L’EUROPA ...

LA TURCHIA, LO SPIRITO DI PIAZZA TAKSIM, E LA PROVA DI FORZA DI ERDOGAN. Materiali per capire

L’editorialista Cengiz Candar: “È da troppo tempo al potere” “Il premier è isolato e vuole l’escalation si gioca la sopravvivenza”
mercoledì 19 giugno 2013.
 


-  Erdogan soffoca la piazza

-  «La tolleranza è finita»

-  La polizia interviene in forze a Istanbul, centinaia i feriti
-  Il premier: «Taglieremo gli alberi». I manifestanti tornano a Gezi Park, scontri nella notte

di Umberto De Giovannangeli (l’Unità, 12.06.2013)

Taglierà gli alberi. Sradicherà la rivolta. Praticherà «Tolleranza zero». Erdogan non si ferma. «Toglieremo gli alberi da Gezi Park, saranno ripiantati in un altro posto» ha detto il premier turco davanti al gruppo parlamentare del suo partito, l’Akp. «Questo episodio è finito, non mostreremo più tolleranza», avverte Erdogan. «Se questa la chiamate durezza mi dispiace, ma Tayyp Erdogan non cambierà».

E a conferma di questo annuncio, le forze dell’ordine hanno intensificato le operazioni. Decine di poliziotti in tenuta antisommossa sono entrati ieri nel Gezi Park di Istanbul, cuore della rivolta contro il premier Erdogan.

La polizia aveva già occupato piazza Taksim, rimuovendo le barricate. Decine di poliziotti con l’appoggio di blindati con cannoni ad acqua, avevano attaccato la piazza di prima mattina, facendo un uso massiccio di lacrimogeni per disperdere i pochi manifestanti sul posto. Ma gli attivisti sono tornati in piazza.

Il direttore di Human Right Watch, Carroll Bogert, dal suo account Twitter spiega che «dalla tenda del primo soccorso dicono che c’è un morto, colpito alla testa dai lacrimogeni». I dati ufficiali parlano di un centinaio di feriti, cinque dei quali in gravi condizioni, solo nella giornata di martedì. Dall’inizio della protesta in tutta la Turchia sono stati uccisi tre manifestanti, cinquemila i feriti.

Dura presa di posizione da parte della sezione turca di Amnesty International. «Condanniamo la vergognosa e brutale violenza commessa dalla polizia», in piazza Taksim, scrive l’ong, ribadendo «la richiesta di giustizia in un incontro con il governatore di Istanbul». «Invece di continuare a reprimere attivisti pacifici, le autorità turche dovrebbero iniziare a guardare alle azioni della loro polizia e portare davanti alla giustizia i responsabili degli scioccanti abusi che abbiamo visto nelle ultime due settimane», afferma Andrew Gardner, ricercatore sulla Turchia di Amnesty International, attualmente a Istanbul.

PROVA DI FORZA

Per tutta la mattinata la tensione è stata altissima. Gli agenti hanno lanciato centinaia di lacrimogeni, usato gli idranti e cannoni ad acqua. I manifestanti hanno risposto con pietre e bottiglie molotov. Rimosse le barricate erette con pezzi di alluminio tutto intorno a piazza Taksim. La polizia non ha avuto difficoltà a farsi largo, anche se gli scontri sono stati violenti. In piazza sono decine le persone ferite ma le ambulanze, sostengono i manifestanti, non riescono ad arrivare.

Dopo l’ingresso della polizia in piazza Taksim, il governatore di Istanbul, Huseyin Avni Mutlu, assicura che l’obiettivo delle forze dell’ordine non è lo sgombero di Gezi Park, il vero cuore della protesta contro il governo di Erdogan. «Da stamani (ieri, ndr) siete affidati ai fratelli poliziotti ha detto il governatore, rivolgendo il discorso ai manifestanti -. La nostra intenzione è di rimuovere i cartelli e le immagini dalla piazza. Non abbiamo altri obiettivi. Non toccheremo assolutamente nessuno a Gezi Park e a Taksim». Poi ha rivolto un invito a «guardarsi da possibili azioni di provocatori».

Parole che, dopo l’intervento di Erdogan e della polizia suonano come una grande bugia. A cui la piazza non ha creduto fin da subito. Alcuni manifestanti hanno accusato la polizia di aver infiltrato persone apposta per lanciare molotov e creare tensione. Il prefetto dal canto suo, se l’è presa con i social media, dove «ci sono alcune persone interessate ad alzare il livello dello scontro».

Secondo l’Associazione dei medici turchi, i feriti durante lo sgombero di piazza Taksim sono almeno un centinaio, di cui cinque gravi. Il presidente dell’associazione, Ahmet Ozdemir Akta, ha spiegato al quotidiano Hurryiet che molti hanno riportato traumi al cranio perché colpiti dal lancio di lacrimogeni della polizia da distanza brevissima. La polizia ha arrestato anche settanta avvocati schieratisi a sostegno dei manifestanti.

Gli argomenti di Erdogan non convincono le opposizioni che ormai lo accusano apertamente di essere «un dittatore», come ha fatto il leader del partito Chp, Kemal Kilicdaroglu. In serata in migliaia sono tornati ancora in piazza Taksim, sfidando i divieti e la polizia schierata in assetto anti-sommossa. Altri scontri nella notte. Altri feriti. A decine. Il premier Erdogan schiera i blindati. La battaglia di Gezi Park continua.


Icona estetica

La signora in rosso bandiera della protesta di Taksim

di Ruth Sherlock (il Fatto, 12.06.2013)

Con il vestito di cotone rosso, la borsa a tracolla e i capelli neri al vento, è diventata il simbolo della protesta turca. Ceyda Sungur, colta dall’obiettivo mentre viene investita da una nuvola di gas lacrimogeno, è anche la prova della brutalità della polizia anti-sommossa. La foto ha fatto immediatamente il giro del mondo. Su Internet ci si domandava perché una signora che sembrava vestita per andare a un pic-nic era stata trattata come un black bloc.

La signora Sungur avrebbe preferito evitare questo genere di popolarità: “i gas lacrimogeni non sono stati usati solo contro di me”, dice. “Sono scesa in strada per difendere la libertà di parola. Per la prima volta la gente si batte per i propri diritti e per cambiare le cose”.

Finora ci sono state diverse vittime e circa mille feriti ricoverati in ospedale. La foto di Ceyda Sungur, oltre a fare il giro dei giornali e del web, è finita sui poster e sugli striscioni inalberati dai dimostranti. Ma Ceyda continua a rifiutare le luci della ribalta e lavora come volontaria in un improvvisato ospedale da campo a piazza Taksim, epicentro della sommossa.

“A piazza Taksim abbiamo creato dei punti di pronto soccorso dove medichiamo i feriti”, spiega rifiutandosi di fornire ulteriori particolari per paura che i medici possano essere arrestati. Sungur è docente presso il Dipartimento di Urbanistica del Politecnico di Istanbul, una facoltà che in genere non è considerata terreno di coltura di radicali e sovversivi.

Assieme ad altri colleghi architetti è scesa in piazza per impedire ai bulldozer di abbattere gli alberi di piazza Taksim. “Ceyda mi ha mandato un sms dicendomi di raggiungere il parco”, spiega Meric Demir, 28 anni, collega di Ceyda. “Siamo arrivati in molti nel giro di dieci minuti e l’abbiamo trovata sconvolta e in lacrime per effetto dei gas”.

Tutto è nato da una polemica apparentemente di poco conto, tra un gruppo di ambientalisti e le autorità incaricate dal governo di abbattere gli alberi per fare spazio a un ambizioso piano urbanistico fortemente voluto dal primo ministro Recep Tayyip Erdogan. Gli ambientalisti sostengono che non si tratta solo della demolizione del parco Gezi, uno dei pochi polmoni verdi del centro urbano, ma di un piano di “islamizzazione” del centro di Istanbul.

“Il progetto del governo spacciato per una occasione di sviluppo prevede non solo la costruzione di una nuova moschea, ma anche il restauro di una caserma dell’epoca ottomana che nel 1909 fu teatro di un fallito colpo di stato militare islamista”, spiega Ceyda Sungur. Inoltre i dimostranti sostengono che la decisione è stata presa senza consultare l’opinione pubblica. “Non si può disporre in questo modo della vita della gente”, dice Ceyda. “Le politiche di Erdogan non tengono conto dei desideri della gente. Qui non si tratta dell’alcol, ma del rispetto delle persone”.

Va inoltre considerato che piazza Taksim è il tradizionale punto d’incontro dei giovani turchi laici il cui leader carismatico, Mustafa Kemal Atatürk, fece della Turchia un paese laico quasi un secolo fa convinto che un governo di tipo islamista avrebbe ostacolato lo sviluppo economico e culturale della Turchia.

“Piazza Taksim è il simbolo della rivoluzione turca di Atatürk”, dice la professoressa Handan Turkoglu, 57 anni, capo del dipartimento nel quale lavora Ceyda Sungur, prima firmataria di una petizione contro il progetto di Erdogan.

Per i firmatari della petizione, la lotta contro il piano di ristrutturazione urbanistica è diventata la metafora di una lotta di più ampia portata. “Ci battiamo per impedire al governo di stravolgere la Turchia laica trasformandola inesorabilmente in un paese nel quale il confine tra Stato e religione sarebbe destinato a diventare sempre più sfumato”, spiega Ceyda Sungur.

L’Occidente ha accolto con favore le riforme liberali di Erdogan - volute dal Fondo Monetario Internazionale - ma gli imprenditori vicini a Erdogan sono socialmente conservatori e spingono affinché Erdogan dia una sterzata in senso islamista alla società turca. In Turchia molti hanno anche criticato il coinvolgimento di Erdogan nella crisi siriana e il suo sostegno ai ribelli per lo più sunniti. “Abbiamo tutti paura che Erdogan trascini la Turchia in una guerra che nessuno vuole”, dice Ceyda Sungur.

Resta il fatto che Erdogan ha vinto le ultime tre elezioni ed è proprio questo suo atteggiamento di invincibilità a stimolare il risentimento e la rabbia dei dimostranti laici e progressisti di piazza Taksim che lo accusano di imporre una sorta di “tirannia della maggioranza” nel disprezzo del “49% che in occasione delle ultime elezioni non ha votato per il suo partito”, precisa Ceyda Sungur.

“È vero, lo sappiamo benissimo che il primo ministro è stato eletto con poco più del 50% dei voti, ma c‘è sostanzialmente un’altra metà del paese che pretende di essere ascoltata”, aggiunge Ceyda. “Noi laici non vorremmo fare la fine dei curdi o dei musulmani al tempo di Atatürk”.

© Daily Telegraph Traduzione di Carlo Antonio Biscotto


L’editorialista Cengiz Candar: “È da troppo tempo al potere”

“Il premier è isolato e vuole l’escalation si gioca la sopravvivenza”

di M. Ans. (la Repubblica, 12.06.2013)

ISTANBUL - «Tayyip Erdogan vuole un’escalation, perché pensa che la forza possa infine dare beneficio al suo governo. In Turchia stiamo vivendo ore drammatiche, e non è possibile dire dove volterà la situazione. Viviamo appesi alle notizie». Cengiz Candar è uno dei volti più noti del Paese. Grande inviato di politica internazionale, commentatore in tv, tifoso vip del Fenerbahce e in passato anche consigliere del Presidente Turgut Ozal, è un uomo di grandissima esperienza in politica.

Erdogan sta accusando della rivolta interna circoli finanziari stranieri. Ha ragione?

«Macché. Quelle affermazioni sono spazzatura. O ci crede oppure fa finta di crederci. Il risultato per lui comunque non cambia, perché si trova di fronte a una battaglia decisiva. E per questo ha gettato sulla bilancia tutta la sua forza. Anche perché la protesta da Istanbul si sta allargando ovunque, ad Ankara, Smirne e in una settantina almeno di altri centri».

Ma la brutalità della polizia non rischia di essere un pessimo ritorno di immagine per la Turchia?

«Sì, gli interventi così violenti stanno causando molte divisioni nel Paese».

Ma perché la gente è scesa in piazza?

«Questa è davvero una rivolta contro di lui. Nella gente c’è un cumulo di rabbia nei confronti del primo ministro. A causa del suo stile, di come parla, come si atteggia, come si rapporta».

Però Erdogan ha vinto le elezioni con nettezza ed è stato scelto democraticamente.

«È vero. Se domenica andassimo a votare, lui vincerebbe ancora. Però la gente è arrabbiata perché ha compiuto un sacco di errori».

E allora perché non reagisce in modo consono a quello che si addice a una personalità istituzionale?

«Intanto lui è stato colto di sorpresa dalla rivolta, perché non se l’aspettava. Erdogan per sua natura è molto cocciuto. Poi, se sei al potere da 10 anni, c’è anche una fatica di gestire quel potere, diventi arrogante, sei isolato dalla gente, stai sulle nuvole, si fuori dalla realtà, e pensi che tutto quello che stai facendo è corretto. E quindi ritiene che contro di lui sia in atto un complotto».

Perché parla di battaglia decisiva per Erdogan?

«Perché tutto quello che sta accadendo può finire per scombinare i suoi piani per il 2014. Punta infatti a essere eletto Presidente della Repubblica ».

La piazza non sembra essere d’accordo.

«Non questa piazza, anche se lui sta convocando grandi manifestazioni per domenica con la sua gente. Ma il centro di Istanbul non lo ama. Né la sinistra politica che si è assiepata a Piazza Taksim, né i giovani che fanno arte, musica, ecologia che stanno invece al Gezi Park».


Sul tema, nel sito, si cfr.:

-  TURCHIA. LA SVOLTA. Dopo Ataturk, primo islamico a capo dello Stato. Abdullah Gul eletto presidente. I leader europei plaudono.
-  Le prime dichiarazioni del nuovo presidente: "Difenderò la costituzione, inclusa la laicità".


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