Regionali, Pd ’vittoria’. Ma è schiaffo astensione Renzi,male affluenza bene Dem. Ascesa Ln ridisegna mappa partiti
di Michele Esposito *
Regionali, Pd ’vittoria’. Ma è schiaffo astensione (di Michele Esposito) - Non è un test per il governo, ripeteva Maria Elena Boschi. Non si dia una lettura nazionale del voto, avvertiva, il premier Matteo Renzi. Ma le Regionali in Emilia-Romagna e Calabria non potranno non avere una qualche ricaduta sulla mappa dei partiti e sullo stesso dibattito politico nazionale. Perché, se per i Dem è una duplice vittoria in qualche modo già scritta sono altre due le novità di questa domenica elettorale: il crollo dell’affluenza, verticale e ’storico’ in Emilia-Romagna, e la cavalcata della Lega che, a Bologna e dintorni, si impone come secondo partito.
Novità che è lo stesso premier Matteo Renzi a sottolineare con un tweet: "Male affluenza, bene risultati: 2-0 netto. 4 regioni su 4 strappate alla destra in 9 mesi. Lega asfalta forza Italia e Grillo. Pd sopra il 40%". Parole che riflettono la soddisfazione per i risultati e la preoccupazione per il dato dell’astensione rimarcato negli stessi minuti da fonti del Nazareno e che tengono conto di un crollo dell’affluenza impressionante. In Emilia-Romagna, ha votato il 37,7% degli elettori, in Calabria il 44,1%. Numeri impressionati, se paragonati alle Regionali del 2010 (68% in E-R, 59,3% in Calabria) e alle Europee di 6 mesi fa (il 70% in Emilia-Romagna, il 45,5% in Calabria), quelle del 40,8% targato Matteo Renzi. I motivi sono diversi e contano le inchieste giudiziarie che negli ultimi mesi hanno martoriato entrambe le Regioni, da quella delle ’spese pazze’ in Emilia-Romagna a quella che, il 29 aprile scorso, costrinse alle dimissioni l’ex presidente calabrese Giuseppe Scopelliti. Vicende che hanno certamente allontanato gli elettori dalle urne ma che non spiegano del tutto un’astensione choc destinata ad irrompere nel dibattito politico.
E già ieri, le polemiche non sono mancate, investendo anche il Pd. "I dati sono disarmanti", evidenziava Pippo Civati, evocando il "pericolo" di una governabilità senza rappresentanza. Parole a cui replicava, indirettamente, il renziano Andrea Marcucci: "L’astensione chiama in causa tutti i partiti, non certo solo il Pd". Ma le elezioni di domenica sigillano l’ascesa dell’altro ’Matteo’: il leader della Lega Salvini. Il ’suo’ candidato in Emilia-Romagna, Alan Fabbri, sostenuto anche da FI e Fdi, sembra infatti proiettato oltre il 35%, a meno di dieci punti dal favoritissimo Stefano Bonaccini. E la Lega, dopo il Pd, si avvia ad imporsi come secondo partito con FI lontanissima. Dati che, oltre a premiare la martellante campagna mediatica di Salvini - che anche oggi, su Twitter, non si è risparmiato - ridisegnano la mappa dei poteri dei partiti, lanciando il Carroccio nella sua cavalcata per una leadership dell’opposizione che vede invece in difficoltà quel M5S (che sembra fermarsi ben sotto il 15%) che nelle ultime elezioni aveva saputo anche catturare scettici e potenziali non votanti.
Non ha dubbi, del resto, Salvini che in un tweet notturno esulta: "Il pallone Renzi si sta sgonfiando. La Lega vola, la nostra Comunità cresce ovunque. Pochi amici fra i potenti, tanti Amici fra la gente". E’ in Calabria, invece, che si consuma il primo concreto risultato della frattura tra FI e Ncd. I due ’cugini’ non hanno trovato un accordo, proponendo candidati diversi (l’azzurra Ferro e l’alfaniano D’Ascola), ed entrambi incapaci di rivaleggiare con il Dem Mario Oliverio. Per il centrodestra è un nuovo campanello d’allarme. Ma la politica tutta, Renzi compreso, da oggi dovrà interrogarsi sulla fuga dalle urne, in un periodo segnato dallo scontro perpetuo tra piazze e governo. Scontro che, secondo fonti del vertice Pd, vede vittorioso l’esecutivo. O meglio: vede perdenti quei partiti che sostengono lo sciopero generale relegati - viene sottolineato - a percentuali da prefisso telefonico.
* ANSA, ROMA 24 novembre 2014 (ripresa parziale).
IL SUD GIÀ E NON ANCORA/ Il vero dramma che rende i giovani felici di andarsene
Come dice Baldessarro, il dramma del Sud non sono più i suoi figli che se ne vanno. Il dramma vero del Sud è che sono felici di andarsene
di Emiliano Morrone (Il sussidiario, 29.09.2019)
Il Sud non fa più notizia né questione, in primo luogo la Calabria. I media replicano “l’effetto Duisburg”, l’eco dell’orrore, quando in una provincia meridionale si sparge sangue oppure per casi di lupara in Emilia, Lombardia, Liguria, nei “ghetti” del centro Italia riservati ai collaboratori di giustizia. La ribalta della cronaca dura un attimo, poi tutto procede come sempre. È una costante della società 2.0: dello spettacolo, delle emozioni sul dolore altrui.
In questa dimensione di apparenza, priva di spessore, memoria e discernimento, le mafie sollevano la politica dalla responsabilità del divario del Mezzogiorno dal Nord produttivo; divario intanto economico, di diritti, occasioni. La colpa è soltanto dei boss, dei loro apparati di morte. Questa è la vulgata dominante, mentre si mescolano la paura e la rassegnazione popolare alla punta dello Stivale.
In Calabria due aziende sanitarie provinciali su cinque sono state sciolte per infiltrazioni e perciò commissariate: a Reggio e Catanzaro, con la probabilità che la stessa sorte tocchi a quella di Cosenza. Tanto basta per dimostrare l’interesse, la presenza, il pugno dello Stato in un territorio di antichi affari e commistioni, di irrisolti che hanno prodotto carriere politiche folgoranti, acuito fenomeni letterari e amplificato personaggi e clamori televisivi.
Eppure c’erano dati, elementi raccapriccianti: l’Asp di Reggio Calabria non aveva - e non ha - un bilancio certo; assurdo ma vero. Da lì sparirono quasi 400 milioni di euro senza tracce, in un contesto blindato dal vecchio patto tra imprenditoria spregiudicata, colletti bianchi e “uomini d’onore”. L’Asp catanzarese aumentava il disavanzo, mentre Lamezia Terme, con aeroporto e ospedale strategici, si preparava all’ennesimo, prevedibile scioglimento del Consiglio comunale, al tracollo della società di gestione dei servizi aeroportuali e al collasso repentino dei “reparti” sanitari, accompagnato dall’annessione forzosa del nosocomio locale alla nuova azienda ospedaliera di Catanzaro.
I commissari del governo e i ministeri vigilanti (Economia e Salute) conoscevano bene i livelli della degenerazione, ma Roma era - e rimane - lontana come Bruxelles; tolti gli inutili, stucchevoli protocolli di intesa per la legalità e le misure palliative tipo “Garanzia giovani”, valsa a trasformare in questuanti i giovani laureati, a perpetrare promesse e ricatti di un’immarcescibile classe politica.
Oggi in Calabria, l’area più martoriata del Sud, le Regionali si preparano con calcoli e strategie anni ’70, prove di puro mauqillage e contrattazioni a porte chiuse. Nella cantina dell’oblio restano fuori di ogni confronto, sepolte dalla polvere, tante priorità di questa terra: la creazione di lavoro dignitoso, l’incremento indispensabile della quota parte del Fondo sanitario, l’esigenza di ridurre la diaspora dal territorio, di rinverdire e controllare la burocrazia regionale, di rivedere il costo del denaro e l’accesso al credito, di prevedere vantaggiosi sgravi per le imprese, di rilanciare sul serio il porto di Gioia Tauro e il sistema aeroportuale, di collegare università e aziende locali.
La ‘ndrangheta prospera nella povertà, di cultura e di economia. Come ha osservato il giornalista Giuseppe Baldessarro, «il dramma del Sud non sono più i suoi figli che se ne vanno. Il dramma vero del Sud è che sono felici di andarsene».
Giustizia & Impunità
Spese pazze Calabria, chiesto arresto per senatore Ncd. Domiciliari per assessore che fu denunciato per voto di scambio
Dagli atti aquisiti è emerso che i politici si sono fatti rimborsare di tutto: dai singoli caffé ai “gratta e vinci”. Ma c’è anche chi ha pagato con i soldi del Consiglio e dei gruppi consiliari le spese di carburante, le consulenze, gli affitti, le collaborazioni, le cene, i gioielli, i fiori, le tasse, i viaggi e i taxi. E ancora: batterie, ventilatore, ipad, telefonini, ricariche cellulari, la spesa per la famiglia, set di valigie e anche un biglietto per uno spettacolo di lap dance. Il gip: "Metodi di sfruttamento parassitario"
di Lucio Musolino (il Fatto, 26 giugno 2015) *
È un terremoto quello di stamattina per la giunta regionale della Calabria guidata dal governatore Mario Oliverio (nella foto). La Guardia di finanza ha arrestato l’assessore ai Trasporti Antonino De Gaetano del Partito Democratico. Dopo essere finito al centro di un’informativa della Squadra mobile che lo aveva denunciato per voto di scambio con la cosca Tegano, il nome di De Gaetano stamattina compare nell’ordinanza di custodia cautelare dell’inchiesta “Erga Omnes” sui rimborsi percepiti dai consiglieri regionali nella precedente legislatura. L’assessore ha annunciato le dimissioni dall’incarico di giunta e comunicato l’autosospensione dal Partito democratico. Il politico si definisce comunque estraneo ai fatti contestatigli e definisce “un atto politico dovuto” le sue dimissioni, ringraziando il governatore per la fiducia riposta nella sua nomina.
Il gip ha accolto la richiesta del procuratore Federico Cafiero De Raho e del sostituto Matteo Centini e ha disposto nei suoi confronti gli arresti domiciliari così come per l’ex consigliere regionale di Forza Italia Luigi Fedele e per il senatore del Nuovo Centrodestra Giovanni Bilardi (all’epoca eletto nella lista “Scopelliti presidente”). Per quest’ultimo i magistrati dovranno ottenere l’autorizzazione del Parlamento.
È stato disposto anche il divieto di dimora in Calabria per altre cinque persone: Carmelo Trapani (ex autista del senatore Bilardi) e per gli consiglieri regionali Giovanni Nucera (Udc), Pasquale Tripodi (Centro democratico), Alfonso Dattolo (Udc) e Nicola Adamo (Pd).Proprio quest’ultimo, marito della deputata del Partito democratico Enza Bruno Bossio, era tra i nomi più accreditati come candidato a sindaco di Cosenza alle prossime amministrative.
Per il gip Olga Tarzia è emersa “una gestione gravemente omissiva in punto di controlli successivi sui titoli di spesa, sia nel caso di anticipazione di fondi che di riconoscimento postumo della legittimità della spesa mediante rimborso, deliberatamente funzionale a rendere possibile, perpetuandolo, un sistema di utilizzazione di fondi pubblici a destinazione vincolata, secondo schemi collaudati nel nostro Paese, ispirato a un esercizio tracotante del potere, che tradisce anche sicurezza di impunità”. L’omesso controllo dei capigruppo “era deliberatamente ispirato - prosegue - a una logica di compiacente e colpevole condivisione di certi metodi di sfruttamento parassitario di cospicue disponibilità finanziarie di natura pubblica che, senza alcun pudore, ma semmai con spregiudicato disprezzo delle regole, sono state utilizzate per finanziare spese personalissime con una scandalosa tracotanza, mentre le funzioni legislative e quindi costituzionali esercitate avrebbero dovuto ricordare agli odierni indagati, in ogni momento, che la vita pubblica esige rigore e correttezza, tanto più che si tratta di soggetti che possono contare su cospicue indennità di funzione che ne assicurano indipendenza e prestigio sociale”.
Trentuno gli indagati e tra questi c’è tutta la giunta Oliverio. Oltre che agli arrestati, le Fiamme Gialle hanno sequestrato i beni al vicegovernatore Enzo Ciconte (Pd) e all’assessore Carlo Guccione (Pd) e al presidente del consiglio regionale Antonio Scalzo (Pd). Complessivamente a tutti gli indagati, accusati di peculato e falso, sono stati sequestrati beni per 2 milioni e mezzo di euro.
Grazie alle intercettazioni telefoniche e agli accertamenti bancari, gli investigatori di Reggio Calabria (guidate dai colonnelli Alessandro Barbera e Mario Intelisano) hanno accertato discrasie tra le movimentazioni ed i saldi in conto corrente dei Gruppi Consiliari Regionali degli anni 2010/2011/2012 e quanto documentato mediante le presentazioni del rendiconto” annuale”, celando il corretto impiego istituzionale per cui i fondi pubblici erano stati destinati. In diverse occasioni, inoltre, è stata riscontrata anche la presentazione di una doppia documentazione di spese al fine di ottenere dalla Regione un doppio rimborso.
Nel fascicolo dell’inchiesta è finita la nota che l’anno scorso la Finanza ha trasmesso alla Corte dei Conti di Catanzaro alla quale sono state segnalate anomalie circa la gestione del denaro pubblico rimborsato ai partiti di Palazzo Campanella. Si tratta di una relazione dettagliata attraverso cui gli investigatori hanno svelato per la prima volta come hanno agito i consiglieri coinvolti nell’inchiesta “Rimborsopoli”.
Dagli atti aquisiti al palazzo della Regione, infatti, è emerso che i politici si sono fatti rimborsare di tutto: dai singoli caffé ai “gratta e vinci”. Ma c’è anche chi ha pagato con i soldi del Consiglio e dei gruppi consiliari le spese di carburante, le consulenze, gli affitti, le collaborazioni, le cene, i gioielli, i fiori, le tasse, i viaggi e i taxi. E ancora: batterie, ventilatore, iPad, telefonini, ricariche cellulari, la spesa per la famiglia, set di valigie e anche un biglietto per uno spettacolo di lap dance. Leggendo quell’informativa inviata alla magistratura contabile, sembrerebbe che al Consiglio regionale abbiano fatto a gara per chi collezionava più scontrini o ricevute da farsi rimborsare.
Ai primi posti c’è sicuramente l’ex capogruppo della lista “Scopelliti Presidente” Giovanni Bilardi al quale stamattina stanno notificando in Senato la misura cautelare e il sequestro di oltre 357 mila euro.
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Calabria, Lanzetta: non entro in Giunta regionale
Non ci sono condizioni chiarezza su assessore De Gaetano
Redazione ANSA *
Maria Carmela Lanzetta non farà parte della Giunta regionale della Calabria presieduta da Mario Oliverio del Pd. Ad annunciarlo stasera, con una dichiarazione all’ANSA, è stato lo stesso ex ministro degli Affari regionali.
Lanzetta spiega la sua decisione con il fatto che "non ci sono le condizioni di chiarezza sulla posizione dell’assessore Nino De Gaetano".Proprio su De Gaetano stasera il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, aveva rivolto un messaggio al presidente Oliverio sostenendo che le vicende di voto di scambio di cui al centro lo stesso De Gaetano, anche se quest’ultimo non è indagato, non sono sufficientemente chiarite.
"Io presenterò formalmente le dimissioni da ministro - ha detto Maria Carmela Lanzetta nella dichiarazione all’ANSA - venerdì mattina dopo aver presieduto l’osservatorio sulle Regioni e la conferenza Stato-Regioni. Dopo avere parlato con Matteo Renzi e dopo aver approfondito la questione con Graziano Delrio riguardo all’accettazione della mia presenza nella Giunta regionale della Calabria, ringraziando fortemente Mario Oliverio, ho deciso di non fare parte dell’Esecutivo. Non c’è chiarezza sulla posizione di Nino De Gaetano, pur avendolo conosciuto come assessore regionale impegnato nella difesa dei lavoratori precari".
Regionali 2014, Emilia e Calabria al Pd. Renzi esulta, ma perde 769mila voti
Il voto consegna due regioni al Partito democratico, ma la poca partecipazione segna entrambe le consultazioni. Il segretario del Carroccio Matteo Salvini: "Il pallone Renzi si sgonfia". M5s cala di oltre 400mila consensi rispetto alle Europee. Ma Grillo: "L’astensionismo non ci ha colpito"
di F. Q. *
Sarà anche un “due a zero netto”, come dice su Twitter Matteo Renzi, ma il sapore non è proprio quello di una vittoria. Le elezioni regionali del 2014 consegnano l’Emilia Romagna e la Calabria al Partito democratico, ma qualcosa è successo. Il colpo lo segna l’affluenza: mai così bassa sulla via Emilia dal dopoguerra ad oggi (37,67 per cento) e ferma al 44,07 per cento a sud. Il primo messaggio del presidente del Consiglio è stato su Twitter di notte: “Male affluenza, bene risultati: 2-0 netto. 4 regioni su 4 strappate alla destra in 9 mesi. Lega asfalta Forza Italia e Grillo. Pd sopra il 40%”. E poi di nuovo in mattinata: “Vittoria netta, bravissimi Bonaccini e Oliverio. Massimo rispetto per chi vuole chiacchierare. Noi nel frattempo cambiamo l’Italia”.
Non è un successo: il Pd tra Calabria ed Emilia Romagna perde 769.336 voti tra le Europee di maggio scorso e le Regionali (solo 677.283 in Emilia) e in proporzione proprio quanto l’affluenza. Sono due circostanze diverse per leader e posta in gioco, ma restano il metro di paragone più attendibile per vicinanza nel tempo. Stefano Bonaccini prende il 49, 05% (per la prima volta il centrosinistra resta sotto il 50 per cento), Mario Gerardo Oliveiro arriva al 61,53%. Il leader Pd perde il “nemico” Beppe Grillo, fortemente ridimensionato dai numeri, e ne trova un altro: Matteo Salvini e la sua Lega Nord che resuscita là dove sembrava scomparsa per sempre: in Emilia Romagna. La Regione rossa di volontari da festa dell’Unità pur di non votare contro, ha scelto di non votare e ha rotto un patto sacro che nel cuore della sinistra fa più male che altrove. E il Carroccio è tornato alle cifre del passato. “Il pallone Renzi si sta sgonfiando”, ha detto Salvini su Twitter. “La Lega vola, la nostra Comunità cresce ovunque. Pochi amici fra i potenti, tanti amici fra la gente”. A provocazione ha risposto il leader Pd: “I leghisti stanno arrivando? Noi li aspettiamo. Mentre il centrodestra discute della propria situazione noi cambiamo l’Italia”. La Lega Nord guadagna 111.573 voti, mentre il Movimento 5 stelle cala di 401.847 preferenze. Ma Grillo sul blog: “L’astensionismo non ha colpito il M5S. In Emilia Romagna ha vinto l’astensionismo, il rigetto del cittadino per la politica. La puzza è troppa, in particolare quella piddina. Si può dire tranquillamente che con questo livello di astensionismo ha perso la democrazia“.
Il presidente del Consiglio lo ha ripetuto ai suoi come un ritornello: “Non è un test sul governo”. Ma il giorno dopo è difficile pensare che il voto per le regionali non avrà colpi sulla politica nazionale. O almeno sulle strategie del premier. Il 40 per cento e cappotto delle Europee di maggio scorso è lontano. Ora c’è da pensare a quegli elettori che al voto non ci sono andati, voltando le spalle a Regioni sempre più distanti e sporcate tra inchieste e spese pazze, ma anche a partiti assenti che sul territorio hanno fato poco o nulla campagna elettorale. Renzi oggi ha un nuovo avversario e si chiama Matteo Salvini. Il Grillo di piazza di un mese fa è lontano. Si è fatto vedere a Bologna in chiusura di campagna elettorale, ma solo perché tirato per la giacca. Era in viaggio per Rimini per andare a trovare la figlia, ha fatto tappa al comizio conclusivo della candidata grillina per abbracciare i suoi e rinfrancarli. In Calabria l’hanno visto solo su Youtube: un video-messaggio di sostegno a pochi giorni dal voto e per il resto ha lasciato la parola ai parlamentari. Ma anche lì non è bastato. Il 13,3 per cento in Emilia Romagna (7 per cento nel 2010, ma 19 per cento alle Europee) e 4,96% in Calabria (non c’erano alle scorse regionali, ma presero il 21,5 per cento a maggio) sono numeri attesi, ma spaventano un gruppo che solo pochi mesi fa gridava “Vinciamo noi”.
La sconfitta dei 5 stelle è stata quella di non essere riusciti a raccogliere il voto di astenuti e mal contenti. Tra le Europee e le Regionali, sommando i risultati delle due regioni, hanno perso 401.847 voti e di questi 276mila e 914 solo in Emilia Romagna. Ne guadagnano circa 41mila rispetto al 2010: ma in quell’anno corsero solo a Bologna con candidato Giovanni Favia. Non sono andati a votare, o piuttosto hanno votato altro. La Lega Nord per esempio. Salvini ottiene quello che ha seminato: una campagna elettorale tra terremotati, campi nomadi e centri d’accoglienza. Ritrova i delusi sulla via Emilia, segna un 19,42 per cento impensabile fino a un anno fa (5,04% alle Europee in Emilia) e guadagna 111.573 voti (anche se ne perde circa 50mila rispetto al 2010).
Scompare Forza Italia: 8,36 % in Emilia Romagna e 12,41 per cento in Calabria. Un partito in caduta libera, che però non aveva candidati alla guida della lista di centrodestra: al nord è andato a traino del Carroccio, più a sud si è fatto trasportare da Fratelli d’Italia. Silvio Berlusconi, assente dalla scena tv e dai comizi, dovrà fare qualcosa e in fretta. I pranzi con il leader Pd e il patto del Nazareno per le riforme non portano elettori alle urne e radunare le promesse azzurre under 30 ad Arcore non può bastare per bloccare i malcontenti. Se l’ex Cavaliere vuole resettare il partito, forse è arrivato il momento di decidersi. A destra non pervenuto Angelino Alfano e il Nuovo centrodestra. In Emilia Romagna Alessandro Rondoni (Ncd-Ucd) non supera nemmeno la soglia di sbarramento del 3 per cento. Un po’ meglio in Calabria, dove la stessa alleanza porta a un 8,75 per cento. Il partito al governo insieme a Renzi ora prima di minacciare il ritorno al voto dovrà pensarci non due, ma dieci volte. “In Emilia Romagna Lega e Pdl avevano il 37% ora il 26% la somma è a perdere: al Nord Lega vincente in un centrodestra perdente”.
Non è una sconfitta, ripetono con ansia dal Pd. “Il segnale dell’astensione non va sottovalutato”, ha detto al Corriere della Sera il vice segretario democratico Lorenzo Guerini. “Per noi la cosa importante è chiudere l’anno come lo abbiamo iniziato. Con Renzi segretario abbiamo preso il 40,8 per cento alle europee, strappato al centrodestra Sardegna, Abruzzo e Piemonte. Il Pd è reduce da un anno di successi elettorali inaspettati, se guardiamo al 2013. Parlare di una crisi del Pd significa fare qualche passo nell’irrealtà”. Quanto all’andamento del Pd rispetto alle Europee: “Il paragone non si può fare e ricordo che, prima di Renzi segretario, il Pd era al 25 per cento. Certo, quando la campagna elettorale è caratterizzata da un’alternativa molto debole, c’è più difficoltà a mobilitare”.
Se come dicono dal Nazareno è l’ennesima vittoria, però di feste se ne sono viste poche. A Bologna lo spumante era l’ultimo dei problemi dopo una notte a contare le schede. “Non si può essere soddisfatti”, ha commentato il neoeletto presidente Stefano Bonaccini, “di una partecipazione così bassa sapevamo che avremmo pagato sia l’inchiesta sia il fatto che un pezzo di Pd ha voluto mandare un segnale. Adesso bisogna aprire una nuova stagione, abbiamo cinque anni per dimostrare che faremo bene”. Video di Giulia Zaccariello
Ha osato lo spumante in Calabria solo Mario Gerardo Oliverio: “Adesso dobbiamo ricostruire e rimettere in piedi la Calabria, aprendo una fase nuova. E’ stato un risultato straordinario ed il consenso largo che i calabresi ci hanno tributato rappresenta un grande atto di fiducia. Siamo consapevoli della responsabilità che si carica su di noi. La situazione economica e sociale della Calabria è grave. La nostra regione è in ginocchio”.
* il Fatto, 24 novembre 2014 (ripresa parziale).