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Nuove generazioni...

COSTITUZIONE E CITTADINANZA ITALIANA. Un intervento di Marcella Lucidi, sottosegretario Ministero Interno.

giovedì 7 settembre 2006 di Federico La Sala
[...] il governo ha presentato al Parlamento un disegno di legge che propone nuove norme sulla cittadinanza. È un testo che associa all’idea tradizionale di appartenenza alla comunità italiana, tutta ancorata al legame di sangue, una concezione più dinamica, più inclusiva, che guarda all’effettivo inserimento della persona nel tessuto economico, sociale, politico del Paese. In un tempo in cui l’immigrazione sta modificando questo tessuto, quel testo guarda alla presenza degli immigrati che (...)

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mercoledì 25 ottobre 2006

Immigrazione, Prodi: «La cittadinanza è un diritto»

di Paola Zanca *

A discutere del XVI rapporto sull’immigrazione in Italia realizzato da Caritas-Migrantes presentato mercoledì a Roma, non c’è il ministro dell’Interno Giuliano Amato. C’è Romano Prodi, presidente del Consiglio. E non si tratta di una scelta casuale, ma di un’intenzionale volontà di ripensare alle politiche migratorie non guardando solo alle questure. «L’interfaccia dell’immigrato con il nostro paese - ha esordito il primo ministro - non può essere la questura, ma deve diventare l’ente locale, il comune, l’associazionismo». Insomma, considerare l’immigrazione come fatto strutturale, sistemico, che coinvolge non solo le forze di polizia ma il welfare, l’istruzione, la sanità, a livello sia nazionale che locale. Per questo Romano Prodi ha scelto di venire di persona, per rappresentare tutti i suoi ministri, tutti gli amministratori che sono chiamati ad affrontare un fenomeno che ha già grandi proporzioni e che si duplicherà nei prossimi 10 anni.

Sì, perché il dossier curato dalla Caritas, che si avvale di una rete capillare di centri d’ascolto disseminati sul territorio nazionale, disegna quello che sarà il destino italiano: se oggi sono 3 milioni i soggiornanti regolari nel nostro paese - in particolare rumeni, albanesi, marocchini, ucraini e cinesi - nel 2016 diventeranno il doppio. Non solo perché i flussi migratori non accennano a diminuire, ma anche per i ricongiungimenti familiari e per le nuove nascite: gli immigrati andranno così ad invertire il trend della nostra crescita demografica - nel giro di quarant’anni si stima che il 35 degli italiani sarà over65 - contribuendo a mantenere giovane la nostra popolazione.

Ma non solo: i dati che emergono dal rapporto Caritas sull’immigrazione mostrano come il rapporto tra italiani e migranti non sia concorrenziale, ma garantisca una vera e propria sostituzione in settori dove gli italiani non lavorano più. Ad esempio sono quasi 125 mila gli immigrati occupati regolarmente in agricoltura - il 13% per cento del totale - che contribuiscono in modo determinante all’economia agricola italiana: è il caso della raccolta delle fragole nel veronese, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte, del tabacco in Umbria e Toscana o del pomodoro in Puglia. Situazioni analoghe a quelle di altri settori, come l’edilizia e l’assistenza sanitaria, dove le badanti si prendono cura di oltre 2 milioni di persone non autosufficienti.

Persone che lavorano e che, ha spiegato Prodi, «leggi precedenti hanno obbligato ad essere clandestine e che, se si comportano rispettando le regole della nostra comunità, debbono avere il diritto di diventare cittadini italiani». Le ricette per far emergere questi lavoratori e lavoratrici dalla clandestinità e garantire un ingresso legale a chi arriva nel nostro paese, Prodi le spiega in maniera semplice e concreta: snellire gli adempimenti amministrativi, stabilire quote annuali realistiche, reintrodurre la figura dello sponsor, creare degli strumenti come il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, evitare i ghetti residenziali, effettuare una programmazione triennale che tenga conto delle indicazioni del mercato del lavoro: «Non si può lanciare l’allarme immigrati di giorno e chiedere la manodopera di notte» ha ammonito il premier, «bisogna rendere flessibile la legalità». Ma c’è anche un’altra strada: il nostro paese deve essere in grado di attrarre immigrazione qualificata: «Nelle nostre università - ha detto Prodi - ci sono solo 38 mila studenti e ricercatori stranieri, dobbiamo raggiungere la varietà culturale degli altri paesi europei».

Già, l’Europa. Le politiche migratorie per avere successo non possono svilupparsi senza il concerto dell’UE. Soprattutto ora che l’allargamento è in vista: «I flussi migratori dalla Bulgaria e dalla Romania sono un problema serio - ha spiegato il presidente del Consiglio - e trovare solidarietà sul tema del Nord e del Sud dell’Europa è ancora molto complicato».

*

www.unita.it, Pubblicato il: 25.10.06 Modificato il: 25.10.06 alle ore 15.26


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