Politica

No a "Buona scuola", dal Prof. Giovanni Iaquinta una proposta di mozione al Consiglio comunale di San Giovanni in Fiore

sabato 27 febbraio 2016.
 

Pubblichiamo integralmente il testo di una proposta di mozione del Prof. Giovanni Iaquinta, già assessore alla Cultura del Comune di San Giovanni in Fiore. Il 26 febbraio scorso tale proposta, tesa a portare all’abrogazione della riforma del governo centrale denominata "La buona scuola", è stata inviata al sindaco, all’esecutivo e al consiglio comunale di San Giovanni in Fiore. VdF

PROPOSTA DI MOZIONE del Prof. Giovanni Iaquinta per il No all’attuale Riforma (legge 107/ 2015) denominata “Buona scuola”.

Il Consiglio Comunale,

alla luce delle norme che regolano il funzionamento di questa Assise, propone la discussione di una mozione, riguardante la legge citata in oggetto, che possa sostenere la battaglia portata avanti dai docenti, trattandosi di un fatto di civiltà che incide sul futuro delle prossime generazioni, sul futuro del nostro paese, di tutti.

Pertanto, PRESO ATTO

delle numerosissime mobilitazioni che stanno coinvolgendo, nel corso dell’ultimo anno, il mondo della scuola pubblica statale, culminate nello sciopero generale del 5 maggio 2015, con la contestuale manifestazione di numerosissimi lavoratori della scuola, che sono sfilati in corteo per tutte le città d’Italia;

che la percentuale di adesione, da parte di tutto il personale della scuola, è stata circa del 70%; che persiste, a tutt’oggi, molto forte uno stato di agitazione del personale della scuola, collegato alla Legge di che trattasi denominata “Buona scuola”;

VALUTATO che:

i contenuti della riforma introducono, trasformando la scuola in azienda, un fortissimo squilibrio dei poteri e delle competenze all’interno degli istituti scolastici statali, sminuendo i princìpi di libertà di insegnamento, collegialità, democrazia e partecipazione dei lavoratori della scuola, delle famiglie e degli studenti. In questo senso, si inquadra il rafforzamento dei poteri dei Capi di Istituto, che potranno scegliere, a loro discrezione, dai cosiddetti Albi territoriali, il personale della scuola e le mansioni da assegnare a ciascuno, trasformando la scuola, a tutti gli effetti, in un’azienda, annullando di fatto la dimensione collegiale ed esponendo il sistema a pericolosissime derive autoritarie e clientelari, fino a compromettere del tutto, alterandolo in direzione monocratica, il funzionamento del sistema;

in ordine alla meritocrazia, sarà un Comitato di sette membri, tra cui il dirigente scolastico, tre docenti, di cui uno designato dal Consiglio di Istituto e due dal Collegio dei docenti , un membro esterno, un genitore e uno studente (o due genitori nelle scuole primarie), che individueranno i criteri per stabilire chi tra i docenti siano i migliori e più impegnati. Con conseguenze - si capisce - inaccettabili sull’ armonia tra i docenti e sulla imparzialità nella gestione della scuola. Questa norma, tra l’altro, si pone in contrasto con la Costituzione repubblicana. Infatti, i criteri di valutazione del merito dei docenti vanno stabiliti per legge, e non attribuiti a scelte discrezionali di dirigenti scolastici o comitati di cui fanno parte membri esterni, genitori e studenti, che non possono disporre di un’informazione congrua né essere ben informati sul rendimento né imparziali, perciò. Così è contemplato nell’art. 97 della Costituzione: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione”. Ma viene violato anche l’art. 33 della Costituzione sulla libertà di insegnamento: un docente che dovrà essere giudicato da un comitato di cui faranno parte anche i genitori degli studenti, un rappresentante degli stessi studenti e un membro esterno non potrà più disporre della libertà d’azione in relazione alla propria materia di insegnamento e alla organizzazione, cioè, del processo educativo, ma sarà condizionato da interferenze di soggetti non imparziali; l’ingresso nel finanziamento della scuola di fondazioni, imprese, associazioni, etc., che si accompagna al ritiro dello Stato - non più tenuto a garantire un servizio scolastico uniforme attraverso la fiscalità generale - condiziona l’insegnamento rispetto a interessi privati; sullo sfondo, altresì, la configurazione di una sperequazione nella suddivisione delle risorse che verrebbero assegnate tramite lo school-bonus: i benefici andranno, infatti, solo alle realtà avvantaggiate sia dal punto di vista economico che culturale. E negli ambienti deprivati chi investirebbe capitali propri nelle scuole? Non è difficile intuirlo;

l’equiparazione delle scuole pubbliche di Stato alle scuole private “paritarie” tradisce la natura universalistica dell’istruzione pubblica, alimentando particolarismi sociali, culturali e confessionali che disgregano il tessuto comune della cittadinanza, che la Costituzione tutela vietando il finanziamento pubblico alle scuole private (Art. 33, architrave della struttura costituzionale);

il percorso di “alternanza obbligatoria scuola-lavoro”, di “impresa didattica”, la “Bottega scuola”, con “apprendistato sperimentale” costituiscono tutte forme di una gravissima lesione del diritto all’istruzione, dovendo destinare parte delle ore della didattica, già compromesse e compresse pesantemente negli ultimi anni, ad ore di lavoro gratuito presso le imprese; che inducono alla subordinazione, assai pericolosa, agli interessi di esse le imprescindibili esigenze formative degli studenti, con il rischio di assistere a situazioni di sfruttamento del lavoro minorile;

il piano assunzioni è stato strutturato in maniera contraddittoria, poiché ha previsto e prevede una mobilità obbligatoria e straordinaria per tutti coloro che aspirano al ruolo, con precari storici delle GaE che, a 40 o 50 anni di età e con famiglia, sono stati e saranno costretti a spostarsi anche a 1000 chilometri da casa, senza possibilità di rifiutare l’incarico, pena l’espunzione dalle graduatorie stesse medesime.

CONSIDERATO, inoltre, che il mondo della scuola è un settore di primaria importanza, al quale bisogna rivolgere un interesse preminente, nonché le fondate preoccupazioni di tutti;

TUTTO CIÒ PREMESSO, delibera

-  di esprimere solidarietà e, soprattutto, pieno appoggio alle iniziative, legittime e condivisibili, anche in riferimento alla tutela dei fondamentali diritti costituzionali, dei docenti della nostra città, di San Giovanni in Fiore e, nel contempo, calabresi e di tutt’Italia;

-  di trasmettere il presente ordine del giorno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Contestualmente, alla Presidenza della Camera dei Deputati, del Senato della Repubblica e, per conoscenza, al Capo dello Stato, allo scopo di invitare i rappresentanti parlamentari a modificare radicalmente la Legge 13 luglio 2015, n. 107.


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