In principio era ...

LA STELLA DELLA REDENZIONE (1921). La matrice di quello che Rosenzweig chiama «nuovo pensiero».

Un capolavoro unico! Tante cartoline spedite agli amici e alla madre dal fronte balcanico
domenica 25 giugno 2006.
 


-  Riproposto* il classico di Franz Rosenzweig,
-  edito nel 1921: ispirò Heidegger e Benjamin,
-  anticipò un esistenzialismo fondato sulla fede religiosa

LA STELLA CHE REDIME L’ANGOSCIA DELLA MORTE

di Gianandrea Piccioli (La Stampa/Tuttolibri, 24.06.2006)

COME uno di quei massi morenici che si ergono solitari nelle pianure pedemontane, imponenti e misteriosi, Franz Rosenzweig è una presenza isolata ma feconda nella storia della cultura novecentesca. Ebreo tedesco, allievo di Rickert e di Meinecke, ammiratore di Cohen, particolarmente di quello più vicino alle radici della tradizione ebraica, fu amico di Buber, con cui tradusse in tedesco la Bibbia, e la sua influenza si estende sotterraneamente fino a oggi. Cacciari, che è ritornato più volte su di lui in saggi importanti, sostiene che Essere e Tempo è, in un certo senso, una risposta a La stella della redenzione, il capolavoro di Rosenzweig, ora riproposto da Vita e Pensiero nella splendida traduzione di Gianfranco Bonola. Ma oltre ad Heidegger attinsero a Rosenzweig anche Benjamin, Scholem, Lévinas e molti altri, magari senza citarlo.

E’ impossibile render conto qui di un testo di oltre 400 pagine, denso, complesso, con evidenti prestiti da Schelling (lo Schelling delle Ricerche filosofiche e delle Età del mondo, di cui Kierkegaard diceva che, ascoltandolo, sentiva dentro di sé il bambino del pensiero balzare per la gioia come Giovanni nel grembo di Elisabetta quando si incontra con Maria), da Hegel, nonostante la forte polemica contro la chiusura del sistema idealistico, e soprattutto talmudici e qabbalistici. Un testo, inoltre, che è insieme teologico e filosofico, ma anche trattato di estetica e teoria linguistica, sintesi storica e guida al significato profondo della liturgia, fiammeggiante esegesi di testi sacri, quali i primi capitoli del Genesi o il Cantico dei cantici, e letterari, quali la tragedia greca o l’amatissimo Goethe. Cercherò quindi di indicare schematicamente la matrice di quello che Rosenzweig stesso chiama «nuovo pensiero».

Come Heidegger, e come molti della sua generazione, colpita dalle carneficine di massa della prima guerra mondiale, Rosenzweig parte dall’esperienza della morte, che annulla in un colpo tutta la storia della filosofia «dalla Jonia a Jena»: prima del pensiero c’è l’esistenza del pensatore nella sua nuda fatticità e nella sua esposizione alla morte, e vani sono i tentativi della filosofia di negare questa realtà primaria e irriducibile.

La Stella si apre con un’invettiva contro i filosofi e con queste parole: «Dalla morte, dal timore della morte prende inizio e si eleva ogni conoscenza circa il Tutto. Rigettare la paura che attanaglia ciò ch’è terrestre, strappare alla morte il suo aculeo velenoso, togliere all’Ade il suo miasma pestilente, di questo si pretende capace la filosofia ». Comincia qui, in assoluto, sei anni prima di Essere e Tempo, l’esistenzialismo.

Se nell’angoscia davanti alla morte l’uomo si percepisce come soggetto finito, nell’esperienza della rivelazione, vissuta innanzi tutto come percezione istantanea di una presenza che lo sovrasta, scopre l’alterità. E qui, come in Schelling prima di lui e in Pareyson dopo, c’è la grande scommessa di Rosenzweig: usare le credenze religiose come categorie filosofiche.

A mio parere la scommessa non è vinta: mentre Pareyson salva la particolarità dell’esperienza religiosa e sostiene che certe verità possono essere comunicabili solo nel linguaggio del mito o della poesia, in Rosenzweig a un certo punto è necessaria la decisione per la fede. C’è quindi una sorta di grande a priori che sorregge tutta l’opera, e cioè l’affermazione della verità, peraltro non oggettivabile, del giudeocristianesimo. Ma un conto è sostenere che la fede non è incompatibile con la ragione ed è un modo di pensare legittimo accanto ad altri modi (storico o scientifico, a esempio), altra cosa trasformare i suoi contenuti in concetti filosofici. Però, grazie a questa mossa, tutto si mette in movimento. Per Rosenzweig gli elementi immediati dell’esperienza sono Dio uomo e mondo.

Il paganesimo, che è uno stato, o uno strato, non uno stadio dell’umanità (è la possibilità sempre aperta dell’immanenza) mantiene questi tre dati elementari irrelati l’uno all’altro, autonomi. Grazie alla rivelazione, invece, Dio l’uomo e il mondo entrano in un reciproco rapporto temporale, e perciò storico, e l’uno ha bisogno dell’altro.

Si scopre a ritroso la creazione. Si sente la necessità della redenzione. Creazione rivelazione e redenzione instaurano un ordine diverso da quello «naturale », diventando così modi di essere della realtà. In questo nuovo territorio del reale si addentra la solidarietà discorde dell’ebraismo e del cristianesimo. Solidali perché, innervati su un’unica radice, tendono entrambi alla verità; discordi perché il primo, in forza dell’alleanza, vive raccolto in se stesso un rapporto diretto con Dio, in una specie di anticipazione dell’eternità, mentre il cristianesimo si espande nell’ecumene e si dispiega nella storia.

Rosenzweig scrisse l’abbozzo della Stella su tante cartoline spedite agli amici e alla madre dal fronte balcanico, dove era andato volontario; l’edizione a stampa uscì nel 1921. Nel 1922, a soli 36 anni , contrasse una forma di sclerosi che in breve tempo lo paralizzò completamente. Nonostante ciò, assistito dalla moglie, continuò un’intensissima attività intellettuale (è di questo periodo la ricordata traduzione della Bibbia ebraica) e la sua casa divenne un luogo d’incontro per cristiani ed ebrei. La morte, nel dicembre 1929, gli risparmiò l’orrore nazista.


*
-  Franz ROSENZWEIG,
-  La stella della redenzione,
-  trad. di Gianfranco Bonola,
-  Vita e Pensiero, pp. 446, €25.

Sul tema, nel sito, si cfr.:

ISRAELE E PALESTINA ... la Terra promessa. Una indicazione (1930) di Freud

GERUSALEMME E LA SFIDA DI NETANYAHU. Un modo di dare "a Hitler vittorie postume" (Emil L. Fackenheim)

RIPARARE IL MONDO. LA CRISI EPOCALE DELLA CHIESA ’CATTOLICA’ E LA LEZIONE DI SIGMUND FREUD.

LO STATO DEL FARAONE, LO STATO DI MINORITA’, E IMMANUEL KANT "ALLA BERLINA"! DOPO AUSCHWITZ. ...
-  "LEZIONE SU KANT" A GERUSALEMME: PARLA "PILATO", IL SUDDITO DELL’"IMPERATORE-DIO".

In philosophos!, in theologos!, in tyrannos!: RIPENSARE L’UNO E I MOLTI ("UNO"), L’IDENTITA’ E LA DIFFERENZA!!! CONTIAMO ANCORA COME SE FOSSIMO NELLA CAVERNA DI PLATONE. NON SAPPIAMO DISTINGUERE L’UNO DI PLATONE DALL’UNO DI KANT, E L’IMPERATIVO CATEGORICO DI KANT DALL’IMPERATIVO DI HEIDEGGER E DI EICHMANN ....


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