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PACE O GUERRA? IL DIO-AMORE DELL’EVANGELISTA GIOVANNI: "CHARISSIMI, NOLITE OMNI SPIRITUI CREDERE... DEUS CHARITAS EST" (1 Gv., 4. 1-8), O IL DIO-MAMMONA DEL VANGELO DI BENEDETTO XVI: "DEUS CARITAS EST"(2006)?!

ANNO 2014 d. C.!? LA "XLVII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE" E IL "DOPPIO REGISTRO" DELLA CHIESA DI PAPA FRANCESCO. Il testo del suo messaggio - a c. di Federico La Sala

In questo mio primo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, desidero rivolgere a tutti, singoli e popoli, l’augurio di un’esistenza colma di gioia e di speranza (...)
mercoledì 1 gennaio 2014
Una fraternità priva del riferimento ad un Padre comune, quale suo fondamento ultimo, non riesce a sussistere:
SE UN PAPA TEOLOGO SCRIVE LA SUA PRIMA ENCICLICA, TITOLANDOLA "DEUS CARITAS EST" ("CHARITAS", SENZA "H"), E’ ORA CHE TORNI A CASA, DA "MARIA E GIUSEPPE", PER IMPARARE UN PO’ DI CRISTIANESIMO.
NATALE, MA DI QUALE GESU’?! E’ NATO IL RE, IL "FIGLIO PRIMOGENITO" DELL’AMORE ("CHARITAS") DI MARIA E GIUSEPPE ("DUE GIOVANI COLOMBI") O DELL’AMORE ("CARITAS") DI PAPA RATZINGER E DELLA (...)

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> LA "XLVII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE" E IL "DOPPIO REGISTRO" DELLA CHIESA --- FUTURO E AVVENTO (di Ernesto Balducci)

sabato 14 dicembre 2013

FUTURO E AVVENTO

di Ernesto Balducci *

Può servire una di­stinzione filologica, ma con implicazioni molto ricche, tra il futuro e l’avvento; il «futurum» e l’«adventus». Il futuro è la dimensione del domani contemplata sulla proiezione del presente. È il futuro che ci viene descrit­to, sia pure con mano sempre più incerta, dagli esperti di sociologia, dai tecnologi, dai politologi. Essi non fan­no che utilizzare gli elementi del presente per fare del­le ipotesi sul tempo che viene.

Da questa parte possiamo attenderci ben poche consolazioni. Se il futuro si rea­lizza sulla spinta che governa il presente, esso è un fu­turo di consolidamento delle ingiustizie intollerabili o è un futuro di catastrofi. C’è però un altro futuro; il sopravvenire di una qualità nuova del tempo, di un mo­do nuovo di esistere individuale e collettivo.

L’adven­tus indica non un prolungamento quantitativo del presente, ma un sopravvenire delle qualità attese, mi­surate su quelle speranze che il presente frustra, umi­lia, avvilisce e irride. Questa qualità nuova è, nel linguaggio della Scrittura, qualificata come «regno di Dio». E infatti questa qualità che nella pienezza del suo adempimento è contemplabile solo nella fede e non certo dimostrabile con la ragione, è il giorno di Dio. Noi ri­durremmo questo giorno di Dio a pura sostanza mito­logica, e quindi alienante, se non lo vedessimo quasi precipitare come un ruscello che scende da un monte lontano dinanzi a noi fino a lambirci i piedi, fino ad invadere l’oggi che è il nostro oggi...

Gesù si presentò proprio come un demitizzatore, come uno che condan­na la contemplazione di un futuro remoto, dicendo - ad esempio - «il Regno di Dio è fra di voi». Solo che la qualità del Regno è tale che bisogna saperlo discer­nere, scoprire e realizzare. Non possiamo mai essere solo spettatori del tempo nuovo, in quanto solo se ci impe­gniamo a realizzarlo lo vediamo ad occhi nudi; se inve­ce siamo indifferenti non lo vediamo e non ci servirà la cultura dei sociologi a farcene percepire appena un barlume.

L’occhio profetico (in senso minuscolo, quo­tidiano, che può competere a noi senza scomodare i grandi profeti che non sono programmabili) è una di­mensione dello spirito che è chiamata in causa proprio in questa evenienza dell’adventus, di questa irruzione della novità in cui dobbiamo riporre la nostra Speran­za.

Questa necessità di un avvento è tanto più forte quanto più vediamo - come accennavo prima che la proiezione del presente sul futuro è catastrofica: o cambiamo o moriamo. Quando questo sentimento si fa acuto, l’attenzione verso la possibile novità del regno dovrebbe diventare la nostra consegna quotidiana, il nostro modo di esistere.

* Ernesto Balducci, Il Vangelo della Pace, Vol. 1, pp. 35-36 (segnalato da Aldo Antonelli)


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