Una storia come tante

giovedì 28 ottobre 2010.
 

C’è stato un tempo e un luogo della nostra esistenza nei quali la vita sembrava essere più semplice, genuina e ingenua e la potevi guardare aggrappato a un ramo di salice piangente facendo finta di essere Orzowei; potevi giocare a rimettere in piedi il mondo che non ti piaceva solo con acqua e terra: un muratore stellare con tanto di pianeti coloratissimi fatti di Crystal ball. Alla radio Dylan si batteva per il nero uragano mentre Neil bacchettava i sudisti: la morale e il moralista. Erano i Seventies e noi eravamo bambini e tutti gli altri anche. Semplici bambini: non importava come erano vestiti, cosa mangiassero, di che colore fosse la loro pelle, per tutti noi Bambini loro altro non erano che semplici ed essenziali compagni di gioco. Poi siamo cresciuti ed anche loro. Noi abbiamo studiato e vissuto in tranquillità anche le giornate più nere che ci si sono presentate. Loro anche son cresciuti hanno studiato meno e si son dedicati a impararsi un mestiere nel tentativo di migliorare il loro livello sociale. Molti ci son riusciti tanti altri no, come noi d’altronde, e allora si dedicano a guadagni di fortuna ad avventure lavorative come noi d’altronde. Eh sì perché gli vogliamo chiamare i nuovi lavori se non guadagni di fortuna o avventure lavorative? Tanti tra loro, come noi d’altronde, magari hanno vissuto parte della loro esistenza in altro luogo magari in un’altra città italiana oppure direttamente all’estero. Molti italiani e tanti molisani hanno lo zio americano ho la cugina che vive in Germania e così proseguendo e magari loro stessi hanno avuto, e forse sono nati, proprio in quelle terre lontane perché i loro genitori erano lì in cerca di fortuna. Oggi tale esperienza la si ripete al contrario: noi italiani, noi molisani ospitiamo i nuovi “terroni” del mondo e ci troviamo a vedere molte più facce colorate il giorno, molte più lingue sconosciute e odori mai sentiti prima. Vivono in alloggi di fortuna, lavorano dove noi oggi non andiamo più perché sarebbe dequalificante e altamente offensivo e così oltre a guardali con un certo imbarazzo gli sfruttiamo anche sul posto di lavoro concedendo loro paghe da fame, ma anche noi italiani abbiamo paghe da fame ricevute da imprenditori affamati di gloria, e nessuna radice di accoglienza. Tra questi poi ci sono gli immigrati più giovani quelli a cui piace l’avventura in quanto tale e magari sfidano il loro proprio limite di dignità e diventano vere è propria carne da macello. Da qualche tempo gli troviamo vicino ai semafori che con i loro strumenti cercano di addolcirci l’attesa di un verde nella speranza di ricevere qualche centesimo per potersi comperare qualcosa da mangiare e tirare a campare per un altro giorno. Oppure gli troviamo agli ingressi dei centri commerciali sempre con i loro strumenti a suonare la loro musica ed a intonare la malinconica melodia della loro vita. La sera li troviamo nei posti più disparati: agli angoli dei bar, sui marciapiedi, in case rotte, oppure nelle stazioni ferroviarie. Ed è lì che incrocio e incontro tutte le mattine tre ragazzi romeni. Nel sottopassaggio della stazione ferroviaria di Campobasso avvolti nelle loro coperte di plastica e lenzuola di carta i tre riposano cullati dallo stridere dei freni della motrice e il ticchettio delle scarpe dei tanti passanti che incuranti e malpensanti passano ai loro lati. Son quattro mattine che incrocio questi giovani: telo blu e grigio che funge da coperta, cartoni come materasso e per cuscino un cumulo di giornali. Ai loro lati scarpe umide e sporche dalla pioggia e il fango di questi giorni, gli zainetti ormai di un altro colore se si considera quello originale, e gli strumenti del lavoro vicino alle loro teste: tre organetti magari scordati ma tanto preziosi da essere custoditi come lingotti d’oro. Tre ragazzi romeni che “lavorano” nella città di Campobasso che vivono la città di Campobasso. Tre giovani vite dimenticate da tutti, anche dalle forze dell’ordine sempre pronte in atti di forza con i più deboli. Tre ragazzi dimenticati perché molto probabilmente onesti e dignitosi della loro povertà. Tre ragazzi che molti probabilmente vengono volgarmente definiti zingari e ladri di bambini e fino a quando non verranno incolpati per un banalissimo episodio rimarranno sempre nel loro angolo di sottopasso all’ombra dei murales e sotto il calore dei binari. In questi giorni c’è stato la diffusione dei dati relativi all’immigrazione e le prime parole che si leggono sul rapporto immigrazione 2010 nella sezione Molise sono: “Il Molise è una terra feconda per l’inserimento stabile degli immigrati. Il Molise è una terra di accoglienza per i cittadini stranieri”. Ecco, le belle parole vanno accompagnate con i fatti perché fino a quando in un territorio piccolo e limitato come il nostro continueranno a verificarsi episodi come questo nessun Rapporto o Dossier potrà mai essere veritiero.

Alessandro Corroppoli - 28.10.2010


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