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Solo Dio è sapiente (Socrate): De pace fidei (Cusano)

"CONOSCI TE STESSO". "ECCE HOMO. Come si diventa ciò che si è". Una bella e limpida discussione tra U. Galimberti ed E. Scalfari, ma ancora in un orizzonte "pre-copernicano" e "pre-fachinelliano".

Segnalazione, con "risposta", del prof. Federico La Sala
venerdì 2 febbraio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] scrive opportunamente Scalfari dall’alto della sua biografia: “Si può, sia pure con qualche fatica, oggettivare l’io, la nostra mente a capacità riflessive e può pensare il proprio pensiero e le forme della propria soggettività. Ma il “sé”, cioè l’essenza, la cosa in sé del mio essere, non è pensabile. La mia incostanza impulsiva, le mie crisi neuronali, i miei sentimenti nascenti nel fondo dell’inconscio, non sono pensabili se non nel momento in cui emergono ed (...)

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>"CONOSCI TE STESSO". "ECCE HOMO. Come si diventa ciò che si è" --- PSICOANALISI E RINASCITA: "RAPITO". Una nota a margine della "lettura" che del film di Marco Bellocchio propone Felice Cimatti.

giovedì 8 giugno 2023

FILOSOFIA ANTROPOLOGIA PSICOANALISI E RINASCITA:

LA RIPRODUZIONE SOCIALE NELLA CAVERNA E UNA SOLLECITAZIONE A USCIRE DAL CINEMA.

Una nota a margine della "lettura" che del film di Marco Bellocchio ("Rapito") propone Felice Cimatti *

      • Un omaggio al prof. Gianni Vattimo e al suo lavoro "Il soggetto e la maschera. Nietzsche e il problema della liberazione" (1974).


"RAPITO". Una nota a margine della "lettura" che del film di #MarcoBellocchio propone #FeliceCimatti ("Il soggetto e la libertà", "FataMorgana Web", 4 giugno 2023):

      • "[...]Rapito è un film sul potere, e più precisamente sugli apparati di potere che hanno come principale funzione quella di - letteralmente - “mettere in forma” i corpi dei piccoli animali della specie Homo sapiens per trasformarli in esseri umani. [...]
        -  Il momento decisivo del film, in questo senso, è la scena in cui Edgardo, ormai giovane sacerdote, trasportato dalla passione per Pio IX corre verso di lui per abbracciarlo durante una cerimonia religiosa, ma con un tale impeto da farlo cadere violentemente per terra. Eccola, la scoperta della libertà, che non può non avere un carattere ambivalente, perché Edgardo in tanto ama l’uomo che lo ha fatto rapire - e così facendogli scoprire la possibilità della libertà - in quanto però lo odia, e proprio perché lo ha fatto rapire.
        -  Lo stesso titolo del film gioca con questa inevitabile #ambivalenza, ché accanto al rapimento come l’azione del portare via con la #violenza, c’è anche il #rapimento amoroso e mistico, che invece è pieno di passione e gioia. Si spiega anche perché il primo titolo di questo film avrebbe dovuto essere #Conversione, che forse sarebbe stato più adeguato al senso complessivo della vicenda mostrata.
        -  In effetti Edgardo, una volta liberato dall’esercito piemontese nel 1870, sceglie di non tornare a vivere con la famiglia a Bologna, perché ormai ha deciso di vivere la vita che gli è stata imposta con la violenza dopo il rapimento. Edgardo ha deciso di fare la sua vita che gli è stata imposta. In questo senso quella di Edgardo è una conversione, perché sceglie volontariamente la vita che non ha scelto di vivere. La conversione, infatti, non è tanto un radicale cambiamento della vita, piuttosto il #gesto - forse l’unico gesto sovrano che ci è consentito - di #abbracciare con tutti noi stessi la vita che ci è capitato di vivere. In questo modo si trasforma la #necessità in #contingenza. Questa è la libertà. [...].
        -  Rapito è allora una storia di appropriazione (e non di ri-appropriazione) del proprio #destino, e quindi un film sulla libertà, cioè sulla doppia possibilità di #scegliere di essere o di non essere come un potere ha voluto che fossimo. La storia di Edgardo è terribile, ma anche - e paradossalmente - piena di ottimismo: esiste sempre la possibilità di non essere semplicemente una #vittima."


*

NOTA.

"RAPITO". A meglio comprendere l’interpretazione "dialettica" del film, proposta da Felice Cimatti - “Prima il rapimento, poi la libertà, è questa la strada inusuale e controintuitiva che Bellocchio ci propone di seguire”, - forse, può essere opportuno riascoltare, sul tema della relazione "pedagogica", l’intervista fatta nel 2017 da Chiara Ugolini allo stesso regista:

Federico La Sala


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