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Filosofia, Antropologia, e Letteratura....

A CLAUDE LÉVI-STRAUSS (CENTO ANNI IL 28 NOVEMBRE 2008). E AL SUO LAVORO "TRISTI TROPICI" - UN’OPERA UNICA, ASSOLUTA. Una nota di Antonio Gnoli - a cura di pfls

Sotto quel caos di emozioni e di avventure, regna un ordine nascosto, un sapere che fa appello alle semplici regole dello strutturalismo.
venerdì 23 maggio 2008 di Maria Paola Falchinelli
[...] Lévi-Strauss trascorse diversi anni nelle foreste del Mato Grosso. Vi giunse nel 1935 e ripartì nel 1939. Su quell’esperienza lasciò per anni calare il silenzio. Non una parola che ricordasse le difficoltà, i rischi, i timori, che gli incontri con civiltà indigene, remote e incontaminate gli avevano procurato. Poi, quindici anni più tardi, decise di raccontare quello che aveva visto e vissuto. E ne venne fuori Tristi Tropici, un’opera unica. Assoluta, come possono esserlo quei libri (...)

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> A CLAUDE LÉVI-STRAUSS (BRUXELLES, 28 NOVEMBRE 2008).... Se Lèvi-Strauss diviene ostaggio dei cattolicismi --- "agli occhi del mio interlocutore perché lo scandalo, ai suoi occhi, sta proprio nel fatto che io, una ’ devota’ obbediente al Papa, abbia osato avvicinarmi e riflettere sul grande antropologo: questo è l’imperdonabile sacrilegio" (di Lucetta Scaraffia)!

martedì 29 luglio 2008

SE LÉVI-STRAUSS DIVIENE OSTAGGIO DELL’IDEOLOGIA

di LUCETTA SCARAFFIA *

Avrebbe potuto essere interessante una discussione sul ruolo esercitato da Lévi- Strauss nella cultura contemporanea e, come sempre, il confronto sarebbe stato tanto più interessante quanto più divergenti le opinioni fra chi scrive e l’antropologo Massimo Canevacci, che dalle colonne di « Liberazione » ha trovato non poco da ridire ( è un eufemismo) ad un articolo sull’opera del famoso intellettuale francese da me scritto per questo giornale.

Ma questa discussione non ci sarà. Non tanto per la povertà degli argomenti utilizzati da Canevacci, che riprendono stantie critiche anticristiane come quella contro i salesiani da decenni stabiliti fra i Bororo, accusati di distruggere la cultura indigena se non addirittura - orrore! orrore! - di evangelizzare i ’ poveri’ indios. Bensì per un motivo più generale: per il tono offensivo adoperato dal mio interlocutore il quale mostra di ritenere inconcepibile che chiunque professa la fede cattolica osi calpestare i Campi Elisi della cultura. E per il quale, quindi, non è necessario confutare con argomenti le opinioni di chi la pensa diversamente da lui: no, basta dargli razzisticamente del ’ cattolico’. Il procedimento di Canevacci si manifesta fin dalle prime righe, quando trova necessario qualificarmi come « devota di Francesca Cabrini » quasi che questa mia caratteristica - del tutto non professionale - dovesse, ovviamente ai suoi occhi e dei lettori di « Liberazione » - impedirmi di capire qualche cosa di Levi- Strauss.

Una sorta di attacco iniziale a cui segue una raffica di insulti, in uno stile che ricorda da vicino la pratica dei totalitarismi per i quali basta definire chiunque la pensa diversamente un nemico ideologico e così togliergli il diritto a parlare e avere ragione ( in apparenza) dei suoi argomenti . Tutto ciò mi impedisce, quindi, di prendere sul serio le pur poche e deboli argomentazioni che si accompagnano alla virulenza diffamatoria di Canevacci.

Del resto, argomentare non sembra essere necessario agli occhi del mio interlocutore perché lo scandalo, ai suoi occhi, sta proprio nel fatto che io, una ’ devota’ obbediente al Papa, abbia osato avvicinarmi e riflettere sul grande antropologo: questo è l’imperdonabile sacrilegio!

Come si capisce il problema va molto al di là di un caso personale. Finché la cultura che ama definirsi laica, specie la cultura di sinistra, si mostrerà incapace di interloquire alla pari con chi è portatore di un punto di vista differente, di non denigrare preliminarmente tale punto di vista giudicandolo intrinsecamente inferiore, finche ciò non accadrà, essa non solo si priverà del grande vantaggio del confronto e del dialogo, che di ogni discussione intellettuale dovrebbero essere l’anima vivificatrice, ma si darà da sola una patente di intolleranza e di pregiudizio che, mi sembra di ricordare, era proprio ciò che al suo inizio essa era solita rimproverare a qualcun altro.

* Avvenire, 29.07.2008.


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