[...] la FLC CGIL conferma lo sciopero del 24 novembre e la manifestazione a Roma in Piazza Farnese ore 10 e chiede ai lavoratori e alle lavoratrici, agli studenti e ai cittadini di aderire in massa per difendere la scuola pubblica e la dignità del lavoro.
Scatti... d’orgoglio
FLC CGIL: sciopero e manifestazione confermati *
La FLC CGIL dopo l’incontro di giovedì 22 novembre a Palazzo Chigi, convocato sugli scatti di anzianità del personale della scuola, esprime un giudizio fortemente critico rispetto a quanto prospettato dal Governo e conferma lo sciopero e la manifestazione del 24 novembre 2012.
Il ripristino degli scatti di anzianità per l’anno 2011 ha bisogno di una copertura finanziaria 480 milioni di euro, ma il MEF a fronte dei tagli epocali, 8 miliardi in tre anni, ha certificato una miseria di risparmi: 86 milioni.
È necessario quindi tagliare di un terzo, pari a 390 milioni di euro, il fondo di scuola per pagare gli scatti. Questo sarà scritto nell’atto di indirizzo per l’avvio di una apposita sessione negoziale.
Non è una soluzione, ma il gioco delle tre carte. L’onere del pagamento si scarica sui lavoratori che dovranno rinunciare a una parte del salario accessorio, quello finalizzato al miglioramento dell’offerta formativa cioè il valore aggiunto alla didattica.
Gli scatti verranno pagati dagli stessi lavoratori ma anche dagli studenti che avranno meno offerta formativa.
L’autonomia scolastica e il patto sociale con le famiglie ne escono calpestati. Per coloro poi che dovrebbero percepire lo scatto negli anni successivi, c’è una sola soluzione: taglio ulteriore del fondo di scuola. In due anni quindi le risorse disponibili per il miglioramento dell’offerta formativa si ridurranno a meno di un terzo di quelle attuali.
Secondo il Ministro Grilli, novello Marchionne, questo "impegno" del Governo dovrà essere compensato da un aumento della produttività del personale docente e ATA: vale a dire lavorare di più a parità di salario.
Il Governo tace invece su precariato e piano di stabilizzazioni docenti e ATA, tagli agli organici, finanziamenti alla scuola pubblica, docenti inidonei e rinnovo del contratto bloccato da oltre tre anni.
Per queste ragioni la FLC CGIL conferma lo sciopero del 24 novembre e la manifestazione a Roma in Piazza Farnese ore 10 e chiede ai lavoratori e alle lavoratrici, agli studenti e ai cittadini di aderire in massa per difendere la scuola pubblica e la dignità del lavoro.
Nota MIUR sulla proclamazione FLC CGIL
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Sul tema, nel sito, si cfr.:
CHI INSEGNA A CHI CHE COSA COME?! QUESTIONE PEDAGOGICA E FILOSOFICA, TEOLOGICA E POLITICA INSEGNAMENTO E COSTITUZIONE: CHI INSEGNA AI MAESTRI E ALLE MAESTRE A INSEGNARE?!
"LA SCUOLA (COME IL LAVORO) RENDE LIBERI"!? L’Inno di Mameli si studierà a scuola. Per legge.
Scuola, effetto firma separata
Domani sciopero Cgil e Cobas
Dopo l’incontro con Profumo Cisl, Uil, Gilda non protestano più
Cgil: è il gioco delle tre carte
Pantaleo (Flc): azzerato il fondo per l’offertta formativa, nessuna risposta sui precari
di Luciana Cimino (l’Unità, 23.11.2012)
ROMA L’incontro di ieri fra governo e sindacati di categoria non è servito a fermare lo sciopero della scuola di sabato prossimo. Si sfilano tutti gli altri sindacati, soddisfatti dalle garanzie presentate dall’esecutivo.
Ma non la Cgil che conferma la mobilitazione e cambia solo la piazza: da piazza del Popolo a Piazza Farnese. E con essa scioperano i Cobas, gli studenti, i docenti, i precari. Aderiscono anche Sel e Idv. Soddisfatto dell’incontro si dice il ministro Profumo che parla di fatto «estremamente positivo con la condivisione di un percorso», mentre i sindacati che hanno sospeso la mobilitazione (Cisl, Uil, Snals Confsal e Gilda) spiegano: «avevamo due obiettivi e li abbiamo entrambi conseguiti », ha detto Rino Di Meglio, coordinatore della Gilda, mentre di «soluzione positiva» parla anche Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, aggiungendo con una frecciata che «il confronto negoziale paga sempre al contrario di chi nel movimento sindacale insegue ancora soluzioni velleitarie o cavalca i movimenti con motivazioni politiche».
CHE DELUSIONE
Ma la FlcCgil di Mimmo Pantaleo tiene il punto. Si dichiara «delusa» dall’incontro. «Ci hanno proposto un atto di indirizzo all’Aran per trovare 480 milioni ma andandoli a prendere dal fondo del Mof (Miglioramento offerta formativa) e dal fondo di istituto ha spiegato il segretario nazionale ma solo per il 2011; poi bisognerà trovare le risorse per il 2012. Così si azzera quasi il Mof e il fondo per la contrattazione decentrata e per il resto restano solo briciole». «Non è una soluzione ribadisce Pantaleo - ma il gioco delle tre carte. L’onere del pagamento si scarica sui lavoratori che dovranno rinunciare a una parte del salario accessorio, quello finalizzato al miglioramento dell’offerta formativa cioè il valore aggiunto alla didattica. Gli scatti verranno pagati dagli stessi lavoratori ma anche dagli studenti che avranno meno offerta formativa».
La Flc - Cgil è insoddisfatta anche sul piano dell’occupazione: «questo ’’impegno’’ del Governo dovrà essere compensato da un aumento della produttività del personale docente e Ata: vale a dire lavorare di più a parità di salario. Il governo tace invece su precariato e piano di stabilizzazioni, tagli agli organici, finanziamenti, docenti inidonei e rinnovo del contratto». Insomma le ragioni lo sciopero rimangono e la Cgil «chiede ai lavoratori e alle lavoratrici, agli studenti e ai cittadini di aderire in massa per difendere la scuola pubblica e la dignità del lavoro». Intanto continuano le iniziative di protesta di insegnanti e studenti nelle scuole. Roma, dopo i fatti del 14 novembre, guida la mobilitazione con almeno 50 scuole “in stato di agitazione”. Ieri un cospicuo gruppo di universitari e studenti medi ha aperto gli ombrelli di fronte all’ingresso del ministero della Giustizia, esponendo un manifesto con la scritta “Piove: governo tecnico” (con il riferimento ai lacrimogeni sparati il 14 novembre). «Il 24 ci ricolleghiamo agli scioperi del 14 dove abbiamo ottenuto repressione ha affermato Gianluca, dell’Uds Abbiamo reagito con l’occupazione di decine di scuole per fare nel concreto quel modello di scuola che vogliamo».
A Roma La Sapienza ha deciso di sospendere la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2012-2013 prevista per stamattina. «Troppa tensione a Roma - scrive in un comunicato l’ateneo Le gravi problematiche economico-finanziarie del Paese, con il disagio di tante famiglie, e lo stato di sofferenza della scuola pubblica stanno facendo salire la tensione con riflessi nella città universitaria. Per senso di responsabilità si soprassiede alla cerimonia». A Palermo altri cortei di studenti anche ieri.
MOBILITAZIONE IN TUTTA ITALIA
Ma in tutta Italia sono decine le scuole occupate. Secondo un sondaggio di Skuola.it la metà degli studenti italiani è coinvolta in occupazioni o autogestioni. In questo contesto ieri Profumo ha mandato una lettera a studenti e insegnanti dissociandosi dall’ex ddl Aprea. « L’attuale governo non ha nulla a che fare con il ddl 953 detto ddl Aprea - scrive il ministro Tale proposta è stata formulata e discussa in piena autonomia dal parlamento. Dunque non c’è alcuna diretta responsabilità del governo, né mia personale». Poi ribadisce la volontà di ascolto del governo alle forme di dissenso che si augura pacifiche. «Anche dopo i cortei del 5 ottobre il ministro disse che era disponibile a discutere con noi - risponde Luca Spadon, portavoce nazionale di Link (rete di universitari e medi) dopodiché la realtà è diversa». «La legge Aprea non è dipesa da lui ma ha la possibilità di rimetterla in discussione, non vogliamo una lettera ma una presa di posizione chiara sul finanziamento alla scuola e al diritto allo studio».
La scuola in piazza, Roma blindata
Petardi al ministero della Giustizia
Sit-in e cortei in tutta Italia, nuova
protesta alla sede del Guardasigilli.
Cobas, militanti di CasaPound e
studenti: «La nostra lotta continua» *
È in una Roma blindata che oggi Cobas della scuola, studenti e precari sono tornati a sfilare contro la privatizzazione di scuola e università e per rivendicare il diritto ad avere un futuro. Dei tre cortei in programma per oggi nella capitale, quello degli appartenenti ai comitati di base - «10mila» secondo il leader Piero Bernocchi -, partiti da piazza della Repubblica, si è concluso a piazza Sant’Andrea della Valle. Alla testa del corteo, una manifestante con scotch sulla bocca, rosario nella mano destra e una bandiera dei sindacati di base nell’altra. Un gesto simbolico per riportare l’attenzione anche sulla Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, che si celebrerà domani. A seguire gli striscioni «Picchiatemi, sono una donna», «la crisi è violenza sul corpo delle donne» e «libere di scegliere, pronte a reagire».
Per gli studenti, appuntamento a Piramide e all’Università La Sapienza. Da lì il serpentone si è spostato in direzione Lungotevere, per raggiungere il ministero della Giustizia in via Arenula. Il passaggio sotto la sede del Guardasigilli Paola Severino è stato accompagno da lanci di fumogeni e petardi e scandito da urla («Siamo gli stessi del 14 novembre» e «Israele va distrutto») e fischi. In tutto, pochi minuti concitati proprio dove dieci giorni fa venne sparato un lacrimogeno che andò a colpire una finestra del dicastero. A proteggere l’edificio un cordone di polizia in tenuta antisommossa.
L’ultimo corteo, quello organizzato da Casapound, ha invece preso il via a metà pomeriggio. Dietro uno striscione con le effigi di Monti, Fornero, Bersani, Alfano e lo slogan «Falli piangere», inquadrati in fila per sei, i militanti hanno cominciato la loro marcia sventolando una bandiera rossa con la tartaruga bianca su fondo nero, simbolo del movimento dei «fascisti del terzo millennio».
«Torniamo in piazza - ha detto stamattina Federico del Giudice, portavoce della Rete della Conoscenza - per dimostrare come gli studenti non abbiano paura malgrado la spaventosa repressione ordinata dalla forze dell’ordine il giorno dello sciopero europeo e per rivendicare come la nostra generazione abbia la volontà di lottare contro le politiche di austerity che in Italia, come in altri paesi europei, hanno distrutto il welfare ed eliminato i diritti». Centinaia, intanto, le scuole occupate in tutta Italia per protestare contro l’ex Pdl Aprea e la privatizzazione della scuola pubblica, ha osservato invece Roberto Campanelli, coordinatore dell’ Unione degli studenti.
Palermo, il funerale dell’istruzione
Anche nel capoluogo siciliano migliaia di studenti si sono mobilitati occupando piazze e strade. Sono spuntati petardi e fumogeni, contorni di una protesta «contro l’austerity del governo Monti», il cui simbolo è una bara nera con la scritta «Cultura. Qui giace il nostro futuro». Uova sono state lanciate contro la sede del Giornale di Sicilia, ma l’obiettivo di colpire tutte le testate, «contro il tentativo da parte dei media di dividere gli studenti in buoni e cattivi».
Pisa, a fuoco la bandiera del Pd
Tensione anche in Toscana, dove circa 250 studenti hanno sfilato insieme ai militanti dei Cobas. Alcuni giovani sono entrati all’ interno dei palazzi di Provincia e Comune e hanno appeso striscioni di protesta. Poi, tornati in piazza, hanno bruciato una bandiera del Pd, partito di maggioranza relativa in città. Anche a Palazzo Gambacorti, sede del municipio, i manifestanti hanno forzato il blocco delle forze dell’ordine e, dopo alcuni momenti di tensione con gli agenti, una delegazione è stata autorizzata a salire ai piani superiori dove è stato successivamente esposto uno striscione con la scritta: «Noi studenti non siamo merce. Produciamo conflitto contro le istituzioni delle banche».
Napoli, la Fiom al fianco degli studenti
Centri sociali e autonomi si sono uniti alla protesta degli studenti nel capoluogo partenopeo, partita da piazza Garibaldi in direzione piazza del Plebiscito. A fianco dei giovani napoletani si sono schierati anche i lavoratori della Fiom: «Siamo qui - ha spiegato il segretario regionale , Andrea Amendola - per legare ancora di più il diritto allo studio e il diritto al lavoro. Se si continuano ad aumentare le tasse per gli studenti, si incide sul reddito delle famiglie e si impedisce ai figli di lavoratori di poter accedere all’istruzione universitaria». In mezzo al corteo anche Sebastiano, uno dei 19 dipendenti che dovranno essere assunti, su decisione della magistratura, nella fabbrica di Pomigliano.
Firenze, bloccata la stazione ferroviaria
Per circa 30 minuti la stazione ferroviaria di Santa Maria Novella a Firenze è stata teatro di un improvvisato presidio di alcune centinaia di giovani. A staccarsi dal corteo principale un gruppo di circa duecento persone, dei quali almeno la metà si è messa a sedere sul binario davanti al treno Frecciargento in partenza per Venezia. Poi hanno bloccato il traffico nella zona circostante, acceso fumogeni e petardi e lanciato uova contro la sede di una banca.
* La Stampa, 24/11/2012
Un nuovo vento che unisce l’Europa
di Ulrick Beck (la Repubblica, 25.11.2012)
“SIAMO in piazza per protestare contro la legge che taglia i finanziamenti alla scuola pubblica: come facciamo ad andare avanti se nella nostra scuola non ci sono abbastanza banchi?”.
Così uno studente di Torino giustificava la sua partecipazione allo sciopero europeo della scorsa settimana. Giusto un anno e mezzo fa siamo stati spettatori di una primavera araba con la quale assolutamente nessuno aveva fatto i conti. Di colpo, regimi autoritari crollarono sotto la spinta dei movimenti democratici di protesta organizzati dalla “Generation Global”. Dopo la primavera araba potrebbe arrivare un autunno, un inverno o una primavera europea? Gli scioperi delle ultime settimane ne sono stati i segnali?
Naturalmente, negli ultimi due o tre anni abbiamo visto ragazzi di Madrid, Tottenham o Atene protestare contro gli effetti delle politiche neo-liberali di risparmio e attirare l’attenzione sul loro destino di generazione perduta. Tuttavia, queste manifestazioni erano in qualche modo ancora legate al dogma dello Stato nazionale. La gente si ribellava nei singoli paesi alla politica tedesco- europea del rigore, adottata dai diversi governi. Ma quello che è accaduto la scorsa settimana parla un’altra lingua: 40 sindacati di 23 paesi hanno indetto una “giornata di azione e solidarietà”. I lavoratori portoghesi e spagnoli hanno chiuso le scuole, hanno paralizzato il traffico e hanno interrotto i trasporti aerei nel primo sciopero generale coordinato a livello europeo. Benché il ministro degli Interni spagnolo abbia parlato di «proteste isolate», nel corso dello sciopero solo a Madrid sono state arrestate 82 persone e 34 sono rimaste ferite, fra cui 18 poliziotti.
Queste proteste diffuse in tutta Europa sono avvenute proprio nel momento in cui molti credevano che l’Europa avesse finalmente trovato la soluzione magica per la crisi dell’euro: la Banca centrale europea rassicura i mercati con il suo impegno ad acquistare, in caso di necessità, i titoli degli Stati indebitati. I paesi debitori - questa è la promessa - devono “soltanto” adottare ulteriori e ancor più incisive misure di risparmio come condizione per l’erogazione dei crediti da parte della Bce, e tutto andrà bene.
Ma i profeti tecnocratici di questa “soluzione” hanno dimenticato che qui si tratta di persone. Le politiche rigoriste con le quali l’Europa sta rispondendo alla crisi finanziaria scatenata dalle banche vengono vissute dai cittadini come un’enorme ingiustizia. Il conto della leggerezza con cui i banchieri hanno polverizzato somme inimmaginabili alla fine viene pagato dal ceto medio, dai lavoratori, dai pensionati e, soprattutto, dalla giovane generazione, con la moneta sonante della loro esistenza.
Se ora la Spagna, la Grecia e il Portogallo, ma anche l’Italia e la Francia vengono scosse da scioperi organizzati dai sindacati, non si deve interpretare ciò come una presa di posizione contro l’Europa. Le immagini dell’ira e della disperazione dicono piuttosto che è venuto il momento di invertire la rotta. Non abbiamo più bisogno di salvataggi delle banche, ma di uno scudo di protezione sociale per l’Europa dei lavoratori, per il ceto medio, per i pensionati e soprattutto per i ragazzi che bussano alle porte chiuse del mercato del lavoro. Questa Europa solidale non tradirebbe più i propri valori agli occhi dei cittadini.
Perché essi vedano nell’Europa qualcosa che ha senso, il suo motto dovrebbe essere: più sicurezza sociale con un’altra Europa! La questione sociale è diventata una questione europea, per la quale non è più possibile nessuna risposta nazionale. Per il futuro sarà decisivo che questa convinzione si affermi. In effetti, se gli scioperanti e i movimenti di protesta prendessero a cuore l’“imperativo cosmopolitico”, cioè cooperassero in tutta Europa al di là delle frontiere e si impegnassero assieme non per meno Europa, ma per un’altra Europa, si creerebbe una nuova situazione. Un’“altra” Europa dovrebbe sostanzialmente essere costruita in base a un’architettura ispirata alla politica sociale e andrebbe rifondata democraticamente e dal basso.
Alla fine l’Europa - la crisi dei debiti dimostra proprio questo - dipende dal denaro dei singoli Stati. Pertanto, un’Europa democratica e sociale avrebbe bisogno di un fondo comune. Ora, non è difficile immaginarsi come reagirebbero i cittadini se dovessero rinunciare a una parte del loro reddito per questa “addizionale di solidarietà” o se si aumentasse l’imposta sul valore aggiunto affidando la gestione degli introiti supplementari alla Commissione europea.
A questo punto si potrebbero prendere in considerazione la tassa sulle transazioni finanziarie, una tassa sulle banche o un’imposta europea sui profitti d’impresa. In questo modo, da un lato, si riuscirebbe ad addomesticare il capitalismo del rischio scatenato, addossando le responsabilità delle conseguenze della crisi a coloro che l’hanno provocata e, d’altra parte, l’Europa sociale diventerebbe finalmente una realtà tangibile ed efficace.
Se si formasse un’alleanza tra i movimenti sociali, la generazione europea dei disoccupati e i sindacati - da un lato - e gli architetti dell’Europa nella Banca centrale europea, i partiti politici, i governi nazionali e il Parlamento europeo - dall’altro -, nascerebbe un movimento possente, capace di imporre una tassa europea sulle transazioni finanziarie contro l’opposizione dell’economia e l’ottusità degli ortodossi dello Stato nazionale.
Se questo riuscisse, sarebbe addirittura possibile guadagnare due nuovi alleati per un’altra Europa: in primo luogo (per quanto ciò possa risultare paradossale), gli attori dei mercati finanziari globali, che forse acquisirebbero nuova fiducia di fronte a una chiara scelta di campo per l’Europa delle politiche sociali e investirebbero in essa, poiché sarebbe chiaro che c’è un’istanza che in caso di crisi risponde delle possibili perdite. E, in secondo luogo, le popolazioni degli Stati debitori oggi attratte dal nazionalismo e dalla xenofobia, che si impegnerebbero nel proprio interesse bene inteso per il progetto di un’Europa sociale e democratica. Una primavera europea, dunque? (Traduzione di Carlo Sandrelli)