LA REPRESSIONE DEGLI OMOSESSUALI NELL’ITALIA DEL VENTENNIO: UNA VICENDA POCO NOTA SU CUI FA LUCE UNA RICERCA DEGLI STORICI GORETTI E GIARTOSIO. ALLARMI SONO GAY
Per il Duce non esistevano, però finivano al confino
di GIOVANNI DE LUNA (La Stampa, 28.04.2006)
Se ne sapeva veramente poco. La persecuzione del fascismo nei confronti degli omosessuali italiani era stata sempre oscurata dai fenomeni più tragicamente vistosi della repressione politica e delle leggi razziali. A delinearne gli aspetti più significativi è ora un bel libro di Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosio, La città e l’isola. Omosessuali al confino nell’Italia fascista (ed. Donzelli), sorretto da una robusta ricerca d’archivio che consente almeno due tipi di lettura: quella che fa i conti più direttamente con l’organizzazione dello Stato totalitario fascista e quella più legata alla storia degli omosessuali italiani. Cominciamo dalla prima. Nel corso del Ventennio furono più di trecento gli omosessuali perseguitati, mandati al confino, in qualche caso come prigionieri politici, più spesso come detenuti comuni. Negli elenchi figurano soprattutto giovani, per la maggior parte appartenenti agli strati sociali più popolari. L’omosessualità in sé non era considerata un reato. Nel 1931, nel progetto iniziale del Codice Rocco era previsto un articolo 528 che la puniva in quanto «delitto contro la moralità pubblica e il buon costume», ma questo articolo non fu inserito nel testo definitivo del Codice penale con una motivazione per lo meno bizzarra: in Italia c’erano pochissimi omosessuali, il nostro popolo era così sano da rendere praticamente inutile un apposito articolo del Codice penale per punire una figura di reato che era quasi inesistente.
Così, a differenza della legislazione omofoba tedesca, nel nostro ordinamento giuridico l’omosessualità poteva soltanto esser colpita con sanzioni amministrative, non in quanto tale ma quando gli episodi a essa collegati «venivano all’attenzione» delle Questure come occasioni di scandalo, turbamento dell’ordine pubblico, delitti veri e propri (omicidi, rapine ecc.). Ne scaturiva una marcata incertezza sulla possibilità di assegnare i confinati omosessuali ai «politici» o ai «comuni». «Politici» furono dichiarati in particolare i 45 «pederasti» arrestati a Catania nel 1939 e mandati tutti nell’isola di San Domino, nelle Tremiti. Ed è proprio la vicenda dei «catanesi» che gli autori mettono al centro del loro racconto.
Il 1939 fu infatti un anno chiave della repressione; la curva statistica dei provvedimenti restrittivi subì una brusca impennata verso l’alto e tra le motivazioni delle misure di polizia apparve per la prima volta il «nocumento agli interessi nazionali». È ovvia la coincidenza cronologica con le leggi razziali, la campagna propagandistica «antiborghese», il perentorio invito di Mussolini a «ripulire gli angolini», il tentativo del fascismo di avviare una «seconda ondata rivoluzionaria» per dare una scossa a un regime che languiva proprio mentre si avvicinava la seconda guerra mondiale. In questo senso, sia la scelta di un’isola-Lager sia il riferimento alla sanità della stirpe che figura in calce ai provvedimenti sono le spie di come - in seguito anche all’allineamento con i tedeschi - si stesse affermando una spinta eugenetica a sfondo razziale nella cui ottica l’omosessualità non si limitava più a violare le norme del buoncostume, ma metteva in crisi proprio i meccanism i di selezione e di conservazione della razza.
L’omosessualità entrava in rotta di collisione con il modello virile e guerriero che il fascismo aveva scelto come punto di riferimento per il suo progetto di «fare gli italiani». Non solo, ma attaccava alla radice il principio gerarchico autoritario del «ciascuno al suo posto» su cui si fondava la struttura totalitaria del regime. Gli «arrusi» catanesi di cui parla il libro dovevano essere considerati maschi o femmine? E quelli che andavano a letto con loro e che non venivano chiamati «arrusi» ma «masculi» come potevano essere definiti?
La distinzione tra maschi e «arrusi» ci riporta all’altro filone di lettura del libro di Goretti e Giartosio, quello più legato alla storia degli omosessuali italiani. «Arrusu» era a Catania l’omosessuale passivo, quello che «faceva la donna» non solo sul piano delle prestazioni sessuali ma anche nelle vesti di chi si prendeva cura del suo uomo e che svolgeva attività prevalentemente legate alla sfera della domesticità (cameriere, sarto, parruchiere, ecc.). Gli «arrusi» non si accoppiavano tra loro, sarebbe stato impensabile. «Masculi» erano invece quelli che nella coppia svolgevano ruoli attivi, avevano vaste relazioni eterosessuali e non si autorappresentavano affatto come omosessuali. Si trattava di un universo indistinto, in cui nella scala di valori del vero maschio essere concupito e desiderato da un omosessuale diventava un titolo di merito che ne aumentava le quotazioni verso le donne e verso gli altri uomini. In più molti degli omosessuali di allora invece di prati care la prostituzione pagavano essi stessi i loro «masculi» che quei regali ostentavano come trofei di battaglie amorose particolarmente gratificanti.
Le pagine delle descrizioni del mondo degli «arrusi» sono tra le più felici: il linguaggio burocratico degli interrogatori e degli atti giudiziari viene sfondato dall’empatia con cui gli autori guardano ai protagonisti del loro libro, restituendoci in pieno la loro umanità di volta in volta disperata, dolente, ironica, allegra, sfrontata, facendoli sfilare davanti ai lettori con i loro nomi di battaglia (’a Bastarduna, ’a cammarera, ’a Scarpara, ’a Carbunara, ’a Francisa, ’a Sticchina, ’a Leonessa ecc.) e con le loro piccole storie, sospese tra una quotidianità senza sussulti e gli scenari della grande storia.
Nel libro ci sono anche gli antifascisti che condivisero il confino con gli omosessuali. Il loro atteggiamento fu tollerante e ironico, diverso da quello repressivo e poliziesco dei fascisti, ma attraversato dallo stesso «spirito del tempo», segnato da pregiudizi che appartenevano all’Italia di allora, tutta intera.
Il monito di Napolitano: «Non dimenticare mai i diritti delle donne e dei gay» *
Anche ’’in paesi evoluti e ricchi come l’Italia, dotati di Costituzione e di sistemi giuridici altamente sensibili ai diritti fondamentali delle donne, continuano a verificarsi fatti raccapriccianti, in particolare, negli ultimi tempi, di violenza di gruppo contro donne di ogni etnia, giovanissime e meno giovani’’. Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel suo discorso di apertura della conferenza internazionale contro la Violenza sulle donne, organizzata alla Farnesina nell’ambito degli incontri del G8 a Presidenza italiana.
Il capo dello Stato ha sottolineato come oggi viviamo ’’nell’eta’ dei diritti, intendendo la complessita’ di questa espressione: diritti proclamati, diritti affermati o in via di affermazione, diritti da conquistare, diritti da rendere universali’’. E ha ricordato come ’’il riconoscimento dei diritti umani’’ sia ’’condizione di convivenza civile, libera e democratica’’. ’’In qualsiasi contesto il pieno riconoscimento la concreta affermazione dei diritti umani - ha rilevato - costituisce una innegabile pietra di paragone della condizione effettiva delle popolazioni e delle persone del grado di avanzamento materiale e spirituale di un Paese’’.
’’Dobbiamo sentirci egualmente responsabili dell’incompiutezza dei progressi faticosamente realizzati per l’affermazione della liberta’, della dignita’, e della parita’ dei diritti delle donne’’, ha poi affermato Napolitano, facendo un appello ai presenti a sentirsi tutti ’’egualmente impegnati a perseguire conquiste piu’ comprensive, garantite e generalizzate’’. Per il capo dello Stato decisiva e’ ’’la dimensione educativa di questo impegno’’ nel senso di ’’educare l’insieme delle nostre societa’ ai valori dell’uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di sesso - articolo 2 della Costituzione italiana - e ai valori della non discriminazione’’. Le violenze sulle donne, infatti, si ripetono, ha ricordato Napolitano, ’’nonostante il Parlamento gia’ da decenni si sia impegnato in una severa legislazione sulla violenza contro le donne, come reato contro la persona, e abbia di recente affrontato anche l’aspetto delle molestie e delle persecuzioni contro le donne nei luoghi di lavoro’’.
Il presidente della Repubblica ha quindi fatto un richiamo ’’alla non discriminazione’’ nel momento in cui ’’l’intolleranza, la discriminazione, la violenza colpiscono persone e comunita’ omosessuali’’. ’’La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea - ha ricordato Napolitano - indica tutti i possibili motivi di discriminazione da mettere al bando: il sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le convinzioni personali, le convinzioni politiche, fino alla, cosi’ recita l’articolo 6 della Carta, disabilita’ e all’orientamento sessuale. Quest’ultima, innovativa nozione, va ricordata e sottolineata’’ quando le violenze si rivolgono contro gli omosessuali. ’’Intolleranza e violenza’’ ha spiegato il capo dello Stato ’’in larga misura sono oggi alimentate dall’ignoranza, dalla perdita di valori ideali e morali, da un allontanamento spesso inconsapevole dai principi su cui la nostra Costituzione ha fondato la convivenza nazionale democratica’’.
* l’Unità, 09 settembre 2009
NAZISMO: GERMANIA - APPROVATO MONUMENTO VITTIME OMOSESSUALI
DURANTE GLI ANNI DEL NAZIONALSOCIALISMO (1933-1945) VENNERO CONDANNATI CIRCA 54 MILA OMOSESSUALI, DI ESSI SETTEMILA MORIRONO NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO. *
Berlino - Un cubo bianco con una finestra nella quale scorre un filmato: sara’ cosi’ il monumento per ricordare le vittime omosessuali del nazismo, secondo il progetto appena approvato a Berlino.
Il monumento, da realizzare entro la fine dell’anno nel centro della capitale tedesca, sara’ costruito in base ad un progetto di due artisti scandinavi, Michael Elmgreen e Ingar
Dragset, vincitore del bando pubblicato nel 2003, ha reso noto un portavoce del sottosegretario alla Cultura, Bernd Neumann.
Nel filmato, secondo gli accordi con la Lega degli omosessuali tedeschi (Lsvd), ’’si vedra’ il bacio di una coppia omosessuale: sara’ un simbolo contro l’ostilita’ nei loro confronti’’ e sara’ sostituito ogni due anni.
Il governo tedesco ha stanziato 600 mila euro per la costruzione del memoriale, che sara’ nelle vicinanze del Parlamento tedesco e della Porta di Brandeburgo.
Durante gli anni del nazionalsocialismo (1933-1945) vennero condannati circa 54 mila omosessuali, di essi settemila morirono nei campi di concentramento.