AI CALABRESI D’OGNI DOVE
di Emiliano Morrone
Bisogna decidere dove vogliamo andare. Intendo dire qual è il nostro obiettivo come popolo della Calabria, come comunità che si sfalda sboccando a Roma, Bologna, Milano, in Svizzera, Germania, Canada o altrove, spesso con rabbia viscerale, senso di liberazione e una valigia zeppa di nostalgia. Esuli, nomadi, sospesi tra l’anima e l’inferno meridiano degli estremi conflitti: bellezze e ingiustizie, cuori di spugna e di pietra, povertà e denaro bruciato, dolore di massa e ignoranza di casta. Non di rado mi ritrovo a parlarne con amici lontani come Salvatore Sellaro.
Discutiamo del futuro della nostra Calabria, oppressa dalle logiche mafiose di palazzo, prima che dalla pervasività delle cosche. Il potere si alimenta d’apparenza, sicché spaccia l’ordinario per conquista, quando qui manca l’essenziale: lavoro, sanità, diritti primari e servizi di base. Soprattutto, non abbiamo coscienza dell’avvenire della nostra regione dato il momento storico, segnato da un capitalismo criminale che affama e distrugge, schiavizza e divide con l’obiettivo d’impedire l’emancipazione culturale, politica, economica e civile.
Non è più possibile accettare l’emigrazione e lo spopolamento come fatti naturali e inevitabili. E non serve a nessuno difendere gli apparati politici e burocratici, che rifiutano di affrontare il problema, storico, della subalternità di questa nostra terra di confine.