Previti

Cesare Previti condannato definitivamente. Che cosa significa? Emiliano Morrone lo assolve. E spunta fuori il caso Fortugno, la spaccatura della Margherita calabrese, un elenco di parlamentari condannati e l’immagine d’una Italia distrutta dalla politica

venerdì 5 maggio 2006.
 

Io assolvo Cesare Previti, in nome del popolo italiano. Ieri, abbiamo avuto la notizia della sua condanna finale in Cassazione. Balzati dalla sedia, siamo caduti subito. C’è voluto, prima di riprenderci e renderci conto, per seguire i commenti politici del dopo partita. L’onorevole Berlusconi ha vinto la sua causa. Con questa chiusura del caso Previti, il primo ministro ha definitivamente mostrato il teorema della parzialità della magistratura, dal suo punto di vista. A sinistra, si strombazza in festa, perché giustizia s’è data, s’è avuta e sarà: il sorriso più celebre d’Italia, l’imprenditore dalle mille e una udienza, l’inviso cavaliere dovrà difendersi con un solo cavallo. Stavolta non "Epoca". Ce n’è abbastanza - che epoca! - di materiale, per scrivere la sceneggiatura d’una serie televisiva dal titolo "Venni, vidi, presi, Previti". Al buon intenditore, basta poco per coglierne tutte le sfumature. Chi ha ragione, in questa Italia istituzionale tutta indagata, a destra come a sinistra e centro, e sottosopra? Chi ha ucciso Fortugno, il vicepresidente del consiglio regionale della Calabria? Quali le piste sulla politica? Perché, appresso, la Margherita calabrese s’è spaccata in due? Vogliamo credere alla storiella delle candidature imposte dall’attuale presidente del Senato, Franco Marini? Travaglio, batti un colpo. Due, meglio. Dalle vicende mediatiche di Cuffaro e Paolo Buonaccorsi, a quelle di parlamentari gravati da sentenza punitiva, Massimo Maria Berruti, Alfredo Biondi (sentenza revocata il 28 settembre 2001 per intervenuta abrograzione del reato), Vito Bonsignore, Umberto Bossi, Giampiero Cantoni, Enzo Carra, Paolo Cirino Pomicino, Marcello Dell’Utri, Antonio Del Pennino, Gianni De Michelis, Walter De Rigo, Gianstefano Frigerio, Giorgio Galvagno, Lino Jannuzzi, Giorgio La Malfa, Roberto Maroni, Augusto Rollandin, Vittorio Sgarbi, Rocco Salini, Calogero Sodano, Egidio Sterpa, Antonino Tommasini, Vincenzo Visco, Alfredo Vito, per tornare alla dimenticata Tangentopoli, c’è una piramide di procedimenti incompiuti e storie che polverizzano la già morta moralità italiana. E noi, poveri uomini qualunque, che non c’eravamo né ci siamo, non possiamo incidere in alcun modo, se non cantando da pazzi un inutile dissenso. Ci mancano gli strumenti, per contribuire a un cambiamento annunciato ma stabilmente nell’Iperuranio. Da oltre venti anni, il Paese procede per vuoti normativi. Quelli che hanno permesso allo stimatissimo presidente Berlusconi di creare l’impero gigante del piccolo schermo, dell’editoria, della cultura e della legge. Dopo, c’è la litigiosità e il politicamente corretto della sinistra, che non ha manco riformato se stessa, scaricando, come doveva, il vecchiume e il marciume dal suo torpedone. In questo contesto di burattini, noi, e spietati affaristi della politica, la Costituzione della Repubblica è diventata liberamente interpretabile, secondo necessità specifiche e per causa di poteri incontrollati. La Magistratura di Stato ha perduto la sua autonomia, l’indipendenza e quasi ogni mezzo. L’esempio massimo è costituito dalla libertà incondizionata di cui godono molti illustri truffatori istituzionalizzati, i quali né hanno pagato né pagheranno. Sono fuori, respirano, gioiscono e godono di indennità, rendite e pensioni da capogiro. Solo per aver occupato un posto in Parlamento, che, peraltro, gli ha consentito di cumulare altri, illeciti profitti. Non posso esprimermi sulla condotta di Previti. Sono solo convinto che la sua condanna vale a nulla e che, se si vuole un minimo di giustizia, bisogna pensare al futuro dei giovani e alla tutela dei diritti dei comuni mortali. Già pensarci, è un’opera buona.

Emiliano Morrone

nichilismopuro@libero.it


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