Quei messaggi scritti nell’acqua
Dietro la vittoria dei due referendum si nasconde un modo prezioso di intendere la partecipazione
Una vasta rete di comitati, organizzazioni, cittadini impegnati a portare avanti idee e battaglie
di Goffredo Fofi (l’Unità, 26.06.2011)
Ahimé, niente cambia e la politika continua a fare i propri comodi con tutto il peso delle sue menzogne e ipocrisie, delle sue beghe interne e dei suoi ricatti incrociati e, per quel che riguarda noi cittadini, dei suoi ricatti nei nostri confronti, invero pesantissimi e intollerabili. Nessun politico (seguito in questo da quasi tutti i giornalisti), tanto meno a sinistra, sembra davvero tener conto delle indicazioni venute dalle comunali e dai referendum se non per far pesare sulla bilancia degli equilibri interni alla “casta” gli interessi della propria parte, e cioè del ristretto numero di coloro che di politika vivono, e dei loro parenti e collaterali e famigli.
A poco tempo dal voto, la manfrina è tornata a essere la stessa di sempre o, per dir meglio, quella degli anni della decadenza del sistema detto democratico e della decadenza stessa dell’Italia. I politici sono sordi e ciechi verso tutto ciò che non rientra nel loro gioco, ignorano il paese e ci ignorano, e noi i votanti gli serviamo soltanto come verifica del proprio peso interno e per riequilibrare quello delle varie forze che dovrebbero rappresentarci mentre rappresentano solo se stessi e i propri complici e amici, dentro uno stesso sistema e una stessa “baracca”, come arma di manovra, come bambocci senza qualità e senza peso.
L’impressione è quella di una sordità irrimediabile, immedicabile. E come sempre, non c’è peggior sordo e peggior cieco di chi non vuole sentire e non vuole vedere. Non resta dunque che prendere esempio da quel che succede altrove, per esempio dalla Spagna, dove le piazze sono riuscite a far cambiare il corso della politica, e lo slogan più gridato ai politici della destra del centro e anche, com’è noto, della sinistra è stato “Que se vayan todos”, ovvero: spediamoli, i politici, in blocco, tutti a casa.
Ma come? La mediazione politica continua a essere indispensabile, almeno sulla media durata, ma la politica potrà essere una buona politica soltanto se controllata dal basso, solo se dai movimenti nascono nuovi rappresentanti che rappresentano davvero gli interessi comuni, il bene comune, e non la chiusura, l’arroganza e il gusto del potere dei politici odierni, incuranti di quella responsabilità verso la collettività e verso il futuro che i nostri politici ignorano e penso ancora alla mediocrità (e spesso ignobiltà) della nostra sinistra. Ma bisogna prima di tutto che i movimenti ci siano, che ciò che si muove localmente e per piccoli gruppi e iniziative ed è tanto, tantissimo, e il referendum l’ha dimostrato trovi le forme del collegamento tra gruppi, diventi una forza di controllo, di pressione, di proposta. Bisogna insomma che la società civile risorga e cresca, e non si faccia più fottere, e cioè castrare corrompere soffocare dalle logiche e dagli inganni della politica.
Vorrei fare stavolta, nell’elenco dei giusti, l’elogio di un gruppo in particolare, che mi pare abbia avuto un notevole peso nella proposta dei referendum e nella vittoria dei sì, il cosiddetto “Movimento per l’acqua”, che si definisce «una rete formata da diverse centinaia di comitati locali e da diverse decine di reti, associazioni e organizzazioni nazionali». (Per farsi un’idea della sua ramificazione prima e dopo le elezioni, si cerchi il link del suo “Comitato promotore”.) Il motto che il Movimento si è scelto viene non a caso da Gandhi e dice così: «Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci».
Nato nel 2006 come Forum italiano dei movimenti per l’acqua, variamente corteggiato o osteggiato, questo movimento è cresciuto e ha dato battaglia assiduamente e ostinatamente, e ha saputo collegarsi ad altri movimenti europei e ha proposto e imposto il referendum sull’acqua, che è stato quello che ha trascinato gli altri. È stato aiutato molto strumentalmente da qualche politico (i soliti!), che ne ha capito subito i vantaggi che potevano venirgliene e che ancora cerca i modi di controllarlo, ma ha saputo difendere la propria autonomi a imporre le sue idealità e le sue regole, basate infine sulla trasparenza delle decisioni e sull’indissolubilità tra i fini e i mezzi. Raccoglie cattolici e laici, giovani e adulti, maschi e femmine, quel che resta di buono e di vivo dell’ambientalismo, del terzo settore, dell’ “altra economia”, dei terzomondiali eccetera e per il referendum questa rete ha raccolto la cifra record di un milione e 400mila firme, grazie a una schiera di giovani attivisti volontari mossi non dalla smania di infilarsi nella politica ma da quella di difendere un diritto inalienabile, che sono riusciti a praticare e diffondere un modo di far politica infine degno.