano ne e’ la causa.

A cio’ si aggiunge il sentimento concreto e fiero per l’eroismo dimostrato dai libanesi nel resistere all’invasione israeliana, nel contrastarla dissipando la certezza dell’"invincibile esercito israeliano". Il senso piu’ profondo di quanto e’ successo e’ che questa invasione ha radicato nei libanesi la volonta’ di essere uniti in un esempio unico di democrazia nel Medio oriente arabo. Ha confermato questo modello fondato sulla pluralita’ culturale, sulle differenze umane, aperto verso l’altro, diversamente da cio’ che vediamo in Israele e nella maggior parte dei Paesi arabi.

A cio’ aggiungo che la violenza della distruzione e il coraggio della resistenza ha commosso gli arabi, in particolare l’ambiente culturale che e’ stato vicino e solidale con il Libano; si e’ cosi’ rivelato l’ampio distacco esistente tra questo ambiente e i sistemi politici arabi che hanno dimostrato di essere strutture vuote, prive di alcun rapporto con la vita, la cultura, la storia presente e futura della gente.

Voglio poi sottolineare l’importante risveglio culturale e politico nell’Occidente europeo, negli Stati Uniti, nell’America latina e in molti stati asiatici - che ha condannato questa guerra devastante condotta per due soldati che sarebbe stato possibile liberare attraverso trattative, come e’ avvenuto in precedenza, e come operativamente accadra’ adesso.

Se accostiamo questo risveglio critico nei confronti di Israele con quanto detto prima, ci appare chiaro l’orrore dell’operazione disumana fatta dal sistema israeliano contro il popolo libanese; allo stesso modo appare chiaro che aumenta la sua violenza e la barbarie, e che la sua politica si allontana dalla sensibilita’ dei popoli del mondo.

Quanto al significato di questa guerra per gli altri sistemi arabi, e’ palese che gli Stati Uniti ne hanno convinto alcuni a credere che era contro il terrorismo e quindi serviva ad aiutarli. In tal modo questi sistemi si sono allineati con il sistema israeliano nei contenuti. Ne risultano due questioni: la prima e’ che questi sistemi arabi e quello israeliano non sono capaci di combattere il terrorismo se non con un altro terrorismo.

L’oscurantismo non si combatte con un altro oscurantismo, la forza delle armi non puo’ dissolvere la forza della fede, indipendentemente da quello che ne e’ il contenuto o lo scopo.

Questo vuol dire che la violenza non si vince con la violenza, come fa la politica americana e dei suoi alleati. Significa anche che la lotta al terrorismo con questi mezzi americani non fa altro che potenziarlo e consolidarlo, rafforzando le condizioni per la sua diffusione e crescita. La seconda questione e’ che per combattere una malattia dobbiamo conoscerne le cause. Allora quale e’ la causa del terrorismo? Gli Stati Uniti e i loro alleati non vogliono porsi questa domanda ne’ vogliono ascoltarla.

Invero l’obiettivo diretto degli americani oggi e’ la lotta al "terrorismo arabo-islamico", ma l’arma potente ed efficace per realizzarlo e’ un’altra, anzi due: la prima e’ riconoscere di fatto e concretamente i diritti dei palestinesi e permettere loro materialmente di costruire uno Stato indipendente; la seconda e’ smettere di ostacolare la creazione di sistemi arabi veramente democratici.

Sin dalla fondazione dello Stato i leader israeliani hanno dimostrato, e continuano a dimostrare nei fatti e nelle opinioni, di non volere vivere una pace giusta e stabile ne’ con i palestinesi ne’ con gli arabi. E questo malgrado le sofferenze patite dai palestinesi da oltre mezzo secolo nella loro terra e in esilio, per difendere i loro legittimi diritti; e nonostante il riconoscimento di Israele da parte di molti regimi arabi, o in accordo con la dichiarazione delle Nazioni Unite, o per stabilire relazioni diplomatiche e commerciali, o per entrambe le ragioni. Tutto cio’ e’ sembrato un dovere degli arabi, dovuto per amore o per forza.

Cosi’ per mezzo secolo i leader israeliani non hanno guardato gli arabi in modo realistico ma attraverso la rappresentazione che ne hanno di loro, o come un patrimonio che va controllato o di cui bisogna privarli. Oppure come territorio strategico da governare poiche’ loro non ne sono capaci. O ancora come persone che in un modo o in un altro bisogna usare: operai, agenti, servi. Tutto questo perche’ il sistema israeliano non considera che gli arabi abbiano una dimensione umana ne’ civile.

Sappiamo tutti che la memoria occupa il primo posto nella vita, nella storia e nella cultura degli ebrei; la cosa strana e’ che il sistema israeliano cancella da questa memoria tutto cio’ che lo lega agli arabi. Non ricorda la storia degli avi da cui discendono che ad ogni livello sociale hanno convissuto con i fratelli arabi a Sana’, Mecca, Medina, Damasco, Bagdad, Beirut, Cairo, come nel Maghreb arabo e in Andalusia. E quando gli arabi sono stati scacciati via dall’Andalusia anche gli ebrei sono stati mandati via, come se fossero un solo popolo. E’ vero che hanno avuto dei contrasti, che si sono battuti e si sono sfidati, ma cio’ e’ accaduto cosi’ come capita all’interno di una stessa famiglia o di un unico clan, o tra diversi clan arabi. Conducevano la vita in comune. Nessuno chiedeva l’espulsione o la soppressione dell’altro, cosi’ come, ad esempio, oggi il sistema israeliano fa con i suoi vicini arabi in Palestina.

La cosa piu’ strana e’ che i Paesi occidentali che sostengono Israele non si interrogano per niente sul comportamento del sistema israeliano verso gli arabi. Non si chiedono, di conseguenza, quale ruolo abbia il sistema israeliano, con i suoi atti barbari prevaricatori e persecutori, nel provocare le reazioni che si generano tra gli arabi a cominciare dalla delusione e dal distacco per arrivare all’odio, al rifiuto di fare la pace con un sistema che li umilia, e infine alla violenza e alla rigidita’ fondamentalista, con tutte le sue varianti ideologiche e violente, terroristiche.

Ed ecco che questi Paesi guardano al terrorismo come se si fosse autogenerato, o come se fosse un punto casuale, o come se si trattasse di uno degli aspetti dell’esistenza metafisica senza causa ne’ origine. Oppure tutte queste motivazioni insieme nella volonta’ gratuita di distruggere l’Occidente e l’alleato sistema israeliano. Quanto a come sia nata questa "volonta’" e quali ragioni nasconda lo sanno soltanto gli Stati Uniti, Israele e forse Dio! Questo approccio continua in modo folle, stupido e ingiusto a mettere insieme il terrorismo con la liberazione e il desiderio di indipendenza della Palestina. La verita’ e’ che noi oggi abbiamo paura che una critica, ad esempio alla cultura israeliana o allí’spetto religioso o sociale, sia considerata come una forma di terrorismo o di antisemitismo.

No, il sistema israeliano non potra’ vincere gli arabi, ne’ convincerli con la sua capacita’ di seminare cadaveri per le strade della Palestina e del Libano (o altrove - chi sa?) e neanche con la sua forza di distruggere esseri umani, aeroporti, porti, strade eccetera.

No, l’uomo non puo’ cambiare ne’ cambia il suo nemico, a meno che non trasformi il proprio se’ a partire da se stesso. E il sistema israeliano e quello arabo non possono stabilire un dialogo sincero e costruttivo se entrambi non si liberano dalla distruzione interiore che ne colma la mente e il corpo; e allo stesso modo non si liberano dei cadaveri e delle mine seminati nel loro profondo dalla memoria, dalla storia e dagli eventi.

In questo clima creato dal sistema israeliano, ogni cosa da’ agli arabi l’occasione di interrogarsi sul loro destino umano e civile. Un clima di guerra - disumano e incivile, di cui abbiamo visto (fino adesso) l’esempio piu’ palese in Libano. E non parliamo di Palestina, ne’ dell’orribile muro di separazione, ne’ della continua distruzione della vita in Palestina.

Come si puo’ parlare della convivenza arabo-israeliana in questo clima? E’ la stessa realta’ a dare la risposta: i sostenitori di questa convivenza - la pace tra gli ebrei e gli arabi - sono soltanto una piccola minoranza che va riducendosi. Ed e’ una minoranza prevalentemente emarginata e talvolta rifiutata.

Forse Israele puo’ vincere, temporaneamente, ma non puo’ convincere nessuno della sincerita’ della sua pretesa. E la sua incapacita’ di convincere aumenta con la sua capacita’ di vincere. Solo che la vittoria, come ho detto, e’ temporanea: essa e’ da una parte ostile e da un’altra parte e’tecnica. Israele e i suoi sostenitori devono ricordarsi che anche lo schiavo si ribella e che la vittoria finale non e’ della tecnica ma dell’uomo.


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RIFLESSIONE. ADONIS: LA SCELTA DELLA CONVIVENZA, LA SCELTA DELL’UMANITA’

[Dal quotidiano "Liberazione" del 17-18 agosto 2006. La traduzione e’ di Francesca Corrao. Adonis (nome d’arte di Ali Ahmad Sa’id Isbir), nato a Qassabin in Siria nel 1930, studi a Damasco e a Beirut, lunghi soggiorni a Parigi, testimone della guerra civile libanese, e’ uno dei maggiori poeti viventi. Vari suoi volumi di liriche e di saggi sono stati tradotti in italiano, tra essi: Libro delle metamorfosi, Fondazione Piazzolla, Roma 1987; Introduzione alla poetica araba, Marietti, Genova 1996; Un desiderio che avanza sulle mappe della materia, S. Marco dei Giustiniani, Genova 1997; Memoria del vento, Guanda, Parma 1998; Siggil, Interlinea, Lugano 2000; Scritti sulla poesia araba, Guanda, Parma 2001; Cento poesie d’amore, Guanda, Parma 2002; La preghiera e la spada, Guanda, Parma 2002. Su Adonis cfr. lo studio di Francesca M. Corrao, Adonis. Nella pietra e nel vento, Mesogea, Messina 1999]


-  LA NONVIOLENZA E’ IN CAMMINO
-  Numero 1396 del 23 agosto 2006


Nel sito, si cfr.:

-  GUARIRE LA NOSTRA TERRA. Lettera aperta a Israele (già inviata a Karol Wojtyla) sulla necessità di "pensare un altro Abramo"

-  PRIMAVERA DEI POETI. INTERVISTA AD ADONIS.

-  AFGHANISTA: CHE FARE?! RICORDAR-SI SEMPLICEMENTE CHE SIAMO ITALIANI E ITALIANE!!!


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