Politica dal pulpito

Padre Marcellino Villella contro Gianni Vattimo, durante un’omelia

Lettera aperta al vescovo di Cosenza su un episodio inaccettabile
lunedì 14 marzo 2005.
 

Caro Arcivescovo,

nei giorni scorsi e da tempo si parla negativamente, in alcune chiese di San Giovanni in Fiore, di Gianni Vattimo, candidato sindaco. Padre Marcellino Vilella lo ha definito pericoloso per i giovani, indegno e nemico della Chiesa. Il riferimento al teorico del pensiero debole è stato indiretto ma molto preciso. L’ho ascoltato con mia madre, ero in chiesa. Padre Vilella, partendo dal Vangelo, ha detto che la cultura va bene fino a un certo punto, oltre il quale rappresenta un male sociale; ha detto che i filosofi promuovono l’ateismo, attaccano Dio e, negli ambienti accademici, portano gli studenti alla perdizione. Poi, rivolgendosi a me, fra i promotori della lista di Vattimo, ha detto dal pulpito che giovani formati in buone università si sono smarrititi frequentando illustri pensatori, «tale magister, tale discipulus». Sono cristiano e ritengo di agire secondo princìpi di altruismo, tolleranza, solidarietà e comunione. Dal pulpito, Don Emilio Salatino, invece, avrebbe definito Vattimo come «il diavolo che viene da Torino». Conosco i documenti del Vaticano II e l’orientamento contemporaneo della Chiesa su tante questioni. Ho letto, poi, ad esempio, del recente dibattito sulle posizioni del cardinale Ratzinger circa il rapporto fra uomo e donna, specie i commenti di Ida Dominijanni, molto vicina al Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, giusto in tempi di movimenti convergenti. La Chiesa si apre al mondo delle diversità culturali e ideologiche, mentre il mondo rischia di scomparire per la fame e la guerra. L’esempio di padre Vilella - e don Salatino, se le sue affermazioni fossero vere - mi pare di segno esattamente contrario: testimonia un dogmatismo autoritario che esclude categoricamente quella verità nel dialogo postulata dalla Chiesa anche su basi heideggeriane - ad esempio in Libertà e trascendenza, di Pierluigi Lia. È gravissimo, poi, che si faccia campagna elettorale in parrocchia e, peggio ancora, in chiesa; soprattutto in un momento in cui, dopo i tanti esempi di evidente immoralità di amministratori pubblici locali, la Chiesa avrebbe dovuto avviare un discorso sull’etica in politica, fondamentale per cominciare un recupero di San Giovanni in Fiore, da anni nella peggiore regressione culturale ed economica per assenza di confronti e politiche generali. Se i parroci si comportano con aggressione e pregiudizi, la casa del Signore sarà vuota o frequentata solo da chi crede che basta pregare, per salvare l’anima. In attesa di risposta, La saluto con sincera cordialità.

Emiliano Morrone


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