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Pianeta TERRA e UmaNITA’. Per il dialogo, quello vero.....

MYANMAR, EX BIRMANIA. YANGON. I MILITARI ATTACCANO. MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE A FIANCO DEI MONACI BUDDISTI IN TESTA AL MOVIMENTO DI DEMOCRATIZZAZIONE E DELLA VOLONTA’ DI PACE E DI DIALOGO DI AUNG SAN SUU KYI. Si prepara condanna ONU - a cura di pfls

sabato 6 ottobre 2007 di Maria Paola Falchinelli
MYANMAR: ATTIVISTI PER DEMOCRAZIA AL TIMES, COMBATTEREMO FINO ALLA MORTE
Londra, 6 ott. - (Adnkronos) - "Combatteremo fino alla nostra o alla loro morte". E’ questo il grido, disperato e determinato, lanciato da due attivisti birmani per la democrazia, che hanno contattato il Times di Londra dal loro nascondiglio nello stato meridionale birmano di Mon. "Abbiamo bisogno di un grande aiuto da parte della comunita’ internazionale, ma non ci arrenderemo" - affermano Myint Htoo Aung e la signora (...)

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> MYANMAR, EX BIRMANIA. YANGON. ---- Rangoon, rilasciata Aung San Suu Kyi. La premio Nobel per la pace birmana Aung San Suu Kyi è stata rilasciata.

sabato 13 novembre 2010

BIRMANIA

Rangoon, rilasciata Aung San Suu Kyi

Obama: "E’ stata liberata un’eroina"

Dopo sette anni è stata rilasciata la leader del movimento per la democrazia birmana. "Dobbiamo lavorare all’unisono per raggiungere il nostro obiettivo", ha detto alla folla fuori la sua abitazione. La notizia accolta con soddisfazione dalle cancellerie occidentali. Sarkozy: "Ora nessuna restrizione ai suoi movimenti" La leader Aung San Suu Kyi saluta la folla dal cancello della sua abitazione subito dopo la liberazione RANGOON - E’ libera. Dopo vent’anni di lotta e di arresti, di parole e silenzi obbligati e dopo gli ultimi sette anni di reclusione, la premio Nobel per la pace birmana Aung San Suu Kyi è stata rilasciata. Oggi alcuni ufficiali del governo sono arrivati nella casa dove ha passato gli ultimi 18 mesi della sua detenzione per notificarle la comunicazione del rilascio. La polizia ha spostato le barriere davanti alla casa. E lei uscita all’aria, piccola, esile, con una maglietta rosa. E ha salutato la folla in festa.

Più di mille erano in attesa sotto il sole tropicale da ieri, perché l’ora del rilascio non era sicura. Hanno aspettato di vedere Aung San Suu Kyi apparire ai cancelli. Di vederla fuori dalle mura di una casa che per tutti era solo un’altra prigione. Poi oggi finalmente è arrivata la conferma. L’avvocato Nyan Win ha riferito che intorno alle 5 e 30 della mattina erano arrivate le auto della polizia e che gli agenti le avevano letto l’ordine di scarcerazione. "Ora è libera", ha detto davanti alla folla. La leader birmana è uscita e ha salutato. Guardando il suo volto sulle magliette e tra le mani delle persone.

"Dobbiamo lavorare insieme, all’unisono, per raggiungere il nostro obiettivo", ha detto. E poi ha invitato i suoi sostenitori a tornare domani, quando farà il suo primo discorso dopo la liberazione. Poche parole, le altre le dirà domani, ma saranno la prova dell’ennesima lotta. Perché San Suu Kyi ha rifiutato il divieto delle autorità di tornare a parlare dopo la liberazione. Così, subito dopo quello che è stato solo un omaggio ai suoi sostenitori, è rientrata in casa accompagnata da funzionari del suo partito, la Lega Nazionale per la Democrazia (Lnd). Significativamente, le forze di sicurezza birmane non sono intervenute per disperdere la folla, cosa piuttosto rara nel Paese.

La notizia della libertà è volata veloce. Il presidente americano Barak Obama ha espresso la sua soddisfazione da Yokohama, in Giappone dove partecipa al vertice dell’Ape. Si è spesso riferito a San Suu Kyi come alla "mia eroina", un’eroe della nostra epoca. "Ora bisogna liberare anche gli altri prigionieri politici" ha chiesto Obama alla giunta militare al potere dal 1968. "Mentre il regime birmano ha isolato e tappato la bocca ad Aung San Suu kyi per un periodo straordinariamente lungo, lei ha coraggiosamente continuato a combattere per la democrazia, la pace e il cambiamento in Birmania", si legge in una nota della Casa Bianca". Suu Kyi, ha proseguito Obama, "è una dei miei eroi e una fonte di ispirazione per tutti coloro che lavorano per il progresso dei diritti umani in Birmania e nel resto del mondo. Gli Stati Uniti accolgono con favore il suo estremamente ritardato rilascio" ora "è giunto il tempo che il regime liberi tutti i prigionieri politici, non uno solo".

Soddisfatte anche Londra e Parigi. "Sarebbe dovuta essere liberata già da tempo", ha detto il primo ministro britannico David Cameron, "Aung San Suu Kyi - ha affermato - è un’ispirazione per tutti noi che crediamo nella libertà d’espressione, nella democrazie e nei diritti umani". Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha invece messo in guardia le autorità birmane contro "tutti i possibili ostacoli alla libertà di movimento e di espressione" per Aung Sang Suu Kyi che "costituirebbero una nuova inaccettabile negazione dei suoi diritti". E d’accordo con lui anche il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Durao Barroso: "E’ fondamentale che ora Aung San Suu Kyi goda di una libertà di movimento e di parola senza restrizioni, e che possa partecipare pienamente al processo politico del Paese" ha detto. Dalla cancelliera tedesca Angela Merkel sono arrivati i rallegramenti per la liberazione di "un’ispirazione, una figura simbolica e un modello" unito all’appello a che vengano "liberati gli oltre 2.000 prigionieri politici" del Paese."

E dopo la gioia espressa ufficialmente, dalla Farnesina è arrivata anche una nota di rammarico per il fatto che "la liberazione di Aung San Suu Kyi, così come quella di numerosi altri detenuti politici, non sia avvenuta prima delle elezioni del 7 novembre, le prime elezioni dal 1990 le quali avrebbero certamente assunto un significato ben diverso se si fossero svolte in un contesto di libero e democratico confronto tra le diverse forze politiche del paese". "Auspichiamo che rappresenti un primo segnale di apertura del governo di Rangoon - ha concluso la Farnesina - per avviare un dialogo con l’opposizione e un processo di apertura sul fronte delle libertà democratiche e il rispetto dei diritti".

Per Amnesty International ora l’importante è che il rilascio di Aung San Suu Kyi non faccia dimenticare gli altri "prigionieri di coscienza" ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty ricordando che in Birmania "ci sono attualmente oltre 2200 prigionieri politici, condannati sulla base di norme vaghe, utilizzate sovente per criminalizzare il dissenso politico e detenuti in condizioni agghiaccianti, con cibo e servizi igienici inadeguati e senza cure mediche. Molti di essi sono stati torturati nel corso degli interrogatori e subiscono ancora torture da parte del personale penitenziario".

Da 24 ore anche centinaia di sostenitori sono radunati nella sede del suo partito Nld (Lega nazionale per la democrazia) a Rangoon per attendere la loro leader, simbolo della lotta per i diritti civili in Birmania. Circa 150 persone - tra cui molti giornalisti - si sono riunite nei pressi della residenza del premio Nobel per la Pace, in University Avenue. A Rangoon stasera sarà festa e nel Paese è già arrivato il figlio minore del premio Nobel che ha ottenuto nei giorni scorsi il visto di ingresso per la Birmania, ora Myanmar, dopo che per anni le autorità di Rangoon gli avevano negato l’ingresso. Il suo ultimo incontro con la leader birmana risale al dicembre del 2000. La prima volta che Aung San Suu Kyi fu arrestata era il 1989, quando i figli, Kim e Alexander, avevano rispettivamente 11 e 16 anni.

* la Repubblica, 13 novembre 2010


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